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Autore: _aspasia_    01/02/2011    1 recensioni
Charles era intento a comporre le sue poesie nella sua angusta soffitta in un povero palazzo parigino, quando ad un tratto sentì salire dal piano inferiore una leggiadra musica divina...
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono a casa malata. Questo nuovo capitolo è frutto dell'influenza, di una mente deviata e di un incipit poco casto dato dal mio carissimo prof di Pianoforte (Euterpe benedica quell'uomo) il quale la settimana scorsa mi ha riferito che si dice che Chopin tenesse sempre una matita in bocca mentre dava lezioni a Parigi. Spero vi piaccia.
Personaggi: Charles Baudelaire, Frédéric François Chopin

François è debole. Lo so.
La malattia me lo sta portando via, ne sono consapevole. Ma lui non si arrende, ha colpi di tosse, gli manca il fiato, a volte rantola cereo. Ma si riprende e torna da lui, il mio più grande rivale. Il suo pianoforte.
Tutto ha un inizio ed una fine.
Persino lui.
Persino lui che è l’unico in grado di far emergere il meglio di me. Ha undici anni più di me François, sarebbe un uomo ancora nel pieno degli anni ma la sua salute è cagionevole, troppo. Ma il suo talento ed il suo animo saranno immortali e non moriranno, non scompariranno come neve al sole. Non possono. Vivranno per sempre nelle sue melodie, nei suo componimenti, nelle sue notturne; così belle così magnifiche, entrano nel profondo e non scompaiono mai. François non morirà, anche se il suo cuore smetterà di battere vivrà per sempre in me, e la sua musica resterà all’infinito.
Pochi conosceranno l’uomo, ed io sono onorato di essere tra questi.
Tanti conosceranno le sue opere.
Tuttavia François è ancora in forze, e le usa tutte per comporre, per insegnare persino.
Il mio caro professore.
Gira intorno ai suoi studenti, di norma fanciulle borghesi acconciate a festa pur sapendo di venire qui; gli stivaletti lucidi, l’ombrellino di pizzo ed i capelli abilmente raccolti. Sono belle? Forse.
Vedo solo lui, lui e quella matita tra le sue labbra.
È un suo gesto nervoso, tiene una matita nella bocca, la fa alzare, la fa abbassare, la fa ruotare. Ed io, io impazzisco. Quella matita serve per annotare opinioni, consigli e spiegazioni sugli spartiti di quelle ingenue fanciulle, ma per me è solamente una tentazione. Una terribile tentazione.
È una matita, un pezzettino di legno. Ma io vedo molto di più. Chiamatemi pazzo, chiamatemi perverso. Lo sono.
È una matita, continuo a ripeterlo. Tuttavia sono ore ormai che sono rinchiuso nella mia soffitta a mirare un pezzo di carta, il calamaio a lato, la penna d’oca in mano e nella testa, nella testa ho solo lui, François. L’assenzio giace intonso sul pavimento, neppure lui, mio fedele compagno riesce ad attirare la mia attenzione. Sto impazzendo? Probabile.
Sotto di me un’aria facile, non certo ai livelli di François ma sufficiente per le damigelle di alta società.
Non ce la faccio. Mi alzo di scatto facendo ribaltare la sedia. E corro, corro a perdifiato quasi volando, volando come un albatro nel cielo ed arrivo da lui. Apro la porta ed eccoli. Una fanciulla, nel fiore della giovinezza, la vita ed il seno stretti nel corsetto e la gonna ampia, due piccoli piedini escono da quel mare ti pizzo. Si volta verso di me, gli occhi spalancati per la sopresa e l’ammirazione. Ma non m’importa, non voglio avere queste ragazzine quando posso avere lui.
Lui che ora mi guarda sorpreso ed imbarazzato.                                   
Mi apoggio con una spalla allo stipite della porta, abbasso gli occhi e prendo una sigaretta, la accendo ed inspiro.
Espiro.
Alzo gli occhi.
“Mademoiselle, una carrozza l’aspetta.”
“Cosa? Di già? Oh mon Dieu, je suis desolée Monsieur”
La fanciulla si alza, raccoglie il suo ombrellino e gli spartiti e guarda François.
“Ricordi Mademoiselle di legare bene le note e di tenere il tempo costante, stia attenta.”
“Va bene Monsieur Chopin. A domani.”
Mi guarda, arrosisce. Sono ancora appoggiato alla porta con la sigaretta tra le labbra, neanche a dirlo nella stessa posizione c’è la matita, ma in quelle di François.
Faccio uno strano effetto alle donne ne sono cosapevole, adoro sedurle. Hanno paura di me eppure le attraggo.
“Il vostro nome Monsieur?”
“Baudelaire. Charles Baudelaire”.
Gli occhi della fanciulla si spalancano. Faccio scandalo a Parigi, mi diverte.
Le faccio il baciamano, senza mai lasciare i suoi occhi soffermandomi più del necessario su quella manina candida.
“Au revoir Mademoiselle”.
“Au revoir Monsieur”.
Se ne va veloce, lontano dai miei occhi che lanciano lampi di desiderio, la poverina non sa che non sono per lei ma per il maestro.
Povera ingenua.
“Hai finito il tuo teatrino Charles?”
È François, con ancora quella maledetta matita in bocca.
“Carina quella fanciulla” dico sorridendo.
“Non particolarmente dotata. Cosa ci fai qui Charles? Perché sei piombato durante la mia lezione?”
Mi avvicino a lui, lentamente, spostando lo sguardo dai suoi occhi alla matita.
“Perché ti volevo, ti desideravo”.
“Non potevi aspettare?”
“No. Questa matita che tieni tra le tue morbide, vermiglie labbra è una fonte continua di distrazione François”.
Il mio musicista sorride, vedo la sua lingua che gioca con il retro della matita, e non comprendo più nulla.
“Ti desidero François”.
Mi avvento su di lui, stringendolo tra le braccia, è così magro, così delicato. Devo stare attento, non voglio fargli del male.
Le sue labbra sono così morbide, così piene. Potrei morire su quelle labbra.
Lo spoglio lentamente, sfiorando il suo petto con la bocca socchiusa. François geme e ancora una volta i suoi sospiri sono per me musica celestiale.
Alcune persone sono nate con uno scopo, tutto di lui urla musica; la voce, le mani, i capelli, gli occhi, sono tutti armonie diverse eppure simili che si intrecciano sapientemente tra loro.
“Perché…perché la matita di distrae Charles?”
“Imaggina”.
“Voglio sentirmelo dire”.
“Ah…Chéri…perché voglio che tra le tue labbra non ci sia quella matita bensì me, il mio membro, la mia virilità. Voglio che tu mi lecchi Chéri, voglio sentire le tue labbra ovunque”.
E lo fa. Le sue mani mi accarezzano con una devozione che dona solamente al suo pianoforte e a me. Mi slaccia i calzoni che scivolano via da me. Le sua mani solo calde e le sue dita sono lunghe, mi accarezza voluttuoso, sfiora leggero come una piuma.
Arriva al mio mebro e lo sfiora leggermente. Compie dei cerchi attorno al glande ed io…io gemo. Gemo come non ho mai fatto, François mi eccita come mai nessuno è riuscito. E poi, e poi le sue labbra vengono da me, sono umide e piene, lecca e succhia.
Non invidio più la matita.
  
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