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Autore: Manny_chan    31/01/2011    7 recensioni
Tutti avevano lasciato qualcuno; una moglie, una madre, una sorella. Tutti rimpiangevano qualcosa.Tranne lui.
Lui era l’unico che marciava in silenzio, sopportando a fatica il peso dell’armatura senza lasciare che un solo suono gli sfuggisse dalle labbra.Di cosa si lamentavano in fondo? Loro avevano un motivo per restare vivi, per tornare a casa.
Lui invece?

Partecipante alla Challenge "Dal Nome Alla Storia"
Genere: Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per la Challnge "Dal Nome Alla Storia"



Duilio: significato Guerra (origine latina)

Sentiva i lamenti. Li sentiva, incessanti.
Tutti avevano lasciato qualcuno; una moglie, una madre, una sorella. Tutti rimpiangevano qualcosa.
Tranne lui.
Lui era l’unico che marciava in silenzio, sopportando a fatica il peso dell’armatura senza lasciare che un solo suono gli sfuggisse dalle labbra.
Di cosa si lamentavano in fondo? Loro avevano un motivo per restare vivi, per tornare a casa.
Lui invece?
Si era arruolato perché non aveva nulla da perdere.
Schiavo liberato, senza genitori e senza una donna da difendere. La sua amata gli era stata negata dal padre di lei, ricco borghese, che lo trovava indegno.
Non aveva nessuno…
Inoltre, con quel fisico magro, apparentemente debole e poco virile, era praticamente un cadavere ambulante. Era certo che alla prima battaglia lo avrebbero abbattuto.
E stranamente, non gli importava granché.


Si fermarono verso sera.
Subito i lamenti dei soldati saturarono l’aria. Avevano marciato ininterrottamente per ore, non vedevano l’ora di sfilarsi, almeno in parte le pesanti armature. Per quasi un’ora il campo fu brulicante di attività poi, al segnale del rancio, si affollarono tutti attorno ai cuochi del campo, che distribuivano le razioni.
Dulio però non si mosse, rimase seduto sulla stuoia su cui dormiva, ad spettare.
Non aveva senso accalcarsi. Prima passavano i generali, i centurioni, poi i soldati più grossi. Lui finiva sempre invariabilmente in fondo alla fila. Era inutile affannarsi tanto,  rischiare pure di prendere qualche pestone, per due chicchi di riso in più…
Avrebbe atteso che la maggior parte dei soldati si fosse servita, prima di andare a reclamare la sua razione.
Era immerso in quei pensieri da un po’, quando una ciotola entrò nel suo campo visivo. Sollevando lentamente lo sguardo, incluse ben altro.
L’uomo che gliela stava porgendo era giovane, sulla trentina. Era muscoloso, dal colorito bronzeo e dai folti capelli neri, lunghi fino alle spalle; Dulio osservò il suo viso mascolino, lo conosceva. Era uno dei generali.
Lo guardò interrogativo, quando questi spinse la ciotola ancora di più sotto il suo naso.
“Mangia”, disse l’uomo. “Affamati come sono gli altri soldati finirai per rimanere senza.”
Sorpreso da quel gesti di inaspettata gentilezza Dulio prese la ciotola, esitante.
“Grazie…”, sospirò alla fine, passandosi una mano tra i sudati capelli color polvere.
Anonimo, era assolutamente anonimo, con capiva cosa avesse spinto quel generale ad essere così gentile con lui.
Guardando la ciotola si rese conto di due cose; la prima, che la ciotola era talmente piena che quasi straboccava. La seconda, che era affamato.
Non fece complimenti, divorò la zuppa , controllando con la coda dell’occhio i movimenti del generale, che si era sistemato lì accanto.
Mangiarono in silenzio però, ed alla fine, quando calò il buio, l’altro si alzò, allontanandosi e lasciando Dulio da solo.


