Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: alessiasc    17/01/2011    0 recensioni
«haley!» la sua voce. Questo è il pensiero che mi accompagna mentre cado. Sento pulsare forte la testa, che sbatte con forza sul pavimento ghiacciato. Le orecchie mi fischiano. L'ultima cosa che vedo è il mio bracciale che scivola sul pavimento, poco lontano da me, ma quando cerco di allungare la mano per afferarlo, le palpebre mi si chiudono e le mie dita toccano il marmo, mentre la mia mente mi porta lontano da quella stazione, trascinandomi in un flashback, il flashback.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Se la rabbia non è accompagnata dalla forza si espone al disprezzo e al ridicolo; che cosa c'è in effetti di più tiepido di una rabbia che scoppia invano? ( Seneca, 'De ira' )

Era passata un'altra settimana, altri sette giorni senza quella voce che mi aveva fatta sentire bene così tante volte. In quel momento ero sdraiata sul letto e stavo leggendo Shakespeare per il giorno dopo a scuola. Leggevo ad alta voce. Zack era seduto sulla sedia girevole vicino alla scrivania, con lo stesso libro tra le mani, e si dondolava da una parte e dall'altra. Avevamo passato tutta la settimana insieme. La mattina mi svegliavo e andavo da Sawyer's, ci incontravamo e andavamo a far colazione insieme. A scuola, nell'ultima settimana, non ci ero andata perchè era stata chiusa per qualche protesta a me sconosciuta, quindi avevamo avuto tutto il tempo necessario per conoscerci. Avevo scoperto che in realtà, era alquanto felice di aver lasciato il Texas, scoprii che aveva la mia età e che sarebbe venuto nella mia scuola. Che aveva una sorella più piccola, di cinque anni. Era biondissima, e portava sempre delle lunghe trecce disordinate, aveva gli occhi blu come suo fratello, a palla e una boccuccia tenera. Si chiamava Lucie, ed era una delle bambine più belle che avessi mai visto. Girava sempre con un orsacchiotto mezzo rotto sotto il braccio e portava un braccialettino d'oro.
«non è difficile dai, è nato nel 1564!» esclamai. Zack sbuffò. I capelli arruffati lo rendevano più bambino e gli occhi oceano brillavano anche da quella distanza. «è vecchio!» risi. «è un genio.» protestai. «era» mi corresse. Sbuffai. Erano le nove di sera e non avevamo ancora cenato. I miei genitori erano fuori a cena con dei colleghi di lavoro e il giorno dopo avremmo avuto scuola. «Voglia zero» disse, chiudendo il libro. Fece per lanciarmelo addosso ma io mi coprii con le braccia, così decise che forse era troppo pesante da tirare. Zack aprì la bocca per parlare ma mi squillò il cellulare. «okay, basta studio, ci rinuncio. William, addio.» chiusi il libro e risposi al cellulare. Andrew, con la sua solita voce allegra e seducente, mi salutò. «non ti fai vedere da una settimana, Brooklyn, non mi va questa cosa. Cosa fai.. tipo ora? Noi siamo al solito posto, ci raggiungi?» di sottofondo, sentii la voce di Bombs che urlava: «DAI CAZZO BALLS, MUOVI QUEL BEL CULO CHE TI RITROVI E VIENI QUI, CI SONO LE SCOMMESSE!» un'altra voce disse: «daaai, Scott, senza di te una scommessa non è una scommessa.» mi girai verso Zack, tappai il microfono dell'Iphone e dissi: «ti va di uscire?».

