Devi ridere.
-
ordine dallo stomaco
-
E allora lo stomaco ride; ride, attraverso questa gola
scorticata, attraverso questa bocca enorme e deformata, attraverso un
suono che
fa tremare le orecchie.
Devi ridere di più. - ordine dal polmone e dal cuore -
E allora cuore e polmone ridono, in questo ammasso confuso
di respiro gelido e secco; ridono senza pensare che tra una risata e
l’altra
bisogna anche respirare e la mia faccia diventa rossa, il mio cervello
scoppia.
Ed
io lo sento scoppiare.
Sento i suoi pezzi imbrattare le pareti del mio cranio e
grido. Grido quel dolore sordo che fanno gli occhi quando si chiudono
sul mondo
e si aprono sul nero del cervello.
Smetti
di ridere! -
ordine dal cervello ancora
intatto -
Ma non si può, non capisci? - spiega il cervello scoppiato -
Se smette li sentiranno, il rumore dei pensieri malsani che corrono
nelle vene,
il logorio di vecchi tarli nei buchi della pelle, il disordinato
scorrere dei
succhi gastrici che non funzionano.
E lo sentirò anche io – rincara il cervello
scoppiato – E io
non voglio sentire il rumore delle solite frasi malvagie che strisciano
sadicamente tra i pensieri normali. Non sai cosa si prova a fondere e
fondere e
ancora e ancora, arrovellandosi dietro ad impulsi persistenti. Sai
cos’è la fatica?
La fatica di resistere e di non lasciarsi andare, di non gettare la
spugna, di
non abbandonare il corpo in preda agli istinti? No, sei il cervello
nuovo, il
cervello buono, il cervello giusto, il cervello inesperto, il cervello
innocente, il cervello saccente, che pensa di sapere e invece nemmeno
capisce,
il cervello ignorante, il cervello incompetente. Non lo sai, per cui
taci e tu,
tu
Ridi,
cazzo,
ridi! -
ordine del cervello
scoppiato e ricomposto -
E allora rido. Rido sempre più forte, senza sapere
perché.
Rido per ridere, perché mi fido di quel cervello che mi sono
costruita, di
quello che non se n’è mai andato, di quello che
è rimasto con me e che ha
resistito, di quello che mi ha salvato, di quello che mi ha fermato, di
quello
che mi ha calmato ed ignoro gli ordini cretini di quel cervello che mi
hanno
appena fornito, perfetto, conforme alle nuove norme di comportamento.
Me ne
frego delle leggi idiote del mio corpo inutile. Me ne frego se
preferisce un
cervello più sano, più integro, più
lucido. E rido, rido perché non lo vedi
quanto ne ho bisogno? A che serve parlare con gli altri, se gli altri
ascoltano
solo i loro cervelli normali.
Parlare, la fallimentare politica del cervello damerino.
Ridere, non ascoltare, questo è ciò che serve,
ciò che conta,
ciò che aiuta. Ciò che stordisce le idee balzane
degli angoli fragili del mio
essere, ciò che frena le dita e le riporta sulla retta via.
Ridere e parlare,
non con gli altri, con me
stessa.
Sussurrare nella notte alle mie orecchie stordite. Sussurrare che va bene, va tutto bene, tu vai bene, fai
bene, ti devi rilassare, calmare, e tutto andrà bene, come
sempre, da sempre,
siamo solo io e te, io che parlo, tu che ascolti, che ti calmi, ti
rilassi, che
non piangi, che respiri, che va bene, fidati che va bene, risolviamo
tutto,
come sempre, perché io non ti abbandono, tu non ti
abbandoni, non puoi
sbagliare, se sbagli cadi, paghi, muori, ma ci sei tu, ci sono io e ci
salviamo, siamo sulla stessa barca e non siamo mai naufragate, viviamo,
da
diciassette anni viviamo e lo faremo ancora e ancora, perché
ci viene, non
bene, non male, ci viene, e va bene così.
E allora rido risate di quel colore marrone che tutti odiano
e che nessuno usa, che nemmeno io amo, ma che descrive al meglio il
rumore
della mia risata, profonda, ma inutile, calda, ma brutta.
Rido risate di facciata e sono brava a fingere di ridere
davvero, di voler
ridere davvero: tu non te ne accorgi, di quello che
c’è sotto. Dici: sei bella, e mi sorridi.
Ridi,
su!
-
ordine dai tuoi
occhi compiaciuti -
Ed io allora rido, perché è così che
si fa, quando qualcuno
ti dice quella parola, quella lì, che non vale niente, ma
che piace a tutti.
Rido perchè pensi di avermi resa felice e non sai di non
aver capito niente.
Rido perché mi stai guardando e potresti sentire i pensieri
che mi affollano la
testa. Rido, non perché me lo dicono i tuoi occhi fiduciosi,
ma perché è meglio
così, perché è più facile
che mostrarti i vecchi fantasmi che ancora mi
tormentano.
Niente
di eccezionale, anzi. Ma era da tempo che volevo
tentare un "ritorno alle origini".
Spero
piaccia, ma non è necessario.
Anche se non rispondo mai ai commenti (perchè non mi piace
ripetere sempre:
grazie mille del tuo commento, mi ha reso immensamente felice), mi
fanno sempre
molto molto piacere. Per cui, ben venga chi recensisce.
A
presto (la prossima sarà la cinquantesima storia, che
emozione!),
Miss
Dark