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Autore: hotaru    28/01/2011    3 recensioni
Spin-off de “Die Uhr- L'orologio”
«Ad Al ronzavano le orecchie, e il cuore gli martellava in gola; non riusciva più a pensare ad altro se non che accanto a lui c'era sua madre.
Sua madre che in realtà era morta. Sua madre che avevano cercato di riportare in vita con una trasmutazione umana. Sua madre di cui un homunculus non era stato che la pallida ombra. Sua madre che era lì, al suo fianco, e dimostrava sì e no quindici anni.»
[Pairing a sorpresa]
Prima classificata al contest "Vedo, sento, scrivo- immagini, musica, storie" di elos.gordon e SaliceMcMay
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Altro personaggio, Edward Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del Portale'
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3- Un nodo alla gola ed un primo sguardo Un nodo alla gola ed un primo sguardo


Vedo, sento scrivo- immagini, musica, storie


"Fratellone, ho appena sentito la voce della mamma."
"Stupido. Hai le allucinazioni."

(Alphonse e Edward Elric, episodio 15)



- Al, ti muovi? - chiamò Ed, mentre lui si stava ancora lavando la faccia.
- Senti, ma... io di solito la vedo all'ora di pranzo. Non so se alle nove di mattina... -.
- Vuol dire che aspetteremo. E intanto mi mostrerai questa Herzstraße -.
Al sospirò, rassegnato.
- Va bene... -.
- Dai che sta piovendo! - esclamò suo fratello, raggiante, scendendo le scale.
Era meglio che si muovesse anche lui se non voleva che Ed venisse a prenderlo di peso e lo scaraventasse giù.

Ovviamente anche Ed rimase letteralmente a bocca aperta.
- E questo... cos'è? -.
- Il cuore di Berlino – rispose semplicemente Al.
Ed si prese tutto il tempo di guardare attentamente ogni singolo oggetto, ogni singola immagine, mentre Al gli spiegava ciò che gli aveva detto Wilhelm. Rimase incantato dal quadretto coi topolini e dall'immagine di una strana costruzione a pinnacoli.
- Mi hanno parlato di questa – indicò – Si chiama "moschea" -.
- Davvero? -.
- Sì, ma non l'ho mai vista dal vivo: si trova molto più a sud rispetto alla Germania. Chissà chi può averlo portato... -.
- Ah, quasi dimenticavo! - esclamò Al, mostrandogli il quadro della casa sul fiume – Questo l'ha dipinto il fratello di Tiarnan. Adesso si trova in America -.
Ed lasciò perdere la moschea e concentrò tutta la propria attenzione su quell'immagine.
- Quindi... abitava in questa casa? - domandò, bevendone ogni singolo particolare.
- Non proprio. La sua famiglia ci viveva, ma è venuta qui prima che lei nascesse -.
- Non ti ricorda niente? - chiese Ed con un sorriso complice.
Oh, fin troppe cose. Come una casa che, invece che sulla riva di un fiume, si trovava su una collina.
- Piace anche te? -.
Un'improvvisa voce femminile fece mancare un battito a Ed. Per un impercettibile istante- che tuttavia non sfuggì ad Al- sembrò indeciso se voltarsi o no. Se rivangare di nuovo cose che era finalmente riuscito ad accettare, cose che avevano maledetto l'intera loro vita. Sua e di Al.
- Ciao – sentì suo fratello salutarla.
- Oggi non dovresti lavorare, giusto? Che ci fai qui? -.
Prima di rispondere Al lanciò un'occhiata a Ed, ancora voltato verso il muro, che lo stava guardando di sottecchi. Poté quasi sentire la sua tacita domanda: "Cos'è tutta questa confidenza?".
Sorrise, rassegnato a un'intera domenica di broncio.
- Volevo mostrare la Herzstraße a mio fratello. Non l'aveva ancora vista – spiegò.
Ed prese silenziosamente fiato e si voltò.
L'espressione che assunse fece temere ad Al che sarebbe sul serio scoppiato a piangere davanti a quella ragazza. Poteva quasi vedere tutti i ricordi che gli stavano scorrendo nella mente in quel momento, e capiva lo sforzo immane che stava facendo per separare il viso di quella ragazza dall'immagine della loro madre.
- Devo avere la faccia di un fantasma – disse all'improvviso Tiarnan.
- Eh? - chiese Al.
- Non so perché, ma anche tu avevi la stessa espressione quando mi hai vista la prima volta. Somiglio per caso a qualcuno che conoscete? -.
- No! - quasi gridò Ed, facendole fare un salto – Cioè, io... scusami, non volevo spaventarti... -.
Lo stupì il modo in cui lei si rivolse ad Al, lanciandogli un'occhiata perplessa ma fiduciosa, come se lui avesse potuto spiegarle ogni cosa.
- Questo è mio fratello Ed – lo presentò lui, come se non fosse successo niente – E... in effetti sì, somigli a qualcuno che conosciamo -.
Ed pensò che quella non era affatto una spiegazione, ed era sicuro che la ragazza avrebbe di sicuro cominciato a guardarli storto, magari trovando una scusa per andarsene il più presto possibile. Invece sorrise, tendendogli una mano.
- Piacere, io mi chiamo Tiarnan -.
Ed gliela strinse sbalordito, avvertendo subito una nuova ondata di ricordi lancinanti non appena la toccò. La mano che era diventata fredda così in fretta, quel giorno. Quando la lasciò andare gli sembrò quasi di essersi scottato.
- Ti chiederei se va tutto bene, ma so che non servirebbe a molto – scherzò lei.
Anche Ed sorrise.
- Al me l'aveva detto che arrivavi solo con la pioggia... -.
- Davvero? - sorrise del sorriso dolce di sua madre, appena più sbarazzino, guardando Al – Ti ha detto anche che canto in modo terribile? -.
- Canti? -.
Rimasero lì mezz'ora buona, sotto il telone e la luce tenue del lampioncino del portico, mentre fuori cadeva una pioggia sottile come uno spruzzo. Ed, poco alla volta, smise di guardarla come fosse stata un fantasma, rendendosi conto che, come per tutti gli altri, quella ragazza era solo la controparte della loro madre in quel mondo. Non c'entrava nulla con lei.
E si rese conto anche di qualcos’altro.

