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Autore: RedMarauder    01/02/2011    7 recensioni
"Fisso la foto abbandonata li sopra: è un po’ stropicciata, per via dei mille viaggi che ha fatto in giro per casa, ma è ancora bellissima. Non l’aveva più lasciata: se la portava ovunque, in cucina, in salotto, sul comodino mentre dormiva.
Spesso mi fermavo a spiarla: la guardava sempre, si perdeva a disegnare con le dita sull’immagine finti cerchi intorno ai visi. Come se volesse accarezzarli."
sono tornata alla carica con una storia mooolto sentimentale, un pò triste all'inizio, ma tanto tanto romantica!
pariting--> JISBON!
Buona lettura
Giada:)
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 6- CHILDREN ALWAYS UNDERSTAND
 
 
Alice
 
Io e papà siamo acquattati davanti alla porta della mamma.
Stamattina è venuto lui a svegliarmi, un po’ prima del solito, per fare uno scherzo alla mamma.
Ci guardiamo negli occhi con un sorriso, in silenzio.
Poi contiamo insieme con le dita: 1,2,3
Papà spalanca la porta e corriamo tutti e due a raffica verso il letto urlando, cadendo addosso alla mamma, facendola svegliare di soprassalto e spaventandola anche un po’.
Poi insieme le facciamo il solletico, mentre lei ride e ci prega di smetterla.
“Va bene, va bene, ho capito, buongiorno anche a voi” ci dice ridendo.
Lei si solleva sedendosi e io mi lancio subito fra le sue braccia.
“L’idea è stata di papà” le confesso.
Lei ride alzando le sopracciglia e girandosi verso di lui “Non l’avrei mai detto!”
Lui ride e la abbraccia, stringendo anche me. Adoro i nostri abbracci di famiglia. Mi fanno capire che ora siamo una vera famiglia, e che papà è qui con noi!
Poi ci da un bacio sulla guancia a tutte e due.
“Chi ha fame?” chiede con un sorriso.
Io mi lancio su di lui ridendo “Io ho fame!” esclamo.
“Allora via, si va a fare colazione!” annuncia papà, caricandomi sulle spalle.
“Forza mamma sbrigati!” le dico mentre vedo che si alza lentamente dal letto.
“è vero muoviti pigrona, sei in ritardo sulla tabella di marcia della famiglia Jane” dice papà sorridendole.
Lei fa quella faccia cattiva che le vedo fare ogni tanto “tabella di marcia della famiglia Jane?” chiede sarcastica “da quando hai una tabella di marcia?” chiede alzandosi e venendoci incontro.
“Da quando ho una famiglia!” risponde papà alzando le spalle.
La mamma alza gli occhi al cielo e ci segue disotto.
Mi siedo  a tavola, papà prepara la colazione mentre la mamma ne approfitta per tornare di sopra a prepararsi per il lavoro.
Quando la mamma torna disotto io sto già mangiando gli ottimi pancake di papà, e sto bevendo il mio latte.
Come fa papà a saperlo che è la colazione che preferisco? Boh..gliel’avrà detto la mamma.
La mamma si siede a tavola e papà le da la sua tazza di caffè. Si sorridono guardandosi come si guardano sempre da quando papà è tornato, ovvero solo ieri. Sembra molto più tempo.
“Lo so che siete felici di rivedervi, ma dovete sorridervi in quel modo tutte le volte?” chiedo disgustata da tutta quella dolcezza.
Mamma e papà mi guardano allibiti, poi papà sorride, mentre la mamma continua a guardarmi sbalordita.
“Lo so che sei gelosa, ma io amo anche te!” mi dice papà.
Io gli faccio la linguaccia “Non sono gelosa” ribatto subito.
“Si che lo sei!” dice papà facendo anche lui la linguaccia.
La mamma alza gli occhi al cielo.
“Va bene bambini è ora di prepararsi!” ci dice prendendoci in giro “Forza Alice sono già le otto, fra poco arriva Anna e tu sei ancora in pigiama!”
Scendo dalla sedia, facendo un’altra smorfia a papà e poi corro di sopra con la mamma, mentre lui ride.
 
