Shinigami
La
televisione, col volume al minimo, trasmetteva un allegro varietà, illuminando
fiaccamente la stanza con una miriade di luci diverse. Le tende aperte dovevano
conferirle un’aria ancora estiva, mentre servivano soltanto a mostrare, oltre
i vetri polverosi, le strade coperte da sottili strati di foglie giallastre. Il
vaso di fiori sul tavolino era comparso, sostituito da un’orribile statuetta
buddista, ancora inquietante.
«E’
così da quando ha ricevuto la notizia» mormorò il professor Agasa a Conan, al
quale era appena andato ad aprire la porta, indicando il salotto.
Ai
era seduta sul divano, fissando quasi con rabbia la statuetta, la schiena
leggermente piegata in avanti, le mani che stringevano la gonna beige, i piedi a
penzoloni che si muovevano leggermente. Lui si domandò quali pensieri dovessero
agitare quel cervellino troppo intelligente, visto le strane pieghe che le sue
morbide labbra prendevano di tanto in tanto.
«Non
so cosa fare per lei» continuò Agasa. «Anche se, stare male per una donna del
genere…» C’era astio nella sua voce. Che fosse… gelosia?
“Yumi e Yuki Miyano sono sorelle gemelle. I loro nomi in codice sono White e Black Russian. La prima è la madre di Acchan e Shiho, per questo dico che la ama. È sua madre!
Shiho dice di aver incontrato Black Russian al cimitero. Invece, quella che ha visto era White Russian. Vedete, quando Shiho aveva due anni, Black Russian ha avuto un incidente aereo ed è scomparsa. Allora White Russian ha scambiato le loro identità. Quindi loro due tendono ancora a farsi confondere, perché nessuno nota la loro unica differenza.
Perché? Il motivo è presto detto. Acchan e Shiho hanno la madre mafiosa, mentre il padre era un impiegato di banca. In pratica, le due bambine erano delle mezzo-sangue, per l’Organizzazione. Dovevano morire. Tuttavia, White Russian si accorse presto che sua figlia minore era molto intelligente e che avrebbe potuto continuare senza problemi i suoi esperimenti. Decise quindi di sparire, in modo che l’Organizzazione avesse per forza bisogno dell’intelligenza di Shiho e di Acchan che si occupasse di lei finchè era piccola. Lo fece per farle sopravvivere.
Black Russian vuole vendicarsi di sua sorella. Quando Acchan era piccola, Black Russian aveva già un figlio di quindici anni, purosangue, che causava però diversi problemi all’Organizzazione. Decisero quindi di eliminarlo e affidarono l’incarico a White Russian, che era la più vicina al ragazzo, minacciando di ucciderle la bambina. White Russian eseguì l’incarico.
Dopo la morte di Acchan, White Russian è venuta a cercarmi. Probabilmente Acchan sapeva che sua madre poteva essere ancora viva e le aveva lasciato delle informazioni per rintracciarmi. Io ero distrutto, capite, sapevo che Masami Irota era la mia Acchan… Così, insieme, decidemmo di tenero d’occhio Shiho, che era per me la cosa a cui Acchan teneva di più in assoluto e per Yumi la sua figlioletta.
Avevamo anche fatto una specie di santuario con le loro foto… che stupidi! Fra un po’ ci avrebbe scoperto Gin! Fortuna che sono riuscito ad incendiarlo in tempo…
Se l’ho rapita, è stato solo per proteggerla da Black Russian. Avevo saputo che sareste venuti ad Osaka, dove in questi giorni sta lavorando Yuki, perciò avevo mandato a Yumi un biglietto per avvertirla. Purtroppo, il biglietto è stato intercettato da Black Russian, quindi la vita di Shiho era in pericolo…
Io e sua madre continueremo a vegliare su di lei, come abbiamo sempre fatto”
Quello
che Ken Tokaai aveva detto a lui e ad Heiji, in effetti, corrispondeva
perfettamente alle informazioni che Ai aveva ricevuto dalla stessa White Russian…
Ma erano autentiche sul serio? Quei due, non potevano essersi accordati per una
versione comune, con il solo scopo di ingannarli? Capì ben presto che questa
versione aveva poco senso. Perché continuare a sorvegliarli per tanto tempo,
fino a farli diventare così pericolosi? Non faceva parte della logica
dell’Organizzazione, quindi, evidentemente, dovevano prendere per postulato
tutta quella strana vicenda.
