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Autore: TechnicolorBarbi    23/01/2011    2 recensioni
Kurt Hummel è chiuso nella sua camera. Le gambe strette al petto. Il dolore troppo grande da sopportare. Un enorme senso di colpa e una parola gli trafiggono il cuore e la mente: "perché?". In un lungo flashback raccontato alla sua migliore amica Mercedes, Kurt spiegherà la sua storia. Dalla violenza, all'amicizia fino all'amore con il suo famigerato bullo David Karofsky. Passando per le sofferenze e le incomprensioni il lettore viene proiettato dentro al cuore e alla mente dei due protagonisti.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non era a lungo. Lui non era lì a lungo. O forse sì. Forse era lì da una vita. Forse nel frattempo era diventato vecchio. Ma non se ne era accorto. Era lì lui, Kurt, seduto per terra con la testa fra le mani. Tremava. Non aveva freddo, no. Tremava di rabbia, indignazione e schifo. Schifo. "MI FAI SCHIFO!!!". Le parole uscirono dalla sua bocca come proiettili. Se ci fosse stato qualcuno lì davanti sarebbe sicuramente morto. Il suo cuore sarebbe andato in pezzi a causa di tutto l'odio che era riuscito a sputare fuori dopo tanto tempo. Sarebbe sicuramente morto.

Un altro attimo lungo un'eternità. Sempre Kurt. Sempre solo. Sempre seduto nell'angolino con la testa tra le mani. Sempre quei brividi. Sempre quell'odio che ribolliva nelle vene e sembrava sul punto di esplodere da un momento all'altro. Questa volta le lacrime sembravano volere uscire e ferirgli il volto come coltelli, come gocce d'acido sulla sua soffice e tenera guancia.

"Kurt... Non piangere... Non...". Ripeteva a se stesso stringendo le gambe al corpo nella speranza che, facendosi sempre più piccolo, anche il suo dolore diminuisse. Ma il suo dolore non diminuiva, no.

 

Non piangere. Ma il dolore rimaneva saldo, attaccato al suo cuore e alla sua anima con gli artigli forti, come quelli di un'aquila che non lasciano la presa della preda per nutrire i propri piccoli.

 

Non piangere. Le gambe strette al corpo facevano pressione sul suo petto e gli rendevano quasi impossibile la respirazione. Sì. La morte sarebbe così immediata. Ogni dolore finirebbe. Finalmente. La pace.

 

O forse non gli era concessa la pace. Forse avrebbe passato l'eternità bruciando... Dove, Kurt, dove? Non credi in Dio... Non credendo in Dio non credi nel Paradiso e neanche nell'Inferno.

Esiste quindi il nulla eterno? No... Il nulla non era abbastanza... Non era la nemesis* appropriata per lui...

Serviva ALTRO... Qualcosa che gli facesse del male... Solo così avrebbe pagato il giusto prezzo per quello che aveva fatto.

Avresti potuto evitarlo...

Non è vero…

 

Già… Avresti DOVUTO evitarlo…

Non è colpa tua…

Lo è… Lo sarà per sempre…

Mentre la sua mente vagava e il senso di colpa si aggrappava sempre più stretto alla sua anima; Kurt fu in grado di sentire delle voci all’esterno della sua stanza buia.

Mercedes… Per fortuna che sei qui… Non so cosa fare con lui… E’ sempre chiuso in camera sua e…” Kurt poté sentire chiaramente la voce di Burt rompersi e cedere ad un singhiozzo.

No, Papà, no. Non piangere. Non piangere per me. Non è colpa tua, papà. Sono una persona orribile, sì. Ma non è colpa tua. Mi hai sempre educato così bene. Sei sempre stato una grande fonte di ispirazione, papà. Ti voglio bene papà.

