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Autore: maccioccafrancesca    27/01/2011    4 recensioni
(...) Mi sentii trattenere per un polso. Sul momento balzai, ma poi la sua voce mi tranquillizzò. < Tieni davvero a me? >, chiese titubante.
Mi resi conto di averlo detto poco prima, quando ero ancora nella sua stanza, ma non pensavo che lui ci avrebbe fatto caso.
Girai il capo per poterlo guardare in volto.
< Sì >, risposi decisa, al che lo notai rilassarsi appena, quasi impercettibilmente. < Tu tieni a me? >, azzardai. Sapevo che probabilmente mi stavo spingendo troppo oltre, ma volevo saperlo, dovevo saperlo. (...)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO 3: PAURA

Avevo pianto tutta la notte. Avrei voluto smettere, ma ad ogni volta che riuscivo a calmarmi seguiva un nuovo cedimento.
Avevo pianto per Damon, per il fatto che per quei pochi minuti che era stato nella mia stanza avevo avuto paura. Avevo pianto perché quando se ne era andato aveva pensato che mi avesse terrorizzata, ma non era così. Avevo avuto paura di quell’improvvisa manifestazione di amore represso, che era uscito fuori con rabbia e smania, ma non avevo avuto paura di lui. Come avrei potuto?!
Sapevo perfettamente che non mi avrebbe fatto mai del male, ma gli avevo fatto credere il contrario.
            Avevo paura che lui pensasse di avermi fatto paura.
            Mi tirai a sedere sul letto di scatto, seppur con fatica. Rimpiansi subito il mio gesto perché venni assalita dal mal di testa, come se non stessi già abbastanza male. Camminai a tentoni fino al bagno, ma non avevo bisogno di specchiarmi per capire che i miei occhi erano rossi e gonfi, e probabilmente neanche la doccia più rilassante unita al trucco di un professionista avrebbero migliorato il mio aspetto.
            Mi sciacquai velocemente sotto la doccia, non avevo tempo di pensare a rilassarmi, mi limitai a lavare via l’odore di stanchezza.
Mentre il getto d’acqua calda mi colpiva con insistenza ripensai alla sera prima, ripensai a Damon. Non riuscivo a capire perché fosse stato così violento, così smanioso, quando invece la sera prima ancora si era comportato in tutt’altro modo. Qualcosa lo aveva fatto scattare, forse qualche mia parola, o magari il fatto che gli avessi detto di non poter ricordare quel bacio. Io e la mia stupida voglia di non far soffrire Stefan… Era vero, non volevo farlo soffrire, ma se questo comportava passare notti intere a piangere e sentirsi una schifezza, bhe, avrei sicuramente optato per lasciar perdere e fregarmene dei suoi sentimenti.
            Uscii dalla doccia ed una brillante idea, per quanto il mio cervello potesse metabolizzare brillantemente, mi balenò nella testa: quel giorno avrei saltato la scuola e sarei andata da Damon. Dovevo fargli capire che non avevo paura di lui, e che quello che era successo la sera prima sarebbe rimasto solo come un pallido ricordo dentro di me.
            Vestita e truccata al meglio per nascondere le occhiaie scure, sgattaiolai di casa senza farmi sentire da Jenna. Salii in macchina e misi in moto.
Guidai per tutta la strada spingendo sull’acceleratore ogni qual volta mi era possibile, a volte ritrovandomi anche a fare lo slalom tra gli altri veicoli. Nonostante fosse solo mattina presto volevo arrivare a casa Salvatore il prima possibile.
            Imboccai il viale che portava all’enorme abitazione d’epoca e parcheggiai accanto a quella di Damon. Buon segno, voleva dire che con il 50% delle possibilità lo avrei trovato in casa.
            Scesa dalla macchina mi precipitai alla porta e bussai, ma non mi rispose nessuno. Riprovai ancora, ma la porta si aprì solo al quarto tentativo.
            < Elena… >, mi aprì lui. Indossava la camicia nera della sera precedente, mezza sbottonata, in mano teneva una bottiglia e dalla sua faccia, ma soprattutto dal suo alito, intuivo che fosse sbronzo.
            < Sono le otto del mattino e tu sei già ubriaco?! >, mi feci spazio per entrare. Passandogli accanto odorai a pieni polmoni il suo odore che, nonostante fosse quasi del tutto coperto da quello dell’alcol, si distingueva chiaramente. Sentii la porta chiudersi e Damon camminarmi dietro cauto.