 
Jane
 
Sto ancora ridendo quando suona il campanello.
“Patrick apri è la baby-sitter!” mi urla Teresa da di sopra.
Vado alla porta e la apro.
Davanti a me c’è una ragazza bionda, molto giovane e molto carina, che prima mi sorride. Poi la sua espressione diventa un misto fra dubbio e ansia.
“Sono Anna, la baby-sitter di Alice” mi dice, la voce le trema.
Sto per chiedermi il perché di tutta questa apprensione, poi ho l’illuminazione: deve avermi visto in foto, e nessuno le ha detto che sono tornato.
“Ah si, io sono chi tu pensi che io sia” le rispondo sorridendole e porgendole la mano.
“Patrick!” mi presento.
Lei mi stringe la mano con un piccolo sorriso timido.
La faccio entrare in casa e quando chiudo la porta lei si gira puntandomi il dito contro.
“Forse non dovrei intromettermi, ma voglio dirtelo lo stesso: voglio molto bene ad Alice, la considero come una sorella minore. Scappa un’altra volta, fa soffrire lei e quella donna e giuro che dovrai vedertela con me!”
Le sorrido “Consideralo un giuramento”.
Agguerrita la ragazza..
Lei mi sorride capendo che sono totalmente sincero “Lieta di conoscerti comunque!”
In quel momento arriva mia figlia urlando “Anna!!”
Le salta in braccio, mentre Anna la saluta “ciao piccola! Pronta per l’asilo?” le chiede.
Alice annuisce “Anna hai visto che è tornato papà!” sorride indicandomi.
“Si ho visto!” si sorridono “ora andiamo però che è tardissimo! Saluta mamma e papà!” le dice rimettendola a terra.
Alice corre da Teresa che scende in quel momento e la abbraccia
“Ci vediamo stasera al CBI piccola, fa la brava mi raccomando!” le dice dandole un bacio sulla guancia.
Lei annuisce, le da un bacio e corre da me.
“A stasera tesoro!” le do un bacio, lei mi sorride e mi abbraccia.
Poi prende per mano Anna e se ne vanno salutando.
“Pronto?” chiede Teresa prendendo le chiavi della macchina.
“Non molto, si ricorderanno chi sono?” chiedo ironizzando.
Teresa alza gli occhi al cielo inchiavando la porta d’ingresso, “Sarebbe difficile scordarsi” commenta sospirando.
Ci avviamo alla macchina sorridendo, ricominciando la nostra routine.
 
