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Autore: alessiasc    17/01/2011    2 recensioni
Inserire accenno alla trama della storia (breve riassunto o anticipazione) e/o citazione dal testo. No linguaggio SMS, No tutto maiuscolo, No Spoiler! NON C'E' BISOGNO DELL'HTML PER ANDARE A CAPO IN QUESTA INTRODUZIONE.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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It's much too quiet in here, I wanna disappear.

Era questo che volevo?
Davvero?
Rimanere chiusa in una stanza buia per ore, senza nessuno che mi dicesse cosa fare, cosa dire. Non sapevo in che modo muovermi, in che modo piangere o urlare.
Ero in una stanza, da sola e basta, con le emozioni che mi rimbalzavano addosso, piangevo e la tristezza mi tornava indietro come una lama affilata nel petto.
E questa volta non era per un ragazzo, per un'amica, per la scuola che andava male.
Quella lama, quelle lacrime dure, pesanti, che scendevano con tanta facilità dai miei occhi rossi e gonfi, erano solo per me. Me. Ero io quella sbagliata, e stare in quella stanza buia, ad ascoltare il mio silenzio, non era affatto quello che volevo.
Volevo uscire, ridere, stare bene, sentirmi viva, bere, fumare, bere, fumare. Volevo che la testa mi scoppiasse, ridere fino a vomitare, sentire il cuore gonfiarsi di calore.
Ero in quella stanza per punirmi. Punire me stessa, una normalissima ragazza, una “teenager”come le altre, per quello che ero. Che ero e che ero sempre stata. Uno schifo. Una persona che non piace a se stessa, e nemmeno agli altri.
Mi sentivo sola ovunque, anche nel bel mezzo di una stanza affollata. Anche quando tutti parlavano, ridevano.
Anche quando le persone si preoccupavano per me, per la mia stupida salute.
E me la prendevo con Dio, maledetto.
Mi buttavo sul letto e gli parlavo. Gli urlavo contro, bestemmiavo, esternavo tutto il mio odio, con i polmoni in gola.
Perchè non mi uccideva? Perchè, semplicemente, non prendeva la mia vita per darla a qualcun altro, che magari, la desiderava? Che ne aveva bisogno. Che aveva qualcuno che avesse bisogno di questa persona. Qualcuno che non ero io.
E invece no, lui doveva lasciarmi qui, a piangere, nella stanza buia, inondandola di ricordi, di frammenti, di dolore, di una vita passata a chiedersi il perchè di tutto quanto.
Perchè quando non erano i ragazzi, era la scuola, o le amiche. E quando non era nessuno di questi, ero io. Io. Io, e stavo male io.
E allora forse un po', quel lacerante dolore al petto, quel tremolio delle mani, quelle ginocchia che cedono per il dolore, gli occhi che lacrimano, il cuore che scoppia, forse me lo meritavo.
Se ero io, causa del mio stesso dolore, facevo bene a star male.
Stai male, stronza. Stronza.
Soffri ma non morire.
Ti lascio lì in agonia fino a che non arriva il tuo momento.
Ma sarà lontano, perchè tu desideri troppo andar via da questa vita.
E allora ci rimani.
Ci rimanevo. Dentro, intrappolata nel mio corpo, nelle mie mani, intrappolata nelle mie parole, in una stanza buia e spenta, senza sapere cos'avevo intorno, in una stanza buia e vuota, da sola, senza nessuna parola fuorchè la mia, senza nessun cuore, nessun anima che si accorgesse di questa stanza triste che mi ero creata.
Nessuno che bussasse piano distruggendo il silenzio che mi opprimeva come le mura di una stanza che si rimpicciolisce.
E piano piano sono sempre più vicine, e tu sempre più grande.
E ti senti male, ti senti senza fiato, senza niente, non ti rimane che piangere, urlare, forse pregare.
Ma quel Dio che tanto hai insultato, non ti ascolta più, adesso, stupida ragazza.
Muori, sola, nella tua stanza buia, e nessuno se ne accorge.
   
 
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