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Autore: A g n e    27/01/2011    7 recensioni
Una vittima senza nome e un illustre mangiamorte. Partecipa alla Quote Challenge.
Sebastian Farrel era stato incaricato, quel giorno, di sostituire il collega preposto all’ufficio persone scomparse del Ministero. Mai compito fu mai affidato alla persona peggiore. Farrel sbuffò e guardò con aria falsamente afflitta la persona che aveva davanti.
“Perché è un pazzo che crede che i Mezzosangue vadano fatti fuori, ecco perché. Mi dispiace”, aggiunse, senza la minima partecipazione.
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Regulus Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Un giudice

-Gollum (...) merita la morte!
-Se la merita? Eccome! Molti tra i vivi meritano la morte, e parecchi che sono morti avrebbero meritato la vita. Sei forse tu in grado di dargliela? E allora non essere troppo generoso nel distribuire la morte nei tuoi giudizi.
[Il Signore degli Anelli, J.R.R.Tolkien]

 

Il dipendente ministeriale sfilò dalla pila di fogli che aveva alla sua destra una scheda e la porse all’uomo che aveva davanti, che la prese tremando.
Aspettò che il malcapitato di turno finisse di leggere e poi riprese il foglio, lo timbrò e lo rimise tra gli altri.

“Perché?”

Sebastian Farrel era stato incaricato, quel giorno, di sostituire il collega preposto all’ufficio persone scomparse del Ministero. Mai compito fu mai affidato alla persona peggiore. Farrel sbuffò e guardò con aria falsamente afflitta la persona che aveva davanti.

“Perché è un pazzo che crede che i Mezzosangue vadano fatti fuori, ecco perché. Mi dispiace”, aggiunse, senza la minima partecipazione.

John Tower aveva appena perso la madre e la sorella per mano del Mangiamorte Regulus Acturus Black; senza più forze nemmeno per ricacciare quell’insensibile commento il gola all’idiota, uscì dal ministero per crollare a terra piangendo qualche metro distante dalla porta.

“JOHN!” Una giovane donna corse verso di lui, si inginocchiò e tentò di risollevarlo, inutilmente. “È… è vero? Linda e Charlotte sono… sono…”
La voce le tremò e si spense. John abbracciò la sua ragazza fino a mozzarle il respiro e tra i sighiozzi infilò qualche parola sconnessa; alla fine recuperò fiato per riuscire a dire: “Lo ammazzerò. Com’è vero che vivo io lo ammazzo, quel maledetto!”
“John!” protestò debolmente lei “Non dire queste cose”.
“Le dico, invece, le dico! Le ha uccise, me le ha uccise e io ucciderò lui!”
La ragazza non replicò. John si abbandonò tra le sue braccia senza altre parole.

Dieci anni dopo

Daisy Watson in Tower aveva ottenuto un pomeriggio libero da incombenze. John era al lavoro, impegnato in non si sa quali straordinari, i bambini erano alla festa di compleanno di un amico e finalmente lei aveva tempo di riordinare quel cassetto così pieno di fogli, ricordi, scatole e pacchetti vari da non chiudersi quasi più.

Dopo parecchi tentativi riuscì ad estrarlo dalla cassettiera. Come prevedibile, alcuni oggetti caddero a terra, sparpagliandosi sul pavimento. Daisy raccolse tutto, poi si chinò a recuperare il ritaglio di giornale finito sotto il letto.
Lo prese e lo stese sul copriletto, curiosa. Non ricordava più cosa fosse; la data riportata nell’angolo di destra risaliva a quasi dieci anni prima.
Lesse il titolo e fece un mezzo sorriso triste.

Era un ritaglio della Gazzetta del Profeta, di uno dei primi numeri del dopoguerra. La foto raffigurava Harry James Potter, il salvatore del mondo magico, che teneva in mano un medaglione sbeccato. La firma in fondo all’articolo era la sua.
Ho voluto scrivere queste righe, si leggeva,
perché nessuno creda che il mondo si divida tra persone buone e Mangiamorte. Ve lo dico perché anch’io ho fatto questo errore. Regulus Acturus Black non era quel che si può definire un uomo integerrimo. Ha sbagliato in molte valutazioni e procurato molti lutti alle nostre famiglie. Ma è morto sacrificandosi per il bene.
Seguiva il racconto della morte di Black e di come il suo sacrificio risultò decisivo alla causa dell’Ordine della Fenice e degli oppositori di Voldemort.
Una buona azione non cancella le colpe passate, continuava l’articolo, ma aumenta l’efficacia della redenzione. Black non è cambiato a parole, ma ha avuto il coraggio di agire. Condanneremo l’uomo insieme ai suoi peccati, continuando la spirale dell’odio? O avremo finalmente il coraggio di perdonare?

Daisy ripiegò con cura il foglio e lo mise da parte. Ricordava perfettamente la reazione isterica del marito che tuttavia aveva capito, alla fine, che vivere nell’odio l’avrebbe consumato, inutilmente.

Perdonare non voleva dire dimenticare, infangare il nome dei caduti, cancellare ciò che era avvenuto. Voleva dire riconoscere la forza di uscire dal baratro della vendetta.

 Non era facile. Ma era l’unica via. E non passava per la legge del taglione.


Angolino autrice.

Che dite? Troppo seria? Troppo facile moralismo? Troppo perbenista?
Io credo di no. Lo spero, almeno.
Harry Potter è invenzione e fantasia. Ma pazzi così ci sono anche nella realtà.
N.B.: nessun intento di banalizzare, badate bene.

   
 
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