 
Teresa
 
 
Arriviamo poco dopo al CBI, dove tutti nel parcheggio si girano a guardarci.
Non sa nessuno del ritorno di Jane, tutti rimangono immobili a guardarlo.
Ci avviamo lungo le scale mentre Jane saluta qui e là gli agenti all’ingresso, seguito da svariati e sorpresi  “Bentornato!”
Quando arriviamo nel bullpen non ci sono più sguardi sbalorditi: molta più gente del solito occupa lo spazio fra le scrivanie, sento un colpo sonoro del tappo di una bottiglia e un coro allegro di “Bentornato Jane!”.
Jane rimane sorpreso guardando tutti i nostri colleghi radunati lì per lui.
“Ragazzi così mi fate arrossire!” commenta come suo solito.
L’atmosfera si fa più allegra, perché ora tutti si rendono conto che lui è realmente tornato.
Rigsby fa girare bicchieri di spumante e quando tutti, compresi noi, ne hanno uno, alza il proprio.
“Al nostro consulente che ci mancava così tanto e che da oggi  tornerà a rompere le scatole a tutti quanti!”
Tutti ridono e alzano il bicchiere brindando.
Mi volto verso di lui e gli sorrido “Bentornato”
“Grazie!” mi risponde sorridendo e avvicinando il suo bicchiere al mio.
“Abbiamo una piccola sorpresa!” esclama squillante Grace.
“Che sorpresa?” chiede Jane curioso.
Grace e Rigsby lo prendono per le braccia e lo portano verso il fondo della sala, dove le persone si spostano contemporaneamente, rivelando la sorpresa: il divano di Jane è tornato al suo posto circondato da un gigantesco fiocco blu.
“Cosa saresti senza il tuo divano?” chiede Cho retorico.
“Grazie ragazzi!” esclama Jane leggermente commosso.
Lentamente la gente torna al proprio lavoro, e noi cinque rimaniamo lì: siamo di nuovo tutti insieme, come se fossimo tornati indietro nel tempo.
In quel momento compare Hightower
“Scusate, mi sono persa la festa!” viene verso Jane e lo abbraccia.
“Bentornato Patrick sono contenta di riaverti al CBI!” esclama sincera.
“E io sono pronto a tornare sul campo!” esclama lui allegro.
“Vieni nel mio ufficio, così firmi il nuovo contratto e ti riprendi il tesserino” poi si volta verso di me “Vieni anche tu Lisbon!” mi dice sorridendo.
Annuisco  e vado con lei e Jane.
Mi aspettavo la chiacchierata con il capo!
Quando entriamo ci sediamo, ognuno ai rispettivi posti. Jane firma il suo pezzo di carta e si riprende il suo nuovo tesserino.
Vecchia foto, vecchio lavoro!
“Lasciatelo dire Patrick hai una figlia meravigliosa!” commenta Hightower con un sorriso.
“Merito della madre!” risponde lui sorridendomi.
Io arrossisco e ricambio il sorriso.
“Ho concesso a Lisbon un orario di lavoro più flessibile, ora che sei tornato vorrei sapere come devo gestirvi?” chiede tranquilla guardandoci.
“Potrei ritornare al vecchio orario e lasciare a lui quello più flessibile!” propongo.
Lui mi sorride “Posso arrivare più tardi al lavoro?” chiede
Alzo gli occhi al cielo “Jane arrivavi comunque allo stesso orario anche senza permesso, non fa molta differenza!”
Lui si finge indignato “Non è vero, non sempre almeno!”
Sospiro spazientita “Come vuoi!”
Hightower scoppia a ridere, mentre io la guardo sorpresa
“Vedo che la lontananza non ha cambiato la vostra routine!” commenta sorridendo.
“Irritante, tale e quale a prima!” commento, con un mezzo sorriso.
“Grazie Lisbon, sono contento! Significa che non è cambiato niente e che continueremo a prendere i cattivi esattamente come prima!” risponde sorridendomi e alzandosi in piedi.
“Che gran bella notizia per la nostra carriera!” commenta sarcastica Hightower, ma sorride.
Mi alzo salutando il capo e uscendo con lui dall’ufficio.
“Allora, andiamo?” chiede curioso.
Lo guardo perplessa “Perché dove vuoi andare?”
“Non abbiamo un caso?” chiede speranzoso.
“No, niente casi oggi!” rispondo alzando le spalle.
Lui mi fissa sbalordito “E allora cosa sono venuto a fare io?”
Sospiro alzando gli occhi al cielo, senza rispondergli. Ritorno nel bullpen dove gli altri stanno un po’ lavorando, un po’ passando il tempo.
Jane mi segue silenzioso, toglie il fiocco dal suo divano e si siede sospirando.
Lo osservo mentre chiude gli occhi sorridendo, godendosi il ritorno sul suo amato divano, nel suo posto di lavoro.
Patrick Jane, nel suo consueto tre pezzi, sul suo consueto divano. Sembra un’immagine passata, invece che presente.
Mi siedo accanto a lui, che apre gli occhi e mi sorride. Mi prende la mano e rimaniamo a guardarci felici.
Vedo una rapida occhiata di Van Pelt, e un sorriso che ora rivolge al computer.
Dopo qualche secondo mi alzo.
“Ho del lavoro da sistemare” gli spiego.
Si alza anche lui sorridendomi “Ti faccio compagnia”
Gli sorrido e andiamo insieme nel mio ufficio, come avremmo fatto quattro anni fa.
 
