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Autore: pandamito    21/01/2011    0 recensioni
Frammento di vita di Romano e Giulietta Adriana Vargas (OC!Centro Italia), quando erano più piccoli, diciamo all'inizio della loro adolescenza, fate conto che si trovano ancora sotto il dominio spagnolo.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il taccuino di una margherita.'
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Fanfiction riguardante principalmente Sud Italia e Centro Italia. Penso che la figura misteriosa citata si capisca che in realtà è Spagna, inoltre non viene detto ma c'è un'altra figura, quella di Austria che allontana Nord Italia. Buon proseguimento di lettura.



Avevamo fatto solo una semplice promessa: rimanere insieme; ma anche quella è stata infranta.
L'aspetto di noi tre, così simile da poterci specchiare l'uno nell'altro, tutti capirebbero che siamo fratelli, questa è la realtà da cui non possiamo sfuggire. 
Forse è stato perchè da piccoli dormivamo tutti assieme, in un unico letto, cullandoci a vicenda. Se uno sentiva freddo, anche gli altri provavano lo stesso, tenendoci stretti nelle mani di ognuno. La verità è che eravamo tutti appesi ad un unico e teso filo rosso che ci legava, continuamente sfiorato dalla lama di un paio di forbici pronte a tagliare quella corda. Rosso come il sangue, sangue del nostro sangue. E tutto andò in frantumi quando finalmente quelle orribili forbici si chiusero, mentre le lame combaciavano e quel filo venne spezzato. Le nostre mani non erano più riempite, ma bensì erano vuote... completamente vuote. Allontanati, divisi. Era meglio la morte al dolore provocato da quel taglio, la fitta soffocante ricevuta al cuore, la gola secca da non respirare, la testa che scoppiava, gli occhi appannati  gli arti tremolanti. Sprofondando in un lungo baratro oscuro, lontano dalla luce che emanavamo quando eravamo tutti e tre assieme.
Mani tese che ci afferravano, uniche speranze di sopravvivenza, le principali cause del nostro atroce vuoto nel petto. Le mie grida verso Veneziano, le mie mani riempite solamente da un fratello, non più due. Come se una parte di me fosse stata strappata e gettata via dal mio corpo. Mentre solamente il sorriso di un uomo dagli occhi verde smeraldo ci raccoglieva e ci portava via, facendoci allontanare sempre di più da lui. 
Solamente due persone in quella villa avevano il nostro sangue. Eravamo rimasti solo io e te. Ma niente poteva guarire quelle schegge di vetro che trafiggevano perennemente il mio cuore per la perdita del mio caro ed adorato fratello. Eri solo tu che mi davi la forza di continuare, di andare avanti. Dormivamo assieme per ricordare i bei vecchi tempi in cui i prati erano verdi, le margherite bianche, ed il sugo era perfettamente rosso. Tempi in cui il rumore delle campane non faceva altro se non rallegrarci, mentre facevamo finta che io ero la tua principessa e tu il mio cavaliere.
Invece, ora, anche se ci teniamo per mano, rispecchiandoci l'un l'altro e notando quella netta somiglianza, sappiamo a vicenda che non saremmo mai più gli stessi, che non siamo le stesse persone. Prima o poi divideranno anche noi, è solo questione di tempo; quindi non dirmi, in questo preciso istante, che da ora in poi dovrò dormire da sola. No, io non voglio, non ci sto. Io ho paura. Queste parole significano che è veramente giunta l'ora, che tutte quelle promesse in passato erano solo bugie; ora anche tu mi abbandonerai, Romano. Da questo momento in poi uno specchio continuerà a dividerci per sempre. Potremo solo fare finta di sfiorarci. 
Afferrando questa tua mano, forse è puro egoismo, ma non ti lascerò andare via da me, ti impedirò di aprire questa porta e di scivolare via uscendo e lasciandomi qui. Ti abbraccio così forte che mi sto facendo male da sola, non mi accorgo neanche che che le mie dita stanno affondando nella tua carne. Girandoti lentamente afferri la mia mano e con dolcezza me la baci, come quando giocavano da piccola, quando fingevi di essere il mio fedele servitore, ma la tua espressione in viso è sempre la stessa: impassibile.
Sono passati secondi da quando ti sei voltato a guardare la porta semi aperta, ma pargono ore al nostro cospetto. L'ansia di non avere nessuno affianco a me stanotte mi assale, inoltre quando spegnerai la luce vorrà dire che sarà veramente tutto finito. Te lo ripeto: io non voglio tutto questo. Non voltarti proprio ora che i miei occhi sono appannati, pieni di uno strano liquido caldo che percorre la mia pelle come se fosse un ruscello. 
Prendiamo una macchina del tempo, giusto per tornare indietro ed assaporare di nuovo quelle piacevoli sensazioni provate nei momenti in cui era Nonno a cullarci, a rimboccarci le coperte, ad accarezzarci affettuosamente i capelli. Ma, ormai, tutto questo è solo un ricordo lontano.
Riesco a sentire il tuo calore, le tue mani che mi avvolgono, mi stringono fra le tue braccia, per poi intuire che alla fine il passo più grande e falso l'abbiamo fatto insieme. Restiamo in silenzio, facendo parlare solo i nostri sguardi. Nei tuoi vedo il male, semplicemente perchè vedo il mio riflesso, la mia stessa cattiva e sgradevole figura. Eppure la porta è stata chiusa, Antonio nemmeno se ne accorgerebbe. Io cerco solo una risposta in te, ma vedo che anche tu stai facendo lo stesso. Tendo la mano vicino al tuo orecchio, dolcemente sfioro quei fili castani. « Posso toccarti i capelli, fratellone? » riesco a stento a sillabare, con voce secca e strozzata, cercando di sorridere per dimenticare, pensare che tutto qusto non è sbagliato, ma fa parte solamente della nostra adolescenza, che sta per iniziare. Si comincia veramente così? Magari è meglio che alcune cose rimangano invariabile, o ancor meglio segrete, nascoste. Il tempo è più lento, come vorrei che si fermasse, che questo momento in cui mi accarezzi il capo aspettando che io mi addormenti durasse in eterno. Come vorrei specchiarmi in te e poter ancor dire che ci somigliamo. Siamo cambiati. E' la crescita. « Potrò continuare ad essere solamente il tuo Cavaliere. Nient'altro. E nient'altro dovrà accadere, Giulietta. » sussurrasti fra te e te, per autoconvincerti. Il mio respiro, diverso dal tuo, i miei occhi chiusi incapaci di fissare i tuoi, posati su di me. Lentamente le nostre labbra si sfiorarono, mentre pregavi che alla loro schiusura non facessero rumore, assaporando la mia rosea pelle con tutto il tempo a tua disposizione, magari si fosse fermato davvero. Il sapore di fiori freschi di campagna inebriavano ora la tua bocca. Dopo di che piovò una goccia che mi bagnò nuovamente le gote, confusa mi domando ancora adesso se era tua o mia. Il rumore di una porta chiusa e di una luce spenta, echeggiavano.
Chissà se questo bacio ti era piaciuto. Vuoi la verità, Romano? Io, purtroppo, ero ancora sveglia. 
   
 
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