Ad un certo punto Tiarnan si scusò, dicendo che doveva correre ad aiutare sua madre a preparare il pranzo, così si salutarono. La pioggia sembrava aver concesso una tregua, e Ed e Al si incamminarono lungo il marciapiede ormai simile alla riva di un torrente.
Dopo un po', quando non mancava più molto a casa, Ed ruppe il silenzio.
- Al – disse, evitando una pozzanghera grande quanto un laghetto di montagna – Te ne sei accorto, non è vero? -.
- Di cosa? -.
- Che quella ragazza è innamorata di te -.
Al rimase senza fiato, fermandosi all'istante. Guardandolo sconvolto.
- Stai scherzando? -.
Ed sorrise: né più né meno della reazione che si era aspettato.
- No, non sto scherzando. Lo vedrebbe anche un pollo – osservò preoccupato il volto di suo fratello – Al, respira. Non è la mamma -.
- Sì, invece! - boccheggiò lui – È... è terribile! Io... io non ho fatto niente, te lo giuro! Non avrei mai immaginato che... -.
Ed gli mise deciso le mani sulle spalle, con un'espressione seria che lo fece zittire all'istante.
- Al, calmati. Non. È. La. Mamma. Non sei stato tu a dirmi che Win non è Winry? Le persone di questo mondo hanno solo la stessa faccia di quelle che conosciamo noi; non c'è nessun altro legame. Ne è prova il fatto che l'Alfons che ho conosciuto io non era per niente imparentato con questa Tiarnan, e nemmeno Edmund. È solo un caso, capisci? -.
- Non eri stato tu a dire che niente è un caso? -.
- Sì – perlomeno Al aveva ripreso a respirare – Per l'appunto, forse non è un caso che tu sia quello che meno ricorda nostra madre. L'ho capito, sai, che è per questo che non mi hai parlato subito di lei -.
Al annuì, ancora poco convinto.
- Quindi per te è stato più facile vedere questa ragazza come una persona separata da lei. Se fossi stato io ad incontrarla per primo, senza che tu me ne avessi parlato prima, non riesco nemmeno ad immaginare che reazione avrei avuto -.
Al sì che se l'era immaginata, invece, ed era sicuro di averci azzeccato abbastanza.
- Io... non è che non me la ricordi. È solo che... è passato così tanto tempo che... non lo so – ammise infine – Forse è anche perché ho perso prima il mio corpo, e poi la memoria. Ma mi sembra così... lontana -.
Eppure con Ed aveva solamente un anno di differenza. Perché lui la sentiva così distante?
- Forse è giusto così. Forse è perché dovevi incontrare quella ragazza -.
Al scosse la testa.
- Ma io non posso -.
Il fratello sorrise comprensivo.
- Senti, pensaci. D'accordo? Adesso sei confuso perché l'hai appena scoperto, magari ti serve del tempo -.
- No, affatto. Smetterò di andarci – e riprese a camminare verso casa, deciso.
- Al! - Ed dovette quasi mettersi a correre – Aspetta! -.
Ma quando lo raggiunse, ritenne più opportuno non dire più nulla. Checché Al ne pensasse, lui era convinto che l'unica cosa di cui avesse bisogno fosse tempo.


