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Autore: PhoenixOfLight    24/01/2011    0 recensioni
"[...]si avvicinò alla finestra alla sua destra e si beò della visione del mare mattiniero, come faceva ogni giorno da circa un mese a quella parte. Sospirò fissando le acque rilucenti che accarezzavano la riva; era un panorama che lo tranquillizzava: senza quel semplice rituale sarebbe stato troppo agitato per il resto della sua giornata, più di quanto non lo sia normalmente. Quella mattina, poi, si sentiva più stanco che mai; aveva trascorso gran parte della notte insonne e nei pochi momenti in cui riusciva a chiudere occhio, un incubo lo tormentava: correva a perdifiato in uno stretto corridoio buio, con un’acre e disgustosa puzza di ammuffito che gli bruciava le narici, mentre da lontano sentiva colpi e maledizioni e urla e sibili di serpente…"
~ Settima classificata al "A Christmas Carol Contest" indetto da AliH e lilyblack su EFP forum ~ Vincitrice del "Premio Giuria" e "Premio IC" di lilyblack ~
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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And the tears go streaming down your face

And the tears go streaming down your face

When you lose something you can’t replace

When you love someone but it goes to waste

Could it be worse?

Lights will guide you home

And ignite your bones

And I will try

To fix you…

 

~ Fix you – Coldplay

 

 

 

It’s Christmas (my way home)

 

 

Dapprima percepì il rumore delle onde del mare che s’infrangevano sulla sabbia, poi il calore e la morbidezza del suo letto; infine, quando i suoi occhi si aprirono lentamente, una luce grigiastra e ovattata si diffuse docilmente in essi, simile ad una nuvola senza pioggia. Si guardò intorno, realizzando che doveva essere presto, molto presto; stropicciò gli occhi emettendo un gemito e aprì la bocca impastata di sonno in un lungo sbadiglio. Poi scostò le coperte e, rabbrividendo di freddo, afferrò la maglia appoggiata sulla sedia di fronte a lui. Indossandola, si avvicinò alla finestra alla sua destra e si beò della visione del mare mattiniero, come faceva ogni giorno da circa un mese a quella parte. Sospirò fissando le acque rilucenti che accarezzavano la riva; era un panorama che lo tranquillizzava: senza quel semplice rituale sarebbe stato troppo agitato per il resto della sua giornata, più di quanto non lo sia normalmente. Quella mattina, poi, si sentiva più stanco che mai; aveva trascorso gran parte della notte insonne e nei pochi momenti in cui riusciva a chiudere occhio, un incubo lo tormentava: correva a perdifiato in uno stretto corridoio buio, con un’acre e disgustosa puzza di ammuffito che gli bruciava le narici, mentre da lontano sentiva colpi e maledizioni e urla e sibili di serpente…

Era riuscito a prendere sonno solamente mezz’ora prima del suo risveglio, e comunque non aveva riposato granché. Spostò lo sguardo all’orologio poggiato sul comodino, quello che i suoi genitori gli regalarono per il suo compleanno e vide che erano appena le cinque. Conscio che ormai il sonno era sparito del tutto, si vestì e lavò velocemente e scese in cucina; bevve un po’ di latte e sgranocchiò dei dolcetti che Fleur aveva preparato la sera precedente; poi si sedette sul divano e si ritrovò a fissare una finestra di fronte a sé.

È Natale.

Il vento scuoteva i fili di erba che spuntavano solitari dalla sabbia albina, orme strane di animali sconosciuti riempivano le sue dune.

È Natale.

Il sole era ancora pallido nel cielo, i suoi raggi ancora accarezzavano dolcemente il mondo addormentato.

È Natale.

I gabbiani volavano tra la brezza marina, supremi e regali, fissando dall’alto quel panorama tanto insignificante e tanto stupefacente.

È Natale.

