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Autore: Klakiry    19/01/2011    2 recensioni
Prima fan fiction per me su questo sito. E' una ff a capitoli ambientata in NCIS dopo la prima puntata della settima serie diciamo (ci sono riferimenti a quello successo nella serie reale perciò occhio agli spoiler, riferibili solo all'inizio della 7 serie fine della 6, già trasmessa in Italia). Un inizio di giornata e un nuovo caso per la squadra dell'NCIS.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Tony si stava sistemando la giacca addosso con calma. Era un normale e noioso martedì mattina, un altro giorno di solite cose, un altro giorno di lavoro…come gli altri…stupida routine. Le porte dell’ascensore si aprirono davanti a lui che lentamente uscì dalla piccola cabina, dirigendosi al bullpen. 

<< Buon giorno >> disse, fingendo allegria, gli altri due risposero al saluto mezzi assorti nei loro affari.  Alla sua destra Ziva sedeva completamente sveglia, probabilmente era li dalle 5:00 del mattino come ogni giorno. Tony guardò verso di lei per un po’ mentre i ricordi del giorno prima correvano nella sua mente. Le sue scuse lo avevano fatto pensare tutto il giorno e tutta la notte e adesso aveva dei segni scuri sotto gli occhi segno della “ bella ” nottata passata. Ziva, sentendosi osservata, sollevò la testa incontrado con lo sguardo la figura di Tony che si era appena seduto alla sua scrivania. Lei lo guardò esattamente come lui aveva fatto poco prima con lei , pensando le stesse cose. Quando la donna aveva alzato la testa prima, lui aveva velocemente girato la sua distogliendo lo sguardo e facendo finta di nulla.  McGee come Tony era arrivato da pochi minuti. Ma Dinozzo non pensava a lui. Risollevò il capo guardando alla ragazza davanti a lui. Era una divertente e amara realtà quella che doveva affrontare ogni giorno…una verità che in un sacco di anni non aveva potuto ammettere neanche con se stesso…o forse è meglio dire che non voleva ammettere quella verità…ma poi…perché? Facile..perchè come un ragazzino di quindici anni lui aveva paura. L’eterno Peter Pan che era lo bloccava..ma ormai era stanco di nascondersi. La verità…la stupida verità…era che il bacio che lei gli aveva dato il giorno prima..lui non lo voleva sulla guancia, ma non era così uomo, non aveva abbastanza coraggio per andare e prenderselo dove lo voleva…dove entrambi volevano. Eppure era così evidente così palese, che non erano solo semplici colleghi…lei lo capiva meglio di chiunque altro, poteva leggere la sua anima solo guardando nel profondo dei suoi occhi, e non si era mai fermata al suo allegro e infantile modo di fare…sapeva quando stava soffrendo ed era abile a capirne anche il motivo. Se qualcosa succedeva nella sua vita lei lo notava subito e si preoccupava per lui, sempre. Quindi, perché si stava facendo scappare quell’opportunità? Solo per una stupida paura? Per quello stupido orgoglio, lo stesso che impediva a lei di essere completamente sincera con se stessa e che non le permetteva di lasciarsi andare. Abbassò di nuovo gli occhi sullo schermo del pc guardandolo senza vederlo. Quelle due menti viaggiavano su binari più simili di quanto entrambi non credessero,  la ragazza pur sentendosi di nuovo osservata per qualche istante, non sollevò il capo, in lei una guerra molto più aspra si dibatteva senza trovare una pace che la portasse a una decisione. O meglio lei la decisione l’aveva presa non aveva mai preso in considerazione l’idea di vedere Tony come più di un collega eppure, a volte, spesso ormai per la verità le sembrava solo di mentirsi spudoratamente, la capacità di quell’uomo di farle perdere il controllo ogni tanto la faceva impazzire, perché poi ogni qual volta succedeva qualcosa di simile la guerra dentro se si inaspriva. “ la regola numero 13, la regola, è la regola ” continuava a ripetersi cercando di convincersi “ sarebbe tutto storto tutto sbagliato, siamo e dobbiamo essere solo colleghi ”  già ma poi perché? Chi lo diceva quello? Si sorprese a fare quei pensieri e velocemente cercò di liberarsene dalla mente, la infastidiva anche solo il fatto che ci riflettesse su, insomma doveva essere così e basta! Loro erano solo colleghi punto! Cos’erano tutti questi pensieri. Ma come volendosi vendicare della brusca cacciata dalla mente della ragazza quelle riflessioni tornarono in breve sulle ali di una frase che parve vibrare nel tempo fino a lei quel giorno. “ Non posso vivere senza di te ”. Come ogni volta che le tornavano in mente, quelle semplici parole fecero immobilizzare tutto il suo sistema di super controllo personalità e sentimenti in perfetto stile Mossad. “ non è più ritornato sull’argomento in ogni caso ” cercò di giustificarsi provando a sbloccare il sistema poco prima inceppato. In breve quello ricominciò a funzionare facendo tornare la ferrea lucidità in Ziva ma, come ogni volta che subiva uno scossone, ripartiva più lento e più incerto creando solo altri dubbi nella donna. Ma in una cosa ancora serviva bene…all’esterno di lei non traspariva nulla. Digitava tranquilla i tasti sulla tastiera come sempre in piena serenità. Alzò un momento uno sguardo su Tony 
<< Silenzioso oggi? >> fece notando il lungo silenzio dell’agente solitamente più rumoroso. Tony alzò il capo con un sorriso sarcastico 
<< Non ho niente da dire >> rispose facendo spallucce e inarcando le sopracciglia 
<< Tu hai sempre qualcosa da dire >> rimbeccò la donna mentre finiva di cancellare le mail inutili dal suo pc. Tony rise poi approfittando della distrazione della ragazza accartocciò una pallina di carta e, con precisione la tirò verso di lei prendendola sul capo. 
<< Ehy >> sbottò irritata Ziva prendendo “l’arma del delitto” e buttandola nel cestino. 
<< Visto che ti infastidiva il mio silenzio >> rispose Dinozzo il solito sorrisetto sul viso che le faceva saltare i nervi. Stava per rispondere quando Gibbs entrò a passi lunghi, veloci e felpati nel bullpen. 
<< Prendete la vostra roba >>. Il team scattò su prendendo le loro borse e agendo come fossero un'unica persona, un unico corpo. Gibbs senza farsi notare sorrise soddisfatto prendendo anche lui il suo giaccone. 
<< Una chiamata d’emergenza della figlia di un marine da un luna park >> fece avviandosi all’ascensore e entrandoci seguito a ruota dagli altri tre 
<< Cosa le è capitato? >> domandò Ziva 
<< hanno rapito il fratello >> fu la risposta secca di Gibbs. 
A kilometri di distranza Jen Parker chiudeva la comunicazione dal suo cellulare, cominciando a guardarsi intorno; Kevin era lì proprio accanto a lei, era sempre stato con lei ma, non appena aveva voltato le spalle per prendere i biglietti per la giostra lo aveva visto allontanarsi, e sparire tra la folla inseguendolo poi aveva fatto a tempo a vedere che veniva trascinato via da un uomo alto e corpulento, dai capelli scuri sempre di spalle, un’altra corsa forsennata aveva preceduto la sua chiamata ma non l’aveva trovato e capendo che aveva bisogno d’aiuto aveva chiamato l’NCIS. L’agenzia le aveva detto di stare dov’era ma lei non ci pensava proprio, era il suo fratellino, il suo Kevin, avrebbe fatto di tutto per trovarlo. Così velocemente riprese a vagare per il luogo studiando ogni mossa di quel giorno con la sua memoria…

  
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