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Autore: Onirico    31/01/2011    1 recensioni
Allora! Sono appena iscritto ma mi andava di mettere questa storia che sto progettando. E' una storia fantasy basata su degli "Spiriti guida" e dei guerrieri che lo usano per sventare una sottospecie di Apocalisse. Ok, lo so, è un po' banale come tema ma tenterò di rimpinguare più sui contenuti che sulla trama vera e propria, tipo vicende, personaggi e cose varie. Bhè, Enjoy ^^
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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La leggenda narra che un giorno il male sarebbe risorto, colpendo la terra, l’acqua e l’aria in un colpo solo, radendo ogni cosa al suolo insieme alle genti e gli animali che abitavano sulla superficie, nelle profondità abissali o nei cieli più alti di Morsthan, il pianeta d’origine. Ma la dicitura aggiunge che quando tutte e le diciassette lune sparse nel pianeta si allineeranno, cinque guerrieri si ergeranno a difesa del pianeta e della vita, sotto i vessilli degli antichi “Creatori”, i cinque potenti spiriti guardiani che inneggiano forza, coraggio, onore, fede e pazienza. Insieme costituiranno il grande Garuda, l’onnipotente Signore degli Spiriti con cui si avventeranno contro questa mefitica presenza che tutti, o almeno chi ricorda, hanno denominato “Kerathron” o più semplicemente “l’Oscurità”. Ma il tempo è passato e continua a passare e pochi ricordano questa grande storia, nessuno più inneggia “Garuda” o teme “l’Oscurità”, anche se…
 
-         Dimmi… è tutto pronto?
-         Sì mio Signore! Non potevamo farla attendere!
 
Una luce fioca di un leggero bianco illuminava il grande salone dalle alte vetrate dietro allo scranno fatto con quello che sembrava della pelle, le pareti scure sembravano fatte interamente da pietra onice della marca più ricercata e perfetta, coperta in vari punti da arazzi dorati e verdi, su ognuno un motivo decorativo diverso che non era chiaro cosa potesse significare; disegni astratti gettati là alla meno peggio da qualche sarto poco raccomandabile. La stanza era occupata per la maggior parte da un ampio tavolo ovale, ricoperto totalmente da carte di pergamena disegnate o scritte, con simboli runici che nessuno sapeva decifrare, o comunque di difficile comprensione. Il tavolo d’ebano posava su di un pavimento lustrato bianco latte, così in contraddizione con il resto della stanza che aveva un non so che di lugubre. Ad un tratto la pavimentazione si rialzava, in tre o quattro gradini ricoperti da un lungo tappeto rosso sangue, affiancato da due torce in ferro battuto con dei bracieri di dimensioni notevoli dove, tranquillamente, bruciava un fuoco dalle curiose tonalità cromatiche, di un bel blu scuro al centro che andava via via a schiarirsi fino a culminare nel bianco. Fiamme che nulla avevano di “normale”, esattamente come i cieli che si infrangevano sulle vetrate per permettere a tutti di visionare la volta che, solitamente, è celeste. Il cielo era viola, un cupo viola lacerato da vere e proprie fiamme simili a quelle nei bracieri che ardevano, senza riposo, su quell’oscurità che attanagliava il luogo.
 
-         Molto bene, quindi siamo pronti per tutto?
-         Sì, mio Signore! Tutto è esattamente come l’ha ordinato lei, fin nei minimi dettagli!
-         Ovviamente… e… le lune?
-         Purtroppo non le comandiamo Signore.
-         Capisco…
 
Un basso figuro stava vicino allo scranno alto e quasi regale, un tipino alto non più di un metro, dalla pelle verdastra e rugosa, bulbi oculari gialli ed iridi rosse senza pupilla, lunghe orecchie che si protendevano sulle spalle ed un cornino sulla fronte; la bocca sembrava essere prodotta da un taglio trasversale e ricolma di denti giallastri, quei pochi che ne rimanevano. Il corpo assolutamente esiguo era ricoperto da stracci, vestiti che un tempo avevano conosciuto più nobiltà, adesso letteralmente decadenti. Ai polsi due manette in ferro battuto, collegate da una catena spessa e nera che però non culminava con niente, come se quell’esserino fosse stato appena liberato dalla prigionia con un taglio di scure sulle catene.
L’uomo invece era seduto in modo composto, con le gambe accavallate ed il braccio sinistro appoggiato sul bracciolo del trono, il braccio gemello invece era posizionato in maniera meno consona, con il gomito a puntellare l’imbottitura e la mano dello stesso lato a sorreggere quel volto quasi angelico, dai lineamenti perfetti e dagl’occhi d’ambra. I capelli ricadevano a lunghi ciuffi ai lati del volto, neri come la pece fino a ricadere sulle vesti, estremamente nobili e con disegni d’arabeschi assai pregiati che ne coprivano la figura in maniera sontuosa ed impareggiabile. Le labbra di quest’ultimo si schiusero leggermente, labbra tumide e piene, quasi femminili in un certo senso, un po’ come tutta la gestualità del figuro che però possedeva una voce baritonale, profonda, glaciale.
 
