Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: JunJun    30/12/2005    18 recensioni
(ex "Il potere del cuore")(ipotetico sequel dell’anime)[FANFIC IN REVISIONE, revisionati i capitoli dall'1 al 46]
Non ci sono scuse: Pai, Kisshu e Taruto hanno fallito la loro missione, ed è inaccettabile che gli esseri che hanno tradito Profondo Blu e il loro popolo restino in vita. Riusciranno i tre fratelli a salvarsi dalla pena capitale? E frattanto, a Tokyo, chi sono i tre nuovi avversari contro cui dovranno combattere le nostre eroine? Tra scontri, misteri e nuovi e vecchi amori, storie parallele di umani e alieni si inseguono ed infine si intrecciano perché tese verso uno stesso obiettivo: impedire la distruzione della Terra, il Pianeta Azzurro.
-- Strambo elenco di alcune delle cose che è possibile trovare nella fanfic (non necessariamente in ordine di elencazione): Kisshu, Pai e il suo passato, Ichigo, Ryo, storie d'amore probabili e improbabili; nuovi personaggi, assurdità e amenità varie, cristalli, Minto e l'Amleto a caso; Nibiru, Zakuro e i suoi fan, Retasu, dark!Retasu, Platone, sofferenza; teorie sugli alieni, ooparts, complotti vari ed eventuali, enigmi, labirinti, chiavi mistiche (ora anche in 3D), Purin e Taruto; umani e/o alieni psicopatici, atlantidei, sorpresa!, sofferenza. --
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish, Nuovo Personaggio, Ryo Shirogane/Ryan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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43 14/02/2017: Ehm… scusate per il ritardo.
In questi ultimi mesi sono stata molto impegnata. Non ho più scritto ed ora mi sento decisamente fuori allenamento, ma il mio stile attuale è sicuramente migliore della prima stesura di questo capitolo, per cui no regrets.
Grazie di cuore a tutti coloro che hanno continuato a sostenermi in questi mesi. ;_;
Parlando di revisione: tra le altre cose ho sistemato la scena fra Minto ed Ai che avevo anticipato nel capitolo precedente e dato una bella spolverata al vecchio finale del capitolo, perché io voglio bene a Ryo. ♡

 
 
- Capitolo 42: Colpito al cuore -

  

Il taxi giallo sfrecciava a tutta velocità per le strade deserte di Tokyo, incurante della tempesta di vento e pioggia che stava sferzando sulla città. Quando raggiunse Villa Shirogane, la sua destinazione, invece di rallentare accelerò.
L’automobile sfondò il cancello di ferro e slittò sul vialetto allagato, arrestando malamente la sua corsa contro un provvidenziale gruppetto di siepi. Dopo qualche secondo, dal lato del guidatore emerse una giovane donna vestita interamente di sfumature di rosa.
La donna lanciò una rapida occhiata ammirata al cofano fumante dell’auto e si chiese quanti mesi di stipendio sarebbero stati necessari per riparare il danno che aveva appena causato.
“Nei film sembra più facile,” pensò. Poi si diresse verso l’ingresso della villa.

*


Esattamente nove metri più in basso, Keiichiro e Ryo erano ancora prigionieri all’interno del bunker sotterraneo. A causa dell’ultimo sovraccarico di corrente, o forse dell’uragano in corso, erano rimasti al buio e completamente isolati dal mondo esterno.
Inutile dire che erano entrambi più che scioccati dalla scomparsa di Ichigo, avvenuta ormai più di un’ora fa. Ma mentre Keiichiro, concentratissimo, continuava a lavorare sui cavi del pannello di controllo alla luce di una piccola torcia, Ryo non riusciva a far altro che percorrere e ripercorrere a gran passi il corridoio d’ingresso in preda all’ansia. Odiava non avere la situazione sotto controllo, e detestava non sapere cosa fosse accaduto a Ichigo.
Come era potuta svanire nel nulla? Si trattava di un trucco? Di un rapimento degli alieni? E se in quel preciso momento fosse in pericolo? E se-
«Ce l’ho quasi fatta,» dichiarò Keiichiro, collegando un ennesimo cavo e interrompendo la catena di pensieri dell’americano. «Se riesco ad avviare il generatore di emergenza posso resettare l’OS, ricalibrare il sistema di allarme, e a quel punto basterà solo-»
Il suono di un tonfo metallico coprì le ultime parole dell’uomo. Ad esso ne seguì rapidamente un secondo, poi un terzo ed un quarto.
«Che cosa succede adesso?!» esclamò Ryo, correndo verso l’ascensore d’ingresso. Nel buio, poggiò l’orecchio sulle porte metalliche  e udì distintamente una seconda serie di stridii e tonfi provenire da lì.
«Keii, c’è qualcuno qui sopra!»
«Che cosa?!»
Keiichiro abbandonò il pannello di controllo e raggiunse il biondino, portando con sé la torcia. I due uomini, dopo essersi lanciati un’occhiata d’intesa, afferrarono i due lati delle porte dell’ascensore e spinsero con forza fino ad aprirle. Nella cabina dell’ascensore gli stridii superiori si avvertivano in modo ancora più sonoro e distinto. Ryo aprì la botola superiore della cabina e si arrampicò sulla cima dell’ascensore. Puntò la torcia di Keiichiro verso l’alto e intravide, molti metri sopra la sua testa, una sagoma familiare dalle sfumature rosa che – a quanto pareva – era appena riuscita a scoprire e forzare le porte dell’accesso segreto dell’ascensore.
«Mew Ichigo!» esclamò quasi con sollievo, mentre anche Keiichiro lo raggiungeva sul tetto dell’ascensore.
«Temo di no, chérie!» gridò Cherry dall’alto, lanciando loro una lunga e spessa corda.
Stringendo i denti per la frustrazione, Ryo afferrò la corda ed iniziò ad arrampicarsi. Keiichiro, con un po’ di difficoltà, lo seguì.


