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Autore: Mary15389    31/01/2011    1 recensioni
Quattro anni dopo l'arresto di Ronald Weems, un seriale con le sue stesse caratteristiche si ripresenta tra le strade di Washington. La squadra è chiamata a collaborare, ma un presentimento aleggia nei pensieri di tutti...
Genere: Introspettivo, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Then you catch him CAP16 CAPITOLO 16
 
“Non mi sembra la soluzione migliore...” azzardò JJ nel silenzio carico di aspettative che si era creato.
“No.” Intervenne Spencer comprendendo cosa la collega avesse immaginato. “Non ho intenzione di cercare Gideon, però pensavo che quando Jason fece la perizia si fece affiancare da un avvocato che doveva supervisionare che tutto avvenisse a norma di legge e che Nathan non fosse trattato come un sospettato.”
“Sappiamo il suo nome?” chiese Hotch.
“Non credo, ma forse Garcia può...”
“Vai.” lo interruppe Aaron prima di fargli cenno di uscire dalla stanza.
“Vado con lui.” Esclamò Jennifer raggiungendo il ragazzo. “Potrebbero esserci problemi di ordine burocratico.” Spiegò attendendo poi un cenno del capo dell’agente supervisore che le diede conferma.
Non appena i due uscirono dalla stanza, Rossi rivolse gli occhi verso l’orologio e poi si voltò di nuovo verso i colleghi. “Se si sente il fiato sul collo, potrebbe essere già in giro in cerca della prossima vittima.” Comunicò.
“Possiamo organizzare delle pattuglie sulla strada affiancando la polizia...” propose Derek per incontrare il favore dei tre colleghi nell’intraprendere quell’azione.
 
La tecnica informatica era ancora persa nella ricerca di notizie su Nathan Harris e sulla perizia psicologica eseguita su di lui, quando un bussare alla porta interruppe i suoi pensieri. “Amorini miei, come posso aiutarvi?” salutò mentre i due entravano nel suo antro.
“Quando Gideon ha fatto la perizia al nostro sospettato c’era un avvocato, per caso da qualche parte potresti risalire alla sua identità?” chiese Spencer avvicinandosi alla donna seguito a ruota da JJ.
“Ci provo subito genietto.” Rispose lei voltandosi verso la tastiera e cominciando a digitare velocemente. “Dagli archivi dell’FBI non risulta nulla, però prima ho trovato qualcosa di interessante.” Continuò dopo qualche minuto ricercando un file lasciato in standby sul desktop. Lo aprì per mostrarlo agli altri che si sporsero verso il monitor. “Ecco qui. Nathan Harris ha pubblicato un libro.”
“Lo stesso Nathan Harris?” domandò sbalordita la biondina.
“Oh si mia cara, si tratta di un testo illustrato, e, cosa che non mi stupisce per nulla, parla dell’uccisione di alcune prostitute. Molti i riferimenti a Jack lo squartatore...”
“La stava scrivendo quando siamo andati a prenderlo a casa.” ricordò Reid. “Quando è stato pubblicato?”
“Poco tempo fa.”
“È stato dimesso dalla clinica, ha completato il libro, lo ha fatto pubblicare ma non ha ricevuto l’appagamento che desiderava. Quindi è passato alle uccisioni vere e proprie. Penelope abbiamo bisogno di parlare con quell’avvocato.” Riassunse il giovane cominciando ad aggirarsi nervosamente per la stanza.
“Tesorino ci sto provando, ma avrei bisogno di qualche dettaglio in più...”
“C’è la data nella perizia?” chiese improvvisamente l’agente Jareau.
“Controllo subito...si eccola.” Si accertò Penelope.
“Nessuno si può muovere nell’edificio senza uno di questi, giusto?” JJ indicò il badge con la sua foto e la qualifica che aveva appeso alla cintura. “E per qualcuno che non sia dell’FBI c’è bisogno di una registrazione...”
“Mia cara sei un genio!” esclamò Garcia. “Recupero i registri degli ingressi nell’edificio di Quantico e controllo le persone che sono entrate quel giorno e...momento di suspense per i federali che sono attorno a me...” un sorriso si disegnò sulle labbra di Spencer forse per la prima volta in quella giornata, ma svanì in pochi secondi. “Joseph Acorn. Eccovi il vostro legale.”
“Sei tu il genio Penelope...grazie mille.” Rispose raggiante la liaison dell’FBI.
“Sempre a disposizione.” Scherzò con il suo solito tocco di brio vedendo i due colleghi lasciare di nuovo la stanza.
 
