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Autore: VaniaMajor    28/01/2011    5 recensioni
Dopo un incidente stradale, Kagome si risveglia in un mondo governato da divinità in guerra disciplinate dalla presenza di Mon (Porte) la cui unica chiave è la Shikon no Tama. La ragazza risveglia per errore Inuyasha, il Bannin della Terra, il quale vuole ucciderla! E' invece costretto a giurare di proteggerla, insieme agli altri Bannin, in quanto Kagome sarà la nuova Sacerdotessa della Splendente, custode della Shikon no Tama. Ma perchè Inuyasha somiglia tanto a Inuki, il suo primo amore? Lei è davvero la reincarnazione di Kikyo? E qualcuno, in questo pazzo mondo, riuscirà mai a riportarla a casa?!
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Author's note: Vedo che le ipotesi su Hikaruku si stanno accumulando...chissà chi di voi avrà ragione e l'avrà pensata giusta? Eh eh! Intanto, tornando alla storia, i due piccioncini e i Bannin si dirigono verso la Mon...ma Naraku è sul piede di guerra...

CAPITOLO 24

LA TAIYOO NO MON E’ APERTA

I Bannin e l’Hikaruku no Miko ripresero il cammino, lasciandosi alle spalle le aguzze cime della catena montuosa di Ryuda e inoltrandosi fra le colline, in attesa di raggiungere la piana di Tsuruma. Non procedevano a tappe forzate, ma nemmeno perdevano tempo per strada. Come aveva sottolineato Inuyasha prima della partenza, mancavano ventisette giorni prima della prossima luna piena, mentre la Taiyoo no Mon distava soltanto venti giorni di cammino. In un modo o nell’altro sarebbero arrivati alla Mon in anticipo.
«A quel punto vedremo il da farsi.- aveva ribadito- Se Naraku non avrà ancora mostrato il suo brutto muso, Kagome cercherà di sapere a che punto è quel bastardo con la Shikon no Tama. Se ci accorgeremo di essere in immediato pericolo, apriremo noi la Mon, senza aspettare l’arrivo di Sesshomaru. Se invece Naraku non avrà ancora risolto i propri problemi, attenderemo quell'idiota di mio fratello.»
Era un piano rischioso, che si reggeva sull’ipotesi che l’apertura della Mon infondesse nuove forze ad Hikaruku, cosicché lei stessa potesse sconfiggere Naraku, nel malaugurato caso che lo stregone li seguisse nel mondo celeste. In ogni caso, non avevano la minima idea del tempo che ancora occorreva a Naraku per avere il totale controllo sul proprio corpo e tornare ad aggirarsi per le Quattro Terre, perciò ogni giorno tranquillo di viaggio era un piccolo miracolo. Quel maledetto poteva essere loro addosso in qualsiasi momento. I Bannin erano tesi, profondamente consci della responsabilità che pesava sulle loro spalle e sull’impotenza che aleggiava su di loro come uno spettro malefico. Nessuno era così sciocco da dimenticare di non poter agire in maniera offensiva contro chiunque detenesse il ruolo di Shikon. Inuyasha non toglieva mai la mano dall’elsa di Tessaiga, pronto a sguainarla in qualsiasi istante. Pur con gravi danni alla sua persona, lui aveva il potere di opporsi a uno Shikon. Era l’unico ad essere in grado di nuocere a Naraku.
