Vorrei dedicarla
a tutti coloro che sperano e credono che un giorno il sogno possa realizzarsi,
che fanno del
desiderio il perno attorno a cui far ruotare la loro esistenza.
A chi come me ha
visto nell’autrice la rivalsa di ognuna di noi,
il sorriso al
leggere la prima recensione
e la lacrima nel
porre la parola fine ad ogni scritto.
Chi cresce e nel
farlo non dimentica il bimbo che era e continua ad essere,
sperduto nella
vastità degli adulti che siamo tenuti a diventare non per forza o sotto costrizione,
ma solo perché è
giusto così,
l’ordine
naturale delle cose,
il suo
proseguire nel mondo.
In
ira veritas
*
E’ rabbia o rancore quello
che mi trattiene dal pensare a te con la dolcezza che ci è dovuta?
O la pena
del rimpianto dato dal sapere di averti perso per sempre? Axel…
Un’altra
possibilità Eloise non l’aveva chiesta né tantomeno espresso a voce alta quel
desiderio rimasto insepolto nel cuore, senza suono da offrire alle sue parole,
sordo e muto.
Le
ali fallaci della farfalla di quell’anelito inesplorato non s’erano spalancate
ed era rimasta rintanata nel suo bozzolo di crisalide, cristallizzata nella
stagione bruciata dell’autunno, in attesa giungesse quella dei cieli tersi e
smaltati d’azzurro frastagliati dal tepore di raggi caldi, degli arcobaleni
dalle vesti morbide sparpagliati sui prati delle colline, corolle schiuse come
labbra per un sospiro dolce. Il profumo di nuovo, d’erba bagnata da lacrime di
rugiada e spighe di grano acerbe a riempire i campi pallidi.
Eloise
non amava quella parte dell’anno. Preferiva di gran lunga il gelo ombroso dei
mesi freddi all’afa di quelli soleggiati e benché ammettesse tra sé la bellezza
di quest’ultimi nell’avvicendarsi vivace di colori che ne contraddistinguevano
i tratti, riconosceva altrettanto duramente l’assenza di pregi nella fastidiosa
presenza di un numero maggiore di insetti, catturati dall’oro dell’astro
mattutino quasi la sostanza che lo componesse fosse miele e non fuoco, come
molti eretici avevano ipotizzato nelle loro carriere di studiosi avversi
all’operato d’ignoranza espresso invece come salvezza dell’anima dalla Chiesa.
Esisteva inoltre quell’anno un’ulteriore ragione che la trattenesse
dall’apprezzare appieno il giungerne.
Piuttosto, un paio.
Era
stato incredibilmente difficile nascondere la croce che portava tatuata sul
braccio durante i turni in ospedale e nonostante sapesse Domina Heraclis fosse
a conoscenza da tempo vi potesse essere quella reale possibilità, Eloise non
era stata pronta a farne parola con altri, figurarsi farne mostra. Megan e
anche Lara ne erano perciò all’oscuro e così preferiva continuassero a
rimanere. Con il bel tempo dunque s’apriva alla sua mente una sfilza
d’inconvenienti, dovuti all’accorciarsi delle divise o al rimboccare di maniche
che diveniva frequente in aula quanto fuori, tra le strade della cittadella.
Non
c’era altra soluzione, pensò con un sospiro affranto e mesto, allontanando il
libro con gesto distratto e stendendosi più comodamente sul materasso.
Chiamare
Bryce perché accorresse in suo aiuto in tale campo, all’occhio dell’altro sarebbe
risultato doveroso, se non propriamente un obbligo. Ne immaginò la reazione
giuliva e al sorriso di soddisfazione che gli avrebbe acceso il volto, sorrise
anche lei. In cambio di quel sorriso in fondo anche una giornata intera
trascorsa nelle più disparate botteghe di sartoria, a provare e farsi
acconciare vestiti, farsi prendere le misure con le braccia indolenzite per
l’essere costretta a tenerle alzate come un manichino umano, essere sballottata
di qua e di là, diventava un boccone meno aspro, una noia più facile da
sopportare, ma non accettare.
Inoltre
c’era lui. Axel.
Da
tempo aveva smesso di porsi domande sul come esattamente fosse stato possibile
ritrovarlo, come se quegli anni di dolore e odio reciproco che mai aveva avuto
quel nome se non nel proprio cuore annebbiato dalla sensazione d’abbandono,
ferito dall’indifferenza del suo sguardo, fossero stati semplici conseguenze di
un errore di valutazione. Un calcolo sbagliato.
