Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: LeFleurDuMal    18/01/2011    8 recensioni
“Diamond Dust!” Gridò Camus, con la sua voce limpida e fredda, come a evocare quella nebbia d’argento e averla per sé. Hyoga la guardò e la trovò stupenda. Come luna sbriciolata. Come diamanti ridotti in polvere.
Il ghiaccio si incrinò. Il ghiaccio infrangibile della Siberia. Sotto la Polvere di Diamanti creata da Camus.
Poi, scricchiolando, si spezzò in due.

Neve è un tributo amorevolissimo a Hyoga e a tutta la “Siberian Family”, tirando dentro anche Milo che la completa, pur restandone nella sua Atene. Copre il periodo dell’addestramento del Saint di Cygnus in Siberia con Camus e Isaac - e con Milo che si intrometterà, appunto, qualche volta - dal suo arrivo fino al ritorno a Tokyo.
Di tanto in tanto capiteranno capitoli Shonen Ai / Yaoi più espliciti. Non mi sembra il caso di cambiare il rating generale della storia, poiché episodi simili saranno molto rari ( l'unico Shonen-Ai/ Yaoi previsto riguarda la coppia MiloxCamus, quindi, considerata la presenza marginale di Milo, si tratta di una percentuale davvero scarsa sulla fanfiction ), ma li indicherò laddove si presenteranno, capitolo per capitolo.
[Unica considerazione forzata: si parla del regista Evgenij Bogratjonovic Vachtangov. In realtà Vachtangov muore mel 1922, quindi diversi anni prima della nascita di Hyoga. Gli ho DECISAMENTE allungato la vita. A voi, ora, decidere se ne è valsa la pena.]
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Cygnus Hyoga, Kraken Isaac, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Katjia scomparsa nei ghiacci

CAPITOLO:  Come le tempeste
PERSONAGGI: Hyoga e la famiglia della locanda. Milo e Camus al Santuario di Atene.
IN PROPOSITO: Allarme al Grande Tempio, vige lo stato di allerta, ma le cose sono poco chiare. Allarme in Siberia, Hyoga fa un gioco pericoloso.
COSE: Vi voglio bene! Anche i miei schemi introduttivi ve ne vogliono!

 

 

Katjia scomparsa nei ghiacci. Katjia non vive più.

Hyoga non aveva mosso un muscolo del viso, se non per aggrottare appena le sopracciglia bionde, sottili, sotto la frangia scomposta.

Non pianse una sola lacrima, ma il piccolo Jacob dovette tirarlo per la mano per farlo sedere, dal momento che era rimasto in piedi, in mezzo allo stanzone tiepido e luminoso.

“Hyoga! Hyoga, ti faccio vedere un disegno? So disegnare gli orsi, guarda!”

Il ragazzo lo seguì al tavolo accanto alla finestra e anche quando la mano insicura del bambino tracciò le linee sul foglio candido, era un altro sfondo bianco che guardava, oltre il vetro.

La Siberia gelata si stendeva a perdita d’occhio, senza confini, compatta. Veniva da pensare che Isaac e Katjia sarebbero potuti apparire da un momento all’altro.

“Signor Camus?” Dall’altra parte della stanza, Rudolph chiamò a bassa voce. Camus si liberò della giacca, appoggiandola ordinatamente a cavallo dello schienale della panca, poi si avvicinò. Il suo sguardo non tradiva emozione e come sempre, il vecchio Rudolph abbassò lo sguardo davanti a quel giovane.

“Una lettera per lei, Maestro dei Ghiacci. Da parte del Mondo Segreto”. Si asciugò le mani e cercò dietro il bancone. Uomo fedele, come i grandi lupi della steppa, Rudolph avrebbe dato la vita per Athena e fare da tramite per uno dei Dodici a lei più fedeli era un grande onore. Camus prese la lettera e gli bastò guardarla per capire che non era di Milo.

“Grazie, Rudolph”.

Camus e Hyoga mangiarono insieme un pasto frugale, caldo. Nessuno di loro parlò fino a quando Camus pretese l’attenzione del suo allievo.

“Diventi Cavaliere di Athena in un periodo che non è sereno. Questo non deve essere per te una scusa per non comportarti adeguatamente. Anzi. Deve esserti da sprone per fare meglio di quanto faresti, meglio di chiunque altro”.

Parlò con voce dura, tagliente. Ma il suo sguardo era caldo.

Hyoga sentì il petto allargarsi d’amore. Se c’era qualcosa che poteva farlo vibrare di vita, dopo tutta quella morte, era l’orgoglio del suo Maestro.