-         Allora… non voglio errori e voi questo lo sapete, dico bene?
-         C-certo mio Signore! Come le ho già spiegato tutto è esattamente come l’ha ordinato lei, l’unica cosa che manca a tutto ciò è la disposizione!
-         Sì, la disposizione… non manca molto.
-         Ma… permette mio Signore, che intenzione avete per quei…
 
Un gesto voluttuoso della mano ed energico, l’uomo sembrò togliere la parola al piccino con un sol movimento della mano fasciata in un guanto bianco di seta, su cui si potevano ben vedere dei motivi ricamati in rosso sangue, quasi avessero cristallizzato il plasma per renderlo filo e tessere quella meraviglia.
 
-         Non saranno certo un problema, chiamami Herda.
-         Ma... Signore…
-         Subito.
-         … Come vuole…
 
L’essere verde si mosse, scalpicciò con gran lena fino ad arrivare alla porta d’entrata, un’alta porta a due battenti nera, di pietra, su cui qualcuno aveva levigato e scolpito delle scene totalmente raccapriccianti, tra cui la più grande mostrava un sole che stava letteralmente inabissandosi verso un crepaccio dove si poteva vedere dolore e macerie. La testa del figurino fuoriuscì e si senti parlottare qualche secondo, quel tanto che bastò per chiamare qualcuno, avvertire le guardie di far entrare questa fantomatica “Herda”.
 
-         Inutile mio Signore, sono già qui.
 
L’essere trasalì, guardando dietro alle proprie spalle dove ora, davanti al trono, risiedeva in ginocchio una figura femminile letteralmente ammantata di nero, la sua voce flautata era l’unico indizio sul sesso di lei dato che, stranamente, dal drappo neanche gli occhi erano visibili agli astanti. L’uomo seduto dovette alzare la testa dal suo momentaneo appoggio per poter battere tre volte le mani, quasi fosse sinceramente colpito da quella dimostrazione d’abilità. Sorrise, un sorriso delicato che addolciva ancora di più quelle labbra letteralmente perfette.
 
-         Zir’me, hai visto? Questo è il genere di servitù che mi piace: non si fa vedere, non si fa sentire eppure fa precisamente ciò che gli dico. Impara da Herda.
-         S-sì mio signore…
-         Mi avete chiamato?
 
Chiese la figura apparentemente umanoide sotto gli stracci neri.
 
-         Sì mia dolce Herda. E’ giunto il momento di ripagare il tuo Signore con un piccolo compito che vorrei affidarti…
-         Mi dica.
-         Devi sbarazzarti dei Totem.
 
L’effetto di quell’ordine fu subitaneo, era come se quei drappi neri cominciarono a muoversi dallo spavento, così come la testa della donna che si rialzò per guardare l’uomo seduto davanti a lei, in posizione sopraelevata mentre teneva le mani congiunte e la testa lievemente piegata, ancora con quel sorriso così dolce da far sciogliere sia uomini che donne; mai nessuno avrebbe potuto conoscere un sorriso così bello e candido, quasi fosse una lecornia per gli occhi e per lo spirito. Ma quel sorriso nascondeva un ordine tremendo, i Totem dovevano essere distrutti.
 
-         Ma… Mio Signore Olerth… I Totem…
-         Herda… qualche cosa non va? Cara, ti vedo impallidita eppure ti ho chiesto una semplicissima cosa. Distruggi i Totem, tutti oppure scappa lontano prima che la mia collera possa raggiungerti. E tu sai bene cosa succede quando la mia collera raggiunge qualcuno, vero?
-         …
-         Sì che lo sai, tuo padre stesso l’ha saggiata una volta. Perché una volta è più che sufficiente e, grazie a lui, ora posso sedere in questa comodissima poltrona fatta interamente con la sua pelle. Sai, è più utile ora di quanto non lo fosse in vita.
-         … Come desidera, Mio Signore.
-         Brava ragazza. Ora va, lasciami solo.
 
 
  
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