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Autore: koorime    23/01/2011    6 recensioni
Rivisitazione della favola di Cappuccetto Rosso. Per una volta il lupo non è il cattivo della storia.
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Weasley, Molly Weasley, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Note

Note: scritta per il Festival delle Maschere indetto dal wolfstar_ita. Visto che l’ho scritta come se fosse davvero una favola... ci sono due piccole illustrazioni. Spero che l’insieme vi piaccia, ecco. Per problemi di visualizzazione qui i due disegni mancano. Se volete vederli andate qui.
Chiedo venia per la stupidità di questa cosa XDD *scappah*

 

Cappuccetto Rosso

 

C’era una volta, ai margini di un boschetto rigoglioso, una casa fatiscente e magica.

La Tana – questo era il nome con cui era conosciuta la casa – si ergeva in uno spiazzo erboso in cui, tra i cespugli verdeggianti, proliferavano nani e altre creature misteriose, incuranti degli abitanti che la popolavano.

Tra di essi c’era il piccolo Bill. Aveva cinque anni, una zazzera rosso fuoco e un mare di lentiggini a tempestargli il musetto, arricchendo con una sfumatura monella il suo sorriso solare e l’espressione sempre curiosa dei suoi grandi occhi. Un bambino curioso e vivace, che amava esplorare e osservare da vicino le creature più strane. Non era insolito, infatti, che il bambino passasse interi pomeriggi con la testa infilata nei cespugli in cerca di fatine o rincorrendo i nani per tutto il giardino.

Era quello che stava facendo in quel momento, borbottando con il sederino che spuntava dalla siepe, quando la voce di sua madre lo chiamò: -Bill!-

-Arrivo!- urlò lui, sfilandosi dal cespuglio e correndo verso casa. Mamma Molly lo guardò dall’uscio e sospirò, sfilandogli dai capelli le foglioline rimaste impigliate. Bill le sorrise, il nasino sporco di terra e le guance arrossate dal continuo gioco, e lei gli rispose di rimando, ripulendogli il faccino con l’orlo del suo grembiule.

-Porta questo cesto alla nonnina, dentro ci sono le focaccine. Ma mi raccomando, non passare per il bosco!-

-Va bene!- acconsentì il bambino.

La mamma gli appuntò la sua bella mantellina e gli porse il cestino, raccomandandogli per l’ennesima volta di fare attenzione lungo la strada.

Bill annuì ancora e si mise in viaggio dopo averle scoccato un bacio sulla guancia ed essersi alzato sulla testa il cappuccio. Bill adorava la sua mantella – rossa quanto i suoi capelli – fin dal primo momento in cui sua madre gliel’aveva confezionata e la indossava tutte le volte che poteva. I primi giorni aveva preteso di portarsela fin nel lettino quando la sera si faceva rimboccare le coperte. Era per questo che in famiglia gli era stato affibbiato il soprannome di Cappuccetto Rosso.

Con il cappuccio calato in testa e un sorriso sulle labbra, Bill si avviò verso la sua meta. Camminò per lungo tempo, canticchiando tra sé, fermandosi spesse volte a osservare ora questo fiore ora questo insetto, incuriosito dalle mille creature che incontrava sul suo cammino. Fu quando arrivò al limite del bosco che le parole della sua mamma gli tornarono in mente come un monito: Non passare per il bosco, aveva detto e Bill glielo aveva promesso, anche se sapeva che quella sarebbe stata la via più breve per arrivare a casa della nonnina. Il bosco era pericoloso, la mamma glielo diceva sempre, ma lui non aveva paura, ne era anzi affascinato e spesso immaginava di andarci e avere nuove e fantasmagoriche avventure.

Anche questa volta però deviò, seguendo il sentiero che costeggiava i primi alberi del bosco. Era quasi a metà strada quando un’ombra oscurò per un attimo il sole sopra la sua testa. Bill alzò il musetto e socchiuse gli occhi, per riuscire a mettere la figura a fuoco, e sorrise estasiato.