La sera dopo, con sua grande sorpresa, la scena si ripeté.
E, a sorpresa, fu il generale ad attaccare discorso.
“Mi chiamo Marcus”, si presentò.


La sera successiva, gli disse il suo cognome, quella dopo ancora, gli raccontò perché si fosse arruolato.
Parlarono sempre più a lungo e sempre più facilmente. Dulio scoprì che anche Marcus, era come lui.
Non povero, certo. Anzi, aveva una posizione sociale piuttosto elevata. Ma nonostante ciò, non aveva nessuno ad aspettare il suo ritorno.
Dulio, spinto dall’intimità del momento, allungò la mano, posandola su quella di Marcus, silenzioso. Poi, vedendo che non si era sottratto a quel contatto, la strinse appena. Rimasero così per un bel pezzo.
Stava bene quando era con Marcus, riusciva a non pensare alla stanchezza, alla guerra che li aspettava, sempre più vicina.
Lentamente, così come le loro conversazioni, anche quei piccoli gesti d’affetto, si evolsero lentamente.
Abbracci, carezze, baci.
Fino ad amarsi dolcemente sotto le stelle, protetti dalla coltre della notte.
Mentre le mani di Marcus scivolavano sul suo corpo, Dulio non aveva alcun pensiero per la testa se non il compagno. La sua bocca, il suo corpo, premuto contro il suo. Nient’altro. Nemmeno il campo di battaglia, ormai a pochi giorni di distanza.
Quando venne l’alba era felice, come non lo era da tempo. Svegliarsi accanto alla persona che si amava era una sensazione immensamente bella.
Poi, due giorni dopo, il suo mondo, il suo fragile, fragilissimo mondo che aveva faticosamente costruito in quelle settimane di marcia, con Marcus, si infranse.


Dulio aprì gli occhi.
Trasse un respiro doloroso; aveva la gola in fiamme, la testa che sembrava sul punto di esplodere ed un dolore terribile ovunque.
Cercò di gridare, ma dalla gola martoriata uscì solo un rantolo roco.
“Ehi! Allora qualcuno vivo c’è ancora!”, esclamò qualcuno.
Dulio ansimò quando il dolore, che prima era si forte, ma evidentemente ancora assopito, esplose in tutta la sua forza.
Era talmente stremato che persino gridare gli riusciva difficile.
Sentì qualcuno avvicinarsi, poi qualcuno gli afferrò le braccia, trascinandolo con delicatezza su quella che doveva essere una barella di fortuna.
“Siete legionari?”, articolò, a fatica. Non vedeva nulla.
“Si, ma non della vostra compagnia”, rispose la voce di prima.
Si mossero, lentamente.
“Cos’è successo… Non ricordo…”, mormorò Dulio, sofferente.
Ci fu un silenzio carico di significato.
“Vi anno attaccato”, disse infine, una voce nuova. “Un imboscata, vi hanno isolato prima che potesse raggiungere il grosso dell’esercito. Siamo venuti a soccorrevi, ma ormai era tardi… Il grosso della truppa è stato annientato e del rimanente, molti non ce la faranno a superare la notte.”
Di colpo Dulio ricordò.
Si, erano sbucati dalla montagna…
Sentì gli occhi bruciare, come se qualcuno ci avesse conficcato un ferro arroventato, mentre le lacrime prendevano a scivolargli sulle guance.
Marcus…
In mezzo all’apocalisse che si era scatenato lo aveva visto gettarsi contro i nemici, a cavallo, con gli altri generali. Poi era caduto, colpito da una freccia.
“Ci sono sopravvissuti tra i generali?”, soffiò debolmente.
La risposta che gli venne data gli tolse definitivamente la voglia di lottare.
Chiuse gli occhi, lasciandosi andare. Avrebbe voluto dire ai due soldati di lasciarlo lì, preda degli avvoltoi, ma non aveva nemmeno la forza di fare quello.
Capì dalla frescura improvvisa che erano entrati in una tenda, probabilmente un ospedale da campo.
Sentì delle mani gentili che gli slacciavano l’armatura e qualcosa di umido e fresco portare sollievo al suo viso, attenuando quel martellare incessante e doloroso che aveva nella testa.
Venne fatto bere, poi, mentre qualcuno gli ricuciva le ferite, il sonno lo avvolse, pietosamente, facendolo sprofondare nell’incoscienza.


