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Autore: Emy_n_Joz    24/01/2011    2 recensioni
Assassini. Templari. Sappiamo già cosa fecero in passato. Ma cosa direste se ci aiutassero a reinterpretare uno dei più grandi eventi della storia?
Francia, 1789. L’inverno è particolarmente rigido, soprattutto per chi adesso non ha più una casa. Il popolo ha fame; la carestia e il gelo hanno divorato ogni cosa. Le tasse non fanno che aumentare di giorno in giorno, rendendo la situazione insostenibile. E strani individui, coperti da un mantello bianco e con il viso nascosto da un cappuccio, si muovono per i vicoli, come ombre, tra questa desolazione. Al contrario, alla corte del re, il fasto e l’opulenza dominano con una totale indifferenza su tutto quello che succede al di fuori delle mura di Versailles, sugli intrighi, sulle feste e su nobili abbigliati riccamente, e sfoggianti anelli dorati, intarsiati di pietre preziose con la forma di una strana croce scarlatta. Dalla cima della Tour du Temple di Parigi, un mantello bianco è sospinto dal vento a tempo con la bandiera strappata recante il fleur de lis dei Borboni. Sotto il cappuccio, le labbra piene e rosse accennano un sorriso. Un attimo e, con un sussulto dell’aria e il grido stridente di un falco o di un’aquila, la figura è sparita, lasciando soltanto come segno del suo passaggio lo sbattere fremente e spaventato delle ali di alcuni colombi.
E ciò che verrà dopo sarà l’inferno, o la sua fine.
Genere: Avventura, Azione, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Assassin's Creed: Revolution'
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Séverac, Francia, 1789

22 Gennaio

Il giorno dopo Damien si svegliò molto tardi, e di malumore. Il cielo coperto fuori dalla piccola finestra incassata nel soffitto non aiutava molto, dal canto suo, e gli eventi della notte prima continuavano a riapparirgli davanti agli occhi.

Si alzò dal letto scomodo con un ringhio e un movimento nervoso, e si scompigliò i capelli con rabbia. Mosse qualche passo irritato nel piccolo sottotetto, e poi si fermò davanti alla sedia su cui aveva poggiato gli unici due abiti che possedeva.

La sua armatura da Assassino. La camicia e le culottes rubate il giorno prima al mercato.

Gli venne in mente che non poteva indossare nessuno dei due.

C’erano ancora i manifesti raffiguranti il tizio vestito esattamente come lui, e adesso che Rogatien era morto, le guardie a cui aveva chiesto dove abitasse avrebbero cominciato a farsi qualche domanda. D’accordo che erano stupide, ma fino a un certo punto.

Erano anni che faceva queste cose! Anni, e poi arrivava un fottutissimo sconosciuto con un cappuccio e una piuma e tutto andava a puttane!

E adesso avrebbero cominciato a cercarlo. L’avrebbero fatto in ogni caso, a dir la verità, ma a bruciargli era il fatto che l’avrebbero cercato per qualcosa che aveva fatto qualcun altro!

Il ragazzo sbuffò, considerando l’idea di uscire nudo.

Poi ricordò gli sguardi maliziosi delle donne al mercato, e decise che forse era meglio lasciar perdere.

La cosa più furba sarebbe stata scappare, ovviamente. Ma lui non aveva intenzione di muoversi da Séverac finché non avesse messo le mani su quel dannato Assassino, o almeno su qualche informazione che lo riguardasse.

Perciò si risedette sul letto, corrucciato, con una mano posata sul fianco che gli doleva.

L’unica cosa da fare, era aspettare che scendesse la notte.

 

La luna era una grossa sfera bianca, alta nel cielo stranamente sereno di quella notte, illuminato da tante piccole stelle. Damien era appeso al tetto di una casa piuttosto alta, all’erta.

Aspettava che quel maledetto arciere decidesse di avvicinarsi a lui, e quando lo fece, si tirò su quel tanto che bastava per trovarsi davanti al suo busto, estrasse la lama e prima che l’uomo avesse il tempo di stupirsi, rimanendo appeso al bordo del tetto con l’altra mano, lo trafisse dritto nel petto e lo trascinò di sotto con tutta la forza che aveva. L’uomo cadde a terra con un leggero clangore.