Non aveva mai visto un accostamento così stonato: gli sembrava solo una normale mattinata di settembre, era un inverno che aveva assunto le sembianze della primavera e si prendeva gioco dei calendari degli umani. Nulla a che vedere con quelli precedenti, quando il gelo ti entrava nelle ossa e non vedevi l’ora di tornare a casa, sederti davanti a un bel fuoco e berti un sorso di Burrobirra, mentre gli amici scherzavano allegramente e dallo stereo proveniva una canzone troppo datata, che una donna ballava ricordando nostalgicamente gli anni della sua giovinezza, quando la guerra aveva bruciato o affrettato le tappe più importante della sua vita, ma non le aveva impedito di avere una famiglia felice…  ai suoi occhi si materializzarono una stanza rotonda e accogliente, una sala addobbata a festa con dodici alberi di Natale, i muri di marmo che rilucevano, il cielo stellato nel soffitto, le armature parlanti che intonavano carole, la curiosità di scoprire cosa i suoi amici avevano ricevuto o gli avevano donato, i regali, gli auguri, i sorrisi, le battute, le felpe di lana fatte a maglia di quell’orrendo color melanzana…

Oh, no! Ti ha fatto un maglione alla Weasley! Ci fa un maglione per uno tutti gli anni e i miei sono sempre color melanzana”.

Chiuse gli occhi e si morse il labbro a quel ricordo improvviso. Ormai era abituato a quegli strani scherzi della memoria, ma non riusciva ancora a smettere di sussultare tutte le volte che ciò accadeva.

Si passò le mani fra i capelli e prese un respiro profondo. Lui era al sicuro, loro no. Poteva essere successo qualcosa, ma – impossibile dire se fosse certezza o solo vana speranza – loro erano ancora vivi. Lo sentiva, lo avrebbero detto, tutto il mondo avrebbe saputo della loro scomparsa e lui non avrebbe avuto un attimo di pace, perché il dolore l’avrebbe consumato dentro e non gli avrebbe lasciato via di scampo. Avrebbe continuato a ricordare ogni singolo momento vissuto con loro, struggendosi nella sofferenza, fino alla fine, finché la sua anima non si sarebbe ridotta in brandelli irrecuperabili e allora sarebbe stato troppo tardi per lui.

Ma loro non erano morti. Non erano morti. S’illudeva di sentirli ancora vicini, immaginava di passeggiare per i corridoi di Hogwarts l’uno accanto all’altra, di correre durante il loro primo giorno in quella scuola per evitare di arrivare tardi alla lezione della McGranitt, riviveva le gite a Hogsmeade, gli allenamenti di Quidditch, le indimenticabili giornate trascorse in riva al Lago Nero e gli interminabili pomeriggi rinchiusi in Biblioteca, costretti da verifiche incombenti… quando una ragazza dalla chioma cespugliosa li costrinse a preparare per mesi una pozione che li avrebbe trasformati…

In cerca dell’ennesimo libro. Credo che voglia leggere tutta la biblioteca prima di Natale… Un modo ci sarebbe. Naturalmente è difficile. E pericoloso, molto pericoloso. Se lo facessimo, immagino che infrangeremmo almeno cinquanta regole della scuola… basterebbe un po’ di Pozione Polisucco… è la pozione più complicata che io abbia mai visto… un pezzetto della persona nella quale desiderate trasformarvi… Pozione Soporifera…  potrebbe finire molto male… mettete dentro i capelli… io non credo che verrò, dopotutto… E-era un p-pelo di g-gatto! M-Millicent B-Bustrode deve avere un gatto!

Non l’aveva mai rivelato a nessuno, ma era stupenda anche con il volto ricoperto di folto pelo nero. Senza accorgersene, sorrise a quel ricordo, stranamente immune al dolore. Dopo quell’incidente, credeva che lei non avesse più voluto avvicinarsi ad alcun tipo di gatto, perciò fu molto sorpreso quando, l’anno dopo, accanto a lei comparve un animale dal pelo rossiccio, il muso schiacciato, le gambe tozze e la folta coda – come se i capelli della padrona non fossero abbastanza crespi – che solo successivamente lui avrebbe imparato a voler bene. Agli inizi della sua comparsa, tuttavia, Grattastinchi poteva anche togliersi dalle Pluffe, per quanto gli riguardava.

PORTALO-FUORI-DI-QUI!... Non ha l’aria di star bene, vero?... È lo stress! Starebbe benissimo se quella grossa stupida palla di pelo lo lasciasse in pace!... Se mi siedo con voi, saremo in tredici! La peggiore delle sfortune! Non dimenticate che quando tredici persone pranzano insieme, la prima ad alzarsi sarà la prima a morire!... Miei cari! Chi di voi si è alzato per prima? Chi?... Non credo che faccia molta differenza, a meno che un pazzo armato di ascia non sia appostato dietro la porta pronto a fare a pezzi il primo che attraversa l’ingresso… devo dire una cosa alla professoressa McGranitt… la signorina Granger mi ha appena informata che qualcuno ti ha regalato un manico di scopa, Potter… temo che dovrò portarla via… dobbiamo controllare che non abbia il malocchio… perché sei andata a dirlo alla McGranitt?... perché pensavo, e la professoressa McGranitt è d’accordo con me, che probabilmente è stato Sirius Black a mandare quella scopa!

