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Autore: kelleyrose    19/01/2011    2 recensioni
è incredibile come grazie a una semplice occhiata sia riuscito a cambiare definitivamente il mio mondo, sorrido avrei dovuto trovare un modo per ringraziarlo, prima o poi, spengo la luce e mi accoccolo accanto all'uomo che amo, lo sento sospirare al contatto con la mia pelle, intreccio le mani nei suoi capelli, sento le sue labbra posarsi delicate sulle mie...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kellan Lutz
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sono seduta  a terra col fiato corto, mi rifiuto di credere a quello che è appena successo, appoggio la testa al muro , e come un martello pneumatico le immagini e le parole appena dette si ripetono  a raffica nel mio cervello alla fine cedo e lascio che i ricordi abbiano il sopravvento.
Ero lì seduta sulla panchina del parco a godermi quell’unica ora di pace che avevo, non avevo fame e invece di andare a mangiare nella cucina mi ero rifugiata qui lontano dalla confusione ma soprattutto dai flash continui dei paparazzi che ormai circondavano l’hotel, stavo lì a bearmi del calore del sole sul viso a occhi chiusi, poi quel calore scomparve aprii gli occhi lentamente. Un sorriso comparve sul suo viso “ciao” strizzai gli occhi per vedere meglio e mi persi in quell’oceano “ti disturbo?” scossi la testa “no assolutamente stavo solo riposando un po’” indicai il posto accanto a me “prego vuole sedersi?” annuì e si sedette “non devi essere gentile solo perché sono un cliente dell’hotel e mi dammi del tu ti prego”. Mi rilassai un po’ “ok e comunque non sono gentile solo perché lei è” mi lancio un occhiataccia e io mi corressi subito “cioè tu sei un cliente” sembrava inquieto come se avesse paura di essere lì e contemporaneamente VOLESSE essere lì.  
Lo guardo confusa “tutto bene?” fa una smorfia “dovrei essere un attore io”  cosa? Ma che sta dicendo? “Kellan scusa ma non ti seguo” sorrise uno di quei sorrisi dolci e rassegnati “dovrei sapere mentire” ecco cosa intendeva alzo le spalle “recitare e mentire sono due cose diverse” si voltò a guardarmi apertamente stupito “davvero?”  alzai di nuovo le spalle guardando davanti a me guardarlo sarebbe stato come annegare e se volevo formulare una frase di senso compiuto non dovevo permetterlo “non sono un’attrice ma nel mio lavoro devi anche saperlo fare, devi mostrarti gentile e disponibile anche se sei incazzata nera” ride, una risata davvero divertita  mi fa arrossire. Passammo 20 minuti a parlare del più e del meno mischiando italiano e inglese, senza nemmeno rendercene conto. Quando gli chiesi come mai parlasse così bene l’italiano mi racconto di aver passato circa tre mesi in Italia quando aveva 13 anni “quando ho scoperto che mio zio sarebbe venuto in Italia per motivi di lavoro ho assillato mia madre and qui ho imparato l’italiano anche se il mio accento è molto marcato”. Sorrisi e alzai il braccio per guardare l’ora, sospirai: era ora di rientrare. Mi sorrise anche lui “si ritorna nella tana del lupo?” annuii imbronciata si alzò e mi porse la mano per aiutarmi, ci dirigemmo insieme verso l’uscita del parco “oh No” sussultò poco appena attraversati i cancelli, mi voltai a guardarlo senza capire si alzò il cappuccio della felpa e infilò gli occhiali, con un cenno della testa mi indico tre uomini con attaccata al collo una macchina fotografica. Non ci stavano guardando ancora non lo avevano riconosciuto, lo presi sotto braccio appoggiando la testa alla sua spalla “cosa fai?” mi chiese un po’ indignato come se lo avessi baciato o lo stessi per invitare a andare a letto insieme. Sorrisi “non ti hanno visto continua a camminare e non mostrarti nervoso so cosa fare fidati non è la prima volta” sussurrai col sorriso sulle labbra continuammo a camminare passando proprio davanti a loro. Appena svoltato l’angolo mi allontanai da lui sorridendo lui mi guardò confuso, alzai le spalle, per nulla al mondo gli avrei dato una spiegazione dargli una spiegazione avrebbe significato ricordare e io avevo impiegato anni per mettere a tacere  i ricordi. Entrammo nell’albergo e mi saluto con un sorriso a trentadue denti, leggevo ancora nel suo sguardo curiosità ma con un cenno di saluto mi diressi in camerino. Una volta sola mi resi conto delle farfalle nello stomaco, perché mi sentivo così agitata, perché il suo sorriso mi si era stampato nel cervello indelebilmente? Non ne avevo idea o forse avevo solo paura di ammetterlo.
Dopo un’altra giornata passata ad accontentare i capricci della protagonista femminile mi concessi un attimo di pausa per fumare una sigaretta, uscii dalla porta di servizio nel vicolo, anche da li si poteva vedere lo splendore di Roma, amavo quella città così magica, la sua bellezza e la sua cultura mi lasciavano ancora senza fiato nonostante fossero due anni che lavoravo in quell’hotel. Mi sfilai le scarpe , non mi importava di stare a piedi nudi sul marciapiede preferivo quello ai tacchi, presi la sigaretta mi accorsi di non avere l’accendino e poi clic, un piccola fiammella si accese davanti al mio viso sobbalzai, sospirano di paura quando riconobbi il suo viso alla fioca luce dell’accendino “non volevo metterti paura scusa” disse con voce dolce, la fiamma si rifletteva nei suoi occhi neri. “Alex che ci fai tu qui” quel maledetto e pazzo del facchino mi faceva sempre rischiare un infarto spuntando a sorpresa dai posti più impensati indicò un posto alle sue spalle “sei tu che non vedi non è colpa mia” sorrise. I suoi sorrisi mi facevano sempre gelare il sangue, non c’era un motivo ben preciso, quando sorrideva mi ricordava quei maniaci che si vedono nelle serie poliziesche alla tv, il buio nel vicolo di certo non aiutava. Fumammo insieme, parlando del più e del meno, aveva un modo sexy di fumare tenendo la sigaretta tra il pollice e l’indice, stando mollemente appoggiato al muro alle nostre spalle. Quando spensi la mia sigaretta lui lasciò cadere la sua anche se era solo a metà, mi poggiò una mano sul braccio tirandomi a se. Mi spinse verso il muro e poggio le sue labbra sulle mie, non volevo quel bacio, non volevo lui, provai a spingerlo via ma lui mi bloccò i polsi nella sua presa d’acciaio spingendo col suo corpo sul mio, con l’altra mano mi teneva ferma la testa. Con le labbra tracciava una linea per tutto il mio collo, ma non era eccitante al contrario provavo repulsione, con una ginocchiata nello stomaco riuscii a liberami, si piegò in due ma non ebbi il tempo di scappare. Pi spinse e battei la testa sul muro e tutto divenne nero……
 


Continua presto molto presto non posso di certo dirvi tutto subito…. ^_^ grazie per l’attenzione vostra KelleyRose 

  
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