“Sarò Cavaliere, Maestro. E farò tutto quello che c’è da fare”.

“Lo farai subito. Il Santuario mi ha chiamato e io devo fare ritorno immediatamente. I miei piani erano quelli di tornare con te e investirti con l’armatura di Cygnus quest’oggi stesso, ma se il destino ha voluto così, significa che è bene rimandare di qualche giorno. Andrai all’isba e  aspetterai il mio ritorno”.

“Sì, Maestro”.

Presero congedo l’uno dall’altro appena fuori dalla locanda. Rudolph asciugava i piatti e Avrora li guardava dalla finestra, stringendo Jacob, come se fosse certa di perderli, quei due ragazzi donati alle stelle, e sarebbe stato ancora come perdere due figli.

Hyoga salutò il Maestro e si diresse verso la piana, poi su, verso la collina.

Camus partì subito dopo. Non si affidò né al treno, né ad altro che non fosse il suo Cosmo, potente e aureo.

Hyoga non lo riconobbe quando lo vide sfrecciare nel cielo, come una stella cadente.

 

Quando si fermò fu per riprendere fiato, a metà della salita. Ansimava. Si era sforzato di mettere un piede davanti all’altro più veloce che poteva, per stare al passo del giovane che era venuto a prenderlo. Solo a metà salita, Hyoga si era però reso conto che l’impresa non era roba da ridere.
Sentiva il cuore spingere contro il petto, freneticamente, come se gli allenamenti  con gli altri bambini a Villa Kido, fossero stati soltanto un sogno sciocco. Girò gli scarponi nella neve gelida, ascoltando il rumore che faceva sotto le suole. Come cristallo frantumato sotto un tappeto soffice.

Guardò la fila ordinata di orme che avevano lasciato: le sue, piccole e vicine, tracciavano la strada fino alla locanda della gentile Avrora, ma a tratti il vento, che fischiava minaccioso, le aveva spazzate via e presto avrebbe cancellato ogni traccia del loro passaggio. Hyoga sentì la gola stringerglisi senza un motivo. Quelle della sua silenziosa guida descrivevano invece falcate più ampie, ma erano leggere, perfino più leggere delle sue, come lasciate da un corpo senza peso.

“Non fermarti” la voce lo raggiunse, tagliente come il vento, e Hyoga sussultò.
Si girò nuovamente e riprese la salita. Sgomento si rese conto di quanto fosse difficoltoso ripetere quei movimenti semplici, come se le gambe fossero fatte di piombo. La pelle, arrossata dal freddo e dalla febbre era un contatto con il mondo quasi doloroso. Orgogliosamente si spinse in avanti.

L’uomo lo fissava dall’altura. Era alto e longilineo, eppure emanava d sé una forza straordinaria, come se fosse compatta sotto la pelle. Aveva i capelli lunghi e curati di un rosso strano e accattivante, come il sole che arde al mattino. Lo aspettò finché non lo vide rimettersi in marcia, poi proseguì a sua volta, scomparendo alla vista del bambino. Non si fermò nemmeno quando lo sentì cadere alle proprie spalle. Hyoga tentò di chiamarlo, ma le parole non raggiunsero le sue labbra, spazzate via dal vento, che gli schiaffeggiò le guance, e gli spinse via il cappuccio della giacca, esponendolo al vento. Tentò di rialzarsi, ma il movimento del ginocchio in avanti lo fece scivolare più in basso. Tentare di arrestare il movimento artigliando la neve caduta con le dita fu un grosso errore: fu più o meno come stringere nelle mani i frantumi di un bicchiere rotto. Allentò la presa e scivolò più in basso ancora, ma il ghiaccio gli ferì le mani, macchiando la distesa candida di sangue.

Il piccolo spalancò gli occhi azzurri, fissando il sangue, e quella macchia gli parve un oltraggio su tutto quel gelido candore. Strinse i denti e serrò le labbra. Affondò le dita doloranti nella neve dura e si tirò più su, sul pendio. Poi lo fece con l’altra e guadagnò altri centimetri. Mano a mano, raggiunse il tratto pianeggiante, fino a trovarsi, rannicchiato nella neve ai piedi del giovane.

Risalendo ancora una volta quel pendio, dopo il tempo di lontananza tra gli usi sciamanici della tundra, Hyoga non potè fare a meno di ricordare la prima volta che vi si era inerpicato.

Quanto tempo era passato?

Sei anni.

Tutta una vita.

La ripercorse tutta fino alla vallata, fino alla piccola casa di legno sferzata dalla tempesta. Chiuse la porta dietro di sé e si morse le labbra, quando, messo sul fuoco il samovar, si rese conto di avere preso due tazze per il tè, la propria e quella di Isaac.