Conan
si sedette sul divano, appoggiando la mano sul braccio di Ai. «Come stai?»
«Come
dovrei stare?» Ai non alzò nemmeno gli occhi, mentre rispondeva così,
ironica.
Lui
si impose pazienza, mentre le stringeva una mano. «Sembri sconvolta… Forse lo
sei» disse infine. «Se posso fare qualcosa…»
«No»
Ai si liberò dalla sua presa leggera, come se rischiasse di sporcarlo, e afferrò
il telecomando della tv, poggiato sul tavolino davanti a lei, schiacciando il
tasto play del videoregistratore.
«Non
puoi continuare a-» Lei alzò il volume al massimo in modo che la voce dello
speaker si sovrapponesse a quella di Conan.
-
I cadaveri di due donne, sono stati rinvenuti nel tardo pomeriggio di ieri,
nella loro tomba di famiglia. Dai primi accertamenti risulterebbe che una delle
due abbia sparato all’altra e poi si sia suicidata, morendo dissanguata. La
loro identità, ancora da accertare, dovrebbe corrispondere alle gemelle Yumi e
Yuki Miyano. Gli investigatori, tuttavia, indagano sulla scritta lasciata col
sangue da una delle due donne e non scartano la pista del serial killer -
Ai
spense totalmente la televisione, con un gran sospiro di Conan, il quale
rifletteva. «Io amo Sherlock Holmes… Che diavolo vorrebbe dire?»
“Se ti è capitato tutto questo, forse è colpa mia. Ho voluto darti un nome con un destino troppo grande. Vedi, “Shiho” è la traslitterazione dall’inglese. In realtà si dovrebbe scrivere “Sheho”, ossia le iniziali del più grande detective del mondo, Sherlock Holmes. Con questo nome, è un po’ come se tu fossi lui”
«Proprio
nulla» rispose Ai alzando le spalle. «Indizi per confondere le acque. La
specialità dell’Organizzazione» Si alzò dal divano, avviandosi verso il suo
studio.
«Ma
tu…» Conan assunse un’espressione preoccupata. «Stai davvero bene?»
“Lo so che non mi credi, ma non posso farci nulla. Io sono certa di essere tua madre e ti amo. Questo mi basta, perché so che, qualunque cosa sia successa, non saremo mai stati la famiglia normale che desideri. Che desiderano tutti”
«Yumi
Miyano potrebbe essere la mia madre biologica» disse Ai aprendo la porta. «Ma
non è la mia mamma»
Conan
sbattè le palpebre, osservando la sua schiena scomparire oltre la soglia della
stanza buia. Si voltò poi verso il professor Agasa, rimasto in disparte fino a
quel momento. Era un sorriso di trionfo quello che gli increspava le labbra?
Il
telefono squillò. Con un sospirò seccato, cercò a tentoni la cornetta, senza
nemmeno accendere la luce in quella stanza con le persiane chiuse, e rispose. «Pronto?»
«Haibara?
Sono Hattori» Dal ricevitore uscì un forte accento del Kansai.
«Ciao»
disse lei in tono neutro. «Ti passo Kudou-kun…»
«No,
aspetta!!» Heiji divenne improvvisamente agitato, tanto che lo poteva sentire
gesticolare dall’altro capo. «Io, insomma… Volevo parlare un attimo con
te…» Ai vedeva il suo rossore come se fosse stato davanti a lei.
«Oh…»
si stupì un poco.
«Si,
io… Vedi, volevo parlarti di mio padre» cercò di iniziare un discorso con un
minimo di senso logico. «Lui non vuole che io mi impicci nei suoi casi, roba
del genere… Mi picchia anche! Però, so di certo che, se fossi in pericolo,
verrebbe a salvarmi» Prese fiato. «Quello che voglio dire è che, anche se ci
sembrano odiosi e antipatici, i genitori pensano sempre al nostro bene… Quando
anche White Russian, in un certo senso…»
“So bene che non sono stata una mamma, per te, ma tutte le cose che ho fatto a questo mondo, le ho fatte pensando alle mie bambine. Posso aver sbagliato, certo, ma i genitori sono umani e, come tali, sbagliano”
«Grazie»
Una parola leggermente increspata e tremolante, che lo fece sorridere e
imbarazzare allo stesso tempo.