 
Alice
 
 
Sono all’asilo e sto giocando con Rosalie. Le ho raccontato che il mio papà è tornato e lei è stata molto contenta di saperlo.
“Quindi ora vivrete tutti insieme?” mi chiede.
Rosalie è una bambina molto bella: ha i capelli scuri, quasi come quelli della mai mamma, e ricci. Ha gli occhi verdi come i miei.
“Penso di si, ma la mamma è ancora un po’ arrabbiata secondo me” rispondo sincera.
“Quindi verrà anche il tuo papà alla festa dell’asilo!” esclama contenta.
Anche io sono contentissima che verrà. Anche il papà di Rosalie ci sarà, è per questo che siamo così felici.
“Si ci sarà!” rispondo sorridendo contenta.
Non vedo l’ora che sia il momento di andare al CBI per riabbracciarli!
 
Teresa
 
 
Sono quasi le 17. Fra poco arriverà Alice!
La giornata è stata molto tranquilla: ho svolto tutto il lavoro di ufficio in compagnia di Jane, che mi raccontava qualche aneddoto dei suoi stravaganti spostamenti in Europa.
È stato piacevole sentirlo raccontare, ma solo perché ha smesso di farmi male.
Ogni tanto sento qualche raggio di dolore che viene dal ricordo di ciò che ho vissuto. Poi ripenso al fatto che è tornato e tutto scompare, mi sento di nuovo felice e tranquilla.
Non sono riuscita a staccargli gli occhi di dosso per tutto il giorno.
Non riesco a resistere alla tentazione di guardarlo, di assaporare la sua presenza accanto a me.
Spesso gli prendo la mano senza nemmeno rendermene conto, perché non resisto alla tentazione di toccarlo, di sentire la sua pelle morbida e accarezzarla.
Ho l’impressione che sarà più facile del previsto innamorarmi di nuovo, forse perché non ho mai veramente smesso di farlo.
Né nei momenti felice, né nei momenti bui.
 
Poco dopo sento delle risate venire dal bullpen. Anche Patrick se ne accorge, e capisce che qualcuno di nostra conoscenza è arrivato.
Usciamo dal mio ufficio e andiamo insieme nel bullpen.
Alice ci corre incontro sorridendo radiosa “Mamma! Papà!”
Patrick è più veloce di me e la afferra al volo, abbracciandola. Alice lo stringe poi, quando sono vicina a lei, si sporge per venire in braccio a me. Mi bacia dolcemente la guancia.
“Ciao piccolina!” la saluto sorridendole, mentre lui si avvicina e ci abbraccia tutte e due.
Tutti gli altri ci guardano inteneriti da quella scena. La famiglia Jane al completo e di nuovo unita. Anni fa sembrava quasi un’utopia.
“Com’è andata all’asilo?” le chiedo curiosa.
“Bene, abbiamo disegnato i cartelloni per la festa di domani!” ci racconta sorridendo “Rosalie è contenta, perché ci saremo tutti quanti, e anche i nostri papà”
“Bene, sono contenta anche io” le sorrido.
“E oggi pomeriggio cosa hai fatto?” chiede Patrick sorridendole.
“Sono stata al parco con Anna, abbiamo passeggiato, abbiamo mangiato il gelato e poi Anna mi ha riportata qui, ma è dovuta andare via subito, infatti sono salita con Tommy” ci spiega sorridendo.
Tommy è molto affezionato ad Alice, come un po’ tutti al CBI. È diventata la mascotte dell’ufficio.
“Devo finire del lavoro, poi possiamo andare a casa. Aspetta qui con papà, io torno subito” le dico dandole un bacio sulla guancia.
Lei annuisce e torna in braccio a suo padre.
Voglio lasciarli un pochettino da soli, ne hanno bisogno. Torno nel mio ufficio e cerco di finire  in fretta il lavoro, per poter tornare a casa e gustarmi la serata in santa pace con la mia famiglia.
 