Mi girai e lo trovai a sorseggiare il liquido giallastro dalla bottiglia. Gli presi quest’ultima dalle mani per posarla sul mobiletto dei liquori, poi presi a guardarlo con insistenza al fine di captare qualche emozione trapelare dal suo volto. < Come stai? >, chiesi apprensiva.
            < Che ci fai qui? >, sembrava scontroso.
            < Sono venuta a vedere come stai >.
            < Pensavo che non ti avrei più rivista per un bel po’ >, disse sarcastico. Abbassò lo sguardo, concentrandosi su una lastra di parquet antico.
            < Cosa te lo faceva pensare? >.
            < Hai pianto >, constatò notando lo stato dei miei occhi, ma soprattutto sviando la mia domanda. Si avvicinò, ma non a me, bensì al mobiletto dove avevo posato la bottiglia. La riprese e ricominciò a tracannarla avidamente. < Ora gradirei che te ne andassi >, questa volta aveva usato un tono di voce dura. Un attimo prima sembrava quasi dispiaciuto per me e quello dopo mi cacciava… diedi la colpa all’alcol.
            < Non voglio andarmene >.
            < Ma lo farai >, replicò lui all’istante. Con la mano mi indicò la porta, come ad invitarmi ad uscire.
            < Dobbiamo parlare >.
            < Non ho niente da dire >, disse freddo.
            < Però io si! >, mi alterai alla sua apparente noncuranza.
            < Però niente, non ho voglia di ascoltarti >, si avvicinò nuovamente al mobiletto dei liquori. Sostituì la bottiglia vuota che aveva in mano con un’altra ancora piena. < Chiudi la porta quando esci >, disse senza voltarsi verso di me.
            < Mi stai cacciando? >.
            < Credo proprio di sì >.
            < No, non puoi >, mi lagnai assomigliando ad una bambina che scoppia a piangere perché il papà non le vuole comprare il lecca-lecca. Mi disgustai da sola.
            < E’ casa mia, posso fare questo ed altro, quindi vattene, prima che mi incazzi e ti faccia uscire io con la forza >.
Per un momento ebbi un flashback. Nella mia mente si fecero spazio delle immagini. La prima volta che avevo incontrato Damon, la prima volta che lo avevo odiato, quella in cui lo avevo visto fragile e poi di nuovo odioso e strafottente, la prima volta che mi aveva baciata. E poi rividi la sera prima e capii perché aveva agito così impulsivamente.
Aveva trascorso la sua vita da umano disprezzato dal padre, era sempre stato l’ombra del fratello e aveva amato la stessa donna di quest’ultimo, una donna che lo aveva solo preso in giro amando Stefan di giorno e lui di notte. Si era trasformato in vampiro quando invece avrebbe solo voluto morire per poter raggiungere Kathrine, che poi tanto morta non era. E poi c’ero io. L’avevo odiato, disprezzato, ripugnato in ogni modo e lui invece di ignorarmi mi aveva baciata, non sapevo perché l’avesse fatto, forse perché gli ricordavo l’amore della sua vita, o magari per tutt’altro motivo, ma io lo avevo rifiutato nuovamente, mostrandogli il mio terrore. Lo avevo ferito e lui aveva tutte le ragioni per esserlo.
            < Allora ti toccherà usare la forza perché io non ho intenzione di andarmene >.
Sul suo volto si dipinse un’espressione di disgusto. < Cosa vuoi? >, si andò a sedere sul divano lasciando la bottiglia sul tavolino adiacente. Io rimasi dov’ero.
< Voglio parlarti >.
< Questo me lo hai già detto >. Chiuse gli occhi massaggiandoseli con le dita.
Mi avvicinai piano. Non avevo la speranza che non mi sentisse, sapevo che volendo avrebbe individuato anche una mosca a cento metri di distanza, ma feci piccoli passi fino ad arrivargli di fronte.
            < Non ho paura di te. Non l’ho mai avuta e mai l’avrò. Quindi devi rassegnarti perché mi avrai intorno ancora per molto tempo >. Avevo iniziato a parlare con tono serio, ma finii la frase con una mezza risata nel vano tentativo di demolire il muro immaginario che si era creato fra di noi, che ci separava.
            < Non è vero >.
            < Come fai ad esserne così sicuro? >.
            < Come faccio a non esserlo, piuttosto >.