Adesso Damien aveva la via libera, così si arrampicò oltre il tetto. Stava ripercorrendo la strada che il suo avversario doveva aver per forza seguito per raggiungere la casa di Rogatien: sperava di trovare qualche altra traccia lasciata per caso dal misterioso Assassino. Si aggirò per le cime degli edifici per almeno mezz’ora, attento a non essere visto, senza però trovare niente.

Stava per irritarsi più di quanto non lo fosse già, quando in lontananza scorse qualcosa di un bianco che con la luce della luna appariva abbacinante: si muoveva a grande velocità sui tetti. Inizialmente Damien lo scambiò per un uccello, forse un’aquila, ma poi si rese conto che non poteva esserlo.

Infatti, concentrandosi attentamente, mise a fuoco le forme della figura, e si accorse che era quella di una persona.

E a quel punto non ci mise molto a capire di chi si trattava.

Non ci pensò due volte: iniziò a correre a più non posso verso l’Assassino, come se qualcuno gli fosse stato alle calcagna armato fino ai denti.

Ma prima che riuscisse a raggiungerlo, l’altro si accorse che lo stava seguendo, così accelerò.

Damien non poté fare a meno di notare che era veramente veloce, e aveva difficoltà a stargli dietro.

Ma non voleva arrendersi così facilmente: in genere erano gli altri a seguire lui, per acchiapparlo e porre fine a tutte le sue azioni, ma spesso anche lui si era ritrovato nel ruolo dell’inseguitore, quindi questo avrebbe dovuto essere un giochetto per lui… Soltanto un po’ più difficile.

Entrambi correvano come fossero state saette nella notte. A un certo punto, la figura davanti a lui effettuò un lungo salto per raggiungere l’edificio di fronte, per poi riprendere la sua corsa.

Damien fece altrettanto. Continuò ad andargli dietro senza rallentare neanche un po’, ma improvvisamente sentì una dolorosa fitta al fianco sinistro.

Maledetta cicatrice!

Teoricamente, sarebbe stato meglio non fare troppi sforzi per i punti tolti di fresco, ma a lui non interessava. Adesso la cosa più importante era seguire quell’Assassino. 

Sicuramente la ferita non lo aiutava per niente, ma nonostante le fitte continuò a correre.

La figura saltò su un tetto sulla destra, probabilmente sperando di far perdere le proprie tracce, ma Damien la vedeva ancora nell’oscurità della notte.

Poi, il misterioso Assassino compì un altro salto, ma riuscì ad afferrare il telaio di una finestra dall’altra parte del baratro quasi per miracolo: infatti lo fece con una mano sola, e Damien avrebbe quasi giurato che sarebbe precipitato di sotto, questione di pochissimi secondi.

E invece si tirò su, agile come sempre. Damien si era preparato al salto e non ebbe molte difficoltà ad eseguirlo.

Si ritrovarono in una zona dove probabilmente si stavano svolgendo dei lavori sugli edifici; infatti per un po’ di tempo dovettero saltare di qua e di là su delle travi di legno, e entrambi si muovevano come se stessero effettuando una danza nella notte.

Il folle inseguimento continuò per almeno altri cinque minuti, fino a quando l’ignoto Assassino si fermò sul bordo dell’alto edificio sul quale erano arrivati. Forse stava calcolando la distanza che si frapponeva tra lui e la casa che si trovava di fronte, ma evidentemente era troppo grande.

Damien sapeva che cosa faceva un Assassino in quei casi: o cambiava direzione, oppure, se la situazione lo permetteva, si gettava nel vuoto come soltanto i membri della Confraternita sapevano fare, per poi ritrovarsi in mezzo a del soffice fieno.

Sperava con tutto sé stesso che non scegliesse la seconda opzione, perché era quella che in genere metteva fine agli inseguimenti.

Se si prende dell’altro tempo riuscirò a scoprire chi si nasconde sotto quel maledetto cappuccio. 

Ma dubitava che sarebbe andata a finire così: era abbastanza vicino per cogliere i suoi movimenti, ma non lo era a sufficienza per atterrarlo o per avere qualsiasi tipo di contatto con lui.