Quando torno nel bullpen gli altri stanno ridendo. Jane sta facendo uno dei suoi soliti spettacolini assieme a Rigsby, che è destinato a perdere come sempre. Grace tiene in braccio Alice e Cho è accanto a loro.
Mi avvicino e mi siedo affianco a Grace.
“Mamma, papà sta facendo un trucco con le carte, guarda che bravo! Sta fregando lo zio Rigsby!” esclama convinta e divertita.
Rido, mentre Rigsby si gira sbalordito verso di lei “Non è ancora detta l’ultima parola!” esclama, poco sicuro di sé però.
Infatti, come volevasi dimostrare, ha perso! Alice guarda suo padre con ammirazione. Vedo nei suoi occhi la curiosità e il desiderio di imparare e diventare brava come lui.
Patrick si gira e la prende in braccio. Si fermano a guardarsi in silenzio, sorridendosi, mentre gli altri prendono in giro Rigsby.
Mi avvicino a loro, risvegliandoli dalla loro comunicazione silenziosa. Ho come l’impressione che Jane stia insegnando a sua figlia a leggere la mente!
“Andiamo a casa?” chiedo a tutti e due con un sorriso.
“Si, io ho fame!” annuncia Alice.
Alzo gli occhi al cielo ridendo “Chi l’avrebbe detto!” la prendo in giro.
Lei mi fa la linguaccia, mentre Patrick ci sorride.
Salutiamo tutti e usciamo dal CBI.
Una volta a casa Alice annuncia di avere voglia di pizza, così ordiniamo tutto per telefono.
“Vado a farmi la doccia, pensate di riuscire a stare un po’ da soli senza combinare casini?” chiedo prendendoli in giro.
“Tranquilla mi tiene d’occhio Alice!” mi risponde Patrick prendendosi in giro da solo.
Lei sorride radiosa annuendo “Ci penso io mamma!”.
Rido della sua espressione: sembra veramente la più adulta.
Li lascio soli e mi infilo sotto la doccia.
Mentre il getto d’acqua calda mi solletica la pelle ripenso alle ultime due giornate. Patrick è tornato, Alice ha un papà, e io ho la mia famiglia.
Sorrido finalmente felice. Tempo fa non avrei mai immaginato che sarebbe accaduto davvero. Pensavo fosse impossibile, ma mi sbagliavo.
E sono veramente contenta di essermi sbagliata!
Un pensiero mi fa tremare cuore e stomaco. Ogni sentimento che provavo per lui sta tornando in superficie. Erano stati sepolti dal dolore, ma ora sono liberi di tornare.
Tutto l’amore sta tornando nel mio cuore, finalmente libero dal ghiaccio.
Sospiro felice ed esco dalla doccia per prepararmi.
Una parte, forse poco nobile, di me non vede l’ora che Alice si addormenti per rimanere sola con lui. Sono stati pochissimi i momenti in cui siamo riusciti a rimanere soli, e voglio recuperare.
Voglio rimanere con lui e godermi veramente il suo ritorno, qualunque cosa accada.
 