Il nuovo livello su cui si era spostata la relazione tra Kagome e Inuyasha, pur non sbandierata ai quattro venti, divenne per tutti ovvia. Il fatto che si fossero chiariti fu di conforto per gli altri Bannin, soprattutto per Miroku, che prese a dileggiare Inuyasha con battute maliziose ogni volta che gli capitava, grato di avere un sistema con cui alleggerire l’atmosfera troppo cupa. Kagome, dal canto suo, si trovava in uno stato d’animo alquanto strano. Ogni volta che posava gli occhi su Inuyasha sentiva il cuore librarsi fino al settimo cielo, dandole la sensazione di camminare sulle nuvole e facendole venire la tentazione di guardarsi le spalle per controllare che non le fossero spuntate ali come quelle di Sango. Di notte, però, quando cercava di riposare mentre gli altri facevano la guardia, dubbi e paure la assalivano, rendendo amaro quel momento altrimenti così prezioso. La giovane sentiva sul collo il fiato malefico di Naraku. Come e più degli altri, avvertiva l’attenzione dello stregone concentrata su di loro, su ogni passo, su ogni metro che li avvicinava alla Taiyoo no Mon. Era una sensazione terribile e intensa, un’orribile certezza di essere spiati. Kagome sapeva che la sua vita e quella dei suoi amici erano in serio pericolo. Avvertiva il potere maligno di Naraku pur con lo Shikon ancora prigioniero di un corpo imperfetto. Si chiedeva come avrebbero fatto i Bannin a proteggere la Shikon no Tama e cosa avrebbe potuto fare lei per aiutarli. Inuyasha avrebbe rischiato più degli altri, in quanto era l’unico a poter arrivare ad uno scontro corpo a corpo con lo stregone. La sola ipotesi la faceva rabbrividire, ma non era soltanto questo a turbarla.
Kagome continuava ad avere il serio timore di dover essere rimandata a casa, una volta espletato il suo dovere di Hikaruku no Miko. La sua famiglia e il mondo in cui era nata le mancavano, questo era innegabile. Tuttavia, si era affezionata alle Quattro Terre, che nella personificazione dei Bannin l’avevano accolta con così tanto affetto e amicizia. Inoltre, non poteva nemmeno pensare di separarsi da Inuyasha. Lo amava così profondamente che il desiderio che l’aveva spinta a mettersi in cammino era ora il suo timore più grande.
“Chiederò a Hikaruku di esaudire un mio desiderio. Le chiederò di farmi restare.- pensava, durante le notti di veglia- Me lo deve, in fondo…Noi la libereremo, le permetteremo di vivere e di amare. Perché lei non dovrebbe fare altrettanto per me…per noi?”
Detto così sembrava tutto molto semplice e logico, ma Kagome non era così sicura di sé come cercava di raccontarsi. Aveva tentato di nuovo di parlarne con Inuyasha, ma lui le era sembrato così calmo, così tranquillo sull’argomento, che era stata zitta, non desiderando di metterlo in agitazione. Forse Inuyasha riponeva tutta la sua fiducia in Hikaruku.
“Vorrei essere sicura quanto lui.” pensava spesso, sospirando, ma senza che questo riuscisse ad aiutarla.
Dopo otto giorni di cammino, raggiunsero finalmente la piana di Tsuruma, una prateria di erba rada che si estendeva a perdita d’occhio fino all’orizzonte.
«Sembra non finire mai.» disse Kagome, rabbrividendo.
«E’ vasta, ma non quanto potrebbe sembrare.- disse Sango- Dopo trentaquattro giorni di viaggio si giunge all’oceano che circonda le Quattro Terre, quindi come vedi anche Sunda ha una fine.» Sorrise all’amica, che le rispose allo stesso modo. Kagome tornò a guardare di fronte a sé, avvertendo una forza che la spingeva a proseguire.
«Sento la Taiyoo no Mon.- mormorò- E’ come se mi stesse chiamando.»
«E io sento gli occhi di Naraku.- disse Miroku, amaro, sfiorandosi la nuca- Me li sento qui, sul collo. Una sensazione schifosa. Si affaccia alla Kurasa no Mon ad ogni ora, a quanto pare.»
«Allora andiamo.- disse Inuyasha, deciso- Se l’Eccelso ci sarà favorevole, tra dodici giorni saremo alla Mon.»
Il viaggio in quella prateria sempre uguale a se stessa fu reso difficoltoso dalla mancanza di cacciagione per nutrire Kagome, che si dovette accontentare di radici scovate da Inuyasha e da piccoli uccelli catturati dall’ingegno di Miroku. L’immensità di quella landa annichiliva il pensiero e presto le loro conversazioni divennero più rare. Le giornate passavano in un silenzio quasi totale, ma il legame che li univa si stringeva sempre più a mano a mano che si avvicinavano alla meta.