Ai
mise giù il telefono con un leggero saluto e sospirò, avvicinandosi al
cassetto. Ormai, aveva capito. White Russian sapeva di dover morire e, come
ultimo desiderio, desiderava far sapere alla figlia che per tutto questo tempo
aveva vegliato su di lei. Ecco qual’era il significato di quella frase.
“Sono proprio un’egoista! Venire qui, ora, a dirti queste cose… Volevo che le sapessi, ma sarebbe stato meglio di no. Almeno, non avresti mai saputo di aver perso qualcosa… Perdere è sempre peggio di non avere”
«Sei
una mamma stupida…» mormorò Ai fra i denti, cercando di mordersi le labbra.
«Stupida! Stupida!»
Cercò
di calmarsi. Non era da lei agitarsi in questo modo. Ma dopotutto, le persone
finivano sempre per farla stare male. Si credevano tanto brave, tanto coraggiose
ad andarsene per salvarla… La credevano felice in questa maniera? Idioti. Si
avvicinò alla scrivania e aprì l’ultimo cassetto, frugando sotto inutili
fotocopie di articoli di giornali. Come immaginava, la sua rivoltella era ancora
nascosta in quel luogo. La sua rivoltella, il suo primo regalo di compleanno…
Sorrise sardonica. Non avrebbe mai pensato di essere tanto grata a colui che
gliel’aveva donata.
“Mi disprezzi perché ho ucciso mia sorella e mio nipote, ma, cerca di capire, l’ho fatto per te e per Acchan. Vedi, morire per una persona è certamente nobile, ma un po’ troppo semplice, non credi? La cosa più… bella? No, non è la parola giusta, ma non me ne vengono altre. Comunque, quella che puoi fare per la persona che ami è uccidere. Se muori, tutto finisce, ma la persona che volevi salvare, se ti ricambia, non starà poi molto bene. Questo lo sai meglio di chiunque. Invece, se uccidi, il senso di colpa sarà tutto tuo. Ecco perché è qualcosa di più coraggioso. Evita sofferenze, di qualunque tipo, alla persona che ami”
Ai,
uscendo dalla porta, si imbatté in Conan, che la stava ancora aspettando con
un’espressione preoccupata. Allora gli sorrise vagamente, scotendo le ciocche
bionde come strisce di sole. «Una volta mi hai detto che un demone poteva
diventare un angelo, giusto?» gli chiese.
Conan
aggrottò la fronte. «Forse… Perché?» Non capiva molto il senso di quella
domanda improvvisa.
«Per
te, ci sono riuscita» le disse, superandolo. «Sono diventata uno shinigami»
Un angelo, si, ma della morte.
A
rallentatore, come la pellicola di un vecchio film, lui vide la sua figura
allontanarsi da lui per uscire nel giardino autunnale ormai spento. Colto da un
terribile dubbio, vi si precipitò gridando: «fermati, Haibara!»
La
trovò inginocchiata sotto l’unico albero del giardino davanti alla casa così
familiare di Agasa, nuda per la stagione inoltrata, tanto che i due, assieme,
parevano un quadro di guerra, come la povera fanciulla che prega sulla tomba del
soldato morto e sepolto ai piedi di un tronco che non sembra più in vita.
«Perché
urli?» gli domandò calma, senza voltarsi.
«Io
credevo che… Che tu…» Si avvicinò. Era proprio un idiota. Ai non possedeva
una pistola e non si sarebbe mai suicidata. Era proprio assurdo. «Nulla. Che
fai?»
«L’eliotropo
è appassito» Ai alzò molto delicatamente il braccio per accarezzare lo stello
seccato del girasole, sulla terra smossa e fresca. «Mia sorella li adorava»
Infatti, Ken glielo aveva portato sulla tomba.
Conan
sorrise. Ricordando la prima volta che l’aveva vista, quando ancora non sapeva
che fosse in realtà, aveva pensato che l’aggettivo che le si adattava era
“poetica”, visto anche il suo nome, che significava “tristezza”.
Ripensandoci ora, ci aveva proprio azzeccato. Ai aveva un tono di voce che ben
si adattava ad una poesia in versi, seppur usasse spesso un linguaggio clinico
che raramente si capiva, e diceva generalmente delle grandi verità, terribili
ma vere, proprio come le poesie delle letterature. «L’anno prossimo
spunteranno ancora»
«Loro
si»
«Conan!