Mezz'ora dopo eravamo al “solito posto”, che poi era il molo più sperduto di tutta Newport. Grazie al cielo, Zack aveva la moto, se no sarebbe stata dura arrivarci a piedi. Parcheggiò la moto in mezzo a tutte le altre e, con le mani in tasca, mi raggiunse al limite della strada. Uno affianco all'altra entrammo nella spiaggia e scendemmo fino a ritrovarci sotto il pontile, dove era acceso un falò con intorno sei o sette tronchi. «come sono questi tuoi amici?» chiese, guardandosi intorno. Una ragazza, sdraiata a terra, teneva in mano una canna e ne aspirava un po' ogni tot di tempo. Guardava il cielo con gli occhi a palla e le pupille allargate, quando io e Zack passammo, si girò di scatto verso di me e mi squadrò dalla testa ai piedi. Poi fece spallucce e tornò a guardare il cielo. Vidi, appoggiati ad uno delle enormi paleggiate che sostenevano il pontile, Nicholas. Stava ridendo, rideva così tanto che aveva le fossette sulle guance. Per un secondo, un secondo solo, mi sciolsi. Poi, guardando per mezzo istante Zack, la rabbia mi invase. Era un po' di tempo che, al posto di piangere, mi arrabbiavo, distruggevo tutto, rompevo le corde di Candy o cose del genere. Ero arrabbiata perchè avevo dato il mio cuore su un piatto d'argento nelle mani di Nicholas, e lui aveva preso il vassoio e l'aveva rovesciato. L'aveva lasciato cadere a peso morto sul pavimento provocando un rumore sordo. L'aveva pestato, distrutto. Faceva male vedere il proprio cuore sanguinante senza poter far niente. Zack, da quando l'aveva conosciuto, era stato l'unico che, senza saperlo, aveva cominciato a ripulire il sangue che contronava il cuore distrutto. Lui era il mio sole, il mio posto sicuro, in quel periodo. Per quel motivo, non avevo sentito nessuno meno che lui nell'ultima settimana. Ed era per quest'ultimo motivo che, appena Sarah si accorse della mia presenza, aveva percorso di corsa i metri che ci dividevano, saltandomi addosso. Cademmo entrambe sulla sabbia, strette l'una all'altra. Mi baciò la fronte, poi si alzò e mi aiutò ad alzarmi. «sei una.. Escort. Davvero, non ti sei fatta sentire per sette-lunghissimi-giorni!» Zack ridacchiò, così Bombs si girò verso di lui e gli puntò un dito sul petto. «non ridere! So benissimo che sei tu che l'hai trattenuta e che tutto questo tempo l'ha passato con te, quindi, quando saremo amici inseparabili, me la pagherai.» risi, per l'espressione che Zack aveva stampata sul volto: un misto di terrore, stupore e confusione. Anche Sarah cambiò espressione, da seria, si aprì in un sorriso e porse la mano a Zack. Sicuramente aveva notato quanto, quel ragazzo alto e biondo, era carino. «piacere, comunque, Sarah, Price.» Price era il suo cognome, ovviamente. Zack prese saldamente la mano di Sarah nella sua, e la strinse. «piacere mio, Zack Hill.» Cominciarono a parlare, e qualcuno mi abbracciò da dietro. Le braccia forti di Andrew mi stringevano a se, e si allacciavano sulla mia pancia, mentre le sue labbra dischiuse si posavano ripetutamente sul mio collo, provocandomi dei leggeri brividi, forse di freddo per i Leggins sotto la lunga felpa ma, più probabilmente, per i baci sul collo. «mi sei mancata, Brooklyn» mi sussurrò nell'orecchio. Sorrisi e mi girai tra le sue braccia, dimenticandomi di tutto il resto. Eravamo io, lui e basta. «scusa, sono proprio sparita» lui alzò un sopracciglio e annuì ripetutamente, abbassandosi per sfiorare le mie labbra. Le toccò, poi un colpo di tosse ci fece allontanare di botto. Zack e Sarah ci guardavano confusi, più Zack di Sarah, così scoppiai a ridere. «emh, scusate. Andrew, lui è Zack. Zack, Andrew.» i due si strinsero la mano e poi qualcuno, forse Jack, il compagno di classe di Andrew, annunciò l'inizio delle scommesse. La scommessa non era, in realtà, una scommessa vera e propria: ogni ragazzo doveva prendere in spalla una ragazza e tenerla sulle spalle fino a quando riusciva. Se la faceva cadere, doveva buttarsi in acqua. L'avevo fatto spesso, troppo spesso, sulle spalle di Nicholas, che ora era lontano da me, affianco a Natalie Bosh, una del terzo anno che si era andata a infognare nel giro della marijuana. «bene, formate le coppie.» d'istinto, mi girai verso Nicholas che, però, aveva già in spalla Natalie. «allora baby, sali?» chiese Andrew, prendendomi per il polso. Guardai Zack e lui mi sorrise. «yes, ma stavolta non farmi cadere, gentilmente, mi è venuto un livido enorme sulla...» Andrew mi zittì con un sussurro: «so dove avevi il livido, Brooke.» mi morsi il labbro, salendo sulle sue spalle. La cosa difficile della Scommessa era, più che altro, il camminare, spingere ed essere spinti. Ovviamente, non forte, però comunque sbilanciava. Zack prese in spalla Sarah e così il gioco cominciò.
