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Autore: Briseide    29/12/2005    4 recensioni
James Potter è costretto in una chiesa tra canti gregoriani la vigilia di Natale, quando ha una visione: Sirius Black e Lily Evans sono lì, per lui e veramente, ma c'è l'altro lato della medaglia, il cammino e l'arrivo da Remus, per la morte di sua madre.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Seconda parte
Il funerale


La mattina dopo fu innegabilmente fredda, il cielo sopra al tetto minacciava pioggia, pesanti nuvole grigie e compatte facevano presagire una possibile nevicata, eppure Lily non sentiva eccessivamente freddo.
Camminava a passo svelto come suo solito, stringendosi nello stesso cappotto della sera prima, persa nella contemplazione de più svariati colori delle foglie secche, in terra. Rimasugli dell’autunno ormai passato.
Quella mattina le girava la testa, da quando si era alzata. Sicuramente era per il freddo della notte prima e per la stanchezza delle poche ore di sonno, in parte anche per il pensiero di James Potter.
Ormai era cresciuta, tanto valeva dire le cose come stavano se non altro a se stessa.
Aveva pensato a lui tutte le ore prima di addormentarsi, aveva rivissuto interi spezzoni di quella nottata trascorsa in sua presenza, le erano tornate in mente sue parole ed espressioni, e quello sguardo, in quel corridoio, era stata l’ultima immagine focalizzata prima di dormire qualche ora.
Non appena si era svegliata, aveva pensato che lo avrebbe visto in una veste ancora diversa. E poi aveva pensato a Remus, naturalmente, e a suo padre, e alla vita che lo aspettava dalla notte prima in avanti.
Quando arrivò davanti alla chiesetta, trovò un discreto numero di persone, alcuni erano chiaramente parenti di Remus, identificabili dai colori e dalla conformazione del viso, altri erano studenti che di tanto in tanto aveva intravisto nei corridoi, e poi, poco lontani da Remus stesso, c’erano Sirius e James con dei caschi in mano, e Peter, che spiegava qualche cosa ad uno dei fratelli Prewett lì accanto.
James la scorse e le rivolse un saluto con la mano, i suoi occhi le sorridevano come avevano sempre fatto e come lei non aveva mai notato che facessero.
Ricambiò il saluto, incerta sul da farsi, quando vide avvicinarsi a lei due ragazze, piuttosto spedite.
“Tu sei Lily Evans, vero?”
“Si”
rispose lei perplessa alla domanda che una delle due – lunghe ciglia bionde e trasparenti occhi ambrati – le aveva rivolto. Sul suo viso pallido era comparsa l’ombra di un sorriso sollevato. Si era voltata verso un uomo poco distante che Lily non riuscì a riconoscere, e poi aveva ripreso.
“Ti andrebbe di leggere il discorso?”
le chiese mentre l’altra ragazzina accanto a lei iniziava a trafficare con il cappotto imbottito.
“Quale discorso?”
“Questo”
aveva risposto immediatamente quest’ultima, porgendole due fogli alquanto stropicciati. Lily li prese, e diede una letta, sentendo l’imbarazzo assalirla. Iniziava a comprendere di quale discorso parlassero le due.
“Beh, sentite io-“
“Sarebbe carino da parte tua”
la interruppe l’altra non appena aveva intuito il tono incerto e poco propenso che Lily aveva assunto.
“Rachel, Annah, vi cercava lo zio. È già dentro”.
La voce sommessa di Remus distolse le due ragazzine. Rachel lanciò un’ultima occhiata perforante a Lily prima di voltarsi ed entrare in chiesa. Così lei era rimasta in piedi con quei fogli in mano e la minaccia visiva che una delle cugine di Remus le aveva appena messo sotto il naso. Si morse un labbro, istintivamente, ignara dei pensieri di James, che osservava la scena dall’inizio, un po’ più in là.
“Lily, solo se ti va, io neanche ci credo”.
Bisbigliò al suo orecchio Remus, entrando in chiesa a sua volta.