Pensava bene, infatti. Ovviamente, ancora una volta, aveva avuto ragione. Non per fargli del male, ma era stato proprio Sirius a regalare una Firebolt al suo ex migliore amico… ma lei aveva indovinato. Non riusciva mai a smettere di stupirsi della sua intelligenza. Era sempre stata una strega brillante, lei. Dotata, intelligente, perspicace… si era sempre sentito una nullità al suo confronto, al loro confronto, il Ragazzo Che È Sopravvissuto e l’alunna migliore del loro anno. Cercava di mettere a tacere quel suo lato indeciso, ma quando non ci riusciva, la rabbia s’impossessava di lui e lo metteva contro due tra le persone più importanti della sua vita. Avrebbe voluto ascoltarla sempre, invece di fare tutto di testa sua; avrebbe voluto evitare di farla intristire, arrabbiare, piangere; avrebbe voluto farla ridere continuamente; avrebbe voluto invitarla lui al Ballo del Ceppo…

“Tu sei una ragazza… però, che intuito!… Con chi ci vai?… Fa caldo, vero? Viktor è andato a prendere da bere… Viktor? Non ti ha ancora chiesto di chiamarlo Vicky?… tu stai fraternizzando con il nemico… immagino che ti abbia chiesto di accompagnarlo quando eravate tutti e due in biblioteca… lui ha detto che veniva in biblioteca tutti i giorni per cercare di parlare con me, ma non trovava il coraggio!… la prossima volta che c'è un ballo, invitami prima che lo faccia qualcun altro, e non come ultima spiaggia!”

Si diede mentalmente dell’idiota, mentre quel ricordo gli rodeva particolarmente nelle viscere.

Come poteva essere stato così stupido? Se l’avesse invitata… se avesse avuto più coraggio nel fare ciò che il cuore gli suggeriva… invece no, aveva avuto paura, si era comportato da vigliacco e da egoista, come al solito. Quando aveva scoperto che lei e Krum erano andati un po’ oltre delle semplici parole, aveva commesso la più grande cazzata della sua vita: vendicarsi baciando Lavanda Brown.

Non avrebbe mai potuto dimenticare il suo sguardo triste, ferito, irato… quel litigio durato ben più di qualche giorno, dopo che gli lanciò uno stormo di canarini addosso… le ferite ogni tanto tornavano a fargli male, ma niente, niente era più doloroso della totale, terribile sofferenza di lei. Niente.

Non dovresti lasciare Lavanda ad aspettare fuori, si chiederà dove tu sia finito… Oppugno!… TOGLIMELI DI DOSSO!… Ron-Ron!… È lei che pomiciava con Krum. E così adesso ha capito che c’è qualcuno che vuole pomiciare con me, invece. Siamo in un paese libero. Non ho fatto niente di male.”

Idiota. Idiota, idiota, idiota.

Non si era nemmeno reso conto del dolore che le infliggeva – che le ha continuato a infliggerle – o forse non voleva vederlo – sì, è sicuramente così.

Forse, se avesse evitato di comportarsi in quel modo, forse ora sarebbe stato tutto diverso. Forse, invece di rovinare la loro amicizia (come aveva sempre fatto fino a quel maledetto giorno in cui aveva deciso di abbandonarli, di abbandonarla), l’avrebbe curata, cresciuta, migliorata… l’avrebbe trasformata in…

Fermò bruscamente il filo dei suoi pensieri scuotendo con forza la testa e alzandosi dal divano. Stava di nuovo perdendosi in fantasticherie proibite e dannose; pensare quelle cose non gli avrebbe giovato, per niente.

Si diresse verso una vecchia radio poggiata su un comodino alla sua sinistra e afferrò la bacchetta nella tasca dei pantaloni. Girò la rotella e picchiettò varie volte su di essa, bisbigliando varie parole.

