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Autore: _Jo    31/01/2011    10 recensioni
-Ti prego non lasciarmi!- urlai al punto dove avrebbe dovuto esserci il cuore ma che ormai era occupato da uno stupido organo immobile e silenzioso che non accennava a voler ricominciare a battere per riportare Dave da me.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“-Ehi, senti questa canzone è davvero bella!- esclamai iniziando a cantare a squarciagola rigirandomi la cartina tra le mani.
-Uhuh, mi sa che ci siamo persi…- aggiunsi poco dopo scoppiando a ridere come una pazza.
-Rosie, tesoro, sei leggermente ubriaca… Ti va di dormire un po’?- chiese premuroso Dave portando una mano sulla mia cintura di sicurezza per stringerla di più.
-Eh no, dai amore mio canta con me!- dissi slacciandomi la cintura e cercando di salire in piedi sul sedile.
-Ehi ehi, giù! Siediti Rosie, non scherzare.- disse con tono preoccupato allontanando una mano dal volate per cercare di farmi sedere.
-Eh uffa! Sei noioso Davy!- piagnucolai mettendo su un broncio da bambina e girando la testa verso il finestrino con le braccia incrociate al petto.
-Mi ringrazierai quando arriveremo sani e salvi a casa.-
-Io sono comunque arrabbiata con te.-
-Ok. Cosa posso fare per farmi perdonare?- chiese sbuffando leggermente.
-Dammi un bacio!- risposi pronta.
-Ok, ma mi prometti che dopo dormi un po’?- chiese accarezzandomi una guancia dolcemente.
-Sisi! Te lo prometto!- dissi sorridendo.
-Ok, vieni qua.- disse girandosi verso di me e posando le sue labbra sulle mie in un dolce bacio.
Lo strinsi più forte, quasi per paura che scappasse.
In quel momento una forte luce mi colpì gli occhi. Dave si girò di scatto, fissando gli occhi terrorizzati verso il tir che ci stava per venire addosso.
In un attimo vidi tutti i miei brevi venti anni scorrere davanti ai miei occhi, come un film muto in cui io non potevo più interagire.
Vidi il mio primo giro in bici, con mio padre che correva felice accanto a me e mia madre con un sorriso radioso stampato in viso.
Ricordai il mio primo giorno di scuola, quando l’ansia aveva preso il sopravvento.
Assistetti al mio primo incontro con Dave, nella sala di musica della scuola mentre lui suonava il violino.
Rammentai il nostro primo bacio, sotto la luna nel parco sotto casa mia.
Guardai me e le mie amiche farci belle davanti ad uno specchio per poi scoppiare a ridere tutte insieme.
Rievocai la festa di Katy, il ricordo più recente, l’ultimo ricordo.
E, impotente, guardai tutta la mia vita scivolare via dalle mie mani.
Però avevo un’ultima cosa da fare prima di abbandonarmi alla pace dei sensi: dovevo assicurarmi che Dave stesse bene.
Con difficoltà girai la testa verso il corpo immobile di Dave, aveva gli occhi vitrei, quasi bianchi non più di quel castano caldo che mi faceva impazzire, e la bocca semi aperta in un’espressione shoccata.
La mano destra ancora tesa verso di me, quasi come a volermi regalare un’ultima carezza prima di lasciarmi da sola, per sempre.
Ti raggiungerò amore mio, aspettami staremo per sempre insieme. Pensai prima di chiudere gli occhi.”



Bip… Bip… Bip… Bip… Bip…
Ma possibile che fosse già mattina? Mi sembrava di non aver dormito per niente: ero distrutta, avevo un dolore lancinante alla testa e in più sembrava che mi avessero trapiantata in un corpo non mio. Forse a causa di quello strano sogno… E poi quando avevo cambiato la suoneria della sveglia?
Cercai di stiracchiarmi ma qualcosa me lo impedì: fili, collegati ad una macchina che portavano al mio corpo come fili di una ragnatela invisibile.
Ma cosa diavolo…?
-Tesoro! Rosie tesoro di mamma ti sei svegliata? George! George vieni qui! Si è svegliata! Rosie si è svegliata!- gridò mia mamma abbracciandomi di slancio mentre infinite lacrime le solcavano le guance.