***

Si poteva tranquillamente affermare, che Sirius Black non metteva piede in una chiesa dal giorno del suo battesimo, quando all’improvviso lo aveva fatto per due volte, un giorno dopo l’altro.
A questo pensava Remus Lupin, in piedi accanto a suo padre, ingessato in un completo nero nel quale era estremamente a disagio.
In bocca aveva ancora il sapore del caffè che Lily aveva preparato la notte prima, era qualcosa di accogliente e la sua amarezza spegneva in qualche modo quella di altro tipo che era pronta ad assalirlo nella sua piena di dolore e sconforto.
“Chi è quella ragazza che sta leggendo all’altare?”
“E’ Lily Evans”
rispose, volgendo di poco la testa verso sua nonna, che aveva interrotto il pianto disperato per sopperire a quella sua curiosità.
“E’ carina”.
Remus annuì guardando verso di lei, la sua figura minuta spiccava appena dall’altare, la sua voce giungeva a tratti stentata, altre volte leggermente soffocata, dagli incensi accesi accanto a lei. Poteva scorgere il profilo di James guardare nella sua stessa direzione. Aveva le labbra serrate e contratte, e Remus avrebbe scommesso tutta la sua misera casa che in quel momento non stava affatto tenendo conto di essere al funerale della madre del suo migliore amico, e ne fu estremamente divertito.
Sembrava più che altro, che stesse prendendo in considerazione l’idea di afferrarla per un polso, farla scendere per quei gradini di marmo bianco, posizionarla davanti all’altare, e chiedere in ginocchio al prete di renderla sua moglie.
“Grazie”
le disse il prete, facendole cenno di tornare al suo posto. Quando passò accanto a lui, Remus le strizzò un occhio, accennandole un sorriso grato, ma nel seguire il modo in cui aveva sceso le scale, cercando di arginare l’emozione che invece la coglieva, credette sul serio che James si sarebbe alzato e chiesto alla Evans di sposarlo, già che erano in una chiesa.
Ed era qualcosa di incredibile, ma più gli venivano in mente questi pensieri e vedeva James Potter metterli in alto, più gli veniva da ridere, una risata dal cuore, scaturita da una comicità pura ed immediata.
E nel vedere Sirius in piedi accanto a James, così estraneo a tutto quello, nel notare la sua espressione assolutamente sconcertata, e soprattutto, nel notare il sobbalzo che fece e il colpo che gli venne quando tutti si erano alzati dichiarandosi colpevoli di tutto senza una ragione apparente, scoppiò a ridere.
Servì a poco mordersi il labbro e trattenere il respiro, il figlio della defunta signora Lupin, nella prima panca della chiesa, scoppiò a ridere.
Non che tutti se ne resero conto, nell’intera chiesa, il prete probabilmente fece finta di niente e si ripromise di fucilarlo alla fine della funzione, nella cripta; ma fin da quando il suo volto aveva iniziato a contorcesi per l’ilarità improvvisa, James e Sirius vi avevano fatto caso, e avevano accuratamente evitato di guardarsi in faccia tra loro per non reagire di conseguenza.
Ma quando lo avevano sentito ridere, Sirius era inevitabilmente corso a cercare lo sguardo di James al suo fianco, e la sua faccia sconcertata, aveva portato non solo Remus ad accentuare il suo riso, ma lo stesso James a fare altrettanto, così alla fine si ritrovarono a ridere tutti e tre, cercando di non farsi notare più di tanto.
Si guardavano e più lo facevano più trovavano motivo di ridere, soprattutto perché si chiedevano tutti e tre cosa mai ci fosse da ridere in tutto quello, e perché loro lo stessero facendo così spontaneamente, come se Fabian Prewett avesse appena raccontato una delle sue più brillanti barzellette.
Il padre di Remus continuava a lanciare gomitate a suo figlio pretendendo spiegazioni, sua nonna aveva iniziato a temere per lo status mentale e psichico del nipote, e Lily Evans, l’attenta osservatrice, aveva puntato i suoi occhi fissi su James, incenerendolo.
Niente da fare, non prese fuoco.
“P-o-t-t-e-r…“