Una notte, poco prima del sorgere del sole, Inuyasha e Kagome sedevano accanto al fuoco da campo, stando vicini in un tenero abbraccio. Kagome non riusciva a dormire e aveva raggiunto Inuyasha. I due erano rimasti a lungo vicini, senza parlare, godendo semplicemente della vicinanza l’uno dell’altra mentre il fuoco si spegneva sulle braci.
«Tre giorni.» mormorò Kagome, scrutando l’orizzonte, che andava colorandosi di chiaro.
«Cosa?» chiese Inuyasha, perso in tutt’altri pensieri.
«Tra tre giorni saremo alla Mon, Inuyasha.- gli ricordò Kagome, mentre gli accarezzava distrattamente un orecchio morbido- E la luna piena è ancora lontana.»
«Già.- borbottò Inuyasha- Vorrà dire che faremo da soli. Sempre se la Shikon no Tama non ti dice il contrario.»
Kagome lo guardò e vide nei suoi occhi un’inquietudine inespressa. Anche Inuyasha avvertiva una crescente tensione, come se stesse per scatenarsi una tempesta. Gli scoccò un sonoro bacio sulla bocca, facendolo arrossire.
«Ehi…» protestò debolmente lui.
«Ne avevo voglia.- ridacchiò lei, scherzosa, nel tentativo di farlo pensare ad altro- Perché, ti dispiace?»
Vedendo la luce birichina nei suoi occhi, Inuyasha sogghignò.
«Adesso te la faccio pagare.» sussurrò, preparandosi a renderle pan per focaccia. Kagome, felice si essere riuscita nel proprio intento, gli porse la bocca e chiuse gli occhi. Fu in quell'istante che la Tessaiga si mise a vibrare. «Che diavolo…» esclamò Inuyasha, posando una mano sull’elsa. La vibrazione gli entrò nelle ossa.
«Inuyasha! La Sfera!» ansimò Kagome, tenendo sul palmo la Sfera degli Shikon. Il gioiello magico era illuminato di una vivida luce, che si stava velocemente venando di nero. Imprecando tra i denti, Inuyasha balzò in piedi e gli altri Bannin fecero altrettanto, rivelando che il loro stato di veglia durava già da un po’.
«Pensate che sia…» iniziò a chiedere Shippo, guardandosi attorno.
«Lo scopriremo subito, temo.» disse Miroku, indicando il cielo. Una massa biancastra formata da spire di una sostanza sconosciuta stava piombando su di loro, seguita da uno sciame di Saimyosho e da una piuma su cui viaggiava una donna che non poteva essere che Kagura.
«E’ lui! Fate barriera attorno a Kagome!» gridò Inuyasha, sguainando Tessaiga ed ergendosi protettivamente davanti alla ragazza.  «Quel bastardo non deve toccare la Sfera!»
I Bannin si posizionarono in circolo attorno a Kagome e innalzarono una barriera. Pochi secondi dopo, la sostanza malefica fu loro addosso, colpendo la barriera con violenza. Ci fu un boato e un lampo di luce, e i Bannin barcollarono attorno a Kagome, poi tornò la calma.
Poco distante da loro stava in piedi un uomo dai lunghi capelli neri e gli occhi di un rosso tanto acceso da sembrare di sangue. Il volto perfetto era distorto da un sorrisetto crudele. Indossava una veste viola e nera, come Miroku, e sulle sue spalle poggiava una pelliccia bianca. Sulla sua testa volavano i Saimyosho, riempiendo l’aria del loro sgradevole ronzio. Più distante, con il volto per metà nascosto da un ventaglio, stava Kagura.
«Naraku!» sibilò Inuyasha fra i denti, stringendo l’elsa di Tessaiga con tanta forza da far sbiancare le nocche.
«Finalmente ci conosciamo, Tochi no Bannin.- esordì Naraku, con voce beffarda- Il nostro incontro di cinquant’anni fa fu rovinato, purtroppo…»
«So bene cosa volevi da me cinquant’anni fa!» ringhiò Inuyasha.