-Un drago!- esclamò, guardandolo volare grande e maestoso verso il cuore della foresta. Un attimo dopo un’altra ombra, molto più piccola della prima, lo coprì per un istante e uno starnazzo risuonò nell’aria. Il cucciolo di drago arrancò dietro il genitore e gracchiò ancora una volta il suo richiamo.

Bill lo guardò fermarsi a mezz’aria e sbatacchiare le ali con incertezza, prima di darsi una nuova spinta e riprendere il volo quando la voce di mamma drago coprì ogni suono. Bill si mosse di conseguenza, abbandonando il sentiero conosciuto e inoltrandosi nel bosco, il nasino fermamente all’insù a seguire il volo del drago.

Quando arrivò in una piccola radura proprio al centro del bosco, si fermò. Lì sostavano i due draghi, l’uno acciambellato e l’altro in posizione d’attacco a puntare il nulla. Mamma drago brontolò qualcosa e il piccolo corricchiò verso di lei, strusciandole il musetto contro le squame e producendo un basso suono di fusa.

Bill era affascinato da quella visione, felice come mai prima d’ora di poter assistere a un momento così intimo tra mamma e figlio. Per un attimo sentì l’acuta nostalgia per le coccole che gli faceva la sua di mamma, ma il pensiero sparì presto, quando il suono brusco di un ramo spezzato disturbò la quiete del bosco. Era stato lui, si rese conto abbassando gli occhi sul piedino che aveva avanzato nel tentativo di avvicinarsi di più; aveva calpestato un ramo secco e adesso gli occhi dei due draghi erano puntati su di lui. Mamma drago abbassò il muso, sbuffando fumo dalle narici larghe e frementi, ergendosi minacciosa tra lui e il cucciolo, che invece continuava a fissarlo.

Bill indietreggiò, gli occhioni che si riempivano di spavento a ogni passo che la creatura faceva verso di lui. Gli si formò il groppo in gola e le gambe cominciarono a cedere sotto il fremito della paura, quando la schiena incontrò la corteccia dura di un albero. Bill serrò gli occhi, due grosse lacrime rotolarono lungo le sue guance, e tremò al grido di guerra del drago, aspettando l’attacco.

Ma questo non ci fu mai. Qualcosa lo aveva preso e adesso stava correndo a tutta velocità nel bosco, inoltrandosi nella vegetazione più fitta e impedendo così all’enorme creatura di inseguirli. Quando Bill aprì gli occhi si ritrovò a fissare del pelo lungo e grigio chiaro. Un balzo del suo salvatore gli fece quasi perdere l’equilibrio e lui gli abbracciò il collo, affondando con il naso nella morbidezza del suo pelo e sorridendo sollevato.

Se era così morbido non poteva essere cattivo, no? E poi lo aveva salvato da mamma drago!

-Non dovresti attraversare il bosco da solo.- parlò il lupo una volta fermatosi, decretandosi al sicuro. Bill scese dalla sua groppa e lo guardò estasiato prima di avventarsi su di lui e abbracciarlo forte.

-Grazie!- pigolò con un sorriso.

-Dico davvero, è pericoloso, soprattutto per un bambino piccolo come te.-rincarò il lupo con un borbottio, ma Bill vide che era arrossito quindi ridacchiò.

-Lo so, la mamma me lo dice sempre.- disse infine, all’ennesimo brontolio del lupo -Ma sto portando questa cesta alla nonnina e questa è la strada più breve.- spiegò, alzando il cestino incriminato.

-Dove abita?- chiese il lupo.

-Alla fine del bosco. È una grande casa tutta scura e non puoi vederla se non è la mia nonnina a invitarti!- spiegò il bambino entusiasta. Corrucciò poi le sopracciglia, continuando -Anche se non è la mia vera nonnina. Non è neanche una nonnina, in realtà, ma a lui piace che lo chiami così...-

Inspiegabilmente il lupo ebbe un attacco di tosse che gli mandò il viso in fiamme.