E proprio quando stava per coprire la distanza che si interponeva tra di loro, la figura lo fece: si gettò nel vuoto, allargando le braccia ed effettuando una capriola a mezz’aria. Aveva appena eseguito un Salto della Fede.

Qualche secondo dopo Damien giunse nel punto in cui si trovava il misterioso Assassino prima di lanciarsi di sotto, e si affrettò a guardare oltre il bordo dell’edificio: ma tutto ciò che vide fu la luce di un lampione in lontananza e, accanto, quello che doveva essere un carro pieno di fieno.

Aveva quasi perso tutte le speranze, ma non aveva intenzione di lasciar perdere finché non si fosse accertato che il misterioso Assassino si fosse veramente dileguato.

Dopotutto, quella notte l’aveva dedicata praticamente tutta a lui, e quell’inseguimento gli era costato una gran fatica, considerando la ferita che non si decideva a guarire.

Così, anche lui effettuò un Salto della Fede e si ritrovò nel morbido letto di paglia. Con un agile gesto, si tirò fuori dal carro e si guardò intorno.

Del misterioso Assassino nemmeno l’ombra.

 

Damien si aggirava tranquillamente per i banchi del mercato, sicuro di non essere riconosciuto da nessuno: infatti, i nuovi vestiti che aveva preso la notte prima non avrebbero mai potuto destare sospetti né nelle guardie, né negli abitanti di Séverac.

Nonostante fosse dalla parte del popolo, non apprezzava molto gli abiti da contadino, come del resto, qualsiasi abito che non fosse la sua armatura da Assassino.

Indossava un paio di pantaloni lunghi, indumento che distingueva i popolani da nobili e borghesi che invece, non dovendo occuparsi di lavori manuali, vestivano le famose culottes. Portava poi la stessa camicia dell’altra volta, un po’ gualcita e abbottonata fino in cima, con sopra una giacca pesante e polverosa. In testa, infine, calzava un grosso cappello a tesa larga, che gli nascondeva il viso.

Damien, mentre stringeva in mano la grossa zappa che si era procurato, si chiese quanto ancora sarebbe durata quella mascherata.

Non era divertente.

Fece una smorfia, rimpiangendo per l’ennesima volta la sua armatura. Teneva soltanto la lama, a contatto con il braccio sinistro, che gli dava un po’ di sicurezza.

Ovviamente quella notte, come la volta precedente, prima di prendere ciò che gli serviva aveva lasciato, nella bottega, l’importo necessario, e anche qualcosa di più. Non gli piaceva rubare… O almeno, non gli piaceva rubare a chi aveva meno di lui.

Damien si sistemò la zappa in spalla, e si preparò ad accodarsi a una lunga processione di contadini diretta ai campi fuori città per una lunga – e con ogni probabilità inutile - giornata di lavoro. Aveva intenzione di ascoltare le loro conversazioni, fingendosi uno dei tanti manovali, per cercare di capire che cosa avesse fatto l’altro Assassino per diventare così famigerato già prima di uccidere Rogatien. E, magari, anche carpire qualche indizio su dove potesse trovarsi.

Stava per uscire dal villaggio, quando improvvisamente tutte le persone si voltarono nella stessa direzione, e anche Damien lo fece.

Un gran scalpiccio di zoccoli e il rumore delle ruote che affondavano nella fanghiglia annunciarono l’arrivo di una carrozza.

Damien strinse gli occhi e si fece strada tra la folla che si era ammassata all’ingresso del paese per riuscire a vederla.

La carrozza si fermò poco più in là, nella piazza della chiesa, e il ragazzo sentì il cocchiere lamentarsi che le strade erano troppo strette per procedere più all’interno.

Così, con un elegante esclamazione di rabbia, il passeggero intimò al conducente di aprirgli la porta.

Immediatamente, il cocchiere si gettò giù dal suo posto e finì proprio in una pozza, prima di correre allo sportello corredato di tendine. Lo aprì, e poi si sporse all’interno per recuperare qualcosa di simile a un panchetto, che sistemò sotto l’uscita.

Infine si fece da parte, e il passeggero scese in tutta la sua pomposa nobiltà.