Axel
stesso l’aveva ammesso, le aveva confidato all’orecchio con voce suadente e il
respiro contro la clavicola, le ciglia che le solleticavano la gola come i
pizzi del merletto che gliel’aveva coperta prima lui aprisse i bottoni che lo
tenevano imprigionato all’abito, senza gualcirlo. Quegli anni di lontananza, la
sofferenza agrodolce nel vederlo voltarle le spalle e fare lo stesso nella
malaugurata coincidenza di un incrocio, sguardi che mai s’incontravano se non a
mezz’aria dove la linea di messa a fuoco dell’altro s’era già infranta in
nulla, combattenti pronti a dar manforte in guerra e ad impugnar le armi,
opponenti di un abbraccio inestricabile di poli opposti. Tutto questo ne era
stato il risultato, un tentativo andato male, conclusosi in uno stillicidio
insensato e senza motivazioni. Era per proteggerla da chissà quali e quanti
invisibili nemici che, seppur a malincuore, s’era distaccato da lei e ora v’era
tornato incurante. Una rondine che fa ritorno al nido di casa dopo essere
migrata via, la colpevolezza frustante di un atto innocente nel suo intento, ma
non nell’effettiva portata del suo seguirne.
L’ultimo
motivo era quello che la rendeva tanto pensierosa. Sapeva per sentito dire e
per chiacchiere ascoltate un po’ qui un po’ lì, pettegolezzi frammentati captati
tra le dicerie assurde divulgate dalle bocche larghe dei più assidui e loquaci
spiriti salottieri delle Confraternite, nonché dalla scarsamente apprezzata
risata in cui Ashton era in modo assai poco galante scoppiato, in merito ad un
suo preciso porgli quesito al riguardo, di una probabile quanto plateale
intenzione da parte del Duca dell’Ordine della Chiave di chiederla in sposa.
L’idea Axel avesse anche solo preso in considerazione un tale proposito,
bastava a gelarle il sangue. Naturalmente poi s’aggiungeva ad incrementare
quell’emozione di fastidio e disagio, la riflessione volesse domandarglielo
davanti all’intero corpo degli studenti. Decisamente, il frequentare tanto
assiduamente Gil Morgan doveva avergli provocato seri danni alla capacità di
valutazione, se si aspettava non solo lei approvasse qualcosa di quel genere,
dichiarazione in piena regola in ginocchio con tanto di serenata sotto la sua
finestra, ma addirittura se ne sentisse lusingata.
Sbuffò
e il libro al suo fianco venne chiuso da dita stizzite.
Gettò
uno sguardo cupo di presentimenti nefasti alla piccola meridiana sul comodino,
di fianco alla luce languida della candela morente. Lo stoppino galleggiava in
un lago di cera della stessa tonalità dell’olio bollente lasciato a friggere
sui focolari delle cucine. L’idea di affondarvi le dita una volta raffreddato,
le era sempre parsa allettante. Strani polpastrelli ricoperti della pasta dura
che la cera diventava una volta solidificata, come la più inespugnabile e
fragile delle armature. Neve d’ambra pronta a liquefarsi al primo soffio
inclemente di sole, troppo vicino. Axel…
Strinse
i pugni contraendo le nocche, i tendini tesi sui dorsi, fino a farle divenire
bianche quanto le lenzuola candide su cui era stesa. Possibile non riuscisse a
smettere di pensare a lui? Sembrava il tempo non avesse fatto altro che incrementare
i suoi sentimenti, acuirne la percezione piuttosto che usurarli per l’incuria e
il logorio del consumo.
La
brezza piacevole che provò a ricostruire sulla pelle e sapeva per certo
soffiare a quell’ora tarda, le punse il petto del bisogno impulsivo d’affacciarsi,
tutto pur di scacciare il molesto frullare di quei tarli di dubbio ad
arroventarle il capo. Le imposte erano serrate e sul chiavistello che le
chiudeva, protezione aggiuntiva, era apposta una croce benedetta per bandire e
tenere lontano esseri inopportuni.
La
consapevolezza nei dintorni fosse ben presente la figura della creatura di nome
Erin, posta a sorvegliare ormai Sophia Lord quanto lei, bastò a calmare
l’ansito di preoccupazione irrefrenabile che le aveva stretto il respiro, strangolandoglielo
nella cassa toracica. Inoltre nei paraggi rimanevano Cain, perenne figura ai
servigi della riscoperta sorella minore nei panni di cavalier servente, Adrian
sorvegliante di entrambi i fanciulli e di quando in quando Ashton che ancora
pareva avere misteriosi conti in sospeso da risolvere.
I tre moschettieri del
Re.
Quel
pensiero la fece scoppiare in una risatina silenziosa soppiantando la
precedente inquietudine. Rimanere troppo a lungo sola ormai le procurava un’angoscia
inspiegabile nella sua irrazionalità.
Eppure
l’ombra alle sue spalle la seguiva docile e fedele, come un cagnolino
ammaestrato e affettuoso che le si attorcigliava alle caviglie e le leccava i
piedi, fremente e scodinzolante. Una massa scura che inghiottiva nel suo bistro
nerofumo tutta l’esigua luminosità della penombra offerta da quell’unica
candela posta a lato del letto. Le finestre cigolarono un poco spalancandole,
ma a quel punto lei aveva già i gomiti ben piantati sul davanzale di pietra
smerigliata e lo sguardo perso nell’orizzonte, oltre le inferriate, dove il crepuscolo
ammassato sulla linea di confine tra cielo e terra, andava soppiantato dal sorgere
caliginoso della luna e da uno strato fitto di nebbia, stralci di nuvole
cadute, piovute direttamente dal cielo.
