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Autore: BlackLuna    22/01/2011    6 recensioni
1991.Sono finita nel 1991. E’ per questo che non ho riconosciuto Daniel immediatamente, non l’avevo mai visto così giovane. Perché ora sono sicura che si tratti di lui. Sono in compagnia di Dani Filth , nell’epoca in cui lui aveva 18 anni.
N.B. Siccome i primi due capitoli sono introduttivi alla storia i Cradle non sono nominati, ma poco a poco arrivano anche loro :)
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Ciao a tutti! Mi scuso per il ritardo, mi infiggerò 12 frustate per punizione, giuro! Grazie ancora a tutti coloro che seguono questa ff e che alimentano il mio Ego. Vi siamo molto grati.
Buona lettura!!

 
Sono..grassa. Ciò che sto guardando allo specchio sono in realtà due me, solo che l’altra me è in quella sporgenza che rende ridicolo l’abito che indosso.
Sbuffo abbassando la zip sulla schiena e gettandolo a terra. Sono una grossa boa.
-Quando ti decidi a nascere?- dico rivolta alla pancia, che mi risponde borbottando. Fame.
Mi volto ignorandola (se mangio ancora farò un bambino obeso alto un metro e novanta!!) e mi chino sul letto per ripiegare il vestito e prendere riluttante un abito pre-maman bianco con fiorellini di tutte le tonalità esistenti di rosa, orrido regalo della suocera, a cui ovviamente ho risposto con un sorriso a trentadue denti e un ‘’ma è beeelliiiissimo’’, pensando in realtà qualcosa come ‘’ho dell’ottimo arsenico in macchina, vuoi assaggiare?’’.
Purtroppo l’orrido vestito è anche terribilmente comodo vista la mia attuale forma fisica smagliante, quindi opto per quello, del tutto NON consono alla situazione. Sarò la prima donna che andrà ad un concerto metal vestita da boa a fiorellini.
Nel rialzarmi do uno sguardo dietro di me e noto quello che un tempo era il mio sedere riflesso nello specchio. Ora al suo posto c’è solo una portaerei di modeste dimensioni. Mi getterei in ginocchio alzando il pugno e urlando ‘perchèèèèèè???’ ma il ‘gettarmi in ginocchio con fare drammatico’ non rientra nelle mosse più consigliate dal ginecologo. Maledettissimo guastafeste.
Il bambino fa una capriola, o forse due, così che mi fa credere che li dentro non sia solo ma che sia in buona compagnia.
-Non ci provare- lo minaccio.
-Parli ancora con il tuo utero?- Katy è sulla soglia, odiosamente bellissima nel suo corsetto viola. Si avvicina a me e si piega, il volto all’altezza della mia pancia: -la tua mamma è suonata, piccolo mio, meno male che ti rimane zia Katy!- e detto ciò sbaciucchia la mia pancia come se già avesse mio figlio tra le grinfie.
Io sbuffo :- Quando hai finito di pomiciare con il mio ombelico ci incamminiamo?-
-Quanto sei noiosa!- mi dice lei rialzandosi.
Un dolore lancinante mi percorre, con un gemito mi piego su me stessa gli occhi chiusi e le mani sulla pancia. Dura quella che sembra essere un’eternità, tutto intorno a me sembra essere piccolo e insignificante a confronto. Poi tutto passa. Contrazione finita. Non è la prima oggi.
Guardo Katy che sembra seriamente preoccupata.
–Un’altra?- mi chiede. Io mi raddrizzo annuendo. Tutto si è placato. Il bimbo si muove. –Senti, ti porto all’ospedale. Poi chiamo Dani…-
-No!- dico fermamente. Non intendo rovinare la serata di Daniel con un falso allarme. Mi sentirei una merda.
-Christine, non voglio che mi partorisci in macchina!- insiste lei con fare scherzoso, ma posso leggerle negli occhi che quello è un timore abbastanza reale.