Dobbiamo andare a casa!» La voce di Ran, premurosa, venne dall’altra parte
della strada. Lui tentennò.
Ai
si alzò, spolverandosi la gonna e le mani dalla terra. «Cosa aspetti ad
andare?» Poi gli scoccò un’occhiata curiosa. «Io tifo per Ayumi, però»
Conan
arrossì, appannando le lenti degli occhiali, quindi, ad un’altra chiamata di
Ran, si decise ad andare. A quel punto, lei ritornò in casa. La rivoltella,
nascosta dai girasoli, era al sicuro. Se un giorno ne avesse avuto bisogno,
avrebbe saputo dove trovarla. Visto che Agasa si era chiuso in cucina, lei prese
la cornetta e fece il 12. «Mi passi il signor Ra Ekku, Osaka, per favore»
«Subito»
rispose la vocetta allegra della centralinista, quindi, dopo alcuni tuu tuu a
vuoto, sentì una giovane voce maschile. «Pronto?»
«Sono
Miyano» Ai parlava con la precisione di un chirurgo e la professionalità di
una segretaria.
«Shiho!»
Ken represse un’esclamazione troppo forte. «Io… Mi dispiace tanto…»
«Sei
stato tu a uccidere White Russian, vero?»
I
minuti di silenzio furono pochi, ma estremamente lunghi. Dal fondo del telefono,
si sentiva il suono di una radio. «Hai prove?»
“Ken, il ragazzo di Acchan, mi è sempre stato vicino. Perciò sarò ben felice, se sarà lui ad uccidermi, come penso”
«No,
ma ho la certezza che sia stato tu» Ai si morse un labbro. «Non ti
arresteranno, tranquillo… Raramente qualcuno dell’Organizzazione viene
arrestato, lo sai, vero, Brandy?»
Ancora
silenzio, tanto che lei iniziò a spazientirsi. Cosa serviva riflettere tanto,
troppo? «Te l’ha detto Yumi?»
“Mi sono innamorata, ma lui fa parte della nostra stessa Organizzazione. Si chiama Brandy. Non voglio che tu lo veda, quindi non chiedermelo… Se è bravo? Con me lo è. Lavora nel reparto stupefacenti”
Era
curioso come delle attività criminali potessero essere considerate in modo così
onesto. «E’ stata Akemi» Questa volta, Ken sobbalzò visibilmente, iniziando
a sudare. «A Kudou e Hattori hai detto che tuo fratello non faceva parte
dell’Organizzazione, ed era vero… Quello che invece non corrisponde alla
verità è il perché lo abbiano ucciso» proseguì quindi Ai, stanca di
ricevere risposte ritardatarie. «Tuo fratello era un rappresentante di
medicinali, quindi capitava di frequente che si spostasse all’estero per le
riunioni delle case farmaceutiche… Ad ogni viaggio, un tuo complice nascondeva
i pacchi di droga nel doppiofondo della valigia di tuo fratello. Solitamente le
medicine contengono una dose limitata di stupefacenti, perciò era improbabile
che la polizia si soffermasse molto a controllarle, anche nel caso che la
valigia fosse stata segnalata dai cani antidroga» Sorrise vagamente: era
divertente fare il detective. «Al ritorno di tuo fratello, quindi, ti bastava
andare a casa sua, quando non c’era, visto che possedevi una chiave di scorta
e recuperare la merce»
«Come
l’hai capito?»
«Ho
controllato, sul cd di Nagisa – ricordi la killer, BloodyMary? – le date di
tutte le spedizioni, che corrispondevano alle date dei viaggi di Shiro Tokaai»
spiegò lei. «Ti deve aver scoperto, e tu l’hai ucciso, simulando un
suicidio. Nessuno avrebbe sospettato del contrario, vista la situazione di
spacciatore in cui l’avevi messo utilizzando il suo nome, e nessuno lo avrebbe
potuto ricollegare all’Organizzazione, proprio perché non ne faceva parte
veramente»
«No,
intendevo dire di Yumi»
«Adesso
ti racconto per bene» disse allora Ai, come se spiegasse a un bambino che la
terra gira intorno al sole. «Quando mi sono svegliata nella tua auto, tu
parlavi al telefono con White Russian. All’inizio, credevo che volessi
uccidermi, parlando di “cancellare le prove”, invece vi stavate solo
riferendo al fatto di incendiare la catapecchia che conteneva le fotografie e
che Black Russian aveva “casualmente” scoperto. Invece, dopo la mia fuga, tu
non sei affatto andato a bruciare quel posto come avevi promesso, bensì sei
tornato immediatamente al tuo posto di lavoro. Ho controllato: se avessi perso
del tempo a farlo, non saresti mai potuto essere là all’ora in cui invece sei
arrivato» Riprese fiato, aspettando l’effetto delle sue parole.