«Tu non mi servi più, ora.- disse Naraku, con noncuranza, appuntando le sue iridi rosse su Kagome, che sobbalzò involontariamente- Né mi servite voialtri pagliacci. Ciò che voglio è quella ragazza…lei, o la Sfera.»
«Ne le avrai mai!» esclamò Miroku, puntando il tridente contro Naraku. Lo Shikon rise, una risata gutturale e malvagia.
«E chi me lo impedirà? Voi, miseri Bannin?- chiese, sprezzante, allargando le braccia- Chi vi sta davanti ha assorbito e posto sotto controllo il potere di due Shikon. Non potete nulla contro di me e lo sapete anche voi.»
«Non cantare vittoria troppo presto, dannato!» ringhiò Inuyasha, scattando in avanti alzando Tessaiga. Naraku alzò una mano e colpì Inuyasha con una invisibile energia. Inuyasha cadde in piedi, dopo un’atletica capriola, senza perdere la presa sulla spada. Gli altri non osarono prendere parte allo scontro. Sapevano che era loro concesso soltanto di difendersi. Naraku sogghignò.
«Idioti. Non ho tempo da perdere con voi.» mormorò. Fece un gesto imperioso verso Kagura, che abbassò di scatto il ventaglio.
«Danza del Drago Serpente.» ordinò l’usufruitrice di magia, pur con tono privo d’entusiasmo. I turbini letali di Kagura si scagliarono contro di loro, costringendoli ad arretrare. Inuyasha prese Kagome tra le braccia e balzò via con lei, ma fece appena in tempo a toccare di nuovo terra, mentre Sango tentava di contrastare il vento di Kagura, che una massiccia emissione di energia malefica lo colpì alla schiena. Inuyasha e Kagome caddero al suolo, strappando l’erba della pianura e spargendo ovunque il terriccio scuro.
«Inuyasha! Stai bene?» chiese Kagome, febbrile. Inuyasha aveva preso il colpo in pieno, ma era ancora cosciente e non aveva perso la presa su Tessaiga.
«State resistendo troppo per i miei gusti.» commentò Naraku, socchiudendo appena gli occhi. Dalla sua persona proruppe una quantità spaventosa di miasma biancastro.
«Tutti attorno a Kagome!» gridò Inuyasha con tutto il fiato che aveva in gola, rotolando su un ginocchio e infilzando il terreno con Tessaiga. Mentre Sango continuava a scontrarsi con Kagura, Shippo e Miroku si fiondarono al fianco di Inuyasha, richiamando a raccolta i propri poteri per dare più forza alla barriera di Inuyasha. Il miasma di Naraku si scontrò contro la barriera, dividendosi in due violente correnti attorno ai Bannin e alla loro protetta.
«La pressione…è spaventosa!» disse Miroku, tra i denti, imponendo le mani di fronte a sé.
«Questa è la forza unita di due Shikon?!» disse Shippo, il cui volto era contratto dallo sforzo. Inuyasha, con le zanne scoperte in un ringhio ed entrambe le mani sull’elsa di Tessaiga, cercava intanto di pensare a come aggirare quel fiume velenoso per attaccare Naraku.
«Non mi piacciono le perdite di tempo, amici miei, e dal mio punto di vista ne abbiamo sprecato abbastanza. Morite.» disse Naraku, dall’altra parte di quel mare bianco, facendogli alzare la testa di scatto.
D’improvviso, la violenza dell’emissione di miasma, magia nera allo stato puro, raddoppiò…triplicò…Gridando per la sorpresa e la rabbia, i Bannin vennero scagliati lontano e la loro barriera si infranse come vetro. Il veleno passò sopra Kagome, appiattita al suolo per lo spostamento d’aria, ma colpì Sango, che perse i sensi e cadde vicino al piccolo Shippo. Inuyasha, dolorante, si alzò faticosamente sui gomiti, mentre attorno a lui Miroku gemeva e Shippo giaceva in silenzio.
