- Dora! Un
secondo e sono lì - La
vedeva muoversi fra lampi rossi e verdi con
un’agilità incredibile
per lei. Quando uno di questi sembrò sfiorarle il braccio
sentì il cuore
iniziare una corsa folle. Doveva fare più in fretta.
Scagliò una violenta
fattura dietro di sé e sentì urla confuse mentre
un arazzo prendeva fuoco.
Saltò gli ultimi due scalini e una figura nera lo spinse
uscendo da destra.
Alzò la bacchetta, sentì la voce di Kingsley
gridargli qualcosa. Non riuscì a
capire, un viscido raggio grigiastro scaturì dalla bacchetta
dello sconosciuto
che gli aveva tagliato la strada. Cercò di alzare la sua, ma
il braccio sembrò
piombo all’improvviso. Un altro lampo di luce, un dolore
inimmaginabile e il
buio. Gli sembrava di cadere, poi all’improvviso, per un solo
eterno secondo, sentì
il vuoto fuori e dentro di sé.
Aprì gli occhi, ogni rumore era scomparso,
un attimo prima la voce profonda di Kingsley gli aveva urlato qualcosa,
un
attimo dopo non aveva sentito più nulla. Aveva davanti una
nebbia fitta, gli
sembrò di essere ritornato indietro nel tempo quando la
mattina presto, a occhi
chiusi, si fermava sulla scale della Guferia e sentiva una nebbia
simile
sfiorargli dolcemente il viso. Questa piano piano scomparve.
Cercò di
riordinare le idee. Si alzò e indossò gli abiti
che si erano materializzati in
quel momento accanto a lui. Si guardò
intorno e notò con stupore che quel posto gli ricordava
qualcosa di familiare,
di molto familiare.
Tutte le sue considerazioni su dove si
trovasse liberarono la sua mente quando udì due voci che
conosceva. Non le
sentiva da molto tempo, e non osava ricollegarle con i proprietari, ma
si mosse
esitante verso la direzione da dove provenivano.
- Secondo te lo ha già capito? – Una voce
un po’ rauca stava dicendo, scandendo le parole come qualcuno
che aveva passato
troppo tempo da solo, nel silenzio.
- Spero di sì. Io non glielo dirò di certo!
– E come dimenticarsi anche di quella voce? Lupin
assaporò la sua intonazione,
familiare ma al tempo stesso inaspettata, come qualcosa di quotidiano,
ma
situato nel posto sbagliato. Erano passati così tanti anni
da quando l’aveva
sentita l’ultima volta, ma ora che la udiva gli sembrava che
tutto quel tempo
fosse stato una sola lunghissima giornata, e che i loro momenti assieme
risalissero al giorno prima, davvero,
e non riusciva a capacitarsene.
Nel frattempo, le due voci continuavano a
battibeccare fra loro. Lupin realizzò veramente quello che
stava cercando di
elaborare quando vide i suoi amici poco lontano. Sirius era
letteralmente
abbandonato contro la parete, come era solito fare pigramente a scuola,
e sul
suo volto non c’erano più i segni della permanenza
ad Azkaban. Sembrava il
giovane ragazzo ventenne che aveva visto il giorno del matrimonio del
loro
migliore amico.
E anche James era lì, con le mani in tasca,
rimanendo in piedi vicino a Sirius, la sua attenzione rivolta a quello
che
l’altro gli stava dicendo.
Ma entrambi, non appena lo ebbero scorto,
gli regalarono il sorriso cameratesco dei vecchi tempi, e Lupin non
avrebbe mai
potuto giudicare quale dei due avesse la faccia più felice.
Sentì il petto riempirsi di una nuova
emozione, che gli toglieva il fiato, senza sapere se fosse
felicità o
inquietudine per aver visto qualcuno da lungo tempo morto. Qualcosa gli
chiuse
la gola, e all’improvviso si accorse che il respiro non era
abbastanza, non lo
era mai stato. Gli mancava qualcosa di essenziale, ma non lo aveva
voluto
ammettere prima, non finché la vista dei suoi due vecchi
amici glielo aveva
fatto realizzare.