-Katy, ti prego non ti preoccupare, Dani era al settimo cielo per questo concerto, e ci teneva che fossimo li, io e il bambino.-
-Ma se il bambino ha voglia di farsi un giro…- comincia lei, ma io la blocco. –Non è ancora ora. Non ancora.- lo dico più rivolta a me che a lei. L’idea del parto mi terrorizza. Dolore a parte, io ho capito come evitare i Cavalieri, e non mi danno più fastidio da un pezzo oramai. Li vedo nell’ombra, li vedo fremere di rabbia. Ma io so che se sono in casa, o con una persona, loro non possono toccarci. Io so badare a me stessa, so badare a noi. Ma quando il bambino sarà nato, avrò due me separati da controllare, e la cosa potrebbe rivelarsi più complicata del previsto.
 –Quando ha detto che dovrebbe raggiungerci il piccoletto?- chiede Katy.
-Questione di una, forse due settimane- le rispondo, ricordando le parole del ginecologo. – Sicuramente non oggi- affermo. Lei annuisce.
Guardo l’ora:è tardi! Non possiamo certo perderci i Cradle, io non posso perdermeli!
Sembra che Katy mi abbia letto nella mente: -Faresti meglio a cambiarti, comincia a essere tardi.-
-Oh, io sono pronta, andiamo?- lo dico talmente velocemente che a sento mi capisco. Ho la vana speranza che non noti cosa ho addosso.
Lei spalanca gli occhi :- Cioè tu..insomma..così?- immagino che le sue frasi sconnesse siano rivolte alla mia mise.
-Hai altre idee?- le chiedo alzando gli occhi al cielo.
-No, ma, Chris, ti prego..devi proprio..?-
-Si-
-Ma non puoi…?-
-No.-
-Ma è rosa.-
-Andiamo?-
Il trucco è mostrarsi convinti di ciò che si fa. Si, mi mostrerò sicura di me, così nessuno mi noterà, la boa rosa a fiorellini passerà del tutto inosservata.
 
-GUARDA!! MA QUELLA LAGGIU’ NON E’ LA RAGAZZA DI DANI?!?!-
Chiunque tu sia, ti odio.
Siamo arrivate finalmente al locale dove i Cradle of Filth si stanno per esibire, e la mia teoria non ha funzionato. Faccio un sorriso tirato e rispondo al saluto di un-qualche-conoscente-che-probabilmente-avrò-già-visto-ma-al-momento-non-ricordo-chi-diavolo-sia.
Katy è vicina a me emozionata come sempre ad aspettare l’inizio del concerto. Anche io non sto nella pelle, ma credo che il fatto che io già sappia cosa succederà ai Cradle in futuro rovina un po’ l’atmosfera. E come vedere un film di cui si sa già la fine.
Il concerto comincia. Sono ancora molto più brutali degli ultimi Cradle. La voce di Dani è spettacolare, mi fa battere il cuore a mille. Sono la persona più fortunata su questa terra. Ai pezzi vecchi si uniscono quelli nuovi, la folla nel locale è in delirio, anche se per il momento, essendo ancora poco conosciuti perché solo all’inizio della loro carriera, si tratta per lo più di amici o conoscenti. Ci sono però anche persone che non hanno alcun legame diretto con i ragazzi della band, e mi pare di aver scorto anche qualche giornalista.
Come sono fiera.
La serata va avanti, il pubblico reagisce molto bene tanto che sono obbligata a spostarmi ai lati del palco, perché in mezzo a tutta questa gente rischio di fare seriamente male al bambino.
Dani annuncia il pezzo successivo, credo che ne manchino ancora uno o due, poi la serata sarà finita, e lui sarà tutto per me… -Ah!-
All’improvviso un’altra ondata di male lancinante mi travolge obbligandomi a piegarmi in due per il dolore. Sembra che qualcosa mi stia trapassando da parte a parte, ma poi il tutto torna normale.
Riapro gli occhi tremante, è tutto passato. Una contrazione. Solo una contrazione,niente di grave, il medico mi ha detto che non vogliono dire nulla, fino a quando non sono regolari e troppo vicine una all’altra.
-Si sente bene signorina?-
Uno del locale deve aver visto la scena e si è avvicinato, ma io lo allontano alzando una mano e rialzandomi, i postumi della contrazione ancora vivi in me.