Una settimana dopo non ne era più tanto sicuro. Un giorno aveva fatto un salto alla Herzstraße e aveva trovato Tiarnan là, davanti al suo quadro, che non appena l'aveva visto gli aveva rivolto uno sguardo speranzoso.
Ed l'aveva già visto, quello sguardo. L'aveva visto ad ogni compleanno suo e di Al, quando Trisha Elric si voltava verso la finestra decine di volte in un giorno e trovava ogni scusa per andare alla porta. Inutilmente.
Aveva provato a parlare con Al, ma non aveva cavato un ragno da un buco. Si sentiva responsabile, perché se fosse rimasto zitto non sarebbe successo niente. Ci rimuginò sopra così tanto che un sabato pomeriggio si ritrovò nel laboratorio di Win, a dare apparentemente una semplice occhiata in giro.
- Allora, come procede il tuo orologio? - chiese, sollevando il panno che copriva le figurine in fila sul tavolo e osservandole con aria critica.
- Direi bene: lo zio mi sta costruendo il carillon. Non appena sarà pronto lo sistemerò nell'orologio, sincronizzando il meccanismo. Verrà una meraviglia! - esclamò Win, mentre regolava i pesi di un piccolo orologio a pendolo.
- Sì, lo penso anch'io – disse Ed, poggiando il mento sulle braccia incrociate mentre osservava pensoso la figurina dell'armatura.
Non si accorse che Win si era voltata verso di lui finché non la sentì chiedere:
- Allora, che c'è? Sputa il rospo -.
- Mmm? -.
- Non sei venuto qui solo per controllare i progressi dell'orologio – Win sorrise – Hai litigato con tuo fratello? -.
Ed dondolò la testa, indeciso.
- Mah... più o meno -.
- E perché, se è lecito saperlo? -.
- No, niente di... -.
- Ho sentito che parlavate di una ragazza – lo incalzò lei.
Ed non rispose.
- Ve la state contendendo? -.
Eh?
- No, certo che no! È Al quello coinvolto, non io! -.
- E allora perché devi metterci il naso? Non può decidere da solo? -.
- No, non può – rispose deciso lui – È una... situazione un po' particolare -.
- Le vostre sono sempre situazioni un po' particolari – sospirò lei – Ma non temere, non ho alcuna intenzione di immischiarmi. Dimmi solo una cosa: credi che lui la ricambi? -.
- Io... beh, può darsi. Non sono un esperto, in queste cose – ammise Ed.
- Sì, si vede. Non per offenderti, ma tu hai l'aria di uno che non capirebbe niente nemmeno se una ragazza si prostrasse ai suoi piedi -.
Ed la guardò stranito, rendendosi conto della comicità di quella situazione. Vedendo chi gli stava dicendo quelle cose.
- Dici? - domandò semplicemente.
- Dico – confermò lei.
- Allora, se sei così intuitiva, sentiamo il tuo parere: secondo te Al è innamorato o no? -.
Ed stava quasi scherzando, ma Win sembrò prenderlo molto sul serio: distolse gli occhi dal suo lavoro e guardò per qualche istante nel vuoto, riflettendo.
- Per saperlo dovrei vedere come si comporta quando sono insieme – ponderò – Però ultimamente sembra avere un'aria piuttosto combattuta, lui che era sempre così sereno... se per quella ragazza non provasse davvero niente non dovrebbe esserci alcun problema, no? -.
Ed ammutolì, mentre apriva per la prima volta gli occhi su quella faccenda.
- Già... - mormorò, stupefatto.
- Quindi forse hai ragione a cercare di convincerlo, di qualunque cosa si tratti – rifletté infine lei – Ma non dimenticare che alla fine sarà lui a dover decidere -.
- Già... - dopo aver ripetuto quella parola, come in trance, Ed sembrò riprendersi sul serio – Ma lo sai che hai ragione? -.
- Certo che ho ragione! - ribatté Win, sorridendo – E adesso fuori dal mio laboratorio! -.
- Sissignora! - Ed raggiunse la porta, per poi rimettere dentro la testa – Ah, Win: stasera alla cena pensiamo io e Al, d'accordo? -.
- Va bene, grazie. Dillo anche a mia zia – rispose lei, già alle prese con un ingranaggio piuttosto delicato.   
- Certo – chiuse piano la porta e si diresse verso la stanza del cucito, dove stava lavorando la signora Eliza. Quella sera che sarebbe riuscito a smuovere Al. Anche se, alla fine, sarebbe stato comunque lui a dover decidere.