C’era qualcosa che lo turbava, forse
l’assenza di aumento di battito cardiaco come reazione
emotiva. Ma poi si rese
conto di come il suo cuore non battesse affatto,
e finalmente capì ciò che i due dovevano dirgli,
ma non sapevano come: era
morto.
E il pensiero andò a Dora, al figlio che
non avrebbe mai conosciuto suo padre, ad una vita che ora che
cominciava ad
amare, non avrebbe più potuto vivere.
Si era negato la felicità per tanto tempo
e, ironia della sorte, ora che era circondato da persone buone e
gentili, la
morte aveva preferito tagliare i suoi legami con la realtà.
Sirius notò il suo repentino cambio di
espressione:
- Allora, hai capito? – gli chiese con
dolcezza.
Lupin era troppo intontito per rispondere.
Sentiva un ronzio nelle orecchie e la mente come svuotata. Non riusciva
più a pensare.
Ma poi sembrò esserci un’esplosione violenta, che
forse coinvolgeva la mente, o
il petto, o entrambi, che tese ogni suo singolo nervo ben al di
là della soglia
del dolore, e quell’esplosione portava un nome con
sé, che rimbalzava
dappertutto, lo riempiva, ma allo stesso tempo gli faceva capire che
aveva davvero perso tutto. Dora.
Dora Dora Dora. Lo ripeté tra sé e sé
come
un mantra, come una preghiera rivolta al cielo così alto
sopra la sua testa,
come l’unica ancora di salvezza rimastagli. Dora era al tempo
stesso tutto e
niente, perché esisteva ancora da qualche parte sotto quella
stessa distesa
azzurra visibile dalle finestre, ma non più per lui.
Si accorse ben presto che anche lì, adesso,
come molti anni prima, non c’era bisogno di troppe parole fra
loro tre per
capire al volo tutto. Era come se i due amici avessero seguito tutti i
suoi
pensieri e i loro sguardi si erano incrociati proprio mentre il nome di
Dora
gli rimbombava dentro.
Sia James che Sirius si resero conto di
quanto fosse difficile e strano, molto strano, dire all’amico
quello che era
successo, anche se era compito loro. Sirius si avvicinò
passandosi una mano fra
i capelli con quel solito tocco di eleganza e prepotenza insieme.
Infondo era
l’unico modo per controllare la situazione. Davanti a lui
aveva un Remus più
sconvolto che nelle peggiori notti di luna piena.
Forse lui, Sirius Black, non aveva mai
avuto una donna nel vero senso del termine, ma aveva perso tante
persone
importanti nella sua vita, così da poter dire di comprendere
anche solo un
briciolo della sofferenza che stesse provando l’amico. E poi
c’era quel bimbo,
senza ormai nessuna possibilità di ricevere
l’abbraccio di una madre o il
sorriso di un padre. Gli ricordava troppo Harry, e sentì da
qualche parte, più
o meno dove avrebbe dovuto trovarsi lo stomaco, in condizioni normali,
una
stretta dolorosa. Strano come in quel posto i sentimenti non fossero
spariti
anzi, apparissero intensificati.
Guardò ancora Lupin, sentì il silenzio
pesante calato dopo le sue parole. Cavolo, si sentiva inadatto, per la
prima
volta nella sua vita forse, si sentiva perfettamente fuori posto.
Accanto a lui James sembrò risvegliarsi
lentamente. Sirius lo vide avvicinarsi a Remus e capì in un
secondo che quello
che adesso stava sconvolgendo quest’ultimo era già
passato molte volte nella
testa del suo amico. In fondo la loro situazione era più o
meno la stessa.
James gli mise una mano sulla spalla e
Remus sembrò ritornare da molto lontano.
- Beh, penso che avrai capito, non siamo
noi due gli intelligentoni della compagnia, o sbaglio? - e
ammiccò verso Sirius
che tentò un sorriso.
- Sì, credo di sì e…sono contento
ragazzi.
- Li guardò ancora un po’ scosso. James
pensò che fosse davvero arrivato il
momento, tanto prima o poi da quella nebbia la risposta sarebbe
arrivata da sé
quando Dora fosse comparsa.
