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Autore: Charly_92    27/01/2011    3 recensioni
Non dimenticherò mai la prima volta che ho varcato quella soglia.
Sarà bellissimo farlo di nuovo da uomo libero"

(Sirius Black, film "Harry Potter e il prigioniero di Azkaban")
Sirius e la sua prima volta a Hogwarts: le emozoni, la prima impressione e... L'inizio di una grande amicizia.
DAL TESTO: "Lo capì nell’esatto istante in cui vide stagliarsi il castello di Hogwarts davanti a lui.
Se ne stava lì, seduto sulla sua barca, come era destinato a tutti i ragazzi del primo anno.
Guardava quelle mura così immense e imponenti, il cielo pieno di stelle a fare da sfondo,illuminate dal riverbero delle luci di tante lanterne."
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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The Author's Corner: Il titolo di questa song fic (la prima vera e propria che scrivo, anche se di solito le canzoni sono molto presenti nei miei tentativi di scrittura) è un verso della canzone "Home" dei Depeche Mode.
La canzone in corsivo è "Il mio nuovo sogno", la versione italiana della canzone di quel cartone divertente e dolcissimo che è "Rapunzel".
Lo so, detta così pare una scemenza... Eppure a me ha ricordato la stuazione di Sirius a Grimmauld Place...
Ok, sappiate solo che: AMO Srius. Cioè, l'ho amato proprio durante la saga. Ho pianto come una fontana alla fine del quinto libro.
E' il personaggio che in assoluto preferisco (seguito da Remus Lupin).
E amo l'amicizia profonda che ha sempre legato lui e James. Mi commuove proprio.
Ma ora basta, ho scritto fin troppo.. Buona lettura!
Spero vi piaccia e che vogliate recensire!


“And I thank you for showing me Home.”
 


“Chiuso lì, dentro a quelle mura
Tra utopie e curiosità
Senza mai neanche un solo giorno
Di felicità …”




Per undici lunghi anni, Sirius Black era stato infelice.
Prigioniero. Così si era sempre sentito. In trappola , senza alcuna via d’uscita.
Costretto a obbedire alle rigide regole di famiglia, a riconoscere come vere quelle idee che lui trovava obsolete e irragionevoli.
Li odiava, i suoi genitori.
Odiava la loro bieca ignoranza e crudeltà, la loro strenua difesa dell’esistenza di una fantomatica “casta” di maghi superiori agli altri, il loro favore incondizionato verso il potere, la ricchezza e il lato oscuro.
Sirius si era spesso chiesto il motivo del suo rifiuto così deciso verso quel mondo, da cui non aveva mai fatto marcia indietro.
Semplicemente, lo sentiva sbagliato. Brutto. Sporco.
E ci si era sempre ribellato con tutte le sue forze, pagando a caro prezzo la sua insolenza.
Ma aveva resistito, strenuamente, ogni giorno, dentro a quell’inferno.
E la sua determinazione nel sopravvivere in quel luogo così ostile, lo aveva profondamente forgiato nel carattere.
Agli occhi d tutti poteva ancora avere le fattezze d un bambino che s’apprestava a diventare un ragazzo dall’aspetto affascinante.
Ma la sua anima era estremamente più adulta e già preda di scontri interiori che lo tormentavano fortemente, provocandogli persino orribili incubi notturni.
Sirius non si era mai sentito felice.
Non c’era posto nella prigione che lo costringeva per sentimenti del genere.
Così, quando si era seduto su quel treno che lo avrebbe portato nella scuola di magia e stregoneria più prestigiosa di tutta l’Inghilterra, si era sentito sollevato.
Non sapeva cosa lo aspettasse, ma era in fuga da quella casa maledetta. Era già qualcosa.
E il suo cuore, a quel pensiero, si era alleggerito un po’.


 

“Oggi io, sotto a queste luci
Oggi io questo scintillio
Dentro me capisco che
È questo il posto mio …”

 




Lo capì nell’esatto istante in cui vide stagliarsi il castello di Hogwarts davanti a lui.
Se ne stava lì, seduto sulla sua barca, come era destinato a tutti i ragazzi del primo anno.
Guardava quelle mura così immense e imponenti, il cielo pieno di stelle a fare da sfondo,illuminate dal riverbero delle luci di tante lanterne.
Non che un maniero di quelle dimensioni lo impressionasse poi così tanto: era avvezzo a megalomanie di quel genere, tipiche di maghi che si davano una certa importanza. Proprio come i Black.
Ma a differenza di tutti gli altri, sui cui volti si stagliava un’espressione di assoluto stupore e meraviglia, i suoi profondi occhi grigi parevano brillare, la bocca aperta in un sorriso radioso.
Il cuore gli martellava furiosamente nel petto, mozzandogli il respiro e, allo stesso tempo, pervadendo il suo corpo di una gioia tanto anelata quanto sconosciuta fino a quel momento.
Nella mente, un solo pensiero: “Questa è la mia vera casa. Questa sarà la mia vera famiglia, d’ora in poi.”
Respirò a pieni polmoni quell’aria intrisa di profumi notturni, in cui uno si distingueva da tutti gli altri;
Sirius, dopo averla a lungo disperatamente cercata, non poteva non riconoscerla: era la libertà.