-Uhm...- disse argutamente il lupo -Capisco. Per caso lì dentro ci sono delle focaccine?- chiese indicando il cestino.

-Sì! Come fai a saperlo?- si sorprese il bambino, guardandolo con due grandi occhi ricolmi di meraviglia.

-Ho tirato a indovinare.- sorrise il lupo -Dunque... andiamo. Ti accompagno fino a casa di... della tua nonnina.- disse infine, poggiandogli una grande e pelosa mano paterna sulla testolina ancora coperta dal cappuccio rosso. Bill annuì felice e s’incamminò con lui, distraendosi a ogni piè sospinto e trotterellandogli dietro a ogni suo richiamo.

Quando infine arrivarono alla fine del boschetto, Bill corse in avanti e si piantò di fronte la casa che, maestosa, si ergeva davanti a loro. Era davvero molto vecchia e molto scura, con gli infissi scrostati dal tempo e la ringhiera degli scalini arrugginita dalla pioggia, ma Bill l’adorava, forse proprio per la sua aria sinistra.

-Grazie!- urlò al lupo, salendo a piè pari i tre scalini e alzandosi poi sulle punte per bussare al campanello. La porta si aprì con uno scatto e il bambino si fiondò in casa, chiamando: -Nonnina?-

-Sono qui, bambino mio.- rispose una voce. Bill salì al piano superiore e si sfilò la mantellina, poggiandola su una sedia appena entrò nella camera da letto. Sul grande letto sfatto, la nonnina sfogliava un giornale, il gomito puntellato sul materasso a sostenere la testa e l’espressione annoiata dipinta sul giovane viso. Era bello con i capelli lunghi e neri che gli ricadevano sugli occhi grigi. A Bill dava sempre l’impressione di uno di quei grossi cani pelosi e buoni, quelli che ti saltano addosso e ti atterrano solo per farti le feste.

-Finalmente!- disse la nonnina quando vide il bambino varcare la soglia -Stavo morendo di noia qui da solo.- brontolò lasciandosi andare sulla schiena. Bill ridacchiò e si avvicinò al letto, osservando il piede ingessato dell’uomo. Questi ci picchiettò con le nocche sopra, facendo ridacchiare di nuovo il più piccolo.

-Non vedo l’ora di levarmelo e poter uscire finalmente da questa maledetta casa.- borbottò ancora quello, prima di adocchiare il cestino al braccio del bambino -Quelle sono focaccine?- chiese, già con l’acquolina in bocca per il profumino che stuzzicava il suo naso. Bill fece un sorriso grande e annuì, passandogli la cesta e arrampicandosi poi sul letto con lui.

La nonnina arraffò goloso una delle focaccine e l’addentò, mugolando di piacere.

-Io amo la tua mamma.- disse con fermezza, prendendone un altro morso e ridacchiando quando Bill cominciò a occhieggiare goloso l’interno del cestino. Il bambino si aprì in un sorriso quando l’altro gli passò una focaccina e gli allungò poi un buffetto sulla testolina rossa.

Mangiarono il resto delle focaccine insieme, mentre Bill raccontava la sua avventura con il drago e il lupo e la nonnina sorrideva divertito dal suo entusiasmo.

Una volta finita la merenda, Bill se ne andò, ripromettendo alla nonnina che questa volta avrebbe seguito il sentiero sicuro. Stava per calare la sera e il bosco sarebbe stato ancor più pericoloso!

Si stava richiudendo la porta di casa alle spalle che si fermò: aveva dimenticato la sua mantellina!

Corse di nuovo dentro, salì le scale ed entrò di slancio nella camera, afferrando la mantellina. Se la infilò, appuntandosela per bene, e stava uscendo quando un suono catturò la sua attenzione. Si voltò nuovamente e inclinò la testolina, osservando il bozzolo di coperte dove prima c’era la nonnina. Ci fu una risatina, una voce divertita disse -Ehi, non mi mordere!- e poi la testa del lupo sbucò da sotto le lenzuola e il bambino trattenne il fiato, palesando così la sua presenza.