-Cosa… Oh Rosie! Piccola mia stai bene?- all’abbraccio stritolante di mamma si aggiunse anche papà.
-Si, ma cosa sta succedendo? Dove siamo?- chiesi confusa guardandomi attorno il cerca di qualche oggetto che potesse ricordarmi la mia camera… Niente. I muri verdi pallido erano spogli, neanche un poster, e l’unica mobilia presente in quell’ordinata stanza erano varie macchine di cui non conoscevo la funzione e un piccolo comodino. Decisamente non era la mia stanza. Ricordava un po’ un ospedale… Aspetta! Ma allora quello… Quello non era un sogno! Era successo davvero! Oh mio Dio! Dave!
-Amore non devi agitarti, non ti fa bene. Ti spiegheremo tutto più tardi.- disse dolcemente mamma accarezzandomi una guancia.
-Voglio sapere tutto! Adesso!- strillai. –Come sta Dave?! Dov’è?- aggiunsi un attimo dopo.
-Rosie… Devi stare tranquilla, questo non è il momento di parlarne…- ora mamma e papà sembravano ansiosi, quasi mi stessero nascondendo qualcosa.
-Voi sapete qualcosa e non volete dirmelo! Dov’è Dave? Riguarda lui? Sta bene?- chiesi non abbassando di un decibel il volume della voce. Mi stavano nascondendo qualcosa, ne ero sicura. Pregai Dio che Dave stesse bene.
-Rosie, devi calmarti…- cercò di spiegarmi mamma, ma io la bloccai.
-Calmarmi? CALMARMI?! Calmarmi il corno! Pretendo di sapere dov’è Dave e se sta bene.- urlai sentendo i battiti del mio cuore accelerare dal monitor.
-Tesoro, ora dormi. Domani mattina quando sarai più tranquilla ne riparleremo con più calma ok?- chiese gentile mio padre cercando di accarezzarmi un guancia ma mi scansai.
-Non toccarmi!- sibilai livida. Vagai con lo sguardo per il corridoio, oltre alla vetrata che affacciava sulla mia stanza,e vidi una cosa che mi fece gelare il sangue nelle vene e mi fece sperare ardentemente di stare ancora sognando.
I genitori di Dave, abbracciati, in lacrime.
Claire stringeva Luke come se fosse stato il suo unico appiglio con la realtà, come per non scivolare in quel sonno eterno a cui, a giudicare dall’espressione distrutta sul suo viso, molto probabilmente voleva cedere.
A sua volta Luke stringeva Claire cercando di dargli quell’appiglio che, suo malgrado, non possedeva più neanche lui.
Perché quelle sul loro volto non erano lacrime di gioia? Perché diavolo i loro volti esprimevano solo tristezza e dolore?
Un’improvvisa intuizione mi si parò davanti agli occhi, non potevo crederci, non volevo crederci. Non era possibile! Non Dave! Lui sempre così pieno di vita non poteva…
-Bene, se non volete dirmelo lo scoprirò da sola.- dichiarai staccando tutti i fili che mi tenevano bloccata al letto. Poco importava se quei fili mi tenevano in vita, io dovevo sapere se Dave stava bene.
-Rosie! Non fare sciocchezze! Rosie torna subito qui! Infermiera!- strillò mia madre quando si accorse che mi ero alzata. Mi scansai alla presa di papà e con le mie poche forze mi misi a correre fuori dalla porta, verso Claire e Luke. Per fortuna il corridoio era deserto e mamma e papà erano dentro la mia camera chiamare qualche stupida infermiera che sicuramente mi avrebbe somministrato dei sedativi, quasi fossi pazza.
-Claire! Luke!- esclamai una volta raggiunti. –Cosa è successo?-
-Rosie! Oh mio Dio!- invocò Claire buttandosi tra le mie braccia stringendo il mio esile corpo. Ricambiai la stretta immergendo il viso nel collo di Claire annusando il suo profumo, avevo sempre adorato quel profumo: sapeva calmarmi.
-Cos’è successo Claire? Dov’è Dave?- chiesi staccandomi un po’ per guardarla negli occhi.
-Oh Rosie!- piagnucolò riscoppiando a piangere.
-Dimmi che sta bene… Ti prego Claire dimmi che sta bene…- implorai staccandomi come bruciata. Ma Claire non accennava a smettere di piangere, mi girai vero Luke in cerca di qualche gesto, qualcosa che mi confermasse che Dave stava bene. Luke mi lanciò uno sguardo triste e abbracciò stretta la moglie.