«Continua»
esalò Ken.
«In
realtà, Black Russian aveva deciso di rivelare tutto a Gin, forse perché
voleva che mi uccidesse, forse per far uccidere White Russian che mi stava
proteggendo. Non lo so, e non mi interessa. Sta di fatto che tu ti sei offerto
di incendiare quel posto, in modo da non farlo e permettere a Black Russian di
raggiungere il suo scopo. La mamma però sospettava di te, così ha deciso di
controllare di persona la situazione. Vedendo la porche di Gin arrivare e
nessuna traccia di incendio, ha eseguito personalmente il lavoro, senza sapere
che io ero dentro la catapecchia. Me ne sono ricordata molto dopo, ma, mentre
ero nascosta, ho sentito qualcuno passare accanto a me nel cunicolo, che poi ho
utilizzato per fuggire. Proprio come me, anche White Russian era totalmente
coperta di fango, perché entrambe eravamo passate per la stessa strada» Prima
che lui potesse replicare, aggiunse: «ho controllato le telefonate del tuo
cellulare. Quando Kudou ti ha trovato, non stavi chiamando White Russian, ma
Black Russian. Temevi che la mamma avesse scoperto il tuo doppio gioco e venisse
ad ucciderti prima che lo facessi tu. Ma la zia ti ha tranquillizzato, perché,
non conoscendo il cunicolo segreto e non avendo visto sua sorella uscire,
credeva che fossi stata io ad incendiare la catapecchia. Penso che mi abbia
salvata da Gin per potermi poi uccidere di persona… Quando ho chiamato
Kudou-kun perché venisse a prendermi, non hai dovuto fare altro che seguirlo
per trovare White Russian»
«Non
posso negarlo» ammise Ken, sospirando. «Però devi ammettere che io non ti ho
mai tradita, nonostante sapessi il tuo segreto»
«Prima
di ieri» disse Ai in un tono non molto accondiscendente. «Comunque non ho
prove, quindi stai tranquillo…» L’odore del suo sudore giungeva anche a
distanza.
«Anche
se so che non ci crederai, non più, sappi che ho amato tua sorella» provò
ancora lui, con una vocetta esile e infantile.
«No»
scosse la testa lei. «Tu amavi l’idea di amare. Sei un killer, e come tale
senti il bisogno di amare qualcuno per non rimanere senza sentimenti. Così,
dopo Akemi, ti sei occupato di Yumi e adesso di me… Ma dopo?»
«N-non…
Non ci sarà un dopo»
«Chi
lo sa» Ai fece un respiro profondo. «Sappi solo una cosa: se provi a
denunciare Kudou, io ti ammazzo»
Ken
tremò. Conosceva fin troppo bene quel tono di voce, capace di tagliargli in due
il cuore senza nemmeno bisogno di sporcarsi le mani. «Non lo farò» cercò di
dire questa frase con un tono più neutro possibile, senza riuscirci in maniera
convincente. «Allora, addio, Shiho»
«Addio»
Ai mise giù la cornetta del telefono, tirando un sospiro di sollievo. Magari
avesse avuto un decimo del coraggio che aveva ostentato. Ormai, non si poteva più
tornare indietro, doveva seguire la strada fino in fondo. Fra le due vie, lei
aveva scelto quella meno battuta. Le sembrava più facile. D’altronde, tutto
era relativo al mondo, no?
Agasa
entrò allegro nella stanza, spandendo attorno a sé un curioso odore
dolciastro, irritante per il naso ma estremamente invitante. «Ho fatto i
biscotti!» esclamò tutto allegro. «Vieni a mangiarli per merenda?»