«Ka…Kagome…» chiamò Inuyasha, con voce rauca, voltandosi lentamente. Sbiancò, e i suoi occhi si spalancarono per l’orrore, quando vide Naraku tenere Kagome sollevata per la gola, mentre sfiorava con le dita la Sfera degli Shikon, che pendeva da una sottile catenella sul petto della ragazza.
«Quanto tempo…- sentì dire a Naraku- Quanto tempo per ottenere una cosa così piccola.» Le dita di Naraku si chiusero sulla Shikon no Tama.
«Lasciami andare!» gridò Kagome, scalciando, senza ottenere alcun risultato. Inuyasha fu invaso da una furia omicida che non aveva mai sperimentato prima. Dimentico del dolore e dei colpi ricevuti, balzò in piedi con un vero e proprio ruggito, raccogliendo da terra Tessaiga mentre si scagliava contro Naraku.
«Non osare toccarla, maledetto bastardo!!» gridò, spiccando un balzo e alzando Tessaiga. Naraku si voltò verso di lui con noncuranza e di certo l’avrebbe bloccato con una barriera se Kagome non avesse scelto quel momento per tentare di colpire Naraku con il potere Taiyoo. Mentre Inuyasha abbassava la lama in un arco lucente, Kagome affondò le unghie nella mano che la teneva sollevata e vi infuse tutto il potere benefico che poteva. Con un’esclamazione soffocata, Naraku vide la propria mano esplodere.
«Muori, dannato!» esclamò Inuyasha, sferrando il colpo. Tessaiga tagliò il braccio destro di Naraku all’altezza del gomito e l’arto cadde al suolo insieme alla Sfera degli Shikon, accanto a Kagome. Sia Naraku che Inuyasha gridarono, l’uno spargendo sangue nero e odoroso di morte, l’altro lasciando cadere la spada e stringendosi le braccia, che parevano essere trafitte da mille pugnali.
«Inuyasha!» gridò Kagome, portandosi accanto a lui, mentre Naraku si allontanava di qualche passo sotto lo sguardo sorpreso e ansioso di Kagura, che rimase in disparte. Kagome si aggrappò alle spalle di Inuyasha, cercando di vederlo in viso. Lo vide pallido e sudato, ma cosciente.
«Sto solo pagando lo scotto.- disse lui, fra i denti- Sono pur sempre un Bannin, non uno Shikon.»
«Inuyasha…» mormorò Kagome, ma fu interrotta da una risata sgradevole. Sia lei che Inuyasha alzarono lo sguardo. Videro Naraku ancora piegato e sofferente, ma con un sorriso malvagio sul viso.
«Hai recuperato la tua preziosa miko. Suppongo che sarai soddisfatto.- disse Naraku- Lo ammetto, avevo dimenticato di trovarmi di fronte ad un personaggio tanto ostinato.»
«Cosa…» ringhiò Inuyasha.
«Inuyasha! Guarda!» strillò Kagome, terrorizzata, indicando il braccio tranciato di Naraku. Sotto gli sguardi attoniti dei due, l’arto si sollevò in aria e andò a ricongiungersi con il corpo di Naraku. Lo stregone mostrò tra le dita, perfettamente funzionanti, la Sfera degli Shikon.
«Grazie per la Sfera.» disse, ridendo.
«No!» esclamò Inuyasha, tentando senza successo di alzarsi, mentre Kagome si schiacciava le mani sulla bocca, inorridita. Dal corpo di Naraku proruppe del miasma, che lo circondò.
«Vado ad aprire la Taiyoo no Mon.- rise lo Shikon- Avrò tempo di uccidervi dopo aver assorbito il potere di Hikaruku.»
«Fermati, bastardo!!» gridò Inuyasha, mentre dietro di lui Miroku, che si era svegliato, guardava inorridito la scena. Kagura, con un’ultima occhiata di rimprovero ai Bannin, staccò una piuma dalla sua acconciatura e seguì Naraku nel suo volo verso est.
«Inuyasha…- mormorò Miroku, nell’improvviso silenzio- Naraku ha preso la Sfera?»
«Sì, dannazione.- disse Inuyasha, alzandosi in piedi con l’aiuto di Kagome- Sveglia Sango e Shippo, subito! Non abbiamo tempo da perdere.»