Quando scendo disotto, Alice e Patrick sono stesi sul pavimento. Lui si è tolto la giacca, che giace appoggiata a una sedia in cucina.
Se ne stanno lì stesi per terra con un mucchio infinito di carte davanti.
“Che combinate?” chiedo sedendomi di fianco ad Alice.
“Insegno a nostra figlia dei semplici trucchetti con le carte!” mi risponde sorridendo senza staccare gli occhi da Alice, che invece fissa le carte attenta.
Poi lei alza lo guardo sorridendomi “Sto imparando un sacco di cose, papà mi insegna anche a fregare lo zio Rigsby!” esclama entusiasta.
Sorrido e rimango a guardare tutta la spiegazione. Alice sembra capire tutto, e quando facciamo una prova, riesce persino a battermi, nonostante anche io abbia ascoltato le istruzioni di Patrick.
“Lascia perdere, tua madre è un disastro!” mi prende giro lui sorridendomi.
Lo fisso sbalordita “Come prego?” chiedo fingendomi indignata.
Gli tiro un pugno sul braccio e lui ride cercando di allontanarmi quando carico il secondo.
Alice ci guarda ridendo e tifando per me.
In quel momento suonano alla porta, deve essere il fattorino. Patrick si alza ancora ridendo e va ad aprire. Quando rientra il profumo della pizza calda invade la casa e mi fa brontolare lo stomaco.
Andiamo a sederci a tavola e apriamo le nostre pizze. Patrick si mette capotavola, e io Alice ai suoi lati.
Patrick cerca di rubarmi la salsiccia, mentre io allontano la sua forchetta con la mia.
“Se ti andava la salsiccia perché non l’hai presa anche tu?” gli chiedo ridendo.
“Perché mi andava più l’ananas! Dai solo un’altra” mi supplica con i suoi occhioni dolci tipici di quando vuole fregarmi.
Sospiro spazientita “Solo una!” lo avverto, mentre sorridendo infilza la forchetta nella mia pizza. Alice, che era rimasta silenziosa e apparentemente indifferente, approfitta della distrazione del padre per rubargli un pezzo di ananas, mentre io le faccio l’occhiolino
Patrick se ne accorge e si gira a guardarla, fingendosi  offeso e triste.
“Mi hai rubato l’ananas!” esclama imbronciandosi.
“Tu hai rubato la salsiccia alla mamma!” esclama tranquilla Alice, alzando le spalle.
Rido divertita da quella scena “Tale padre, tale figlia!”  esclamo guardandoli.
Allungo la forchetta e rubo anche io un pezzo di ananas dalla sua pizza.
Lui si volta di scatto a guardarmi, sgranando gli occhi.
“Hai rubato la salsiccia alla mamma!” mi giustifico imitando il tono spavaldo di mia figlia, che ride a crepapelle.
Improvvisamente Patrick afferra il cartone di pizza e lo avvicina a sé lontano dal tavolo.
“Via tutte e due dalla mia pizza!” esclama fingendosi offeso.
Io e Alice ridiamo e torniamo  a mangiare tranquille la nostra pizza, battendoci il cinque in mezzo al tavolo.
Fra un furto e l’altro riusciamo a finire di mangiare. Ci spostiamo sul divano e guardiamo un film tutti e tre insieme.
Alice si siede in mezzo a noi, e ci tiene tutti e due per mano. È bellissimo vederla così contenta.
Dopo nemmeno un’ora, però, si addormenta. Mi alzo sorridendo a Patrick e la prendo in braccio.
Le metto il suo piccolo pigiama e la infilo nel lettino. Dorme talmente tanto profondamente che non si accorge di niente. La copro per bene e le do una bacio sulla fronte.
Torno disotto e mi lascio cadere sul divano di fianco a Jane, che nel frattempo ha continuato a guardare il film.
Ci voltiamo a guardarci contemporaneamente sorridendoci. Patrick ha uno sguardo strano, lo stesso che ha quando ne combina una e non vuole dirmelo.
“Parla” gli dico con un sorriso.
Lui mi fissa per un secondo un po’ sorpreso, poi si riprende.
“Non è niente, sono solo felice di essere qui. Sono felice di avere una figlia meravigliosa come Alice, e che sua madre sia fantastica tanto quanto lei” mi sorride sincero.
Sorrido guardando verso la tv “Ruffiano” lo prendo in giro.
Lui sorride “Solo un po’!”
“C’è una cosa che vorrei chiederti” confessa un po’ più triste e spento.
Mi volto a guardarlo preoccupata dal suo sguardo.
“Tutto quello che vuoi” rispondo.
Prende un bel sospiro e alza gli occhi puntandoli nei miei.
“Quando è stato giustiziato?” chiede con una nota di dolore.
Capisco a chi si riferisce, è inevitabile. Sospiro piano.
“Sei mesi dopo la tua partenza, il processo è stato più breve del previsto. Nessuno di noi è andato ad assistere, io ero al sesto mese di gravidanza e non me la sono sentita. Per quanto ne so gli è stata fatta l’iniezione” spiego.
Patrick annuisce piano.
“Saresti andato?” chiedo curiosa, forse mancando di tatto.
“No, penso di no. Avrebbe solo peggiorato il mio stato d’animo” risponde sincero.
Poi sorride, ritornando sereno e tranquillo come pochi minuti prima.
“è finita, basta pensare a lui. Ho di meglio da fare!” esclama contento.
Sorrido anche io “Sentiamo, cosa avresti di così importante a cui pensare?” chiedo.
“Be, prima di tutto devo crescere mia figlia, e secondo, ma non meno importante, devo riconquistare sua madre!” mi sorride sornione.
Sorrido arrossendo leggermente “Buona fortuna!” scherzo alzando un sopracciglio.
“Non sono sicuro di avere bisogno di molta fortuna!” esclama sorridendo.
Alzo le sopracciglia “Convinto tu!” commento, ma sorrido.
Restiamo per qualche minuto in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Patrick allunga la mano e accarezza la mia.
Mi volto a sorridergli, e rimaniamo occhi negli occhi, le mani ancora intrecciate.
Sta per parlare, ma lo squillo del mio telefono interrompe il nostro momento intenso.
Sbuffo prendendo il cellulare dal tavolino.
“Lisbon” rispondo poco entusiasta.
“Agente Lisbon è stato segnalato un cadavere vicino al molo, ho bisogno del vostro intervento” mi spiega Hightower, scocciata anche lei dal lavoro extra serale.
Sospiro disperata “Sarò lì fra venti minuti, gli altri sono stati informati?” chiedo
“Sono già pronti a partire” risponde.
“Arrivo” rispondo   e chiudo la chiamata.
“Fammi indovinare, un cadavere?” chiede Patrick sorridendo sornione.
Annuisco imbronciata.
“Vuoi che vada io?” chiede gentile.
Sbuffo con un sorriso “Sei matto? Non ti avvicini a una scena del crimine senza di me!” rispondo alzandomi dal divano.
Patrick si alza con me seguendomi fino all’ingresso, mentre prendo giacca e chiavi.
“Probabilmente dovrò rimanere in ufficio fino a domani mattina, pensi di potertela cavare da solo?” chiedo fingendomi preoccupata per prenderlo in giro.
“Certo che posso!” mi sorride tranquillo.
“Significa svegliarti, svegliare Alice, ricordarti di portarla all’asilo, magari anche nutrirla e vestirla se riesci!” spiego con una nota di sarcasmo.
“Alice è in una botte di ferro!” mi risponde sicuro, poi mi da un bacio sulla guancia, mi prende per le spalle e mi volta verso la porta
“Vai e prendi il cattivo!” risponde mentre io alzo gli occhi al cielo.
Mi volto appena fuori dalla porta puntandogli il dito contro, sto per parlare, ma lui mi ferma.
“Non aprire la porta agli sconosciuti, non lasciare il gas acceso e inchiavare casa prima di andare via!” risponde sorridendo.
Sorrido prendendolo in giro “E obbedisci a Alice mi raccomando!”
“Sarà fatto!” mi sorride e mi da un altro bacio sulla guancia, un po’ più lungo e dolce di quello di prima.
“Corri!” mi dice mentre mi volto per andarmene.
Lo saluto con la mano e salgo in macchina.
Fantastico mi dico mentre viaggio in auto per raggiungere la scena del crimine. Se volevo un momento per stare sola con lui, ora  me lo posso sognare.
Certo che il tempismo degli assassini sfiora la perfezione!
 
