II.
Nemico?
Il giorno seguente, Buffy si rende conto di aver pianto.
Si guarda allo specchio e le sembra di vedere due viottoli scuri correre lungo le guance; la sua espressione, invece, è visibilmente stravolta.
Il motivo è semplice ma non vuole accettarlo: il fatto che sia così introversa, estranea a se stessa, è la conseguenza pressoché naturale di anni ed anni di delusioni amorose. La sera precedente aveva semplicemente fatto mente locale, rendendosi conto di quanto fosse effettivamente vittima delle sue stesse decisioni, di quanto avesse sacrificato in nome dell'orgoglio.
Si dirige in bagno, sciacqua il viso – come se potesse lavar via il dolore – e ha quasi voglia di urlare, osservando il nero confondersi con l'acqua trasparente e creare un tutt'uno.
Lo osserva, poi, con più calma: è come se si stesse soffermando su una voragine nella quale vi vede racchiusa la sofferenza. Scuote la testa con vigore, dopodiché sobbalza per un secondo; ma è solo un attimo, dopo aver distinto la presenza retrostante ritorna ad essere la cacciatrice.
«Cosa...», Spike sembra aver perso le sue difese, si sta trascinando sul pavimento del bagno, «... Hai intenzione di ucciderti?!»
Urla, piuttosto inviperita.
Intuisce, però, che la situazione è più grave del previsto e non può fare a meno di trattenere le imprecazioni a denti stretti e preoccuparsi per lui.
Ironico, vero?
Si preoccupa per quello che dovrebbe essere il suo peggior nemico, è proprio una cacciatrice priva di dignità. In quel momento avrebbe dovuto approfittare della situazione e infilargli un paletto di legno all'altezza del cuore ma, ironia della sorte, sembra che sia stata lei a colpirsi.
Spike mugugna qualcosa, di cui non riesce ad afferrare il senso in quel momento; solo dopo aver prestato maggiore attenzione ed essersi avvicinata di più, intuisce il senso di quei monosillabi spezzati.
«... ariscimi. Guari... scimi.»