-Sto benissimo.-
-Vuole che chiami un’ambulanza..?- insiste lui.
-Sto bene, non si preoccupi.- gli dico, tentando invano di rassicurarlo.
-Le prendo delle coperte,acqua calda…-
-NON E’ NIENTE!- gli urlo dietro. 
L’uomo, visibilmente offeso, si gira e si allontana. Ma cos’hanno tutti? Perché mi vogliono far partorire oggi?
Il bambino fa una capriola.
-Non ci provare.- gli dico sedendomi. Non avverrà oggi, il mio bel bimbo aspetterà ancora un po’ di tempo e nascerà come prestabilito in un giorno di sole, in un orario decente e con un travaglio indolore. Si, deve  per forza avvenire così.
-Non avere fretta, di uscire piccoletto, avremmo tante di quelle grane..-
-Buona sera, Christine.- una voce, una voce che avevo praticamente dimenticato, che pronuncia il mio nome come se fosse il peggiore degli insulti, attira la mia attenzione. Alzo lo sguardo e mi ritrovo faccia a faccia con una bellissima Toni. Vorrei che la terra mi inghiottisse.
-Toni! Perché qui?!- le dico fingendomi disinvolta, ma la voce mi esce più alta del dovuto e tremante. L’ultima volta che l’ho vista è stata quando mi ha beccata a baciare Dani, il suo allora ragazzo. Dio, ma come sono merda!
-Non lo so, tu che dici? Forse perché c’è un concerto?- mi dice lei, acida. Se le da tanto fastidio parlarmi perché non se ne va? Forse perché gode profondamente vedendomi tanto in imbarazzo? Cosa diavolo si dice in queste situazioni?
Mi esce una risatina idiota, il cuore mi pulsa nelle orecchie, quasi mi sembra che si sia unito a quello del piccolo.
-Ah, già, il concerto..eh-e.-
Silenzio.
Mi guarda con un odio tale da poterlo sentire sulla pelle. E ha ragione. Mi sono intrufolata qui, in un posto non mio, e le ho rubato Dani. Sarebbe dovuto essere suo. Forse lo sa, ecco perché mi odia tanto.
-Io..ecco..mi..- sto quasi per scusarmi, ma lei mi precede e con voce secca mi sbotta :-Vedo che quel che si dice è vero.-
Io la guardo interrogativa –E cosa si dice di preciso?-
-Che la trovatella vagabonda è incinta.-
Con 9 mesi di ritardo tesoro, però ci sei arrivata! Buon giorno!
-Io..si..bhe..si vede..- non capisco dove voglia andare a parare, mi irrita non sapere da cosa mi devo difendere. Dani! Dove sei quando c’è bisogno di te?
-E dimmi, hai la minima idea di chi sia il padre?Ti sei accontentata di quello che mi hai fregato a me, o ti sei sentita in dovere di adescare altri ragazzi altrui?-
-Io non ho..- le sbotto tirandomi in piedi di scatto, ma mi blocco. No, ha ragione lei, io ho, io sono nel torto. Sono io la stronza tra le due.
-Tu non hai cosa?- ringhia lei, talmente vicina a lei da poter quasi distinguere le lacrime che le si addensano negli occhi.
Non voglio doverle rispondere. Non voglio dirle che ha ragione. Non le rispondo e mi allontano, lacrime calde che cadono senza poterle frenare.
Cammino, cammino.
Rovino tutto quello che tocco, se non fossi mai venuta qui non sarebbe mai successo niente. Loro erano destinati a stare insieme, ho rovinato tutto.
Cammino, cammino.
Ho abbandonato tutto quello che avevo dall’altra parte, ho incasinato tutto quello che c’era da incasinare. Ho rovinato tutto.
Cammino, cammino.
Ho una contrazione. Mi piego ma non mi fermo, come se mi stessi punendo dal male che ho fatto, come se potesse essere una via di redenzione.
Cammino, cammino.
Poi mi fermo. E mi rendo conto di cosa ho fatto. Sono fuori. Sono fuori dal locale. Nei miei pensieri, sono uscita dal locale e ora sono nel parcheggio, da sola. E li sento. 
 

  
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