Birby: non stai affatto impazzendo, come hai potuto vedere in questo capitolo. ^^
Che bello, ho trovato un'altra estimatrice di Al! Pur avendo visto solo la prima serie, lo adoro... anche in contrapposizione a Ed, comunque. Quei due sono come il gatto e la volpe. ù_ù
Il prossimo sarà l'ultimo capitolo- sì, è una fic piuttosto breve- ma la storia non finisce qui!
Rain e Ren: se il nome Tiarnan ha qualche significato particolare non lo so, comunque l'ho messo come nome irlandese che avesse un minimo di “affinità” col nome Trisha (è minima, lo so, ma è l'unico che ho trovato). Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto tanto. ^^ Sì, in effetti la nostalgia gioca un ruolo non da poco in questa storia, ma c'è anche dell'altro: perché se si vivesse solo di nostalgia e ricordi, non si andrebbe più avanti.
Sai che non avevo pensato al fatto che Tiarnan qui risulterebbe motore di un altro viaggio, un po' come aveva fatto Trisha nella storia originale (sì, perché senza la sua morte e la conseguente trasmutazione, forse non sarebbe successo niente)?
Sì, Ed non l'ha presa troppo male: in fondo ha diciotto anni, ormai, e poi sapeva benissimo che poteva esserci la possibilità di incontrare anche la controparte di sua madre... malgrado fosse piuttosto improbabile, ma si sa che a loro succede anche l'impossibile. XD
È pur vero che i ricordi rimangono comunque indelebili, soprattutto per Ed, a mio parere. Ma con un po' d'impegno arriverà anche lui a distaccare Tiarnan dall'immagine della madre... anche se resterà legato a lei da un affetto- come dire- “innato”. ^^  
Shatzy: sì, il “fascino” dei fratelli Elric è proprio il fatto che si compensino così fra loro, sono perfettamente d'accordo con te. Come hai visto qui c'è stato l'incontro: come ti è sembrato? 
   
 
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