L’amico più fidato del conte di Roussillon sfoggiava un abnorme parrucca incipriata da far concorrenza al re di Francia, e i suoi vestiti erano tanto ricchi e lussuosi che Damien sperò con tutto il suo cuore che inciampasse nei suoi leziosi scarpini verniciati e finisse dritto nella pozzanghera.

Purtroppo non accadde, e il ragazzo si ritrovò a stringere i denti e la zappa che teneva sulla spalla con più forza che poteva.

Odiava il conte e i suoi amici, come del resto tutte le persone uguali a loro. Non solo era un nobile, e tanto sarebbe bastato a disprezzarlo. Era un Templare, e quello che più indisponeva Damien, era che il suo nome non stava scritto sulla sua lista.

Stessa cosa valeva per il damerino imparruccato che aveva davanti.

Subito dopo di lui scese dalla carrozza un uomo dall’aspetto più giovane, con una parrucca più piccola e vestiti meno sontuosi. Un galoppino, figlio o nipote del conte.

Notò con dispiacere che il Templare si era portato un’abbondante scorta di guardie a cavallo, che inizialmente non aveva visto, troppo concentrato sulla carrozza in sé.

Peccato, pensò, resistendo all’impulso di estrarre la lama celata.

Fissò con disgusto il suo bastone da passeggio in ebano sul quale spiccava, tra le numerose pietre preziose, una croce di rubini.

Lasciò cadere la zappa e si fece strada tra la folla, mentre le persone si ritraevano inconsciamente al suo passaggio.

Arrivò di fronte alla carrozza, davanti allo sbarramento di guardie.

Che diavolo ci fa qui Théotime Blanchard de Roussillon?

La risposta non tardò ad arrivare.

Théotime Blanchard de Roussillon si avvicinò quello che era indubbiamente il capitano delle guardie, e gli sussurrò in un orecchio.

Sussurro che Damien udì senza difficoltà.

“Chiedi a uno di questi plebei dove abitava Rogatien.” ordinò con aria sprezzante.

Ah, ecco. L’Assassino aveva temporaneamente dimenticato le famiglie per cui Amedé lavorava come corriere. Tra di esse, la più importante era indubbiamente quella del conte di Roussillon. Probabilmente, Rogatien aveva appuntamento col conte per recapitargli qualcosa, un pacco o un messaggio.

E doveva essere qualcosa di parecchio importante se il Templare non mandava un semplice servo a ritirarlo, ma il suo più fido cortigiano, inoltre appartenente all’Ordine.

Damien sentiva che doveva impadronirsene, e il più presto possibile.

Il capitano delle guardie, nel frattempo, aveva trovato un giovane contadino disposto a condurlo alla casa di Rogatien, e Damien non indugiò un attimo.

Mentre la folla si disperdeva e alcuni dei soldati si disponevano di guardia attorno alla carrozza, lui si affrettò a raggiungere una stradina deserta e ad arrampicarsi fino al tetto. Nel tragitto si ritrovò su una terrazza, e afferrò un grosso mantello scuro appeso ai fili del bucato.

In quel momento non aveva tempo per lasciare il denaro, ma lo avrebbe restituito al proprietario non appena avesse finito quel lavoro.

Se lo infilò, e immediatamente si sentì di nuovo se stesso.

L’Assassino si accovacciò sul tetto, e guardò in basso. Il corteo, formato da una decina di guardie tutto intorno, il loro capitano, con una grossa ascia in mano, e i due nobili al centro, proprio davanti a lui, prese a muoversi con lentezza attraverso il paese, nelle strade svuotate dai cittadini soltanto per consentire loro il passaggio.

Damien prese a seguirli dall’alto, ben attento a non farsi notare. Non sarebbe stato carino, e tanto meno utile, trovarsi con dieci e passa guardie del conte alle calcagna.

Percorse il loro stesso tragitto sui tetti, passando di casa in casa e scendendo talvolta su delle terrazze più in basso per sentire i loro discorsi.