            < Mettimi alla prova allora >.
            < Scusa? >, aprì gli occhi di scatto.
            < Mettimi alla prova >, ripetei. < Fai qualcosa. Avvicinati, minacciami, tirami uno schiaffo, mordimi pure se vuoi, tanto io continuerò a non temerti. Quindi, mettimi alla prova >, scandii le ultime parole.
Si alzò velocemente, ed altrettanto rapidamente mi fu di fronte. Non mi mossi da dov’ero, rimasi semplicemente a guardarlo negli occhi in attesa che facesse qualcosa.
            Sentivo il cuore battere all’impazzata sotto il mio petto e avevo la sensazione che avesse potuto sentirlo. Deglutii rumorosamente quando posò la manca sulla mia guancia, coprendola come un velo d’aria bollente. Esitò.
            Paura.
            Capii che poteva aver frainteso, così presi la mano che teneva leggera sul mio volto nella mia. Guidai le nostre mani intrecciate lungo il mio collo. Avrei continuato quella discesa bollente per fargli capire come battesse il mio cuore quando mi toccava, e non per paura, ma per qualcosa che non riuscivo ancora a spiegarmi. Avrei continuato quella discesa bollente, l’avrei continuata fino all’infinito, ma bloccò le nostre mani all’incavo del mio collo.
            Si chinò appena su di me. Strusciò la sua guancia contro la mia e non potei far altro che rabbrividire al contatto della sua barba incolta di un giorno sulla mia pelle. Prese a tracciare ghirigori immaginari con il naso. Sulla guancia, sul collo, poi salì verso l’orecchio. < Vattene >, soffiò. Si staccò ed in un secondo era già dall’altra parte della stanza. Di nuovo con la bottiglia in mano, di nuovo lontano da me.
            Non mi voleva in casa, quello l’avevo capito, quindi non mi restò altro da fare che andarmene.
Mentre mi avvicinavo alla porta, con passi lenti e non troppo decisi, evitai il suo sguardo in ogni maniera possibile. Regnava un silenzio devastante, silenzio rotto dallo squillo del mio cellulare che iniziò a suonare “Enjoy the silence” proprio quando avevo poggiato la mano sulla maniglia. Lo presi dalla tasca, era Stefan.
            Uscii e appena mi richiusi la porta alle spalle risposi.
            < Elena, dove sei? >. Era preoccupato, troppo preoccupato solo per non avermi vista a scuola.
            < Oggi non sono entrata, mi sentivo male >.
            Bugie.
            Mi appoggiai al legno freddo della porta.
            < Sono passato a casa tua e non c’eri >.
            < Ehm… si, ho pensato che uscendo un po’ mi sarei sentita meglio… >
            < Sicura? >.
            < Si, certo… >.
            < Bene, ero preoccupato >, non sembrò sollevato, era come se ci fosse qualcos’altro a farlo stare in pensiero. < Ora sei a casa, vero? >, usò un tono di voce che non ammetteva repliche. Chissà cosa avrebbe pensato se avesse saputo che ero appena uscita da casa Salvatore, per di più in perfetta salute fisica, al contrario di quella morale…
            < Quasi >, mentii per la terza volta.
            < Quanto è “quasi”? >
            Dovevo sviare la domanda, dovevo, altrimenti il mio piano per non far soffrire Stefan avrebbe avuto bisogno di un’opzione B. Sapevo di aver deciso di mandare all’aria tutto durante la sera prima, ma dalla sera prima erano cambiate tante cose. Era cambiato il mio rapporto con Damon, anzi, a dire il vero era cambiato solo quello, ma per me lui valeva “tante cose”. Damon valeva tanto, troppo.
            < Non molto, tranquillo, piuttosto perché non mi dici dove sei finito ieri pomeriggio?! >.
            < Elena, ascoltami, non devi restare fuori casa nemmeno un secondo di più. Torna a casa, o se sei più vicina a casa mia vai da Damon, o vai da Bonnie, ma non restare per strada! >, aveva il respiro affannoso. Dimenticai la mia domanda, sembrava più grave di quanto avessi immaginato.
            < Non capisco Stefan, c’è qualcosa di cui dovrei preoccuparmi?! >.
            < Non volevo che lo sapessi, ma Kathrine è in città, e ciò significa che non sarai al sicuro finchè non sarai a casa! >
