La nostra terra è abitata da ignoti
La nostra terra è abitata da ignoti, che guardano il mondo
attraverso una lente d'ingrandimento mettendo a fuoco il più
piccolo
pregiudizio e il più piccolo difetto, ma non si accorgono di
ciò
che gli accade intorno.
La nostra città - non occorre specificare quale
perché tutte le
strutture e tutti gli animi organizzati in questa stanza fuligginosa
si equivalgono - è abitata da spettatori di una
realtà fasulla, che
vivono nella loro bolla di piacere del quale si accontentano,
dimenticandosi - perché già da tempo ci hanno
rinunciato - di
mirare alla felicità.
Il nostro paese è abitato da insensibili, che condividono la
stessa
sorte ma che mangerebbero uno il cadavere dell'altro.
La nostra via è abitata di fatti passati e di scatole
ronzanti, e
spesso non sappiamo neanche le meraviglie e i mostri che accadono in
quel nastro d'asfalto, che è il binario che conduce al
nostro
rifugio virtuale. Che separa comune da privato.
La nostra casa è abitata di scene occasionali e di gesti
abitudinari, che esplicitano il brulicare degli uomini e rivelano
ciò
di cui sono fatti: cibo, carne e fantasie.
La nostra vita è appesa a un filo ruvido, ed è
sorda ed è muta
ormai, e ha imparato ad assemblare scorie estranee, a riconoscerle
come parte di essa.
La nostra vita può essere già finita, che molti
non lo vedono, come
il bambino addormentato non si accorge del libro che si è
chiuso.
C'era
un prato
che non ci apparteneva, ma che talvolta prendevamo in prestito. Era
abitato da piccoli mostri di tela, da lepri, piume cangianti e altre
bestie selvatiche.
All'arrivo del
cacciatore, ognuno sapeva in che direzione correre e in che tana
nascondersi.
All'arrivo dei
cuccioli, ognuno sapeva come farli diventare grandi e come
insegnargli a procacciarsi da soli il cibo che, sicuramente, ci
sarebbe stato, perché nessuno andava in eccesso,
così che a nessuno
di loro mancasse qualcosa.
E ancora gli uomini si domandano... dov'è la giustizia della macchina pensiero?