Respirò
a pieni polmoni l’aria profumata e satura di un odore strano simile
all’incenso.
La
sera era di una piacevole tonalità blu, carica dei nodi sfilati che il
risvegliarsi delle stelle procurava al manto della notte. Si lasciò cullare dal
quel carezzevole alito di vento, chiudendo gli occhi e sentendo le spalle
sciogliersi dalla postura irrigidita in cui s’erano intorpidite a causa di quel
lungo e penoso meditare. Quando le orecchie però arraffarono l’inizio di uno
sconnesso risuonare di note sotto il portico del balconcino del piano
inferiore, corde pizzicate da nocche gentili e assuefatte a quel movimento, familiare
musica quanto la voce che la pregava di abbandonarsi arrendevole alle braccia
dell’amato, le parve di percepire oltre il velo di rabbia che le offuscò la
vista e la vampata di rossore che le fiorì in volto, anche la risata pregna di
ironico sarcasmo di Ashton.
Lo
sguardo divertito e insieme accorato di Axel dabbasso era confuso
nell’oscurità, ma Eloise fu lesta ad ingoiare lo stupore e a rientrare scrollando
per la disapprovazione la testa e battendo i piedi per terra con furia ad ogni
passo, come una bambina stizzita.
Dannazione
ad Axel, probabilmente sarebbe stato preferibile che non fosse come un libro
aperto per lui, che non la comprendesse così a fondo.
Che
avesse scelto quel modo d’agire, ben consapevole forse che prenderla per esasperazione
carpendole il sì sospirato fosse l’unica strategia possibile, la riempiva di
sdegno, ma anche di qualcos’altro. La candela annegava nelle sue stesse
lacrime, sparse a ventaglio sul legno di noce attorno al candeliere ramato, mentre
il canto si trasformava in una nenia disperata e straziante per il suo rifiuto,
tale da farla ringhiare sommessamente un’ultima volta.
N/A:
E’
una mostruosità lo so, ma come mi sono divertita a scriverla!
Volevo
realizzare da tempo qualcosa su questa meravigliosa saga –finora solo un libro,
ma per me rimane tale-, ma tutto mi sembrava così opaco e noioso rispetto
all’originale e vorrei ben vedere XD! Stamattina tocca al prompt “rabbia”
quindi. Non so per quale ragione, ma la prima persona a cui l’ho associata è
stata Eloise e così è nata questa cosetta.
Nel
filone dei suoi pensieri, che in effetti sono l’unico blocco che costituisce
l’intera breve storiella, ho cercato di seguire il più fedelmente possibile gli
accenni che nella sua personalità l’autrice lascia intuire nel libro. Il fatto
che preferisca l’inverno è quindi una mia supposizione naturalmente, basata
però su una certa logica a ben vedere. Alcune volte Eloise pensa ad Aldenor, la
città natale, casa, ai suoi lunghi inverni con nostalgia e riflettendo anche
sul disgusto che nutre verso gli insetti, prendendo nota del proliferare degli
stessi in estate e primavera, beh… scritto ora mi sembra un po’ un’idiozia ad
esser sinceri. Pensando al come Axel avrebbe fatto la tanto decantata proposta
mi sono posta un altro problema: era possibile che Eloise accettasse così
semplicemente di vincolarsi ufficialmente?
Non
sto mettendo in dubbio che si amino, ma ufficializzare il tutto è un’altra
cosa. Negli ultimi capitoli Eloise mi era sembrata raddolcita, più propensa nei
confronti di Axel, nel riscoprire i suoi sentimenti per lui e accettarli. La tranquillità
del sapersi al sicuro aveva soppiantato il terrore del sentirsi braccata e la
paura della portata di quell’amore antico e familiare, ineludibile dalla sua vita.
Che
Axel si diverta a prenderla per esasperazione anche questo mi era
apparso
plausibile riflettendoci su, ma ora mi sa tanto di sciocchezza. Insomma
l’idea che
lui le faccia una serenata è abbastanza ridicola rileggendo.
Chiudiamo gli
occhi perciò e dedichiamo qualche minuto in segno di rispetto
alla sua dignità
che ho brutalmente assassinato. Il libro ispiratore per chi non lo
conoscesse è
“Black Friars - L’Ordine della Spada”
dell’autrice Virginia de Winter. Lettura doverosa e altamente
consigliata dalla sottoscritta e da altre migliaia di persone
credo.
Per
maggiori informazioni vi rimando al sito dell’autrice (http://www.virginiadewinter.net/home/).
Spero
la lettura sia stata comunque piacevole e vi abbia strappato un sorriso magari,
dato che lo scopo era principalmente questo. In effetti ritengo possa solo far
ridere, ma si apprezzi lo sforzo più che il tentativo.
Un
saluto a tutti e un abbraccio ;)!