- C’è una cosa che non sai, però. Vedi,
da
là, - e indicò col dito un punto imprecisato
dietro le spalle di Sirius, oltre
la cortina fitta di nebbia - da là possiamo vedere un
po’ tutto di quello che
succede giù. -
- Volete dirmi che avete visto tutto? La
battaglia e…- le parole gli morirono in bocca. Allora loro
sapevano sicuramente!
- E Dora, sì. - Sirius si pentì di essersi
lasciato scappare quelle maledette parole, vedendo di nuovo la faccia
dell’amico rabbuiarsi.
- Vedi, è come se a un certo punto
sparissero. Il colore svanisce molto lentamente, e prendono la
consistenza di fantasmi.
Poi rimane solo una sagoma più sbiadita di quella di un
fantasma, e poi più
niente. Allora capisci che hanno deciso di andare avanti. -
- Andare avanti? - Remus non capiva.
Per un attimo James ebbe voglia di ridere,
non si era mai immaginato di dover spiegare qualcosa a Remus, e si
sentì
abbastanza imbarazzato.
- Sì, andare avanti. Ce ne sono alcuni che
preferiscono restare, lasciare qualcosa di loro stessi
laggiù. Molti però
vogliono andare avanti, venire qua. Insomma, non rimangono fantasmi, si
spingono oltre. Qui è ciò che hai sentito oltre
l’arco all’Ufficio Misteri. -
Accennò a Sirius.
- Ma io non volevo…Cioè, non
ho scelto proprio nulla… -
- Non è una vera e propria
scelta, come potresti scegliere una gelatina Tuttigusti da
un’altra. E’ più
un’ultima spinta che viene dal profondo di te, un desiderio
che non controlli.
-
Sirius lanciò uno sguardo
allarmato a James che captò il messaggio. Dovevano fare in
fretta, infondo
erano lì per aiutarlo, non potevano perdere tempo.
- Dopo che abbiamo visto
sparire te, c’è stata un’altra ombra che
è svanita… -
- Dora… -
James annuì lentamente,
fissandolo come se dovesse rompersi da un momento all’altro.
Remus si sentì strano. La disperazione
che poco prima lo aveva trascinato nel suo vortice sembrò
scomparire del tutto.
Lei era lì, questo bastava. Poteva vederla forse, poteva
toccarla, poteva
sentire ancora il profumo forte di lei che lo avvinceva, fermando per
eterni
secondi il cuore e il cervello, poteva stringerla piano e sentire quel
brivido
che solo lei era in grado di risvegliare dentro di lui. Una folla di
ricordi si
riaffacciò alla sua mente, le sue labbra che si avvicinavano
e il suo corpo e i
sussurri nel buio di una notte che entrambi speravano non finisse mai.
Ma all’improvviso
qualcosa di orribile si mischiò a quei ricordi, sporcandoli
di un sottile velo
di angoscia. Teddy!
Era completamente solo ora, e
se Harry e gli altri non ce l’avessero fatta, i Mangiamorte
avrebbero impiegato
poco tempo a scovare la casa dei Tonks e quello che sarebbe
inevitabilmente
successo dopo non voleva neanche pensarlo. Se invece le cose fossero
andate
bene, sarebbe rimasto comunque solo. Sarebbe cresciuto un po’
come lui.
Maledizione! Sembrava che i figli dovessero a ogni costo seguire il
destino dei
padri in quella dannata storia. Si sentì come un
equilibrista in bilico su un
filo troppo sottile e posto troppo in alto, tanto da dargli le
vertigini. Da
una parte sapere che Dora era lì gli faceva venire voglia di
non pensare più a
niente, ma dall’altra il pensiero di suo figlio completamente
solo, esposto a
qualsiasi orrendo piano i Mangiamorte avevano in serbo per lui, lo
faceva
ricadere nella disperazione. All’improvviso le parole di
James lo riportarono
indietro dal suo viaggio.
- Credo sia stato Dolohov, i
manti dei Mangiamorte non permettono di riconoscere bene
un’ombra vivente
nemmeno da qui. Un altro stupido tentativo di Tom Riddle per vincere la
sua
eterna nemica, ma credo che ormai nessuno dei suoi trucchetti
funzionerà più,
povero Riddle. - Sorrise
amareggiato.