«Merlino… Resistenza… Coraggio… Nascondiglio… Babbani… Silente… Grifondoro».

Bill era bravissimo a scovare le parole d’ordine per attivare quel canale, peccato che fosse ancora nel letto a dormire.

Beato lui.

«Cuore… Fuoco… Hogwarts… Luce… ».

La radiolina s’illuminò e dalle casse risuonò una voce maschile che gli sembrava alquanto familiare…

«… per ora, si continua a non avere notizie di loro. Tutti noi attendiamo con ansia e “devozione” il giorno in cui finalmente il Ragazzo Che È Sopravvissuto uscirà allo scoperto e ci libererà da questa tirannia, ma per ora dobbiamo semplicemente continuare a combattere, senza arrenderci. Lui non è l’unico soldato che milita in questa guerra: tutti insieme, l’uno accanto all’altro, possiamo diventare un unico, potentissimo esercito, semplicemente fidandoci e appoggiandoci reciprocamente. Non perdetevi nell’egoismo, nella noncuranza, nella paura: nei nostri cuori, la fiamma della battaglia continuerà a bruciare, infondendoci forza, tenacia, orgoglio. Nessuno di noi dovrà mai mollare, o saremo tutti perduti. Inoltre, se posso permettermi di darvi un consiglio, lasciate perdere le frivolezze, le chiacchiere e le zuffe inutili. Vi allontana dai vostri cari e, in un clima del genere, è meglio evitare di nutrire rancore verso qualcuno, poiché probabilmente il giorno dopo non lo rivedrete mai più e sarete lacerati dai sensi di colpa per sempre. Come sosteneva il grande Albus Silente, l’amore è la magia più potente di tutte. L’amore ci proteggerà, vincerà sul male, costruirà il mondo così come l’avevamo immaginato… non abbiate timore di amare».

Le parole di Remus lo avevano colpito nel profondo, provocandogli un miscuglio di sensazioni che faticava a comprendere. Angosciato, si sedette sul divano, ascoltando i saluti e le ultime raccomandazioni di Lee Jordan. Si sentì un codardo. C’era gente che lottava incessantemente per liberare i maghi e i Babbani dall’oppressione di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato… e lui aveva abbandonato tutto ancor prima di cominciare, spaventato dall’ignoto, dall’allontanamento, dagli stenti, dalla latitanza. Forse il Cappello aveva sbagliato. Forse non doveva essere Smistato a Grifondoro. Anzi, di sicuro. Non meritava di appartenere a quella Casa. Loro sì. Così audaci, così coraggiosi… non parlava Serpentese, ma si era dimostrato il più vile di tutti. Con un brivido di ripugnanza, si paragonò a Codaliscia; se lo meritava. Era diventato come lui: meschino, bugiardo traditore… e ora chissà cosa era successo… chissà se erano salvi… se avevano trovato gli altri Horcrux… se ogni tanto pensavano a lui, pronunciavano il suo nome, quel nome che lui faticava anche solo a pensare…

«Ron…».

Sussultò, guardandosi attorno. Quella voce, la sua voce. Possibile…?

«Ricordi Ron? Quando ha rotto la sua, cadendo con l’auto? Non è più stata la stessa, ha dovuto procurarsene una nuova»

Guardò in basso, il cuore che batteva a mille. Non osava neppure immaginare una cosa simile… eppure sembrava proprio che la voce provenisse… dalla sua tasca. Vi mise la mano tremante e toccò qualcosa di freddo e solido. Quando riconobbe quello strano oggetto come il Deluminatore, si stupì non poco.

Si trovava lì dentro?

Titubante e un po’ preoccupato, lo fece scattare. Fu immediatamente immerso nel buio, ma fuori dalla finestra vide, con un sussulto che per poco non lo fece ruzzolare giù dal divano, una strana luce azzurrina. Era opaca, ma non flebile e galleggiava a mezz’aria dinanzi il vetro. Sembrava che lo chiamasse… che lo attendesse…

Seppe immediatamente cosa fare. Salì al piano di sopra e afferrò il suo zaino, in cui aveva tutto ciò che gli serviva (sì, sentiva che sarebbe ritornato, prima o poi); scese, lasciò un biglietto a Bill e Fleur e uscì. La sfera di luce pulsò leggermente, poi cominciò a rimbalzare e lui la seguì dietro il capanno. Si fermò, poi iniziò a scivolare lentamente verso di lui. Rimpicciolì gradualmente, finché, prima di diventare un minuscolo puntino, non si appoggiò al suo petto e vi entrò dentro.