Inizialmente non li trovò granché degni d’attenzione, visto che parlavano della vita di corte e delle schermaglie tra potenti, ma poi presero a discutere di qualcosa di parecchio più interessante;

“…Questi sono proprio tempi duri.” disse Blanchard sottovoce, con la sua voce melliflua “Abbiamo subito pesanti perdite nelle nostre fila negli ultimi mesi, e le cose non possono più continuare in questo modo.”

Damien non riuscì a trattenere un ghigno.

“Maledizione, è successo tutto troppo velocemente!” continuò Blanchard “Dannati Assassini! Spuntano così dal nulla, colpiscono quando meno te lo aspetti, il più delle volte non sai neanche per quale motivo, e la cosa che mi irrita di più è che non falliscono mai!”

La rabbia di Blanchard suscitava una certa soddisfazione nell’animo dell’Assassino, che fece un altro ghigno. Poi, continuò a seguire il discorso.

“E’ solo questione di tempo, Monsieur Théotime.” rispose l’altro “Presto tutto questo finirà, ne sono certo. La situazione si rivolterà contro di loro. Noi siamo tanti, e ben organizzati; non possono davvero credere che il destino sarà sempre loro favorevole. Prima o poi, le cose cambieranno, a nostro vantaggio.”

“Per il re! Non puoi nascondere l’evidenza! Quegli Assassini sono molto furbi e ci stanno dando del filo da torcere, ogni giorno di più! Non devi commettere l’errore di sottovalutare il nemico, Maurice! Credevo che le morti dei nostri compagni ti avessero fatto riflettere su questo!” si agitò Théotime Blanchard.

L’altro rimase in silenzio per qualche secondo, e poi disse, convinto: “Io resto della mia opinione.”

Blanchard si fermò, e così fece tutto il corteo. Poi, guardò il suo compagno, e gli disse: “Anche io credo fino in fondo nel nostro obiettivo, ma non posso nascondere che sarà un’ardua impresa conseguirlo. E le perdite subite da parte nostra ne sono la chiara prova. Ti rinfresco un pò la memoria, nel caso tu ti fossi dimenticato di chi ci ha abbandonato negli ultimi mesi.”

Un attimo di pausa, e poi Blanchard riprese: “Bernard Guibeaux, nostro grandissimo amico; Ignace Odilon, l’esattore delle tasse, anche lui una conoscenza molto cara; per non parlare poi di alcuni dei nostri uomini più pericolosi, come Joseph Picard, Nicolas Meunier, e ancora Patrick Lemaire! E potrei continuare ancora! E come se non bastasse adesso è stato tolto di mezzo anche Rogatien, il fidato corriere del conte tuo padre!”

E agitato, riprese a marciare, insieme a tutti gli altri.

Dopo aver udito quelle parole, Damien si ritrovò a riflettere. Ciò che Blanchard aveva appena detto era vero; tutte quelle persone si trovavano sulla sua lista, che era ancora molto lunga, e l’Assassino si era impegnato fino in fondo per diminuire la sfilza di nomi che avrebbero potuto ostacolare i suoi piani e quelli di chissà quante altre persone, a partire dai suoi Confratelli.

Era riuscito a uccidere senza problemi Guibeaux, far fuori Odilon era stato un po’ più difficile, ma alla fine aveva portato a termine il suo lavoro, così come era successo con Joseph Picard e altri prima di loro.

Ma con altri uomini, come ad esempio Nicolas Meunier e Patrick Lemaire, la cosa era andata a finire diversamente: certo, avevano cessato di vivere, ma non per mano sua.

Infatti, dopo essersi procurato tutte le informazioni necessarie per conoscere qualcosa di più sulla sua vittima, si era recato come sempre da essa per chiudere la questione, ma l’aveva già trovata senza vita, proprio come Rogatien. Ogni volta si era chiesto come fosse possibile, e cosa fosse accaduto, ma non aveva saputo trovare delle risposte.

Gli venne in mente il misterioso Assassino: adesso sì che capiva.

Rogatien e Odilon non erano stati gli unici obiettivi comuni, bensì due dei tanti.

In Damien si accese ancora di più il desiderio di scoprire chi fosse il suo avversario, anche se, vista la situazione, non sapeva neanche se chiamarlo così oppure alleato. D’altronde, gli aveva anche salvato la vita quella notte, dopo la morte di Odilon.

