Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 2:
Kagome aveva
camminato per tutta la notte. Aveva cercato almeno una forma di vita a
cui
chiedere informazioni ma non ve ne erano tracce. Così aveva
preso del cibo in
scatola dal suo inseparabile zaino da viaggio e aveva ricaricato tutte
le
energie perse. Poi aveva ripreso di nuovo le sue ricerche, fino a
giungere
sfinita alla mattina successiva. Adesso si sentiva davvero sfinita,
distrutta,
non riusciva a sentirsi più le gambe e i piedi. E il sole
cocente e il caldo
pazzesco di quella mattina non la aiutavano affatto.
Quando ormai
la ragazza era così stanca da non riuscire più a
camminare intravide da lontano
un piccolo villaggio. C’erano ragazze giovani e uomini che
entravano e uscivano
con ceste e vasi. Fece un ultimo sforzo e si incamminò
proprio verso quel
villaggio.
L’ingresso
e
le case erano tutte finemente costruite in legno, ce ne erano di
numerosissime
e gli abitanti sembravano attivi e gentili. Proprio in quel momento
un’anziana
signora dalla pelle scurissima stava tenendo un vaso pieno
d’acqua sopra la
testa e si stava avviando proprio verso la sua direzione,
così Kagome si
avvicinò e le chiese informazioni: “Mi scusi per
il disturbo, ma potrebbe dirmi
dove si trova il capo villaggio?” “Nessun disturbo
ragazza, quale dei quattro
cerchi?” “Ci sono quattro capo
villaggio?” “Esattamente, se vuoi posso portarti
dall’unica che conosco, visto che gli altri tre non si vedono
molto in giro, e che
per ora sta badando ai miei nipotini”. La ragazza dai capelli
color ebano annuì
e la seguì in silenzio.
Arrivarono
davanti ad una piccola casa di legno davvero graziosa e
l’anziana signora, dopo
essersi avvicinata al portone d’ingresso, bussò
piano. Una ragazza, che sembrava
avere circa la sua età, venne ad aprire e le fece
accomodare. L’anziana la
abbracciò affettuosamente e la ringraziò
“Ti ringrazio Sango, se non ci fossi
stata tu non sarei potuta andare a ritirare
l’acqua!”.
Kagome al
suono del nome dell’amica sbancò letteralmente:
che ci faceva anche Sango in un
luogo del genere? Non sapeva proprio spiegarselo.
“Ehi
Kagome,
per caso ti sei imbambolata?” scherzò proprio la
sterminatrice. “S-sango! Ma
cosa ci fai anche tu qui? Sei stata risucchiata come me in un posto del
genere?” “Ma cosa stai dicendo Kagome?! Forse ti
abbiamo lasciato dormire
troppo nelle ultime settimane”. La ragazza la
guardò confusa, che cosa voleva
dire con ‘nelle ultime settimane’? Lei era arrivata
solo da due giorni!
“Nelle
ultime settimane? Sango, vi ho lasciato tre giorni fa
nell’epoca Sengoku per
sostenere un altro esame e quando ieri ho attraversato il pozzo
MangiaOssa mi
sono ritrovata qui!”.
La giovane
sterminatrice di demoni si voltò verso la proprietaria della
casa “Vi prego di
scusarla, la mia amica oggi ha proprio voglia di scherzare! Ci si vede
in
giornata!” la salutò, afferrando per un braccio
Kagome e uscendo di corsa
dall’abitazione.
“Ma
cosa ti
è preso? Volevi forse farci spaventare? E come mai indossi
queste strane vesti?”
la rimproverò, esasperata. “Stamattina io, Koga e
Shippo ti abbiamo cercato
dappertutto ma non ti abbiamo trovato da nessuna parte. Dove ti eri
cacciata?”
La ragazza
la guardò incuriosita “Frena, frena. Tu, Koga e
Shippo?”
