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Autore: DazedAndThief    27/01/2011    5 recensioni
Liverpool di mattina è un qualcosa d’incantevole.
Incredibile come una cittadina che in genere brulica di vita possa essere così placidamente calma.

Liverpool, 1966. Sara e Mitchie, due teenager con i piedi per terra e il rock perennemente nelle orecchie, incontreranno alcuni dei più importanti miti musicali dell’epoca, facendo così intrecciare le loro vite a quelle dei loro idoli.
Genere: Generale, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5
Don’t bother me

 

Il turno di domenica mattina è qualcosa di devastante. Se bevessi sarebbe disastroso perché dovrei smaltire la sbornia e tutto ciò non mi aiuterebbe di certo nel catalogare i libri. Per fortuna non è il mio caso.

Non ho bevuto, è vero, ma almeno la domenica vorrei stare a letto un po’ di più…

Se ripenso al musetto triste che aveva il mio cuscino, quando l’ho abbandonato, mi si spezza il cuore.

Mi accascio sul bancone, decisa a riposarmi un po’, quando la campanella attaccata alla porta tintinna.

Fanculo, mi tocca lavurà.

Mi rialzo sui gomiti e sfodero uno dei miei sorrisoni smaglianti più falsi che si siano mai visti.

 

 

-Heilà! Come procede, qua?-

Alzo lo sguardo dal libro.

Mitchie, che tu possa essere benedetta!

-Una noia totale e allo stesso tempo un inferno!- comincio a sclerare, accompagnando le mie sventure con ampi gesti teatrali degni della migliore tragedia shakespeariana, -E un colpo viene la vecchia che ha letto tutti gli Armony e che, quando le propongo L’amore ai tempi del colera, mi dice che lei schifezze non ne legge, e poi arriva la madre con il figlio che insiste nel volere le caramelle eeee…-

-Oddei, Sara, respira! Ti ho portato un frappé dalla yogurteria qui accanto, quindi bevitelo e vedi di darti una calmata, ok?- mi risponde lei, porgendomi il bicchierone di carta e appoggiandosi poi sulla scrivania.

Io annuisco e trangugio mezzo frappé (alla vaniglia, divino), intervallando sospiri a tirate di cannuccia.

-Cos’è ‘sta storia della vecchia, degli Armony e…?-

-Niente, semplicemente stavo venendo alle mani con un’ottuagenaria perché ha osato venirmi a dire che L’amore ai tempi del colera fa schifo! Ma te ne rendi conto? Già ho sopportato a fatica il fatto che lo abbia paragonato a quei romanzetti da vedove allegre, ma insultarlo è troppo… Non c’ho più visto dalla rabbia!- e giù un altro sorso.

Mitchie ridacchia ma, dopo essersi beccata una mia occhiataccia inceneritrice, si azzittisce e torna seria. Più o meno.

Io riprendo a sorseggiare rumorosamente il mio frappé, facendo girare una signora tutta impellicciata, che mi guarda piuttosto scandalizzata, beccandosi un mio sorrisone a tremila denti per risposta.

Tzè.

Spero di morire prima di diventare vecchia.

 

Il silenzio viene ovviamente interrotto da Mitchie che, le mani a coppa, inizia a bisbigliare parole sicuramente senza senso.

-Hey, hai notato quel ragazzo?-

No, vabbè, non può…

-Dai, non sporgerti, sennò ti vede… Quello con la giacchetta… È da quando sono entrata che non fa altro che continuare a guardarti…-

Sì, purtroppo l’ha fatto. Occhio di falco!

-Oh, davvero? Non c’avevo fatto caso.- apro un cassetto, fingendo di cercare qualsiasi cosa possibile ed inimmaginabile.

Non la vedo, ma so che sta alzando un sopracciglio, lo sento.

cariiiiiino!- squittisce nuovamente.

Gli lancio un’occhiata distratta, per poi tornare con lo sguardo a lei: -Non male.-

-Eddai, Sara! “Non male”? Mi pare un po’ riduttivo.-

-E tu mi pari un po’ esaltata. O sbaglio?-

Mitchie caccia la sua lingua fuori e me la rivolge, fintamente sprezzante, interrompendosi però subito.

-Uh, sta arrivando, falalala!-

COME?

In effetti il tipo è già a meno di un metro dalla scrivania, e ha un libro in mano.

Ovvio.

Quella scema della mia coinquilina prende un depliant di non so quale mostra e comincia a sfogliarlo svogliata, facendo finta di nulla, mentre il ragazzo si materializza, intento a rigirarsi il libro tra le mani.

Non so cosa stia aspettando, forse che lo chiami?

-Scusa, devi…?-

Lo vedo alzare gli occhi e guardarsi intorno, per poi ritornare con lo sguardo a me.

-Oh, credevo ci fosse la signorina…- e, con un cenno del capo, mi indica Mitchie.

-Oh, no, lei è semplicemente la mia rompipalle preferita… Dimmi pure.-

Mi sorride e mi porge il volume, mentre miss “Falalala” mi guarda malissimo.