sibilò, e le sue labbra erano ridotte ad un niente. James la guardò sempre più innamorato, ma questo non valse a farlo smettere, così non poté far altro che scrollare le spalle e chiedere scusa con un cenno di diniego del capo, come stesse dicendo che non poteva farci niente.
D’altra parte, lei non avrebbe capito.
A stento iniziavano a capire qualcosa loro tre, figurarsi la Evans, pensò contemporaneamente Sirius, sopprimendo lo spasmo dell’ennesima risata.
Il suono delle campane, e il congedo dell’ officiante, permisero a tutti e tre di raggiungere il cortile della chiesa e riprendere fiato.
“Scusami tanto Rem, davvero non so cosa mi sia preso”.
Ammise James, mentre sul suo volto tornava il sorriso, e si affievolivano gli echi delle risate. Remus batté una mano sulla sua spalla, scotendo la testa, il suo volto era molto più pallido alla luce del giorno e già albeggiava l’irrequietezza nei suoi lineamenti.
Sirius spostò del terriccio con la punta della scarpa, continuando a fare cenno di no con la testa, le mani in tasca, alcune ciocche di capelli scivolate sul viso.
“La Evans ci pugnalerà con il crocifisso”
mormorò mentre un leggero senso di nausea, dovuto al suo stomaco vuoto e alla consapevolezza di quello che li aspettava ancora, si impadroniva dei suoi sensi, e faceva sì che il sorriso scomparisse.
“Già”
soggiunse Remus, mentre faceva cenno a Peter che erano lì.
“Vi ho persi di vista in chiesa”
annunciò desolato quello, sollevando i palmi delle mani verso l’alto e incassando le spalle. James scrollò le sue, segretamente lieto che fosse successo. Sirius fece cenno con la mano di non preoccuparsene, mentre nel suo io più profondo sentiva il sollievo perché quel momento tra loro tre gli fosse stato lasciato integro dalla presenza di Peter.
“Remus, il carro aspetta noi”.
La voce possente di suo padre, baritonale, gelò il sangue nelle vene di Sirius, che lo sentì incombere alle sue spalle. Parte di quel gelo era dovuta in verità all’immagine del carro e di Remus dietro a quello. Glielo avrebbe voluto evitare, convinto che lui avesse già patito abbastanza. Fu allora che sopraggiunse l’impotenza per tutto quel dolore che Remus avrebbe dovuto affrontare. James era davanti a Remus e si sforzava ancora di tenere per sé le sensazioni che quella frase aveva portato in superficie. Il saluto che porse all’amico era ancora quello del solito James Potter, amico fedele e sicuro di sé.
Remus si congedò dai tre e seguì suo padre. Non appena Lupin ebbe voltato le spalle, Sirius estrasse una sigaretta dalla manica della camicia, e la accese con un colpo di bacchetta, tirando una boccata nervosa.
Calò il silenzio, mentre alle loro spalle Lily abbracciava teneramente Remus sotto lo sguardo compiaciuto della nonna. Con una carezza gentile lui la ringraziò per essersi prestata alla lettura, e soprattutto per essere venuta, senza ricercare alcuna parola, secondo il principio in cui anche Lily credeva.
“Vaffanculo”
ringhiò Sirius, scagliando la sigaretta dritto davanti a sé e allontanandosi a grandi passi. James lo lasciò andare per la sua strada, certo che prima o poi sarebbe tornato, sentendo di non avere la forza per dire niente, neanche una sola parola. Non era tanto la forza a mancargli, ma aveva un nodo in gola serrato strettamente, che gli impediva di respirare e parlare, se per parlare si intendeva esprimere i propri pensieri.
“Dove vai?”
domandò ansioso Peter vedendolo prendere la direzione opposta a quella di Sirius, intanto che il carro funebre si allontanava progressivamente alla loro vista. Aveva deciso che non sarebbero andati fino al cimitero, ad osservare la sepoltura. Non voleva guai, con Sirius, e non poteva sopportare la vista di Remus anche in quel frangente, fosse stato lui al suo posto avrebbe voluto essere solo, e una famiglia era già abbastanza ingombrante.
Avrebbe voluto accendersi una sigaretta e fumare, anche se non lo aveva mai fatto prima d’allora, pensò che quello era il momento giusto per farlo, ma non aveva una sigaretta.
Qualche passo dopo, si scontrò per l’ennesima volta contro Lily Evans.