Aveva pregato gli dei perché prendessero la sua vita.
Aveva invocato Ade, perché lo rapisse nel sonno.
Ma nulla.
Era sopravvissuto.
Con la liquidazione che gli era stata data dall’imperatore per i servizi resi, aveva aperto una piccola taverna, per tirare avanti. La vista gli era tornata in parte, faticava a mettere a fuoco le cose lontane, ma era comunque meglio del buio totale dei primi giorni.
Andava lentamente meglio anche dal punto di vista dell’umore. La disperazione nera dei primi giorni i era affievolita.
Rimaneva un dolore sordo, in sottofondo, ma tirava avanti.


Era passato oltre un mese da quando era stato congedato ormai. Nel tardo pomeriggio, aveva aperto da poco per rassettare il locale prima dell’affluenza serale, qualcuno si presentò alla porta della taverna, in largo anticipo rispetto ai clienti abituali.
Un forestiero, pensò Dulio, strofinandosi gli occhi, cercando di metterlo  fuoco, inutilmente. Era contro luce, gli riusciva ancora più faticoso. “Prego, si accomodi”, disse, facendogli segno di accomodarsi, voltandosi per raggiungere il bancone.
Dai passi intuì che l’uomo era entrato.
A sorpresa però, non si sedette, ma lo raggiunse, circondandogli la vita con le braccia e stringendolo con forza.
A Dulio, per un attimo, mancò il fiato.
Aveva provato una sola volta quella sensazione, ma non avrebbe mai potuto dimenticarsene.
L’aveva provata quella notte, parecchio tempo prima, quando si era addormentato con la schiena contro al petto di Marcus, con le sue braccia forti che lo stringevano.
“Non è possibile”, sussurrò.
L’uomo lo strinse ancora di più.
“Marcus…”
“Pensavo che non ti avrei più rivisto…”
Dulio sussultò, non era una voce che poteva confondere con altre. Si accorse che era ancora in piedi solo perché Marcus lo stava sostenendo, perché altrimenti sarebbe finito per terra da un pezzo.
Aveva bisogno di sedersi.
Quasi gli avesse letto nel pensiero Marcus lo accompagnò fino ad un tavolo, facendolo sedere, poi si inginocchiò davanti a lui.
Dulio gli prese il viso tra le mani, toccandolo, passandogli le dita tra i capelli più volte, incredulo.
“Non è possibile…”, ripeté. “Ti hanno colpito e… E nessun generale è sopravvissuto…”
Così gli era stato detto.
Marcus abbassò la testa.
“Sono stato un vigliacco…” mormorò. “A loro interessava ridurre il numero dei rinforzi, certo, ma soprattutto eliminare i generali e gli strateghi… Quando l’ho capito mi sono liberato dell’armatura che indossavo, che mi identificava, e mi sono finto un soldato… La mia ferita non era grave come sembrava… Ma ho preferito nascondermi, fingermi moribondo, in attesa dei rinforzi, invece che combattere…”
Dulio sentiva la vergogna profonda  nel suo tono. Per lui non c’era onta peggiore che un tradimento del genere…
Gli circondò la testa con le braccia, baciandogli i capelli. “Non mi importa, Marcus”, soffiò. “Non mi importa se sei scappato, se ti sei nascosto. Mi importa solo che tu sia qui…”
Gli infilò una mano tra i capelli, tirandoglieli fino a fargli sollevare il viso.
“Ti amo, Marcus…” mormorò, baciandolo.
E ringraziò gli dei  di non aver mai ascoltato le sue preghiere…

   
 
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