-Toh, L’amore ai tempi del colera! Che scelta originale!- esclamo, sottolineando volutamente l’ultima parola; il ragazzo arrossisce e lo vedo contorcersi le mani, mentre Mitchie mi rivolge l’ennesima occhiataccia.

Non pensavo di farlo imbarazzare, uffa!

E sia.

Alzo gli occhi al cielo: -Tranquillo, è un libro stupendo: hai fatto un’ottima scelta.- e gli abbozzo un sorriso, a cui lui mi risponde con uno ancor più grande e radioso.

-Ehm, io mi sono ricordata di aver lasciato la pentola sul fuoco! Devo correre immediatamente a casa, altrimenti i miei ramen vanno al Creatore! Ma voi continuate pure!- interviene farfugliando quella cerebrolesa di Mitchie.

Le lancio un’occhiata che è un misto tra l’acido e la compassione per il suo patetismo, mentre il tipo le sorride bonariamente.

Quella svitata sta per uscirsene, quando io la chiamo: -Mitchie?-

-Sì?-

-Controlla se per caso c’è anche la tua testa, sul tavolo. Mi pare che tu abbia scordato pure quella.-

La vedo diventare ancor più paonazza, balbettare un mezzo saluto e volare via, facendo sbattere furiosamente le campanelle attaccate alla porta.

Ma sbaglio o era parecchio su di giri?

Non faccio in tempo a continuare i miei pensieri che il ragazzo riprende a parlare.

-Ehm, ti secca dirmi di cosa parla… questo?- e mi fa vedere il libro.

Oddei, ma chi me l’ha fatto fare!

Comunque decido di indossare una maschera di falsa tranquillità e, dopo essermi schiarita la voce, comincio: -Florentino è un impiegato che ama Fermina, un’adolescente: quest’ultima, però, si comporterà come se lui non esista affatto, sposandosi con il medico del paese. E la vicende proseguono per una cinquantina d’anni, con Florentino che continua a sperare in un ripensamento della sua amata. È molto bello, davvero.- Mi fermo un attimo a pensare. -C’è una frase… una frase che mi piace parecchio. Dice: “È incredibile come si possa essere tanto felici per così tanti anni, in mezzo a tante baruffe, a tante seccature, cazzo, senza sapere in realtà se è amore o se non lo è.” Penso che tutti abbiano vissuto, almeno una volta nella loro vita, una situazione del genere. Ed è.. è penoso, ecco. Tutti dovrebbero sapere cos’è l’amore, nessuno escluso.-

Rialzo il capo e incrocio il suo sguardo, un’espressione indecifrabile nelle iridi.

-Scusami… Mi sono lasciata trasportare un po’ troppo dalla fantasia, dal libro…- distolgo lo sguardo. -Maledetto García Márquez…-

-Macché, mi ha fatto piacere sentirti.-

Aggrotto le sopracciglia e lo vedo, i gomiti sul bancone e il viso appoggiato sulle mani. -Si vede che ti piace molto: riesci a farlo apprezzare anche ad uno che non l’ha ancora aperto.- e mi sorride.

Vabbè, è carino. Molto carino. Ma con me non attacca.

Poi mi ritorna in mente la domanda che devo fargli da venti minuti buoni:

-Scusa, io e te ci siamo già visti da qualche parte, per caso?-

Lo vedo vacillare, ma forse è solo una mia impressione.

-Ehm, sì, ieri sera… Alla festa.-

Riduco gli occhi a due fessure, sforzandomi di ricordare.

Ho un flash.

Una mano che stringe la mia. -Hey, vorresti sposarmi?-. Quattro ragazzi con completi scuri e capelli in ordine.

Schiocco le dita.

-Ci sono! Sei uno di quei quattro che erano vestiti come gli esattori delle tasse!- trillo, facendolo scoppiare a ridere.

-Eh già, proprio uno di loro.-

-E come diamine hai fatto a trovarmi?-

-Ehm…- tituba, le guance un po’ rosse.

-Mi… Mi hai pedinata?- strabuzzo gli occhi.

-Ma-macché…- balbetta lui, ridacchiando -Il tuo amico, quello che mentre te ne stavi andando ti ha bloccato… Quello, ecco. Ho chiesto a lui.-

Dannato Daltrey! Non solo mi scrocca i soldi perché li ha finiti, ma mi sputtana alla grande! Questa me la paga.

-…E non ti ha detto come mi chiamo?- riprendo la discussione, ostentando una finta calma.

-Ehm, no. Mi ha solo detto che lavoravi qui. E devo dire di essere stato abbastanza fortunato, date le condizioni in cui versava. È già tanto che abbia azzeccato l’indirizzo della libreria.- mi sorride di rimando.

Ciucco come non so cosa. Dopo vado veramente a fargliela pagare.

-Comunque… Posso sapere il tuo nome?- riprende lui, sempre con il sorriso sulle labbra.

Lo fisso. Vabbè, dirgli il mio nome non mi costa nulla.