Si sentì subito pervaso da un calore innaturale, che si diffuse gradualmente in tutte le sue membra, infondendogli sicurezza e fiducia; il suo cuore sembrava privo di limiti e costrizioni, riscaldato da quella sfera che brillava accanto ad esso.

Portami da loro.

Fece una breve giravolta e fu risucchiato nell’oscurità; non ebbe paura, né si sentì oppresso da essa: c’era la luce che gli faceva compagnia. Sarebbe andato tutto bene.

Improvvisamente, l’aria fredda di dicembre gli sferzò il viso, facendolo rabbrividire. Aprì gli occhi e vide la luce danzare allegra davanti a lui. Le sorrise, colmo di gratitudine.

Grazie.

Spinse il Deluminatore e la sfera sparì. Si guardò intorno. Era su una collina, faceva freddo ed era solo.

No. Non sei solo. Loro sono qui.

Ancora più felice quando dei fiocchi di neve cominciarono a cadere dal cielo, allungò la mano destra col palmo rivolto verso l’alto, mentre contemplava estasiato quello spettacolo.

È Natale.

Il sole si stava facendo lentamente strada nel mondo, illuminando gli uomini di gioia e speranza opalescenti.

È Natale.

Svegliati dai ridenti raggi solari, gli animali cominciarono timidamente la loro orchestra di versi e rumori, mentre i rami si facevano sempre più bianchi man mano che la neve scendeva.

È Natale.

Solo un ragazzo un po’ cresciuto, dai folti capelli rossi e dal sorriso di un bambino, si trovava in quella radura solitaria, sorridendo alla vita e alle innumerevoli possibilità che essa ci offre, quando, tutto ad un tratto, si portò la mano alla fronte e pensa che – diamine! – deve cercare i suoi amici perché non vede l’ora di rincontrarli.

È Natale.

Il migliore di tutti, in assoluto. Non lo avrebbe mai dimenticato, mai. Parola di Ronald Weasley.

È Natale.

 

 

Note dell’autrice

 

Immagine scelta: Christmas Snow by mar-ka  http://fc07.deviantart.net/fs41/f/2009/006/c/a/Christmas_snow_by_Mar_ka.jpg

 

 

L’ispirazione per questa FF è nata in seguito ad un video stupendo che potete trovare a questo indirizzo. La colonna sonora è “Fix you” dei Coldplay, di cui ho inserito, come avete visto, alcuni versi all’inizio della storia; vi consiglio di ascoltarla mentre leggete la storia^^

I pezzi in corsivo, come avrete sicuramente notato, sono ricordi di Ron, tutti relativi ai suoi Natali passati; sono in ordine cronologico per facilitare la narrazione, ma non riguardano esclusivamente il giorno di Natale stesso: ad esempio, dato che durante il quarto anno c’è stato il Ballo del Ceppo, ho messo vari ricordi relativi al non-invito di Ron… oppure, al sesto anno, Ron ed Hermione non si salutano prima di partire per le vacanze, poiché il ragazzo era “impegnato” con Lavanda, quindi ho inserito la gelosia dei due e vari stralci delle loro brevi conversazioni. Ho preferito i dialoghi alle narrazioni vere e proprie, poiché sarebbe risultato troppo lungo descrivere ogni singolo Natale. A volte, però, ho utilizzato il corsivo anche per esprimere i pensieri di Ron (li riconoscerete perché non sono in virgolette).

Volevo porre l’attenzione su un aspetto fondamentale di questa FF: il non pronunciare i nomi. Nel libro, come sappiamo, Hermione ed Harry non nominano mai Ron, per evitare di intristirsi, credo; quindi, ho pensato di fare la stessa cosa con Ron: non fargli mai pronunciare né i nomi dei suoi amici, né il suo; sia perché ha paura – lo considerava un Tabù, come quello di Lord Voldemort – sia perché si sente un ingrato anche solo a pensarli. Solamente alla fine, quando si Smaterializza sulla collina, trova finalmente il coraggio di pensare il suo nome, per di più intero.