-Ehm... Sirius?- chiamò il lupo, trascinando la testa della nonnina su con lui -Abbiamo ospiti.-

Sirius guardò il bambino che li fissava ancora sorpreso e si grattò il mento, incerto sul da farsi. Fu Bill stesso a rompere il silenzio, avanzando fino al bordo del letto.

-Che state facendo?- chiese, puntandogli i suoi grandi occhi innocenti addosso, lì dove le coperte non nascondevano la sua nudità.

-Uhm...- disse Sirius -Io e Remus stiamo... giocando. Stiamo facendo la lotta...-

-E perché vi mordete?- chiese ancora il bambino. I due adulti si guardarono un attimo, poi Sirius tentò un sorriso.

-Per...  giocare meglio, bambino mio.- provò.

-Ohhh. Posso giocare anche io?-

Il sorriso di Sirius tentennò.

-Bill, devi tornare a casa o mamma Molly si preoccuperà, lo sai...-

Bill brontolò per un attimo, per nulla felice di dover andarsene proprio adesso che avrebbe potuto giocare con la nonnina e il lupo, ma poi annuì, strisciando un piedino a terra.

-Va bene!- disse -Ma domani voglio giocare alla lotta anche io!- aggiunse, scappando poi fuori dalla stanza. Ci fu un sospiro di sollievo e qualche parola smorzata, mentre lui scendeva le scale e usciva di casa.

Stava seguendo il sentiero sicuro, saltellando su un solo piede e cantando una filastrocca, quando una voce lo richiamò.

-Ohi, e tu che ci fai qui, scricciolo?- chiese un uomo. Era enorme e Bill sgranò gli occhi quando non riuscì a vedergli il viso nonostante avesse alzato la testolina il più possibile.

-Sto tornando a casa!- rispose comunque, perché la sua mamma gli aveva insegnato a essere educato -Tu chi sei?- chiese poi, perché la sua mamma gli aveva insegnato anche che non bisognava parlare con gli sconosciuti. Ma se gli diceva il nome, non era più uno sconosciuto, giusto?

-Io sono Hagrid, il cacciatore.- si presentò quello. Poi alzò il viso in alto e scrutò in giro -Di’ un po’, che c’hai visto un drago da queste parti?- gli chiese, sorridendo quando Bill annuì convinto.

-Era una mamma con suo figlio?-

-Eh, proprio lui, Norberto! Che mica lo sapevo che era femmina quando ci ho dato il nome.- spiegò all’espressione stupita del bambino. Poi parve rendersi conto che il sole stava calando, perché sospirò e si voltò verso il sentiero da cui stava venendo.

-Senti un po’: adesso ti ci accompagno io a casa, che questa non è ora per i bambini piccoli come te, okay?-

Bill annuì di nuovo e cominciò a trotterellare dietro le lunghe gambe del gigante buono. Quando questi si rese conto che il piccolo aveva il fiatone per stargli dietro, lo tirò su e se lo sistemò sulle spalle, con grande gioia del bambino.

-Dov’è che eri andato tutto da solo, comunque?-

-Dalla mia nonnina! Si è fatto male cadendo dalla scopa e la mia mamma gli prepara ogni giorno qualcosa da mangiare, ma le focaccine sono le sue preferite. Io gliele porto e poi sto con lui per un po’ per non farlo sentire solo. Mi dispiace sempre lasciarlo e tornare a casa, perché so che si scoccia quando non ci sono, ma adesso va bene anche se non sono sempre con lui, perché c’è il lupo! Anche prima stavano giocando a fare la lotta e mi hanno promesso che domani giocherò anche io!- spiegò tutto d’un fiato, già con l’anticipazione per la nuova avventura del giorno dopo.

Hagrid aggrottò le sopracciglia e non rispose, confuso dal racconto, mentre un lungo ululato proveniva dalla casa della nonnina alle loro spalle.

 

Fine.

   
 
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