“Certo,
Kagome. Hai per caso perso la memoria? Siamo noi i quattro capo
villaggio!”
“Aspetta, e dove sono finiti Inuyasha e Miroku?”.
La ragazza la guardò cupa
“Come puoi pronunciare i nomi di quei due bastardi senza
esserne disgustata?”
“Ma perché dici questo? Stai parlando dei nostri
compagni di viaggio!” “Kagome,
devo forse rifarti una rinfrescata su tutto quello che abbiamo fatti in
questi
ultimi mesi?”. La ragazza annuì seppur un
po’ confusa, doveva tenere il gioco
di Sango se avrebbe voluto sopravvivere. Una cosa era però
certa: si trovava in
Egitto, in un periodo ancora più remoto dell’Epoca
Sengoku e a quanto pare
doveva aver appena incontrato l’antenato della sua amica
Sango! Sembrava
impossibile, ma ormai Kagome aveva fatto l’abitudine con
eventi strani e pazzeschi.
“Ok, ma non ora. Dobbiamo raggiungere Kirara per aiutarla a
caricare i viveri
da mandare al villaggio d’ovest”. Le prese la mano
e la trascinò indietro, fino
ad una piccola casetta che si trovava nei pressi dell’entrata
del villaggio.
Entrarono di corsa e videro la loro preferita gatta demoniaca
accucciata sul
freddo pavimento “Kirara adesso dobbiamo andare, dormirai
dopo!”. L’animale, in
risposta all’ordine ricevuto, si alzò e si
trasformò nella sua forma da demone
gatto. Poi si avvicinò alle due ragazze e le
seguì fuori.
Interi vasi
colmi d’acqua erano appena stati caricati sopra un carretto
trainato da
cammelli, che stava partendo verso il villaggio d’ovest.
Sango, Kagome e Kirara
erano veramente esausti, quei vasi non pesavano affatto poco e fare
avanti e
indietro con quei cosi non era stata una passeggiata. Ritornarono
nell’abitazione dove avevano trovato disteso poche ore fa il
demone gatto, era
quasi ora di pranzo e dovevano ancora preparare da mangiare. Kagome
cercò di
aiutarla più che poté, non era molto esperta nel
cucinare piatti con simili
ingredienti.
Appena tutto
fu pronto si sedettero e mangiarono tutto velocemente, avevano una fame
pazzesca. Poi la ragazza dai capelli color ebano cercò di
riprendere il
discorso di quella mattina, voleva sapere quanto più su
quell’epoca (visto che
non ricordava affatto le lezioni di storia, una materia che odiava con
tutta se
stessa) e sulle vicende dei loro antenati. Quindi le chiese:
“Sango, potresti
riprendere il nostro discorso di stamattina?” “Si,
anche se non ne capisco il motivo
dato che tu sei stata sempre presente. Comunque il Faraone Inu No
Taisho ha
bisogno di numerosissimi schiavi per costruire sempre più
Piramidi, secondo lui
proprio queste strutture faranno in modo che il nostro popolo venga
ricordato
per sempre. Così è da molto tempo che saccheggia
e schiavizza tutti i villaggi
ebrei, visto che di
schiavi del suo
stesso popolo ne farebbe volentieri a meno. Così io, tu,
Koga, Shippo e Kirara
– anche se facciamo parte del popolo egiziano –
abbiamo abbandonato le nostre famiglie
e abbiamo deciso di costruire dei piccoli villaggi di rifugio per tutti
gli
ebrei che non riescono a sentirsi al sicuro, perché non
sopportiamo una simile
ingiustizia per queste persone. Capito, smemorata?”. Kagome
annuì, aveva
senz’altro le idee più chiare di prima. Ma ancora
non sapeva la risposta su
alcune domande: lei perché era stata trascinata cinquemila
anni addietro, e in
Egitto? Perché Sango al nome di Inuyasha e Miroku aveva
reagito in quel modo? E
perché quando lei era finita in quest’epoca la sua
antenata era come scomparsa?