***

Era a pochi passi da lui, e prima che potessero rendersene conto entrambi, si erano ritrovati uno di fianco all’altra, a guardare con una certa insistenza il vuoto fuligginoso davanti a loro. Non era una vista interessante, non fosse stato per le immagini che tutti e due vedevano proiettate dalla loro mente.
“Ho sentito che Prewett si è offerto di dare un passaggio a Peter, per andare al cimitero”.
Mormorò tutto d’un tratto lei, senza sollevare lo sguardo o utilizzare un tono di voce che si sforzasse di superare quella del vento.
James voltò la testa verso di lei, e la guardò una sola volta rapidamente, prima di riprendere a fissare il suo vuoto, dove ora si rifletteva l’immagine dei suoi capelli rossi mossi dal vento.
Appena usciti dalla chiesa, aveva preso a soffiare discretamente forte il vento, eppure nessuno ne era rimasto ferito.
Era un vento buono, a James era piaciuto pensare che fosse lì per spazzare le nuvole. Qualsiasi tipo di nuvole.
“Fa bene ad andare, Remus sarà contento. Tu non hai una sigaretta, vero?”.
Lily si perse per un attimo nelle sue riflessioni, che non riguardavano certamente il suo possedimento o meno di una sigaretta.
“No. Non credevo che Remus fosse tanto legato a Peter, li ho sempre visti poco insieme”.
Rispose in tono meditativo, quasi fosse stata la prima volta che formulava quel pensiero, quando invece ai suoi occhi era sempre stato un dato di fatto, quel buco nero che sanciva il legame dei tre con Minus. Così poco coltivato nonostante l’assidua frequentazione.
La riprova fu il silenzio che seguì per lunghi attimi dopo la sua affermazione.
James non seppe cosa dire, di fronte ad una verità che per la prima volta doveva accettare, essendogli posta da chi vedeva sempre tutto dall’esterno. Una realtà innegabile, la trasparenza che avrebbe avuto Peter al fianco di Remus, al momento della deposizione della bara.
“Remus ha un’idea dell’amicizia tutta sua, è più forte di lui ma dà il tutto per tutto anche a chi non ricambia mai con niente. Magari oggi imparerà a stare dall’altra parte e a non dare niente in cambio”.
Sentiva le labbra screpolate diventare insensibili al freddo, le sue parole graffiavano quella pelle delicata non appena lasciavano la sua bocca, e iniziava a sentire un certo peso sul petto che gli impediva di prendere respiri profondi e compiuti.
“Forse, è una lezione che può essere rimandata”.
Rispose Lily con lo stesso tono, la stessa inflessione stanca della voce, un suono appena percepibile, una carezza gelida.
“Non funziona proprio così, Evans. La verità è che sono troppo arrabbiato per potergli essere utile in un momento come questo”.
Scrollò le spalle e domandò ad un passante, forse un parente forse uno studente degli ultimi anni, una sigaretta. Quando la rigirò tra le mani, si rese conto che doveva apparire abbastanza ridicolo agli occhi di chi sapeva che non era un accanito fumatore, ma trovò piuttosto semplice il modo in cui accenderla.
“Sirius ancora peggio, poi. Ha quel particolare potere di distruggere tutto, qualsiasi cosa o persona, a seconda del suo stato d’animo, lui, che farebbe meglio a rimanere dove sta”.
Concluse portando la sigaretta alle labbra, e tossendo poco dopo. Non fu poi così terribile come Remus sosteneva sempre, di salutare c’era ancora meno, ma se non altro le sue mani erano occupate in qualcosa.
Lily piegò le labbra in un sorriso, mentre i suoi occhi si velavano di un triste piacere nel sentire James parlare dei suoi amici. Lui non poteva percepire quella nota di brusco affetto e di rude tenerezza che traspariva dalla sua voce e dal suo sguardo, ma era qualcosa che scaldava il cuore della gente.
Inclinò la testa di lato, sospirando appena. Il fumo della sigaretta di James aveva un odore agre che le solleticava le narici e annebbiava i suoi sensi, era qualcosa di imprevisto quel senso di rilassamento che la stava cogliendo.
“Hai idea di quanto valga tutto questo, Potter?”.
La guardò incerto.
“Di quanto possa contare la tua rabbia in confronto al vuoto? Occupa spazio, sai?”.
Non poteva esserne certo, ma gli parve che tuonasse una nota di rabbia nella voce di Lily, nel rimproverargli quella decisione di rimanere lì come un inutile, a fumare una sigaretta altrettanto inutile, a perdere del tempo.
Non gli avrebbe chiesto di andare al cimitero, un’altra volta. Nell’attimo di riflessione che poco prima aveva ritagliato per sé, aveva scoperto nascosto in un angolo, il motivo di tutta quella ostinata scelta di non andare.
A James non piaceva fallire, e soprattutto non gli andava affatto a genio non poter far niente. Quando lo guardò, gli chiese con un semplice sguardo schietto che però non aveva perso la tenerezza con la quale aveva capito tutto quello, se lei non avesse ragione. Se per caso, tutto quel fastidio non derivasse dalla concreta realtà data dal non poter fare niente per cancellare quel dolore.
“Non puoi togliergli questa tristezza”.
Gli occhi di James si erano socchiusi appena, le sue dita avevano forzato la presa sul corpo sottile della sigaretta, un attimo dopo si era quasi spezzata. Bruciava come quella goccia di caffè e quel contatto con Lily, l’essere stato mascherato e messo di fronte al fatto compiuto.
“Né impedirgli di vivere questo dolore. Puoi prenderne un pezzetto, o semplicemente, condividerlo con lui. Mi sembra che sia sempre meglio di non fare niente”.
Soggiunse, la sua voce era andata spegnendosi lentamente, mano a mano che l’espressione di James andava cambiando.
Il nodo che gli serrava la gola era diventato quasi ferreo, deglutì a fatica, mentre qualche lacrima si affollava dietro ai suoi occhi e il suo orgoglio si incrinava appena, senza esplosioni o fratture violente, senza alcuna insistenza nell’impedirlo da parte di James. Ondeggiando in quel limbo, non disse niente.
La guardò per un attimo e poi tutto, veramente, tacque.

