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Autore: Silvar tales    26/01/2011    4 recensioni
La nostra vita può essere già finita, che molti non lo vedono, come il bambino addormentato non si accorge del libro che si è chiuso.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La nostra terra è abitata da ignoti

La nostra terra è abitata da ignoti, che guardano il mondo attraverso una lente d'ingrandimento mettendo a fuoco il più piccolo pregiudizio e il più piccolo difetto, ma non si accorgono di ciò che gli accade intorno.
La nostra città - non occorre specificare quale perché tutte le strutture e tutti gli animi organizzati in questa stanza fuligginosa si equivalgono - è abitata da spettatori di una realtà fasulla, che vivono nella loro bolla di piacere del quale si accontentano, dimenticandosi - perché già da tempo ci hanno rinunciato - di mirare alla felicità.
Il nostro paese è abitato da insensibili, che condividono la stessa sorte ma che mangerebbero uno il cadavere dell'altro.
La nostra via è abitata di fatti passati e di scatole ronzanti, e spesso non sappiamo neanche le meraviglie e i mostri che accadono in quel nastro d'asfalto, che è il binario che conduce al nostro rifugio virtuale. Che separa comune da privato.
La nostra casa è abitata di scene occasionali e di gesti abitudinari, che esplicitano il brulicare degli uomini e rivelano ciò di cui sono fatti: cibo, carne e fantasie.
La nostra vita è appesa a un filo ruvido, ed è sorda ed è muta ormai, e ha imparato ad assemblare scorie estranee, a riconoscerle come parte di essa.
La nostra vita può essere già finita, che molti non lo vedono, come il bambino addormentato non si accorge del libro che si è chiuso.

C'era un prato che non ci apparteneva, ma che talvolta prendevamo in prestito. Era abitato da piccoli mostri di tela, da lepri, piume cangianti e altre bestie selvatiche.
All'arrivo del cacciatore, ognuno sapeva in che direzione correre e in che tana nascondersi.
All'arrivo dei cuccioli, ognuno sapeva come farli diventare grandi e come insegnargli a procacciarsi da soli il cibo che, sicuramente, ci sarebbe stato, perché nessuno andava in eccesso, così che a nessuno di loro mancasse qualcosa.

E ancora gli uomini si domandano... dov'è la giustizia della macchina pensiero?

   
 
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