-Sara.- replico asciutta, forse un po’ troppo asciutta. -Tu invece sei quel McCharmly?-

Il tipo scoppia a ridere: -Oh, no. Quello è uno stupidissimo soprannome che mi ha dato quel cretino di Lennon. Il mio vero nome è un altro.- e mi porge la mano. -Piacere di conoscerti, Sara: il mio nome è Paul, Paul McCartney.-

Restiamo tre minuti buoni a fissarci, io con un’espressione alquanto perplessa e lui con un sorrisone ebete che gli va da un orecchio all’altro. Evidentemente si sta aspettando qualcosa.

Bah, meglio interrompere questo silenzio imbarazzante.

-Oh. Va bene.-

A queste mie parole mi sembra di vedere le sue braccia cadere in terra, ma è solo frutto della mia immaginazione.

Ritrae la mano e se la passa tra i capelli, per poi schiarirsi la voce: -Err, è stato un vero piacere conoscerti, Sara.-

-Uh, anche per me.-

Riprende a fissarmi, mentre io, con un sorrisone a tremila denti, continuo:

-Fanno 16 sterline e 45 pounds, Sir.-

 

 

Torno a casa e mi accascio sul divano distrutta, pronta a cadere in uno stato vegetativo, quando Mitchie mi assale.

-Allora-allora-allora?-

-Allora che?- bofonchio.

-Hai parlato con il tipo cariiiino? Il tipo cariiiiino ti ha chiesto il numero? Ti ha chiesto di uscire con lui, il tipo cariiiiiino?-

-Oddio, Mitch! Se non la pianti di dire in continuazione “cariiiiiino” quelle i te le faccio inghiottire una ad una, oppure te le ficco dove non batte il Sole!- ringhio, per tutta risposta.

Si azzittisce un attimo, pare pensare a qualcosa, poi riparte alla carica.

-Mmmm, ma assomigliava un sacco a Paul McCartney! Cioè, era cariiiino- e qua c’è la mia occhiataccia torva, al che lei si corregge subito -ehm, volevo dire carino, come lui…-

-Paul chi?!-

Rotea gli occhi: -Niente, lascia perdere. Vado a farmi un tè, va’.- e se ne va nel cucinino.

Passano un paio di minuti, tra il rumore di tazze, della scatola in latta che contiene le bustine e dei miei occhi che, pur essendo stanchi, non vogliono saperne di tirar giù le saracinesche.

-Uh! Sai che coincidenza? Anche lui si chiamava Paul, ora che mi ci fai pensare…-

Un enorme fracasso, causato probabilmente dalla caduta del barattolo di latta, mi fa strizzare gli occhi e tappare le orecchie.

-Ahia, cazzooo! Mitchie, sono rimasta traumatizzataa! Ora resterò sorda e cieca a vita!- urlo fuori di me, rotolandomi sul divano e simulando una sofferenza atroce. Anzi no, un po’ soffro sul serio.

Ma il peggio non è ancora arrivato. Difatti Mitchie mi aggredisce, prendendomi per il colletto della camicia:

-CHE CAZZO HAI DETTOOO?-

La scosto e, riacquistando la mia proverbiale freddezza, la apostrofo con un bel: -Hai sentito benissimo. Qua la sorda sono io, ricordi?-

Per tutta risposta quella pazza si alza di scatto e comincia a camminare in tondo, accompagnando ogni passo con una serie di -OMMIODDIO.OMMIODDIO.OMMIODDIO.-

Per non sentirla inizio a fischiettare Satisfaction, al che lei mi salta nuovamente addosso.

-Aaaah, ma lo fai apposta, alloraaa!-

La guardo stranita e riprendo fiato: -Tu. Non. Stai. Bene. Cazzo vuol dire “lo fai apposta”? Cos’è che starei facendo apposta, scusa?!-

-Canti i Rolling Stones!-

-Perché, scusa, non posso?-

-Non in questa situazione!- urla, riprendendo a girare in tondo, per poi bloccarsi di nuovo -Ma ti rendi conto della fortuna che hai avutooo?-

-Scusa, posso sapere di che cazzo stai parlando?-

-Quel ragazzo non assomigliava a Paul McCartney!-

La fisso stranita. Chi cazzo è ‘sto McCartney?

-Quel ragazzo ERA PAUL MCCARTNEY DEI BEATLES!-

 

 

 

Who are you?
Muahahaha! Ditelo che v’ho fregate tutte, avanti! :D

Dio, quanto mi diverto a scombinarvi i piani x°°D

Coooomunque! La targhetta (splendida, come al solito :Q_) è stata realizzata dalla mia socia, e io non posso fare a meno di ringraziarla

Per quanto riguarda il capitolo, posso solo dire che mi sono divertita da matti a scriverlo, specialmente a rendere Paulie un adorabile demente :D

Ora vi lascio u.u

Alla prossima, darlin’ (:

Kisses,

 

Dazed;

 

 

p.s. Nel capitolo 4 l’unico messaggio subliminale era il braccialetto con il ciondolo a forma di ragno (Boris The Spider degli Who vi dice nulla? :D)

  
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