 

In Grecia il tramonto fiammeggiava, come se il sole avesse dato fuoco alla terra, affondando dietro le montagne.

L’ombra di Camus era una sagoma lunga e sottile e raggiunse i piedi di Milo molto prima di lui. Il Saint di Scorpio lo vide arrivare, in fondo al sentiero e lo aspettò, fino a quando l’altro non gli fu vicino. Si guardarono a lungo.

“Milo”.

“Bentornato, Camus”.

Una tensione vibrante, dei gesti trattenuti. Non l’abbracciò, come al solito, notò Camus. Ed era andato ad accoglierlo in armatura d’oro e mantello bianco.

“Il Pontefice mi ha convocato d’urgenza. Ne sai qualcosa?”

“Stanno accadendo eventi poco chiari”. Milo annuì. “E’ stato indetto il Crysos Synagen. Entro sette giorni a partire dall’alba di ieri, tutti i Gold Saint lontani dal Tempio dovranno essere qui. Siamo in stato d’allarme”.

Milo si girò, facendogli segno di seguirlo e Camus l’affiancò. Salirono insieme la scalinata bianca, tinta appena dal rosso del sole morente.

L’aria che spirava dal mare era dolce, eppure c’era qualcosa di mortifero, nell’aria. Come l’odore del biancospino.

Milo gli lanciò un’occhiata, mentre salivano fino all’Undicesima Casa, e  pur nella tensione, gli scappò un sorriso di benvenuto. Senza accorgersene, nella stanchezza degli ultimi giorni, Camus lo ricambiò con tenerezza.

“I tuoi allievi? Sei scomparso da qualche tempo. Dove eri finito?”

Più si avvicinava alla fine della frase, più il tono di Scorpio si caricava di preoccupazione e rimprovero. “Non potevo nemmeno raggiungerti appieno col Cosmo!”

“Perdonami, Milo. Ero in una situazione molto delicata. Per la prima volta dopo così tanti secoli, l’armatura del Cigno ha forse trovato chi sarà in grado di estrarla dai ghiacci millenari. Credo che Hyoga sia pronto”.

Milo sollevò le sopracciglia, con aria di gentile sorpresa.

Se uno dei due allievi di Camus era pronto per l’armatura, significava che l’altro era morto: erano le regole del Santuario da sempre. Tacque.

“Milo, non sai nulla riguardo a cosa può avere indotto il Sacerdote a indire lo stato d’allarme?”

Scorpio annuì brevemente.

“Te ne parlo dentro. E’ una storia lunga”.

Camus varcò per primo la soglia dell’Undicesimo Tempio. Non era cambiato nulla, nella fresca immobilità delle colonne ioniche, nella penombra rischiarata dal sole a ovest.

Anche le sue stanze private lo accolsero come un sogno, dopo tanta privazione.

“A Tokyo stanno succedendo cose strane. Mettiti in ascolto.”

“A Tokyo? Perché proprio a Tokyo?”

“Senti?”

“Ci sono guerrieri dotati di Cosmo laggiù”. Camus sbatté le palpebre, sorpreso. “In mezzo alla gente! E’ incomprensibile. Cosa sta succedendo?”

Milo strinse i pugni.

“Un tradimento del Tempio. La frangia esterna dei nostri Sacri guerrieri, una parte consistente dei nostri Bronze Saint ha tradito Athena. Si è staccata dal Santuario e si è riunita a Tokyo”.

“Sotto il comando di chi?”

Ci doveva essere un capo. C’era sempre un capo.

“Una fanciulla”.

Milo lo guardò e Camus dovette ricambiare il suo sguardo, senza comprendere.

“Una fanciulla. Non una Saint?” Se fosse stata una donna Saint, non l’avrebbe chiamata così. “Chi?”

“Una fanciulla appartenente alla nobiltà giapponese, sembra. Guarda”.

Gli fece cenno di avvicinarsi al tavolo e sedettero entrambi. Camus prese tra le mani un ritaglio di giornale che era stato appoggiato lì per lui.

Un quotidiano giapponese.

“Galaxian War.” Lesse. “Ha inizio la battaglia più grandiosa della storia. L’inaugurazione dell’evento è previsto per il 10 settembre 1986”.

Milo annuì. “Era ieri. La Galaxian War è iniziata ieri mattina ed è stata trasmessa su tutte le più importanti reti televisive mondiali. E’ un duello tra Bronze Saint. Hanno in palio un’armatura d’oro”. Milo quasi ringhiò. “L’armatura di Sagitter. L’armatura di Aioros. Non è oltraggioso?”