Avrebbe voluto urlarglielo. Alzarsi in piedi, uscire da quella stanza. Abbracciare il padre e la migliore amica. Ma niente. Niente aveva più senso oramai. Niente…

 

“…e a volte lo sento piangere. Altre volte urla.” Burt prese un profondo respiro. Mercedes avrebbe potuto giurare che quell’uomo fosse invecchiato di cinquant’anni in pochi giorni. Gli prese la mano, la strinse tra le sue. Come se si conoscessero da sempre. Burt trovò così la forza di continuare “Urla a se stesso, sai? Potrei giurare che si alzi in piedi solo per guardarsi allo specchio e dirsi che si odia. Non fa altro che ripeterselo, Mercedes. I silenzi durano per ore. Poi esplode. Urla per pochi minuti. Poi torna nel silenzio. Ho paura. Cos’è successo a Kurt… Mercedes… Sei la sua migliore amica… Ti prego… Ti prego, dimmi, cosa è successo a mio figlio…?”

 

Mercedes strinse la mano di Burt più forte. Cercò di trasmettergli quella sicurezza che avrebbe voluto avere anche lei. Avrebbe semplicemente voluto dirgli cosa fosse successo. Perché suo figlio si fosse ridotto ad uno straccio. Perché sembrasse essere sempre più vicino alla pazzia e perché Kurt da un po’ di giorni non sembrasse più Kurt.

Avrebbe voluto dirgli che sarebbe andato tutto bene. Che suo figlio sarebbe stato meglio. Che sarebbe tornato a sorridere. Ad abbracciarlo. A litigare con Rachel Berry per tutti gli assoli del Glee Club. Che sarebbe tornato a dire a suo padre cosa mangiare e cosa non mangiare per la sua salute.

Avrebbe voluto dirgli che tutto ciò di cui aveva bisogno era solo un po’ di tempo.

Ma non poteva dirglielo. Perché, in realtà, non lo sapeva neanche lei.

 

Passava i giorni così. Andando a casa del suo migliore amico. Prendeva la copia della chiave che gli aveva dato Kurt in caso di emergenza. Entrava nella sua stanza, tirava le tende per fare entrare qualche raggio di sole, si sedeva vicino a lui ed aspettava.

 

Aspettava che gli dicesse qualcosa. Qualsiasi cosa riguardo al dolore che stava provando. Voleva sapere che cosa fosse successo di tanto grave.

 

Così grave da fargli perdere la voglia di ridere, scherzare, cantare. Così grave da fargli perdere la voglia di vivere, quasi.

Non lo sapeva, no. Non ne aveva neanche un’idea lontana.

 

Forse è successo qualcosa con Blaine. Forse gli ha spezzato il cuore.”. Ma dentro di lei sapeva che non poteva essere la risposta. Sapeva che quei due erano solo amici. E poi Blaine la chiamava, quasi tutti i giorni, per avere notizie su Kurt. Allora… Cosa?

Cosa ti è accaduto, Kurt?

Chiedeva a se stessa incapace di porre all’amato amico quella domanda. Quasi terrificata da quella che sarebbe potuta essere la risposta.

 

Allora se ne stava in silenzio. Aspettando che parlasse. Limitandosi a fargli capire che lei c’era ci sarebbe sempre stata e non se ne sarebbe andata mai. MAI.

Ma Kurt non parlava mai. Non annuiva neanche quando Mercedes le raccontava cosa fosse accaduto al Glee Club. Era come se parlasse da sola.

Si era stancata. Stancata di aspettare. E il dolore per l’amico la stava distruggendo.

Si fece forza e, dopo la chiaccherata con Burt, decise che non poteva aspettare più. Entrò in camera di Kurt, si sedette vicino a lui e, con sua grande sorpresa fu LUI che incominciò a parlare.

 

Lo amo. E questo non cambierà mai.”

 

Mercedes ad un tratto capì. I suoi occhi si riempirono di dolore. Aveva capito. Aveva capito tutto.

Lasciò che Kurt piangesse. Lasciò che si sfogasse. Lasciò che uscissero tutte le lacrime che dovevano uscire. Si limitò ad abbracciarlo per oltre un’ora.

Ad un certo punto Kurt si alzò, si allontanò da Mercedes, si sedette sul letto e iniziò a raccontare.

  
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