Tornò a concentrarsi sulla conversazione che si svolgeva là sotto, sempre più interessante.

“Avete ragione, sono tanti, ma…” cominciò il giovane di nome Maurice.

“Ma, cosa?” lo incalzò Blanchard, con aria esasperata.

“Non possiamo essere sicuri che siano tutti morti a causa loro… degli Assassini.” concluse, abbassando la voce in maniera scaramantica sull’ultima parola.

Damien alzò gli occhi al cielo. E così, stranamente, fece Blanchard.

“Sei più ingenuo di quanto pensassi, Maurice.” disse, poggiandogli una mano guantata di bianco sull’esile spalla “Tuo padre dovrebbe istruirti un po’ di più riguardo agli usi degli Assassini.”

“Non m’importa di loro.” ribadì cocciutamente il giovane Templare “Mio padre dice che non sono degni della nostra attenzione. Siamo troppo più potenti di loro!”

“Ah, con te non c’è modo di ragionare! Testardo come tuo padre, senz’altro! Adesso basta parlare di loro. Hanno orecchie ovunque, e non basta mormorare per non essere sentiti. Limitiamoci a riprenderci quella lettera; è molto importante per il conte tuo padre.”

A quel punto, Damien si ritirò sul tetto.

Aveva sentito tutto quello che gli serviva. Sapeva cosa cercare.

Corse a più non posso verso l’appartamento di Rogatien, sicuro di arrivare prima del lento e pesante corteo di guardie. S’infilò in una finestra, nella stanza ancora in disordine dove il corriere era stato ucciso.

Il lenzuolo era ancora sporco di sangue. L’Assassino si mise a cercare frettolosamente per tutta la camera, rivoltando i mobili, sollevando il materasso, frugando nell’armadio della biancheria.

Senza trovare niente.

Esasperato ringhiò, e sferrò un calcio a uno dei cassetti che aveva sfilato. Sospirò e fece un passo avanti, determinato a indagare anche nell’altra stanza. Ma il suo piede calpestò qualcosa che era uscito dal cassetto.

L’Assassino abbassò lo sguardo, e si chinò a raccogliere uno scrigno che, a quanto pareva, si trovava nascosto in un doppio fondo. Lo aprì, e dentro vide una buona quantità di monete d’oro.

Ecco dove Rogatien teneva la sua fortuna…

Spostando il mucchio di vecchi Louis d’or [1], notò sul fondo un pezzo di carta bianco. Lo tirò fuori, e vide che era una busta chiusa da della ceralacca recante il sigillo dell’intendente di Languedoc royal.

Voilà!, pensò esultante.

La nascose nella tasca della giacca, e prese anche il grosso scrigno pieno di monete.

Queste faranno comodo ai contadini di Séverac, si disse, prima di uscire di nuovo dalla finestra.

 

Damien era seduto sul materasso di paglia, con addosso soltanto i calzoni della sua tenuta da Assassino. La fasciatura sul suo fianco era macchiata da una piccola mezzaluna di sangue, ma il ragazzo non ci faceva neanche caso.

Si rigirava tra le dita la busta, ancora chiusa dal sigillo di ceralacca, chiedendosi se fosse il caso di aprirla, oppure consegnarla intatta ai grandi capi.

Poi, non resistendo alla curiosità, strappò il sigillo e aprì la busta.

Lesse velocemente la lettera, accigliandosi di più ad ogni riga, e quando la finì rimase qualche minuto a fissare il vuoto, confuso.

Che cosa significava? Quelle parole sembravano suggerire qualcosa di terribile, ma Damien credeva che l’intendente stesse esagerando. Sperava che stesse esagerando.

Non poteva essere che…?

No. Doveva calmarsi. Niente indicava ciò che aveva pensato.

Niente tranne questa lettera.

Bhé, non stava a lui decifrare i deliri dei Templari. Il suo lavoro era ucciderli. Avrebbe portato la lettera a Christophe appena ne avesse avuto il tempo, e lui avrebbe provveduto a consegnarla a chi di dovere.