“Come l’hanno avuta?”

Camus continuava a scorrere lo sguardo sul trafiletto. Sulle informazioni sulla battaglia sportiva, sulla fanciulla che gli aveva indicato Milo, Saori Kido, la cui foto spiccava nell’angolo in alto.

“Non si sa. Ma lo scopriremo”.

“E’ incredibile. Non è mai successa una cosa del genere. Un tradimento così alla luce del sole! Immagino che il Pontefice debba prendere provvedimenti più che estremi. Credi che ci convocherà per sapere chi mandare tra noi?”

“Nah”. Milo fece un gesto seccato e si appoggiò allo schienale, un lampo di rabbia negli occhi azzurri. “DeathMask di Cancer è tornato ieri dalla Sicilia ed è la prima cosa che ha chiesto. Il Pontefice ha detto esplicitamente che non manderà un Gold Saint. Sarebbe come riconoscere valore al nemico. Manderà due Bronze Saint”.

“Chi?”

“Uno deve essere ancora convocato. L’altro è già partito. Solo che…”

“Che cosa?”

“Non si sa chi sia”.

“Mh”.

“Girano voci che il Pontefice abbia mandato qualcuno dall’Isola Nera di DeathQueen a rompere le uova nel paniere di quei derelitti. Un esiliato a fare il lavoro da giustiziere”.

“Non importa, Milo. Anche se fosse, l’ha scelto il Pontefice. Questo ci basti”.

“Camus”. Milo si sporse in avanti, sottovoce. Con lo sguardo fisso nel suo, gli afferrò una mano. “Camus, questi sono ordini che dovrebbero essere noti. Per lo meno alla nostra casta”.

“Di che cosa ti preoccupi? Il Pontefice è un uomo accorto. Sa quello che fa”.

“Non sono pochi gli uomini che si lamentano del suo operato”.

“Lo so” Camus lo guardò da sotto in su, quando Scorpio si alzò, facendo frusciare il mantello candido. “Ma dobbiamo rimetterci alla sua volontà. Dopotutto, parla per bocca di Athena”.

Milo sospirò.

“E in questo momento ti attende a colloquio. Vieni, saliamo”.

 

I passi di Camus riecheggiarono tra le mura di marmo. Milo aveva appoggiato la schiena alla parete,  gli aveva fatto un cenno e un sorriso, poi l’aveva lasciato andare da solo al cospetto del Pontefice.

Alla fine della sala, sul trono che sormontava i gradini candidi, l’uomo che governava il Santuario e ascoltava le parole di Athena lo attendeva. Il suo petto quasi nemmeno si muoveva, nella tunica lunga che lo fasciava e sotto le ciocche dei capelli fluenti, come se fosse una statua assisa, in quel modo imponente.

L’elmo sacerdotale gravava sulla sua fronte, e la maschera riflettente, dura, non permetteva a nessuno di guardarlo in viso, negli occhi, nell’anima.

“Non sono pochi gli uomini che si lamentano del suo operato”.

“Lo so. Ma dobbiamo rimetterci alla sua volontà. Dopotutto, parla per bocca di Athena”.

Camus si avvicinò.

Piegò il ginocchio.

E rese omaggio.

 

Hyoga si rigirava la tazza in mano da ore.

Aveva bevuto il tè e l’aveva apprezzato, ma l’alzarsi dal tavolo per lavare il samovar e il bicchiere sembrava essere un’azione insormontabile anche per un giovane Saint di Athena.

Il disegno che tracciava il manico sbrecciato nell’aria sembrava catturare totalmente l’attenzione. O la fiamma della candela, che danzava nella lanterna di vetro, sul tavolo.

Perfino l’ombra proiettata dal suo corpo sul pavimento, lo incantava.

Fuori dalla finestra, poi, c’era quel suono dolcissimo, carezzevole, della tempesta che fischiava.

Era il canto terribile della sirena, del Kraken.

Gli faceva venire in mente idee bellissime e malsane.

Tutte riguardavano da vicino i suoi morti, scomparsi sotto uno strato di ghiaccio.

Quando si alzò, finalmente, la tempesta si era placata.

Hyoga non lavò il samovar, né la tazza.

Prese una coperta e uscì. Giusto per dimostrare ad Isaac e a Katja, ma prima di tutto a sua madre, quanto era diventato forte e in grado di fare ogni cosa, adesso che era un Saint.

 

“Allora?”