Un'ora e dieci minuti dopo, erano tutti a terra. Io ero stata la penultima a cadere e Nicholas aveva vinto. Ero piena di rabbia e avrei voluto prenderlo a schiaffi. Questa sensazione di rabbia sparì e venne sostituita puntualmente dalla tristezza quando la lingua di lui entrò nella bocca di Natalie. Allora mi rannicchiai al petto di Andrew e lasciai che una lacrima cadesse silenziosa sulla sua maglietta bianca. Quando fu ora di andare a casa, scoprii che nessuno poteva portarmi: Zack era andato via prima, Sarah era venuta con Andrew, quindi lui avrebbe dovuto riaccompagnarla a casa. Rimasero a lungo a discutere, poi Andrew disse quella frase che sperai per tutto il tempo che non dicesse: «ma che problemi ci stiamo facendo?» disse, girandosi di lato, «Nicholas» continuò indicando il fratello in disparte, da solo «ha un posto in moto, ti porta a casa lui». Bum. Non mi lasciò nemmeno il tempo di protestare, mi baciò sulla tempia, prese Sarah per il polso e la trascinò via. Quest'ultima mi lanciò uno sguardo stracolmo di scuse. A quel punto eravamo soli. Io e Nicholas, due persone che non si parlavano da un mese, che sapevano tutto l'uno dell'altra, da soli dopo un mese. «andiamo?» chiesi, dopo minuti di silenzio. Lui si scostò dal palo e mi fece strada verso la sua moto, in silenzio. Ci salì e salii subito dopo di lui. Rabbia, rabbia, rabbia. Controvoglia mi aggrappai a lui per non cadere, poi finalmente partì. Il suo odore mi invadeva, mi riempiva i polmoni, le narici. Il cuore bruciava, tanto che faceva male. Ricordai la canzone che, in quell'ultimo periodo, l'aveva accompagnata ogni giorno: Love The Way You Lie di Rihanna e Eminem. Just gonna stand there and watch me burn, that's alright because I like the way it hurts. Ed era vero, mi faceva tanto male che faceva quasi bene. Faceva tanto male che mi faceva sentire Nicholas più vicino che mai. Arrivammo davanti a casa mia, così scesi dalla moto e feci per avviarmi verso la porta d'entrata quando sentii la sua voce. «buonanotte.» disse, così mi girai di scatto e tornai indietro. Era appoggiato alla moto, spenta, e mi guardava. Mi misi ad un passo da lui, alzai la mano e, veloce come un fulmine, gli tirai uno schiaffo, lo colpii in pieno volto, provocando un rumore forte che rimbombò nell'aria. Rimase stupito, di massaggiò la guancia diventata rossa, con gli occhi spalancati. «vaffanculo.» dissi, per poi girarmi e dargli nuovamente le spalle, percorrere il vialetto di casa, salire velocemente i pochissimi gradini, aprire la porta ed entrare in casa, soddisfatta..
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: alessiasc