            < Kathrine?! Cosa… come? Da quanto è a Mystic Falls?! >. Tentavo di respirare normalmente ma avevo troppa paura.
            < Da quel che so io da l’altro ieri, ma potrebbe essere anche da prima, adesso fammi il favore e torna a casa >.
            < Sì io… ti chiamo dopo >.
            Paura.
            Mi ritrovai a tremare. Non avevo mai incontrato Kathrine, ma sapevo di cosa era capace. Era un vampiro, e quello avrebbe dovuto dire tutto, ma avevo imparato ad apprezzarne alcuni esemplari. Ciò non voleva dire che lei fosse tra quelli, ovviamente. Era cattiva, spietata, e probabilmente se era tornata a Mystic Falls c’era un motivo più che valido, per questo non potevo escludere che fosse perché voleva tornare la regina incontrastata, la donna contesa tra i fratelli Salvatore, quella temuta e al contempo invidiata da tutti. Non potevo escludere che volesse tornare ad essere Kathrine Pierce.
            Non sapevo cosa fare, Stefan mi aveva detto che sarei dovuta entrare in casa il più in fretta possibile, e che se mi trovavo vicino casa sua potevo andarci. Bhe, io vicino casa sua c’ero. Ero ancora alla porta, totalmente indecisa.
Per la mia incolumità sarei dovuta rientrare in casa da Damon, ma non volevo, non dopo come mi aveva trattata.
            Respirai a fondo un paio di volte per poter pensare più lucidamente: casa mia distava almeno una ventina di minuti con l’auto, e quella di Bonnie anche di più. Caroline era in ospedale, quindi non potevo contare su casa sua. Per un attimo pensai ad Alaric, ma lo cancellai all’istante perché oltre a non sapere dove abitasse sicuramente lo avrei trovato a casa con Jenna. Jenna… sentii crescere un groppo alla gola pensando che Jenna e Jeremy potevano essere in pericolo. Se davvero Kathrine mi assomigliava così tanto sarebbe potuta entrare in casa facilmente, non potevo permettere che accadesse.
            Cominciai a bussare insistentemente alla porta con violenza. Mi sarei aspettata che Damon mi avrebbe aperto dopo svariati minuti, invece mi fu subito davanti.
            < Lo so che non mi vuoi vedere >, iniziai in tono supplichevole. < Però mi devi aiutare > .
            < Andiamo >, disse senza nemmeno finire di ascoltare le mie preghiere. Uscì e si chiuse la porta alle spalle trascinandomi dietro di lui per un polso. La sua mano si stringeva convulsamente a me, ma senza farmi male. Era come se qualcosa fosse cambiato in quei pochi minuti in cui ero stata fuori casa sua.
            < Stefan ha detto che Kathrine è in città, sono preoccupata per Jenna, devi portarmi a casa! >, lo supplicai ancora salendo sulla sua macchina. Non disse nulla, non finchè non sentii la macchina fermarsi di fronte il vialetto di casa mia.
< Tu entra in casa, io vado a prendere tuo fratello >.
            Feci come mi disse. Entrata trovai Jenna dilettarsi in cucina e Alaric seduto sul divano a leggere un libro. Mi sentii più sollevata.
Raggiunsi mia zia, la quale mi squadrò per un secondo, probabilmente si stava chiedendo perché non fossi a scuola.
            < Elena, hai dimenticato qualcosa? >. Non capivo. Mi fissò ancora qualche istante. < Credevo avessi detto che saresti tornata solo questa sera >.
            < Non capisco cosa intendi >.
            < Certo che oggi sei strana… prima mi chiedi il permesso di entrare quando hai le chiavi di casa, poi dici che la scuola oggi è chiusa e avresti passato tutta la giornata con Stefan e adesso torni qui, aprendo la porta da sola, dicendo che non capisci cosa intendo… credo proprio che ti stia venendo la febbre >.
Sentii lo stomaco in subbuglio. Kathrine era stata qui.
            Paura.
            < Jenna… >, avrei voluto rimproverarla perché aveva fatto entrare in casa un vampiro dalle intenzioni sconosciute, ma non potevo perché lei pensava che fossi io. < Stai… stai bene? >.
            Mi guardò scettica. < E’ già, devi proprio avere la febbre… >, mi liquidò senza dire altro per raggiungere Alaric nel salotto.
            Presi il cellulare per scrivere un messaggio da inoltrare sia a Stefan che a Damon. Le dita mi tremavano.
           “Lei è stata qui”. 