“Abbiamo il nome, Joseph Acorn. In più abbiamo scoperto che Harris ha pubblicato un romanzo illustrato sull’uccisione delle prostitute.” Esordì Jennifer rientrando nella sala conferenze.
“Ha provato con questo e non soddisfatto, ha cercato Weems appena uscito di prigione ed è passato all’azione.” Continuò Spencer.
“Come hai detto?” chiese Morgan sollevando gli occhi dalla tazza di caffè che teneva tra le mani. Il silenzio calò tra i presenti, tutti gli occhi rivolti verso il magro ragazzo. “Hai detto che ha cercato Weems?”
“Ah...si, gli ho mostrato la foto di Nathan e mi ha detto che era andato a cercarlo al posto di lavoro e gli aveva fatto delle domande...”
“Deve averlo seguito per sapere che era stato scarcerato e che lavorava proprio in quel centro.” Rifletté a voce alta Prentiss.
“Perché non ci hai avvertito prima?” intervenne David con fermezza.
“L’avevo dimenticato scusate...” fu la risposta del giovane che abbassò gli occhi prima che la sua attenzione venisse catturata nuovamente dall’agente Hotchner.
“Che tipo di domande gli avrebbe fatto?”
“Gli...gli ha chiesto quando aveva capito chi era...e quanto tempo era passato da quando aveva scoperto i suoi istinti a quando aveva ucciso la prima vittima...”
“Non si controlla, è più grave di quello che si credeva. E non sta assolutamente seguendo le cure. Tornerà a caccia stasera sicuramente. Io, Prentiss, Morgan e Dave torniamo in strada, voi andate dall’avocato Acorn e quando finite raggiungeteci.” Ordinò Aaron.
“Ricevuto...” risposero i cinque agenti preparandosi a partire.
 