No, no, no! Sgranai gli occhi e iniziai ad indietreggiare per poi voltarmi e iniziare a correre. Non poteva essere vero!
Corsi seguendo le indicazioni fino a quando non raggiunsi l’unico piano sottoterra dell’ospedale: l’obitorio.
Quel posto era freddo, senza la minima traccia di calore. Appena varcai la soglia una voragine mi perforò il petto, risucchiando tutti i bei ricordi, tutte le belle emozioni lasciando solo tristezza. Ero come svuotata, come una vecchia bambola di porcellana rotta e lanciata in un angolo.
I miei passi rimbombavano in quell’ambiente apatico, incuteva terrore con quelle lampade bianche che coloravano tutto di una luce surreale.
Raggiunsi un grande porta nera dove c’erano incise sopra le parole: Camera mortuaria.
Avevo paura.
Paura di entrare là dentro e dare voce ai miei sospetti.
Paura di vedere che lui se n’era andato lasciandomi sola.
Paura di rivedere i suoi occhi vitrei e quella mano tesa in una carezza negata.
Avevo paura e basta.
Abbracciandomi da sola per cercare di darmi calore varcai quella porta che mi avrebbe cambiato la vita per sempre.
La stanza era grande e circolare, contornata da panche e tavolini dove molto probabilmente venivano poggiati i fiori.
Nel centro c’era un letto, e Dave era sdraiato su di esso con la mano ancora tesa.
Mi avvicinai lentamente sopprimendo i singhiozzi che volevano perforami l’anima.
Era pieno di tagli più o meno grandi sul viso e sulle braccia, non mi sembravano così gravi.
Poi mi accorsi della profonda ferita che, dalla tempia fino alla base del collo, squarciava il suo viso perfetto.
E fu allora che non riuscii più a trattenermi, scoppiai a piangere buttando la testa sul suo petto; non poteva essere vero. Non il mio Dave!
-Ti prego non lasciarmi!- urlai al punto dove avrebbe dovuto esserci il cuore ma che ormai era occupato da uno stupido organo immobile e silenzioso che non accennava a voler ricominciare a battere per riportare Dave da me.
-Non lasciarmi…- mormorai di nuovo staccandomi da lui e sforzandomi di ricordare.
E, finalmente, il mio cervello collaborò, vomitando davanti ai miei occhi tutte quelle immagini che consideravo un sogno. Ma, purtroppo, era la realtà.
Rividi tutto, dalla festa al corpo immobile del mio Dave, passando per il suo prendermi in braccio per infilarmi in macchina, e dal mio stupido broncio, fino a quella richiesta che aveva causato tutto questo.
Era colpa mia… Era solo colpa mia!
Se solo non mi fossi ubriacata e non avessi fatto quella richiesta così assurda a Dave a quest’ora saremmo insieme, magari a ridere per qualche aneddoto della festa.
Le gambe non mi reggero più. Caddi a terra, mi abbracciai stretta le ginocchia e inizia a dondolarmi come una malata di mente.
-E’ colpa mia, è colpa mia, è colpa mia, è colpa mia…- ripetevo come una mantra.
Ero io la causa di tutto ciò. Ero io la causa del dolore di Claire e Luke!
Li avevo privati del loro unico figlio, del figlio perfetto che ogni genitore vorrebbe.
Lui non si era ubriacato! Aveva bevuto solo una Coca! Perché lui era morto e io ero in vita? Perché mi aveva lasciata sola a combattere contro il mondo? Perché ora non era qui a rassicurarmi con i suoi baci?
Perché io… perché io l’avevo ucciso!
Ecco, l’avevo detto e dirlo lo aveva reso reale. Dirlo aveva impresso a fuoco la parola Morte nella mia mente e nel mio cuore.
-Andiamo, vieni.- disse una voce triste alle mie spalle prendendomi in braccio.
Io uscivo da quel posto per tornare a casa ma Dave? Dave non sarebbe più tornato.
Non avrebbe mai più visto la luce del giorno, non avrebbe più visto il mare che tanto adorava, non avrebbe più suonato il violino.
Semplicemente non avrebbe più vissuto.
   
 
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