Anche anni dopo, Lily non seppe mai spiegare cosa accadde in lei, in quel preciso momento, in cui James la guardò senza dire niente. Non seppe neanche in quel momento cosa fosse stato, a farla capitolare.

Una fiera statua di vetro, immobile a specchiare uno sguardo ghiacciato a chi ferma davanti a lui attraversava le sue difese trasparenti, ma solide a proteggere le discrepanze di ogni singola scalfittura dignitosamente visibile dietro al vetro.

Se fu la maturità con la quale lui accettò la sua sconfitta, o l’umiltà con la quale prese atto di aver sbagliato, o la leale amicizia che lo portò a rivedere quello in cui credeva fermamente.

Lei lo guardava con una discreta timidezza, nella scottante impressione che un suo sguardo, o il minimo gesto, avrebbero potuto sfregiare ancora quella statua. Esaminava con una curiosità velata dal pesante velo delle sue palpebre ombrate e delle ciglia scure, quelle cicatrici del vetro; e sentiva un crescente desiderio, una disposizione incontrollata, quasi un volere che andava oltre al suo, di allungare una mano e sciogliere la statua.
Cosa, di lui, avrebbe cancellato, con un tocco anche così leggero?
Sfiorò il palmo della propria mano con le sue dita, voltò le spalle e si allontanò, lasciandogli la giusta intimità.

***

“Sto andando al cimitero, ti va di accompagnarmi?”
Faceva ancora tanto freddo.
Si strinse nel cappotto, attendendo una risposta.
Il vento aveva attenuato il suo soffio, le nuvole si erano scostate di poco l’una dall’altra, la loro compattezza era stata squarciata, ma aveva lasciato a loro il compito di spostarsi altrove, da sole, senza di lui.
Era stata una proposta. E loro avevano accettato.
“Andiamo”.
Faceva ancora così freddo, dopotutto, e il sorriso di Lily – che scaldò qualcosa dentro di lui – era altrettanto intirizzito.
La raggiunse e si pose al suo fianco, incamminandosi con lei.
Passo dopo passo, trovarono sempre più semplice e normale, accettare che stando più vicini facesse meno freddo, e il braccio di James che andò a circondare le esili spalle di Lily, non aveva alcun peso (e ancora nessun impegno, forse). Però teneva caldo.


... never opened myself this way
life is ours, we live it our way
all these words I don't just say
and nothing else matters


trust I seek and I find in you
every day for us something new
open mind for a different view
and nothing else matters


[Nothing else matters – Metallica]

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Quache chiarimento Non credo nè in Dio nè nella chiesa, e questa è la premessa. Spero che non sia arrivato questo messaggio, ma mi rendo conto che la descrizione di quanto accaduto durante la cerimonia in questa fic possa sembrare blasfemo o poco rispettoso, quindi a scanso di equivoci, io sono qui e specifico. ^^
Specifico che l'intento non era affatto quello. Ognuno reagisce a suo modo, le risate di quei tre non vogliono sminuire in alcun modo tutto il resto, nè il valore della sacralità. E, per entrare ancora più nel preciso, aggiungo che quel ridere non è avvenuto per noia o leggerezza, o sprezzo, o altro, si può chiamare forse necessità.

Thanksful to - Manny : Grazie. ^^

- RebelHalloweenJack : I Potter erano in chiesa per la solita messa di Natale ^^ Non ho specificato se fossero ferventi religiosi o meno, perchè nella mia città la messa si svolge in una delle chiese più famose, e molta gente ci va per vedere l'effetto che può fare di notte, e per assistere ad una messa cantata in latino pur non credendo in quello che le parole dicono. Io non li vedo come persone così religiose, però la scelta è libera. ^^ Grazie per la recensione, l'intento era quello, fa piacere sapere che è arrivato a destinazione!

  
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