Arrivo sulla scena del crimine, parcheggio dietro il furgoncino del CBI e scendo per raggiungere gli altri.
“Cos’abbiamo?” chiedo sospirando mente mi avvicino agli altri che mi aspettano prima di proseguire.
“Un cadavere” risponde Rigsby sbadigliando, probabilmente dormiva.
“Grazie Rigsby, davvero illuminante” commento sarcastica.
“Una donna, non ancora identificata, colpo d’arma da fuoco alla testa” risponde Cho pronto.
Nel frattempo raggiungiamo il corpo, che giace disteso dietro un grosso furgone.
“Il furgone?” chiedo.
“Risulta rubato ieri, ci sono tracce di sangue sul sedile del passeggero, deve averla trasportata con questo” risponde Grace.
Osservo il corpo della donna, cercando qualche dettaglio utile, ma non noto niente di strano.
“Identificata!” annuncia Rigsby, che stava parlando con un agente della scientifica “Mandy Hock, 32 anni, viveva a sud di Sacramento, sposata con Terrance Smith”
“Il marito è stato chiamato?” chiedo a Rigsby.
“L’hanno appena rintracciato i poliziotti della zona, ce ne occupiamo noi?” chiede sconfortato dal lavoro notturno.
“Andiamo io e Van Pelt, voi finite con la scena del crimine, poi andate al CBI, vi raggiungiamo lì” gli rispondo.
Mi volto e risalgo verso la macchina seguita da Grace, che sbadiglia silenziosamente.
“Mi dispiace per il lavoro extra” le dico con un sorriso comprensivo.
“Nessun problema, significa mezza giornata libera a caso chiuso!” mi sorride lei salendo in macchina sul sedile del passeggero, ottimista come sempre.
“Jane è a casa con Alice?” mi chiede mentre partiamo.
“Si, ho affidato il bambino all’adulta, spero di rivederli interi domani” scherzo mentre seguo le indicazioni sul GPS, per la casa della vittima.
Grace ride della mia battuta.
“Come stanno andando le cose fra loro?” mi chiede sorridendomi teneramente.
“Bene, si assomigliano molto più di quanto pensassi, e questo migliora il loro rapporto. Alice lo adora, difficile immaginare che fino a poco tempo fa era arrabbiata con lui” rispondo sorridendo al pensiero.
“Difficile immaginare che fino a pochi giorni fa lo odiavi anche tu” ribatte Grace alzando un sopracciglio senza smettere di fissarmi.
Sposto lo sguardo da lei alla strada.
“Perché mi fissi così?” chiedo perplessa.
“Sto solo cercando di capire che succede fra voi?” mi risponde imitando lo sguardo indagatore di Jane.
Sorrido “Che vuoi che succeda Grace? È il padre di mia figlia”
“E..” mi incita lei.
Sbuffo alzando gli occhi al cielo “e lo amo ancora!” ammetto arrossendo leggermente.
Lei si volta sorridendo “Era quello che volevo sentirmi dire!”
“Ti ho mai detto che sei irritante quanto lui quando fai così?” chiedo retorica.
Lei sorride, facendomi l’occhiolino.
Arriviamo davanti a casa della vittima, le luci sono accede. Il marito ci sta aspettando e a noi toccherà una spiacevole chiacchierata.
“Forza al lavoro!” le dico scendendo dalla macchina.
 