Milo si alzò da sedere, dove aveva improvvisato un salotto di discussione con le guardie della Sala del Trono. Aphrodite dei Pesci sospirava di costernazione e scuoteva la testa, quando trovava Scorpio o un altro pari casta in quelle condizioni, ma Milo non sembrava darsene pena e continuava a dare confidenza. In quel momento troncò la conversazione con una pacca sulle spalle affibbiata al più vicino e si lanciò verso Camus, che usciva con cipiglio serio.

“Devo scrivere una lettera”.

“Una lettera?”

“A Hyoga”.

“A quest’ora di notte?”

“Devo dirgli dov’è la Sacra Armatura di Cygnus. In qualità di mio allievo e di Bronze Saint fedele ad Athena è stato designato dal Pontefice come colui che andrà per arrestare nel sangue e nella giustizia il tradimento e lo scempio di Tokyo”.

Come Camus davanti al Pontefice, Milo non poté frenare un fremito d’orgoglio.

Camus scrisse la lettera quella stessa notte. Fu rapido, coinciso, ma soppesò bene le parole, figurandosi il viso di Hyoga e il suo stato d’animo – che sia come il ghiaccio, Athena, guidalo – quando avesse avuto la sua lettera tra le mani.

Milo non lo lasciò solo nemmeno per un istante e, nonostante Aquarius non amasse avere persone in giro quando c’era da sistemare un’urgenza, in tutto quel trambusto e in quella strana atmosfera gliene fu grato.

Rimase a sedere al tavolo davanti a lui, all’Undicesima Casa, la guancia appoggiata al braccio, fino a quando Camus non mandò a chiamare un messo.

Non era il caso di affidarsi ad altri se non a un messaggero che giungesse a Peveck il prima possibile, magari il giorno seguente.

Guardò l’ambasciatore andare via, sotto le stelle, e solo allora permise a se stesso di allentare la presa e alle braccia di Milo di condurre il suo corpo stanco contro il proprio petto.

 


Dea Eris: Ciao! Grazie per i complimenti, davvero graditissimi! Riguardo a Katjia/Tetis, ovviamente è un’interpretazione assolutamente fanon del background di questo Marina di Poseidon, dal momento che sul passato della nostra sirenetta non ci viene detto niente.

Ho immaginato per lei qualcosa di diverso rispetto a quello che succede ai Saint, che, come Hyoga e Isaac, hanno una predestinazione e devono allenarsi duramente per compiere il proprio fato. I Marinas giungono da Poseidon in modi più strani, per vie traverse: Isaac ci arriva dopo un addestramento da Saint, Kanon viene nominato Sea Dragon dopo essere stato esiliato e condannato a morte dal Santuario di Athena.  Titis ci viene mostrata in forma di donna e di pesce, da Kurumada. Ci fa pensare a lei come uno spirito che diventa fanciulla per essere guerriera e, dopo la sua morte, nel manga, torna tra le mani di Julian Solo come spirito-pesce. Ho pensato quindi di farla incarnare in Katia, ragazzina predestinata. Carne e anima che si incontrano, come succede per il dio Poseidone, che scivola nel corpo del giovane Julian, senza tuttavia togliergli la sua identità. Dal momento che è proprio lei a guidare il dio, all’inizio della saga di Poseidon, ho immaginato un procedimento di “incarnazione” simile. Fammi sapere se ti convince!

Kiki May: Hai ragione, hai ragione! Sono pessima! Ma dai che siamo alla fine, ormai, mancano due capitoli, oltre questo! E dovrei tenere un buon ritmo!

Adesso tutti si separano, Isaac da Poseidon, Camus è tornato da Milo e Hyoga si appresta a infilarsi nel secondo volumetto di Saint Seiya *C* Che fatica. Grazie, Kiki, per tutto. Spero di abbracciarti presto. >***< E yay per le pose kurumadiane!

Ruri: çOç Tu mi commuovi, accidenti! Ti copro di bacini! çOç E portiamo Soheil in vacanza!

Rucci: Tomoyoooh! Torni al Santuariooooh! =O= *uno scorpione felice* La rilegatura. Ogni volta muoio di tenerezza. Sono ormai quattro anni che va avanti sta scompiuta. éOè E a te piace ancora!

*STRINGE* Ti bacio anch’io.

Sagitta72: Tornata! Si, scusa il ritardo. Lo so, lo dico sempre, ma stavolta bisognerà davvero concludere! Sono contenta di averti ritrovato tra i lettori e spero di non deluderti, portando Neve alla fine nel migliore dei modi. Sicuro che rimarrò! Non hai idea di quanti lavori in sospeso! XDD

Ti stringo forte!

Shinji: E io ringrazio te. Per le parole e per l’affetto. çOç Ti regalerò tanti pan di stelle, Decciama!

 

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: LeFleurDuMal