«Posso
chiederle una cosa, Professore?» Lo voce di Ai era tremendamente seria, tanto
che disperse tutto il profumo, sostituendolo con un’atmosfera polare. «Posso
chiamarti… Sohu?» (nonno)
La
tensione che Agasa aveva accumulato in quel periodo si allentò, così
velocemente da aprirgli i rubinetti dell’anima. Scoppiò in lacrime,
balbettando dei “si, si” sconnessi che somigliavano di più al belare di
qualche agnello appena nato.
Ai
si sentì un po’ in imbarazzo. «Allora, i biscotti?» cercò di cambiare
argomento.
Soffiandosi
il naso, Agasa riuscì dalla stanza, facendole segno di seguirlo, seguendo la
traccia del profumo.
«Arrivo»
Lei tirò fuori dalla tasca una fotografia spiegazzata e la osservò per qualche
minuto. Ritraevano un uomo e una donna, giovani e sorridenti, come in tutte le
foto. Al centro stava una bambina di tre anni, abbracciata all’uomo, mentre la
donna ne teneva in braccio un’altra di alcuni mesi. Sembravano la classica
famiglia da pubblicità, solo che mancava il fratellino pestifero.
“Ti
lascio questa foto, io non ne avrò più bisogno. Però, secondo me, dovresti
buttarla via. Ora hai un’altra famiglia, vero?”
La
rimise dentro. «Sohu» lo chiamò, chiudendo la porta dietro di sé. «Facciamo
una foto insieme?» E le sue guance si colorarono di rosso mentre lui, sempre
piangendo, si precipitava ad abbracciarla.
Note
di Akemichan: Reviews: MelanyHolland:
Ciao ^^ Grazie della recensione. Davvero l’hai inserita tra i preferiti? *_*
Che onore, sono troppo felice! Comunque, mi fa piacere che trovi la trama
appassionante e non incasinata, visto i vari cambi di scena che ci sono e i vari
personaggi che si muovono nel contesto. Effettivamente, ho un po’ imbrogliato
in questa storia (all’Aghata Christie), perché se non si conoscevano i nomi
degli alcolici era abbastanza difficile farsi venire in mente un’idea simile,
e anche se si sapevano poteva non capirsi… Insomma, sono stata un po’
cattivella ^^ Spero a presto ^^ Bye Ginny85:
Ciao ^^ Grazie della recensione. Anche a me piace molto Star Wars, solo che ci
ho pensato dopo la storia ci somigliava… probabilmente reminescenze dei film
^^’’ No, il nipote, come le gemelle e i
Tokaai sono personaggi totalmente inventati da me. Comunque non preoccuparti,
avrei letto lo stesso la tua storia, sono curiosa di vedere come scrivi ^^ Se
poi c’è Ai, anche meglio ^^ Ma tranquilla, non sei l’unica che si diverte a
far soffrire i personaggi che ti piacciono (vedi la mia Ai, poverina ù_ù). A
me piaceva la Ran dei primi numeri, dopo non lo so… Diventa troppo
piagnucolosa, anche se il motivo è ovvio. Comunque no, non te lo dico chi è,
dovrai scoprirlo da sola ^_- Non che sia difficile, ci ho già pubblicato una fic
sopra (ma questo non si dovrebbe dire, è pubblicità occulta ù_ù) Aspetto con
impazienza la tua fic ^^ Bye
Ciao
a tutti ^^ Ecco questa è la fine ^^ Come vedete, non ho messo la scena vera del
dialogo tra Ai e sua madre, anche perché la cosa che mi interessava
maggiormente erano le sue reazioni a questa scoperta, non il resto. L’ultima
scena l’ho pensata guardando una fanart di Ai e Agasa insieme… Lei sorrideva
così felice, che ho amato quella foto *_* Sembravano davvero un nonno con la
nipote, e a me piace molto il loro rapporto, per questo ho voluto concludere in
questo modo. E ovviamente il suo rapporto con Shinichi non è cambiato per
nulla, tanto lui è tonto e non si accorgerà mai dei suoi sentimenti, perciò
anche lei sorvola… Ma verrà prima o poi il ragazzo giusto anche per lei ^_-
Che
posso dirvi… Spero che vi sia piaciuta ^_^ Grazie per averla letta, e grazie a
chi commenterà ^^ Ancora un ringraziamento ad Angelee,
la mia beta-reader, che mi ha aiutato a far capire bene cosa sia successo in
questa storia ^^’’ Buone feste a tutti!!