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Autore: Melian    18/01/2011    0 recensioni
"Le stelle caddero di colpo, come in una danza tribale, come se dopo aver sfiorato la vetta del cielo non avessero altro da fare che tuffarsi rocambolescamente in basso."
[Terza classificata al contest "Frammenti di feste" indetto da Elsker e Lutea Eos sul forum di EFP]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

«Come vorrei stare qui con te.
Cosa darei per restarti accanto.
Vorrei che tu potessi sorridermi.
Mi porterai dove vorrai,
E del tuo mondo parte farò!
Accanto a te, sempre così, solo con te.
Quando accadrà,
no non lo so.
Ma del tuo mondo parte farò!
Guarda e vedrai
Che il sogno mio
Si avvererà!»
(La Sirenetta)





CAPITOLO 1: Esprimere un desiderio


Esprimi un desiderio…
Sembravano sussurrarmelo le onde che si infrangevano contro i frangiflutti, quella sera di mezza estate che ero fermo sul molo, a guardare il mare. Un mare irriconoscibile per chi è abituato a vederlo alla piena luce del giorno, ma intriso di un fascino più marcato, di un mistero più inestricabile, di una bellezza priva di parole, essenziale, nuda, persino cruda, selvaggia, sotto quel cielo notturno, illuminato da una falce di luna e dalle stelle che diffondevano un lucore latteo, iridescente, all’orizzonte.
Immaginavo il rincorrersi dei marosi e il ribollire della schiuma contro gli scogli, anche se non potevo vederlo e, invano, cercavo di trafiggere il buio con la vista che spaziava tutt’attorno.
Annusavo il profumo di salsedine che vorticava nell’aria e sembrava ballarmi attorno, suadente, come una donna che volesse provocarmi; ascoltavo il rumore sempre diverso dell’acqua, prima cristallino e soffuso, poi un’impennarsi di note armoniche quando la roccia veniva percossa dallo schiaffo del mare.
E il mare stesso sembrava sussurrarmi: «Esprimi un desiderio!»
Lontano, la luce del faro interrompeva il buio e faceva saettare la sua lama gialla per quelle barche che navigavano lontane, o per i pescatori che si preparavano per prendere il largo anche quella sera, per permettere loro di orientarsi.
Alle mie spalle, invece, c’era il brulicare di vita nella piazzetta adorna di palme, nei lidi dove si danzava sulla spiaggia, con la musica che ingigantiva di colpo, in suoni cupi e ripetitivi, ossessivi. C’era il chiacchiericcio di migliaia di turisti, il tramestio dei motorini, dei ragazzi assiepati davanti ai bar, la luce artificiale dei lamponi che immergevano la folla nell’illusione di camminare sotto il sole anche se era mezzanotte.
Sospirai e sollevai lo sguardo per osservare la luna al suo zenit.
Le stelle.
Si specchiavano sulla superficie marina in cui sembravano tuffarsi, fondersi e poi fuoriuscire con lente movenze. Salivano, salivano… si muovevano! Era come se avessero acquisito un movimento proprio all’improvviso e ascendessero ancora e ancora nel cielo che si rischiarava man a mano.
Il cielo era gravido di stelle. Grandi, colme di un bagliore pulsante come un cuore vivo. Si aprivano come i petali di una bella di notte, come le cosce di una amante al culmine del desiderio, per accogliermi. Raggiunsero il punto più alto del cielo, si affollarono, si ammassarono l’una accanto all’altra come soldati di un esercito con le loro armature tirate a lucido.
Abbacinanti.
Lasciavano indietro di sé una fine polvere argentata che piovigginò sull’acqua e accese il mare, rendendolo una distesa di luce. E ogni granello di polvere stellare aveva una voce e, insieme, erano un coro che mi invitava: «Esprimi un desiderio!»
Spalancai le braccia davanti al cielo, al mare, alla brezza, al lucore soffuso, al rumoreggiare dell’acqua contro gli scogli e sentì ogni fibra del mio corpo fremere. Sorrisi, prendendo un corposo respiro e socchiusi gli occhi, proprio mentre il cielo partoriva, la luna allargava le sue cosce di latte e riversava le stelle giù, giù, verso la linea dell’orizzonte.
Caddero.
Le stelle caddero di colpo, come in una danza tribale, come se dopo aver sfiorato la vetta del cielo non avessero altro da fare che tuffarsi rocambolescamente in basso. Si lasciarono cadere come una cascata scrosciante, fino a riversarsi oltre l’orlo del mondo e nel blu scuro del mare.
Piovvero.
Piovvero su di me, compiendo i loro giri, i loro volteggi. Piovvero mentre esprimevo, finalmente, il mio desiderio, fissando intensamente il foglio su cui avevo tracciato un disegno, un volto di donna tra la spuma del mare. «Fa’ che sia...»
La notte divenne una festa di stelle cadenti che allagarono l’oscurità, la vestirono del loro splendore. Cadevano e cadevano e io stesso caddi, come se una mano mi avesse afferrato dall’acqua e mi trascinasse in basso, tra le onde. Caddi, lasciando dietro di me la passerella di legno scricchiolante e il chiacchiericcio del porticciolo.
   
 
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