- Volete dire che lui…insomma,
che Harry ce l’ha fatta? –
- Egregiamente, direi. - Rispose
Sirius con un sorriso d’orgoglio.
Vide il volto di Remus
rilassarsi, doveva ancora digerire molte cose, e in pochi secondi gli
avevano
fatto un resoconto fin troppo dettagliato. I nuovi arrivati, poi, erano
sempre
molto più sensibili, e ne sapeva qualcosa.
All’improvviso, delle voci
acute sembrarono rimbombare oltre la cortina di nebbia. Prima sfumate,
poi
sempre più nitide. Sirius vide i volti dei due amici
illuminarsi
contemporaneamente e si voltò. Due donne si fermarono poco
più in là uscendo da
chissà dove. La prima aveva capelli rosso scuro e lisci che
gli scendevano
dolcemente sulle spalle, l’altra, un po’
più bassa, aveva dei capelli di un
colore indefinito, ma la faccia era quella inconfondibile della cugina
preferita.
Lupin rimase per un momento
un po’ intontito.
- Io fossi in te mi lancerei
all’assalto” gli sussurrò James
abbastanza forte da essere udito da tutti gli
altri. Ma non ce ne fu bisogno. Dora, con
un’agilità incredibile, gli volò
letteralmente addosso, stringendolo in un abbraccio soffocante. In
quell’istante,
con il viso immerso fra i suoi capelli si sentì felice,
annusò il suo profumo e
fu contento che nemmeno la morte lo avesse cancellato.
Lily si era avvicinata a
James, che le teneva la mano.
Sirius sentì dietro di sé un
rumore lontano. Sembrava il lungo fischio di un treno vecchio come il
mondo.
Guardò Remus e Dora, James e
Lily, e ricordò lo stesso fischio, ma risalente a molti anni
addietro. Mentre
viaggiava con la mente lontano nel tempo, i suoi ricordi sembrarono
fuoriuscire
dalla nebbia, un po’ sbiaditi, ma stranamente più
reali. La colonna del binario
nove e tre quarti si materializzò davanti a loro e
sembrò la cosa più naturale
del mondo vedere, lontana, avvicinarsi la locomotiva rossa
dell’ Espresso.
- Un po’ in ritardo, che
dite? - la voce argentina di Tonks rimbalzò sulle pareti
della stazione di
King’s Cross, mentre gli occhi di tutti si spostavano sul
grande orologio in
alto.
- Credo sia un cambio di
programma dell’ultimo momento. Devono aver capito che non ce
l’avreste fatta
prima delle undici. - Aggiunse Lily, lanciando uno sguardo divertito a
James
che per risposta la attirò a sé, stringendola
forte.
- Devono aver capito che
avevi intenzione di spremere da Dora qualunque fatto di cronaca rosa ti
fosse
sfuggito negli ultimi anni! - Le disse sorridendo, cercando lo sguardo
complice
dei due amici. Si accorse però che guardavano lontano.
Oltre la nebbia la locomotiva
era sempre più vicina e il suo sbuffo di fumo si confondeva
con il vapore
acqueo, creando figure leggere che svanivano chissà dove. I
cinque sentirono
l’inconfondibile brivido che percorreva loro la schiena ogni
volta che
l’Espresso si affacciava dietro la curva. Non
c’erano parole abbastanza
complete per esprimere quello che stessero provando. Era come tornare
indietro
nel tempo, anche se non esisteva tempo in quel posto. Era sentirsi di
nuovo
piccoli inesperti studenti, niente era cambiato, erano tutti
lì. Ci fu un
attimo in cui i ricordi si confusero con la realtà e, forse,
non esisteva neppure
la realtà.
Remus guardò Dora, poi il suo sguardo si
posò
sui due vecchi amici e fu ricambiato. Non sorridevano, ma non
c’era tristezza
né nostalgia nei loro occhi. In fondo, erano arrivati fino a
dove mille prima
di loro si erano spinti, al limite massimo dell’amicizia.
Fino a dove questa
brilla più splendente di una stella e può volare
oltre il gelo della morte,
spiegando finalmente le sue ali, perché ha ormai sconfitto
anche l’ultimo
grande nemico.