 

“Ora vedo la realtà
E la nebbia si è dissolta
Anche nell’oscurità
Tutto è chiaro intorno a me..”



Quando la professoressa McGrannitt aveva chiamato il suo nome, Sirius si era diretto con passo sicuro verso lo sgabello posto al centro della stanza, consapevole della moltitudine di sguardi fissa su di lui.
Si era seduto e, sorridendo baldanzoso, aveva indossato il Cappello Parlante.
Sapeva bene come celare le proprie emozioni, reprimerle, anche le più violente.
Quante volte aveva affrontato con durezza gli occhi di suo padre, appena dopo aver ricevuto un sonoro schiaffo, la guancia ancora bruciante?
Stringeva forte i pugni, si mordeva il labbro a sangue e le lacrime non uscivano.
Ma riguardo a quel nodo sgradevole allo stomaco che sentiva in quel momento, Sirius non sapeva proprio che fare.
Improvvisamente, il cappello gli parlò:
“E così, abbiamo il nuovo erede dell’antica e nobilissima casata dei Black, vero?
Serpeverde ti accoglierà con tutti gli onori ragazzo..”

E Sirius pensò con tutte le sue forze che ogni posto lì dentro gli sarebbe andato bene, non gli importava, ma di certo non avrebbe accontentato la sua famiglia.
A lui della tradizione non importava un bel niente.
E se suo padre e sua madre vi erano appartenuti, allora lui non sarebbe mai stato tra i Serpeverde.
Il Cappello, inizialmente sorpreso, ma compiaciuto delle mille qualità che riconosceva nel ragazzo, scelse allora per lui un’ altra collocazione: “Grifondoro!”
Sirius si sedette al tavolo della casa assegnatagli con aria trionfale.
La notizia avrebbe mandato su tutte le furie i parenti, soprattutto i suoi genitori.
E la cosa lo soddisfaceva immensamente.


 

“So cos’è la libertà
Ora per la prima volta …”
 

“Potter, James!”
A sentire quel nome, Sirius si voltò di scatto, seguendo con lo sguardo un ragazzo occhialuto dall’aria vivace, una smorfia irriverente sul volto e una testa di disordinati capelli corvini.
Lo aveva conosciuto in treno.
Nonostante il suo iniziale proposito di passare il viaggio in solitudine, aveva permesso al nuovo arrivato di sedersi con lui nello scompartimento altrimenti vuoto.
Aveva un’aria un po’ spaccona e sembrava esageratamente sicuro di sé, ma era un tipo simpatico.
Oltre ogni previsione di Sirius, non lo aveva giudicato quando era venuto a conoscenza del suo cognome.

“Cavolo, e dire che mi sembravi uno a posto!” Aveva ironizzato sorridendo.
Questo gli aveva fatto apprezzare il nuovo arrivato più di ogni altra cosa.
E ora, mentre il cappello era sulla sua testa, si trovò a desiderare ardentemente che James Potter potesse essere assegnato a Grifondoro. Voleva qualcuno accanto a sé. Voleva un amico.
Fu il primo ad alzarsi ad applaudire quando il suo desiderio venne realizzato un attimo dopo.
“Ce l’hai fatta eh?” Lo richiamò.
James gli aveva confessato sul treno che, se avesse potuto scegliere, quella sarebbe stata la Casa cui avrebbe voluto appartenere.
“Ehi,anche tu qui!” Rispose l’altro sorridente, mollandogli una pacca sulla spalla e andando a sedercisi vicino.
“L’avevo detto io, che eri uno a posto!” Continuò, ridendo divertito.
Col passare del tempo, l’amicizia tra i due andò ben oltre le aspettative di Sirius.

A loro si erano uniti Remus Lupin, un giovane dall’aria malaticcia, intelligente e d’animo buono, e Peter, fifone e imbranato, ma molto affezionato ai compagni.
Ma il rapporto tra Sirius e James era ancora più profondo e vero: erano come fratelli.
A entrambi bastava un secondo per capire lo stato d’animo dell’altro.
Non c’era paura, sogno, desiderio, segreto reciproco più profondo di cui non fossero a conoscenza.
Sirius aveva potuto essere pienamente se stesso accanto a James, confidandogli ogni singola cosa, condividendo qualunque emozione provasse.
James lo aveva salvato, senza saperlo.
Dalla sua famiglia, dal peso della scelta difficile che aveva fatto, dagli incubi notturni che lo affliggevano e ancor di più dai fantasmi dell’anima che lo tormentavano.
Ma forse, più di tutto, da se stesso.
Sirius avrebbe voluto far comprendere all’amico quanto aveva fatto per lui e quanto gli sarebbe stato grato per il resto della vita, ma non riusciva mai a trovare le parole giuste senza che risultassero banali o stucchevoli.
Gli vennero in mente una notte, mentre contemplava il cielo dalla finestra del suo dormitorio.
Ripensò all’inizio di quella splendida avventura, a quella magica sera stellata, alla risata d James..
Per paura che a voce non gli riuscisse, scrisse ciò che sentiva su un pezzo di carta, lasciandolo sul comodino accanto al letto dell’amico fraterno che si trovava già nel mondo dei sogni.


 

“Tutto ormai è così diverso
Solo grazie a te …”


 

  
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