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Autore: SecretHorrorWorld    25/01/2011    1 recensioni
Da quel giorno circondai la mia vita di bambole, loro ascoltavano, loro non sarebbero morte per un morso, le avrei uccise io.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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«...Come a colei che più che gli occhi sui, più che 'l suo cor, più che la propria vita. Ruggiero amò dal dì ch'essa per lui si trasse l'elmo, onde ne fu ferita.» iniziai nel silenzio generale portando le mani sul petto e guardando ogni persona, così come mi aveva insegnato Blanco. L'aria s'era fatta gelida ad un tratto e i respiri dei presenti si confondevano tra loro in un'immobilità innaturale. Lasciai scivolare a terra il cappello e i campanelli tintinnarono inermi sull'asfalto grigio. La notte era calata da un pezzo e il cielo brillava coperto da una miriade di stelle, non rammento di averne viste di più belle come in quella notte. «Lungo sarebbe a dir come, e da cui, e quanto ne la selva aspra e romita si cercar poi la notte e il giorno chiaro; né, se non qui, mai più si ritrovaro.» narravo quella storia fin da quando ero bambina e l'amavo, amavo la pazzia malata di quel cavaliere così follemente innamorato. Dietro di me gli attori rappresentavano muti la scena, si udiva solo il basso ticchettare delle loro scarpe sul legno scuro del palco. I Granada ascoltavano seri ogni mia parola dalle sedie di velluto che erano state portate appositamente per loro e per gli altri nobili, ogni tanto li vedevo sporgere verso il vicino e sussurrargli qualcosa all'orecchio. E a quel punto, quasi come voluto, la medesima persona si lasciava scuotere da risolini malati che inquinavano l'aria. Oltraggiato il Re borbottava, di tanto in tanto, quanto fosse inaudita la maleducazione di quei signori e richiamava l'attenzione su di se, come fa la pioggia dopo una giornata di Sole. « Ruggier, Gradasso, Sacripante, e tutti quei cavallier che scesi erano insieme, chi di sù, chi di giù, si son ridutti dove che torni il volatore han speme.» continuavo così, in una bassa litania, camminando in mezzo al palco e seguendo con lo sguardo un volatile che pareva essersi perso nel cielo. Ma in quel momento, proprio mentre ero intenta a elargire i seguenti versi, il fiato mi si mozzò in gola. Uno dei cinque gentiluomini, arrivati a palazzo solamente la sera prima, mi fissava con i suoi occhi rossi. Sembrava essere capace di leggere ogni movimento, ogni più folle pensiero e seguiva come un segugio i colli nudi delle belle dame che gli passavano accanto. Mi ricomposi e continuai, il pubblico accennava qualche timido applauso mentre Caré interpretava il bell'Orlando, con la sua armatura ramata e la piuma blu sull'elmo, ostentando la sua forza. «E questa opera fu del vecchio Atlante, di cui non cessa la pietosa voglia di trar Rugier del gran periglio instante: di ciò sol pensa e di ciò solo ha doglia.» Si agitava nell'aria superbo sventolando la testa agghindata, la sua parte non prevedeva tutto ciò, ma la sua smania di esibizionismo era implacabile. Dalila mostrava le sue curve perfette a quello che di cavaliere aveva ben poco e sbatteva le mani impazzita lanciando gridolini estasiati. Ma Caré era famoso per spezzare il cuore alle fanciulle innamorate e sembrava uno scempio il fatto che proprio lui si esibisse in un opera così meravigliosa.«Però gli manda or l'ippogrifo avante, perché d'Europa con questa arte il toglia.» terminavo in questo modo l'atto facendo una piccola giravolta. «Così ha fine per noi questa struggente serata e con essa il nostro umile spettacolo» conclusi con un inchino insieme agli attori. Sul palco arrivarono rose rosse, tutte rivolte "all'Orlando poco meritevole di lode." In quel momento mi abbassai per raccogliere il cappello e alzando un poco lo sguardo davanti ai miei occhi si parò una camelia bianca, il fiato si fermò nei polmoni e lo stupore raggiunse il mio volto. La stava porgendo proprio lo straniero che mi aveva spaventata poco prima « Il suo talento è degno di questo posto» esordì accompagnando le sue parole con un sorriso mesto. E come era riuscito ad ammaliare il Re ammaliò anche me. E mentre il mio amato Gabriel mi cercava disperato lui mordeva il mio collo, strappandomi via dalla vita. Urlavi tra i signori, vero? E loro ti ignoravano ridendo del tuo abbigliamento da artista "povero, povero Gabriel...". E alla fine raggiunsi la stanza dove il vampiro mi teneva rinchiusa e riuscì a scorgere, prima che le palpebre mi si chiudessero, il tuo volto spaventato imbrattato di sangue. T'aveva ucciso, amore. E, a volte, mi domando il perché le storie di vampiri siano sempre così tragiche. Forse perché dovetti abbandonare il mio cuore insieme al ragazzo che amavo, forse perché dovetti abbandonare l'arte che amavo, forse perché dovetti abbandonare il calore che amavo, forse perché dovetti vedere morire tutto ciò che amavo... sarà che si perde l'amore? Da quel giorno circondai la mia vita di bambole, loro ascoltavano, loro non sarebbero morte per un morso, le avrei uccise io.

 

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