Infine, due ultimi chiarimenti: Ron, quando torna da Harry ed Hermione, afferma di non essere mai stato a casa, bensì di aver trascorso il tempo a casa di Bill e Fleur. Ora, non so se a Villa Conchiglia c’è un capanno, o forse è stato uno sbaglio della Rowling (l’unico capanno che conosco è quello della Tana), ad ogni modo, io sono rimasta fedele alla storia del libro e ho inserito il capanno sulla spiaggia!XD Per quanto riguarda la radio, Ron aveva detto che la stava ascoltando la mattina di Natale; non credo che quelli di Radio Potter comincino il programma prima del sorgere del sole (a meno che non temessero qualche attacco dei Mangiamorte), ma mi sono permessa questa licenza per il discorso d’incitamento di Remus… e comunque, la Row non ha mai specificato di che programma si trattasse, quindi penso che sia proprio Radio Potter!^^

Ehm… ah, sì, l’immagine 14 l’ho inserita alla fine, quando Ron allunga una mano per acciuffare i fiocchi di neve, anche perché non potevo inserirla tra i dialoghi!^^ Bene, è tutto!

 

Ecco a voi i giudizi:

 

Settima Classificata:Miss Prongs

Grammatica: 8,2
Stile e lessico: 8,1
IC: 9,2
Caratterizzazione del/i personaggi/o: 9,5
Originalità: 15
Giudizio personale: 3
Punti bonus: 3
Totale: 56

Giudizio di AliH:

Miss Prongs! Hai fatto veramente un ottimo lavoro, e per questo ci tengo davvero tanto a complimentarmi con te. Mi è piaciuto particolarmente il modo – molto originale, direi – in cui hai diviso la storia, ovvero tra narrazione attuale delle vicende di Ron e tutti i suoi ricordi riguardanti Harry e Hermione.
Nel complesso hai svolto un ottimo lavoro, sul serio. Ron è abbastanza convincente come personaggio, realistico, anche se in alcuni punti mi è sembrato strano che pensasse determinate cose. Come, ad esempio, la parte in cui si paragona a Minus, che sinceramente mi ha colpita, ma in negativo.Però Ron Weasley rimane IC per la maggior parte della Fan Fiction, e ciò è innegabile, perciò hai un buon punteggio sia nella caratterizzazione che nel rispetto delle regole tracciate dal Canon.La tua grammatica è quasi perfetta, all'infuori di manciata di sviste; così come lo è il tuo stile che pur essendo molto descrittivo riesce a non annoiare affatto il lettore, bensì a trascinarlo in un vortice di pensieri ed emozioni legati al protagonista.Avrei soltanto preferito che tu introducessi qualche pizzico di originalità in più, e che dessi più rilevanza all'immagine da te scelta. Ma complessivamente si tratta di una storia validissima.
I miei complimenti più sinceri e grazie mille per averi partecipato al nostro Contest!

Giudizio di Lilyblack:

Non è facile, scrivere il giudizio di questa storia, che definirei 'controversa'. E' come se ci fossero due storie, una dentro l'altra, per le quali fare due commenti totalmente diversi.
L'IC e la caratterizzazione del personaggio, per me, non hanno macchie: questo è Ron e non c'è ombra di dubbio, hai scandagliato un momento piuttosto comune della saga, in un modo piacevole, evitando il momento proprio dell'incontro e I giorni precedenti. Rimane un punto della storia usato più volte nel fandom, ma questa è una cosa in cui tutti incorriamo prima o poi: nessuno può trattare solo di storie che non sono state toccate da altri. Grammatica e stile, invece, sono il punto dolente purtroppo: ho trovato errori verbali, numerosissime imprecisioni nella punteggiatura e l'uso dei puntini sospensivi che, probabilmente, è la cosa peggiore. I puntini anno solitamente usati con parsimonia, perché rendono la storia frammentaria e difficilissima da leggere; si arriva ad un punto in cui si perde di vista la trama ed è un peccato perché la tua storia, da quel punto di vista, non è per niente male. La punteggiatura errata influisce comunque sullo stile, si fa uno sforzo serio a leggerla, ma nei momenti in cui usi una punteggiatura corretta, le frasi filano e sono anche utilizzate in modo appropriato, così come il lessico. Avresti potuto utilizzare forse in modo più approfondito l'immagine, ma mi è piaciuto anche così. Ti consiglio comunque una rilettura approfondita, prima di postarla.

 

 

 

 

   
 
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