«Ma come faremo, Inuyasha?- chiese Kagome, con le lacrime agli occhi- Naraku può spostarsi in volo! Inoltre, hai visto cosa ti è accaduto quando hai provato a colpirlo…»
«E’ nostro dovere tentare di salvare Hikaruku con tutte le nostre forze.- disse Inuyasha, deciso- E per quanto riguarda il volo…è il momento che Sango ci mostri quello che sa fare.»

***

Naraku giunse alla Taiyoo no Mon nel giro di poche ore. Il sole era coperto da nubi pesanti e questo gli andava benissimo. Gli sembrava un presagio adatto a ciò che stava per accadere. Atterrò sull’erba rada, con il vento che gli fischiava nelle orecchie, e dietro di lui giunsero Kagura e i Saimyosho.
«State lontani dalla Mon.» ordinò Naraku, senza degnarli di un’occhiata. In quel momento, i suoi servi non rivestivano per lui alcuna importanza. Quasi sarebbe stato tentato di mandarli a Kaisui, pur di godersi appieno quel momento di trionfo. Aveva impiegato anni per giungere a questo risultato, anni di sofferenza fisica e di sforzi mentali per assorbire il potere degli Shikon Oscuri. Anni di isolamento forzato nel regno che si era costruito a Kaisui, mentre si trascinava dietro un corpo scombinato e ancora inutile. Quanti sforzi aveva fatto per combinare il suo cuore umano con il potere divino? Non meritava ora, alla luce dei risultati ottenuti, il dominio completo delle Quattro Terre? La risposta era sì, e adesso se lo sarebbe preso.
Si fermò davanti alla Mon, osservandola con occhi rapaci. La porta, alta poco più di due metri, aveva due battenti di purissimo diamante, su cui erano state incise rune magiche di protezione. Scintillava nonostante la carenza di luce diurna, ma a Naraku parve nient’altro che una debole membrana che lo separava dal successo. Si ergeva nel nulla, una porta all’apparenza inutile, ma dietro cui si celava il potere più grande che le Quattro Terre conoscessero.
«Hikaruku…sei mia.» mormorò Naraku, a bassa voce. Gli scappò una breve e roca risata al pensiero di ciò che avrebbe provato Kiiro no Me di lì ad una settimana. Quando sarebbe uscito dalla Tsuki no Mon e si fosse accorto che la sua Hikaruku era ormai perduta, che faccia avrebbe fatto? Con quale reazione inconsulta lo avrebbe deliziato, prima di soccombere e farsi a sua volta assorbire? Il pensiero era tremendamente allettante. Abbassò lo sguardo sulle proprie mani. Una di esse stava ricrescendo dopo che la ragazza, quella miko così simile a Kikyo, l’aveva fatta esplodere grazie al potere Taiyoo. Ora sembrava la mano di un neonato, ma quell'handicap non lo turbava. Hikaruku non sarebbe stata in grado di combatterlo.
Naraku fece un sorriso che era in realtà una smorfia. Era curioso che le miko della Dea Splendente fossero sempre riuscite a mettergli il bastone fra le ruote. Molto più dei Bannin, per quanto la cosa potesse sembrare un controsenso. Ma ora non più…ora non c’era più niente che potessero fare. Naraku alzò la Shikon no Tama, che brillava di una luce fattasi malsana, davanti al viso. Eccola, la chiave per aprire tutte le Mon. Il grande momento era finalmente giunto. Allargò le braccia, richiamando a sé il proprio potere oscuro. Una nebbia velenosa lo avvolse da capo a piedi e Kagura si fece da parte, imprecando tra sé. Davanti ai suoi occhi stava accadendo proprio ciò che non avrebbe mai voluto vedere: il trionfo di Naraku. Perché quei dannati Bannin non ci avevano messo un po’ più di impegno nel contrastarlo?
“Sarò schiava per tutta l’eternità.” si disse, amara, stringendo violentemente il ventaglio.