Come sempre in quegli ultimi giorni, il posto di guida era occupato da Reid che si dirigeva in silenzio verso l’indirizzo segnalato da Penelope come lo studio dell’avvocato Joseph Acorn. Sul sedile accanto a lui c’era JJ, anche lei non parlava, si limitava a guardare fuori dal finestrino con un’espressione particolarmente preoccupata.
“Non eri costretta a venire.” Disse infine il ragazzo vedendo gli occhi blu di lei saettare verso di lui.
“Non sono stata costretta, lo faccio perché lo voglio. Ma soprattutto, potrebbe servirti il mio aiuto.” Precisò. Il silenzio si fece di nuovo fitto.
La ragazza sospirò prima di parlare di nuovo. “Sei pronto per qualsiasi cosa scopriremo?”
“Perché me lo chiedi?”
“Perché ti vedo troppo coinvolto...”
“Siamo arrivati.” Aveva evitato la domanda, non era per nulla un buon segno. Posteggiò il SUV e si diresse seguito dalla donna verso il grattacielo di quaranta piani dove aveva sede lo studio legale.
“Ascensore...” disse Jennifer vedendo il ragazzo dirigersi verso le scale. “Non vorrai fare ventitre piani a piedi?”
“Ah...” deglutì lui spaventato. “Certo che no.” Si convinse allora ad entrare nella scatola metallica al cui interno non c’era nessun altro oltre la collega che schiaccio il pulsante per il ventitreesimo piano.
“Paura?” chiese vedendo diventare il ragazzo sempre più pallido.
“No, anche se diciamo che le statistiche non aiutano.”
“Ma riesci a fare qualcosa senza pensare alle statistiche?” sorrise lei.
“Va bene...allora diciamo che parlo per ricordo di vecchie esperienze.”
“Già va meglio...rimasto bloccato qualche volta?” domandò ancora nell’intento di distrarlo per tutto il tempo della corsa.
“Non dirmi che non te l’hanno raccontato. Con Morgan, durante un caso. Ha completamente perso la testa...e anche se dicono il contrario, io non avevo paura. Anzi cercavo di calmarlo, era lui che stava per morire dal panico...”
Si bloccò per lo sguardo sul viso dell’agente Jareau, lo fissava fin troppo seria. “Visto che ti piacciono le statistiche...quante probabilità ci sono che io non creda a questa storia?” disse lei.
Proprio su uno dei classici sguardi da cucciolo bastonato che riusciva a sfoderare Reid le porte dell’ascensore si aprirono rivelando il piano desiderato. “Da questa parte...” indicò il giovane raggiungendo la porta che recava la targhetta dello studio associato. La segretaria li lasciò entrare chiedendo loro di attendere qualche minuto, il tempo che l’avvocato Acorn avesse terminato l’appuntamento in corso. Quando finalmente fu il momento di entrare furono accolti da un uomo distinto, con una folta barba bianca. “Cosa vuole l’FBI da me?” chiese porgendo la mano agli agenti. Era completamente all’oscuro del motivo della loro visita.
“Niente di compromettente, non si preoccupi. Volevamo solo sapere se per caso aveva qualche documento della perizia psicologica effettuata in sua presenza dall’agente Jason Gideon su Nathan Harris. Parliamo di qualche anno fa, quattro all’incirca, ma speravamo che avesse un archivio magari.” Spiegò brevemente JJ con la sua solita dolcezza e pacatezza mentre prendeva posto di fronte alla scrivania.
“Posso provare a controllare se ho qualche traccia. Anche se stranamente quel ragazzo mi colpì molto. Un attimo di pazienza.” Si rivolse all’interfono che aveva sul tavolo. “Agatha, un favore, controlla nell’archivio se c’è un documento a nome di...” spostò gli occhi verso i suoi ospiti.
“Nathan Harris.” Sussurrò Spencer.
“Si esatto, Nathan Harris. Se lo trovi portalo subito nella mia stanza.” Concluse concentrandosi poi sui due federali. “Come vi dicevo, ricordo quella storia, ma come potete vedere la memoria non mi accompagna molto, quindi preferisco avere i documenti alla mano. Era un ragazzo particolarmente disturbato, la mia presenza lo metteva in imbarazzo, ma ha comunque risposto alle domande del vostro collega. Ma come mai chiedete a me?”
“Lui...” cominciò Spencer, ma non riuscì a proseguire.
“L’agente Gideon ha lasciato l’FBI da un po’ di tempo e non ci sembrava il caso di cercarlo per una cosa del genere.” Intervenne in suo aiuto la donna.
“Capisco, spero nulla di grave. Ricordo che il ragazzo era sospettato di omicidio, si rivelò colpevole?”
“No, ma stavolta potrebbe esserlo...” rispose il dottor Reid voltandosi poi verso la porta alla quale qualcuno aveva bussato. Il battente si aprì per lasciare entrare la segretaria che si diresse a passo spedito verso l’avvocato, al quale consegnò un fascicolo che teneva tra le mani, uscendo poi subito dalla stanza.
“Ecco qui. Nathan Harris, il ragazzo conosceva i segnali d’allarme della psicopatologia del dottor Hare e affermava di non aver mai bagnato il letto o appiccato fuochi. Si preoccupava del suo essere e alla domanda se avesse mai fatto del male a qualcuno, aveva ammesso di aver ucciso un uccellino perché si sentiva triste, questo...”
“Avvocato, mi scusi.” Lo interruppe Jennifer. “Se non le dispiace, potremmo avere una copia del materiale così da poterlo mostrare ai nostri colleghi?”
“Ma certo, nessun problema.” Chiamò immediatamente Agatha per farsi produrre una copia dei documenti che consegnò ai federali accompagnandoli alla porta.
Una volta sul pianerottolo, JJ stuzzicò Spencer. “Sei ancora convinto sul voler fare le scale?”
“Ma no dai, vada per l’ascensore.” Rispose avviandosi non troppo sereno verso la cabina.
  
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