Dopo aver parlato con il marito torniamo stanche e deluse al CBI. Ovviamente non abbiamo scoperto niente di utile, tanto per complicare le cose.
 Cho e Rigsby erano arrivati da poco al CBI, ma senza troppe novità. Hightower mi aspettava nel suo ufficio.
Busso alla sua porta, ed entro dopo la sua risposta.
“Signora, la vittima è stata identificata, ma non abbiamo nessuna pista da seguire. Stiamo aspettando il responso preliminare della scientifica” le spiego.
Lei sospira stanca “D’accordo, io torno a casa, sarò qui in ufficio domani mattina presto. Puoi mandare a casa anche uno dei tuoi, voi altri rimanete ad aspettare i risultati” mi dice.
Annuisco “D’accordo manderò a casa Cho, è di turno da questa mattina presto e non ha ancora staccato”.
Saluto il capo e ritorno nel bullpen dove gli altri stanno aspettando.
“Cho tu vai, rimaniamo noi” dico a Cho.
“Grazie capo” mi risponde, prende la sua giacca, saluta gli altri e si avvia verso l’ascensore.
“Noi aspettiamo il responso della scientifica. Nel frattempo vediamo se riusciamo a trovare qualche pista da seguire” mi siedo sospirando di fronte alla scrivania di Rigsby.
Passeremo una fantastica notte chini sulle scrivanie!
 
 
 
Dice l’autrice:
Famiglia Jane alla riscossaaa!!
IsteriaàAnna è tornata!! Brava, hai sgridato il povero Jane!!
Attendo le vostre recensionii!!
Ringrazio come sempre tutte le mitiche persone che mi stanno seguendo : )!!!!!
Un bacione : )
Giada!
  
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