Presto, però. Qualcosa gli diceva che il giorno nominato in quella lettera era di quell’anno. E non era solo la brevità della data a farglielo pensare…

Per il momento però, la sua priorità era il prossimo nome sulla sua lista. Avrebbe di nuovo dovuto cambiare città, e aveva intenzione di partire quella sera stessa, al crepuscolo. Avrebbe preso un cavallo e si sarebbe diretto alla sua destinazione.

Non aveva rinunciato a trovare il suo avversario, no. Soltanto era convinto che si sarebbero incontrati di nuovo.

Le parole del Templare gli avevano fatto capire che avevano la stessa identica lista di obiettivi. Il perché e il come non lo sapeva, ma il fatto era indubbio.

Perciò, rimanere a cercarlo a Séverac sarebbe stato inutile. Doveva anticiparlo. Di sicuro, si sarebbe trovato faccia a faccia con lui anche in quell’occasione.

E inoltre, pensò, lanciando uno sguardo alla base del letto, ho ancora la sua piuma.

Era evidentemente ciò che il suo avversario stava cercando la notte prima, sui tetti. Una bella esca.

Damien si alzò in piedi, e si mise a guardare fuori dalla piccola fessura tra le imposte chiuse.

Non sapeva quanto ci avrebbe messo ad acciuffare quel maledetto Assassino che negli ultimi giorni gli aveva dato del filo da torcere, ma di una cosa era certo: prima o poi, sarebbe riuscito a scoprire chi diavolo si nascondeva sotto quel cappuccio.

 

 

Carissimo e fedele amico e compagno,

Il momento sta per giungere. Il 5 maggio, il nostro amato Re avrà finalmente il potere che da lungo tempo bramavamo, e che da troppo vacilla tra le sue mani.

Niente, passato quel giorno, potrà ostacolare i nostri piani, e il dominio del grande regno di Francia si estenderà molto oltre i nostri confini; l’America, cui ci siamo alleati dieci anni fa [2], non potrà rifiutare la visita del nostro Illustrissimo Sovrano sul suo territorio, e allora niente potrà più fermarci.

Gli Assassini possono continuare a falciare le vite dei nostri alleati, a tentare di incuterci il terrore e a mangiare i nostri pedoni. Non sanno che ogni loro sforzo è vano, e che tra non molto saranno annientati proprio da coloro che si adoperano tanto per aiutare.

Presto, mio caro amico, l’Ordine trionferà sul globo, e pace e giustizia saranno finalmente ripristinate.

Non ci resta che attendere.

Che il Padre della Comprensione ci guidi. In fede,

Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam

 

[1] Louis d’or: in questo caso il pagamento è avvenuto in Louis d’or perché la moneta aveva un valore effettivo.

[2] Con lo sbarco delle truppe di LaFayette in America come supporto alla Guerra d’Indipendenza.  


Dopo un mese, rieccoci con quest’altro capitolo che (occorre dirlo) si avvicina sempre di più alla grande svolta che forse qualcuno di voi ha intuito per via della citazione del 5 Maggio.

Sì, ci rendiamo conto che questo è un altro noiosissimo capitolo di passaggio, ma ci serveeee!! Perdonateci! T.T Vi promettiamo che tra poco i capitoli saranno interessanti quanto questi lo sono noiosixD (soprattutto tremiamo all’idea delle vostre reazioni per il prossimo!xD)

Ma per ora parliamo di questo. Che dire? Damien è abbastanza impegnato nel suo lavoro, sempre con la solita strana ansia che qualcuno glielo rubi (un qualcuno a caso ehxD) e soprattutto, abbiamo visto come il misterioso Assassino stia diventando una specie di ossessione per lui, tanto che è anche disposto ad aspettarlo sui tetti pur di scoprire di chi si tratti.

Ma, anche stavolta, riuscirà a farla franca. (strano!) Ci è mancato davvero poco però... Chissà, magari la prossima volta!xD

Per il momento è tutto. Vi aspettiamo numerosi al prossimo capitolo! ^^

Ah dimenticavamo... Scusate per il tipo di scrittura della lettera, ma non ci è riuscito trovarne una che fosse fedele all'originale. Infatti nel documento di word aveva un scrittura molto particolare, che ovviamente su questo sito non c'è xD quindi ci siamo dovute arrangiare. :D

  
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