Naraku sollevò la Sfera degli Shikon, poi pronunciò una formula magica di passaggio. Non essendo una Hikaruku no Miko, era costretto ad usare la magia, pur possedendo la Shikon no Tama. Con grandissimo orrore di Kagura, la Mon rispose all’appello. I battenti chiusi da mille anni iniziarono a schiudersi, facendo filtrare una luce celestiale sulla figura scura di Naraku.
«Finalmente!- esultò Naraku, a bassa voce- Finalmente è mia!»
La porta si aprì completamente, rivelando un luogo di luce in cui comparve la figura di un ragazzino, che teneva in mano una falce scintillante, la quale pendeva da una catena di diamanti. Kagura non poteva esserne certa, ma quello doveva essere Kohaku, il Guardiano della Mon.
«Chi sei tu?» chiese il ragazzino, in realtà uno spirito millenario, fronteggiando Naraku con un coraggio ammirevole. Naraku sorrise appena.
«Sono il nuovo padrone di casa. Fammi passare.» mormorò.
«Chiunque tu sia, vaneggi.- replicò il ragazzino, approntando l’arma- Questa è la dimora della Somma Hikaruku e tu non passerai senza il mio permesso.»
«Il tuo permesso non mi serve, bamboccio.» disse Naraku, alzando una mano per spazzare via quella seccatura. Fu in quell'istante che Naraku avvertì l’avvicinarsi delle pulci fastidiose che si era lasciato alle spalle. Si voltò, irato di essere disturbato ad un passo dalla meta.
Con la velocità di una cometa, i cinque nemici di Naraku piombarono sullo stregone guidati dai venti di Kaze no Bannin. Naraku li respinse con una barriera e i Bannin atterrarono a pochi passi di distanza.
«Naraku! Non credere di averla avuta vinta!» esclamò Inuyasha, la Tessaiga già in pugno.
«Ha già aperto la Taiyoo no Mon!» ansimò Shippo.
«Kohaku, non farlo passare! Quello è Naraku!» gridò Sango, e il guardiano della Mon annuì, preparandosi a fare a fette il nemico se solo avesse osato mettere un piede oltre la soglia.
«Come osate ostacolarmi?» sibilò Naraku, alzando una mano per investire il gruppo con il suo miasma. La miko, però, incoccò una freccia e la tirò verso di lui. Fu con stizza e una certa sorpresa che Naraku vide la freccia purificare il suo veleno e colpirlo alla mano alzata, cosa che gli fece saltare due dita e gli fece perdere la presa sulla Shikon no Tama, che cadde a terra.
«Non sottovalutarci, Naraku! Noi ti sconfiggeremo!» esclamò la ragazza, che pareva soffusa della luce rosata propria della Sfera degli Shikon. Naraku sentì l’ira montare dentro di lui. Come osavano quegli insetti ostacolarlo? Come osavano fargli perdere tempo quando la Mon già lo invitava ad entrare? E come osava quella stupida donna umana colpirlo?!
«Va bene. Mi sono stancato di giocare con voi.» disse fra i denti, attivando la propria trasformazione.
Sotto gli occhi inorriditi di tutti i presenti, Naraku si trasformò, prendendo la nuova, gigantesca forma nata dalla fusione del potere di Kurasa e di Konton. Il corpo di Naraku si gonfiò, diventando nero ed enfiato. Le braccia e le gambe si fecero sempre più lunghe, ricoperte da setole nere e spesse. Altre due paia di zampe spuntarono con orribile velocità dai suoi fianchi, mentre il viso si schiacciava e gli occhi si moltiplicavano in otto gocce sanguigne. Una coda segmentata terminante con un pungiglione gli crebbe dalla base della schiena, deturpata da una cicatrice, arcuandosi sul corpo gigantesco e orribile.
In pochi secondi, davanti ai Bannin e alla Hikaruku no Miko si erse un orrendo ragno dalla coda di scorpione, alto almeno una decina di metri e lungo quindici. La miko soffocò un grido d’orrore e Naraku rise prima di avventarsi su di loro con tutta la propria mole, emanando miasma.
Nessuno si accorse che Kagura era improvvisamente scomparsa insieme alla Shikon no Tama.

   
 
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