  
Eccoci qui!!!
Allora, penso abbiate notato che in questo capitolo gli spoiler non ci siano, e soprattutto che la trama della fic sta prendendo una piega completamente diversa dal telefilm, ma non temete, molti degli avvenimenti successivi li modellerò sulle trame delle varie puntate! Comunque, visto che non ho altro da dire sul chappy, a parte che spero vi sia piaciuto, passo ai ringraziamenti J
 
RoxanneNO
: hai proprio ragione, la storia di Damon è triste, la più triste di tutto TVD!!! Però mi dispiace, ma io Stefan non lo sopporto proprio, ti basti sapere che nella fanfic lo sto descrivendo al meglio delle mie possibilità, tanto per non metterlo troppo in ombra (fosse per i miei gusti non lo nominerei nemmeno XD). E poi ovviamente… viva i BELLI E DANNATI!!! Grazie, grazie, grazie per continuare a leggere la fic, bacioooo
 
chicchi93 : grazie, sono felice che ti piaccia, e spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento. Delena 4ever!!! Baciiiiii
 
bulma_89 : effettivamente io penso che nel telefilm lei sotto sotto ami Damon, magari più di quanto ama Stefan, solo che non vuole ammetterlo. Credo che lei abbia bisogno di qualcosa di concreto, e Stefan, nel suo essere vampiro, è certo più rassicurante di un Damon sempre imprevedibile… però non c’è storia, è molto meglio Damon!!! Grazieeee, baiux!!
 
Siwa94 : grazie, la parte finale l’ho riscritta almeno cento volte! XD baciii
 
Scaldotto : hai ragione, rileggendo il capitolo mi sono resa conto di come mi sono giocata Damon. Gli ho fatto dire frasi che probabilmente non avrebbe detto neanche sotto tortura, ma rileggendolo in fretta non me ne ero resa conto. Comunque in questo capitolo ho cercato di renderlo il più simile possibile al telefilm.L'ho fatto risultare stronzo, però quando Elena h bisogno di lui non esita ad aiutarla, comunque se ancora pensi che ne sia molto lontano dimmelo, apprezzo sempre critiche costruttive!!! Grazieee, bacioni!!!
 
kiss88 : eeeeh, cara mia, se fosse finita in altro modo la fic si sarebbe conclusa con questo capitolo XD comunque tranquilla, arriverà il momento in cui Elena farà la sua scelta e sceglierà uno dei fratelli (noi facciamo finta di non sapere quale sceglierà, ma lo sappiamo XD). Le riflessioni di Elena me le sono studiate per un po’, ho cercato di capire perchè si ostini a rifiutare Damon e allo stesso modo perché sembri più ossessionata che innamorata di Stefan, e sono arrivata alla conclusione che forse è proprio perché infondo lei ama Damon. Spero che lo capisca anche nel telefilm!!! Baciiii e grazie milleeee
 
DeLiz : esattamente, Damon ha un modo tutto suo di amare e di essere amato. Elena ha reagito come avrebbe fatto chiunque, ti posso assicurare che però in seguito cambieranno un po’ di cose, ma non ti dico altro!!! XD grazie davvero, leggere recensioni come la tua fa sempre piacere!!!! Bacioniiiiii
 
 
Ciccine, come al solito ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite e le preferite!!!
 
P.S. oggi in america è uscita la puntata 2x12, e domani o dopodomani me la guarderò!!! Chi farà lo stesso alzi la mano!!! Baciii
 
P.P.S. ho aggiunto Ian Somerhalder su Tweeter, così ho le news di quello che succede sul set e nella sua vita privata.. lo sapevate che ha adottato un pinquino?!?! O.o
 
Un abbraccio.
Francesca. 

  
  
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