Forse la terza non era poi così importante, ma la prima e la
seconda sì.
“Scusami
Sango, ho bisogno di stendermi per un po’. Sono leggermente
stanca”. L’amica le
sorrise, la prese per mano e la portò nella sua stanza.
“Per qualsiasi cosa
chiamami, io sono qui” “Grazie Sango, so di poter
contare sempre su di te”
forse le ultime parole erano più riferite alla Sango
dell’Epoca Sengoku, sua
migliore amica, compagna di viaggio per la ricerca dei frammenti della
Sfera
dei Quattro Spiriti e sterminatrice di demoni, che a quella con cui
aveva
passato insieme la mattina.
Cercava una
risposta e non riusciva a trovarla. ‘Perché?
‘, si ripeteva mentalmente come se
fosse una formula magica. Perché era sempre riuscita ad
arrivare nell’epoca
feudale e questa volta no? Cosa era accaduto di diverso rispetto alle
altre
volte?
C’entrava
forse qualcosa con il fatto che aveva viaggiato durante la notte?
Oppure
perché Inuyasha non era andata a prenderla?
No, che
sciocchezze. I motivi non potevano essere senz’altro quelli.
Sentiva che
la risposta era senz’altro facile e che doveva averla proprio
sotto il naso,
anche se non riusciva a capire proprio quale era.
Rifletté
e
rifletté a lungo, erano passate un paio d’ore da
quando aveva lasciato Sango e
Kirara.
Non aveva
portato con sé i pochi frammenti che aveva della Sfera dei
Quattro Spiriti,
forse era uno dei tanti motivi. Infatti senza di quelli il pozzo
MangiaOssa non
la portava da nessuna parte. Ma c’era dell’altro,
sicuramente.
Ma cosa?
Cosa aveva
di diverso rispetto alle altre volte?
Qualcosa che
doveva aver preso proprio durante la sua giornata di riposo, prima di
partire.
Ripercorse
tutto quello che aveva fatto, a partire proprio dalla mattina passata a
scuola:
Vendita di
beneficenza.
Giro per le
bancarelle.
Bracciale.
Palestra.
Cas-.
Ritornò
un
attimo indietro: il bracciale era un oggetto che aveva comprato proprio
quella
mattina e che aveva messo per la prima volta. E guarda caso era proprio
un
oggetto egiziano, e quella giornata lo aveva portato con sé
per andare da
Inuyasha e gli altri.
Guardò
il
bellissimo bracciale di perle blu cobalto e bianche: davvero era stato
questo
la causa del suo ‘incidente’?
E la piccola
leggenda che gli aveva gentilmente raccontato il ragazzo era vera?
Doveva
senz’altro esserlo, visto che la aveva appena vissuta in
prima persona!
Kagome si
sentì incredibilmente confusa e stanca, tutti quei pensieri
e quei ragionamenti
la avevano stravolta – oltre alla mattina passata a
trasportare vasi -. Così,
senza quasi accorgersene, si addormentò lentamente,
concedendosi così un po’ di
riposo.
Si
svegliò
che era quasi sera, il tramonto doveva esser passato da poco.
Si
alzò dal
letto in cui aveva dormito e uscì dalla stanza senza fare
rumore. Si incamminò
verso la stanza dove aveva pranzato insieme a Sango. Arrivata
lì trovò proprio
la sua giovane amica, intenta a parlare con due persone
dall’aspetto familiare.
Appena la ragazza si accorse della sua presenza la salutò
“Dormito bene,
Kagome? Stavo proprio parlando di te e del tuo strano comportamento di
oggi con
questi due testoni!”. Le due persone menzionate da Sango si
voltarono verso
Kagome, sorridendole. Lei solo dopo, perché la stanza non
era molto illuminata
per la mancanza di energia elettrica, riconobbe i due amici che aveva
davanti.
“Shippo,
Koga, siete proprio voi?”