«Bentornati in superficie,» li salutò la professoressa di storia dell’arte non appena furono riemersi dal vano ascensore. «State bene?»
«No,» sbottò Ryo, spolverandosi la giacca di pelle nera che indossava. «Mi è sembrato di essere rimasto lì sotto per anni. Dov’è Ichigo? Ti ha detto lei che eravamo qui? Che cosa le è successo?» si affrettò poi a chiedere alla donna, impegnata ad asciugare il sudore che imperlava la fronte corrucciata di Keiichiro con un fazzolettino.
«E’ una lunga storia, ma cercherò di essere rapida come un artista concettuale,» gli rispose lei. «Sai, loro considerano l’espressione dell’idea più importante dell’estetica dell’oper-» si interruppe catturando l’occhiata in tralice di Ryo e tossicchiò leggermente. «Dunque,» iniziò a raccontare, «è iniziato tutto circa un’ora fa. Ero sola al Cafè Mew Mew, ma all’improvviso… »


*
 
Quando Kisshu riprese i sensi non riconobbe il posto in cui si trovava. Era un deposito buio, puzzolente e decisamente rumoroso. Le gocce di pioggia battevano ritmicamente sulla lamiera del tetto: quel suono incessante era così fastidioso da causargli il mal di testa.
Il giovane si mosse a fatica. Gli mancava l’aria, e non riusciva a respirare in maniera normale. Non si sentiva più le braccia e le gambe e ogni centimetro del suo petto pareva essere in fiamme.
Cercò di ricordare cosa gli era successo, ma i suoi pensieri erano scollegati e deviati dal dolore che stava provando. Aveva… combattuto contro un chimero, gusto? Era stato azzannato a morte ed era precipitato da almeno dieci metri di altezza.
Ma lo aveva ucciso. Oh sì che aveva ucciso quel bastardo. Aveva ucciso l’assassino della donna che amava.
Rantolando per il dolore, l’alieno tentò di mettersi seduto, ma qualcuno lo trattenne a terra premendo una mano sul suo petto.
Kisshu non si era accorto di avere compagnia. «Non muoverti,» gli intimò lo sconosciuto con voce grave. Troppo distrutto per ribattere, l’alieno obbedì e si lasciò ricadere sul pavimento gelido. Non che avesse avuto davvero la forza di rialzarsi.
Kisshu si accorse che il nuovo arrivato era inginocchiato a terra accanto a lui. Indossava un mantello con un cappuccio che gli copriva il volto e stava imprimendo la mano laddove il chimero lo aveva ferito, ma poiché aveva perso la sensibilità in quel punto, non avvertiva assolutamente nulla.
«Sto… morendo?» gli chiese.
«Credo che tu sia stato avvelenato,» gli rispose lui, atono. «E hai un numero imprecisato di ossa rotte. Sto cercando di guarirti, ma se continui a distrarmi e ad agitarti mi rendi le cose difficili.»
«Sei…una lagna vivente,» sbuffò Kisshu, accennando un mezzo ghigno sofferente. «Se continui così… le donne… ti odieranno… Pai,» esalò, prima di perdere di nuovo i sensi.


*

Mew Lettuce schivò il fulmine che puntava al suo petto con un salto. Atterrò malamente sul durissimo pavimento di marmo della chiesa e si rialzò a fatica solo dopo molti secondi, barcollando.
Scostò una ciocca di capelli verdi e sudati che le si era appiccicata sulla fronte e approfittò di quel momento per riprendere fiato.
L’avversario che lei e le sue compagne stavano combattendo era la guardia del corpo della principessa Kassandra, il temibile Hiroyuki: un alieno tutto muscoli e, a quanto pareva, neanche un briciolo di volontà propria, che eseguiva gli ordini della sua padrona in maniera del tutto meccanica.
Questa volta, quel mostro stava utilizzando le sue due sciabole per creare e scagliare senza sosta dei possenti attacchi elettrici contro di loro. Ad ogni movimento delle sue lame corrispondeva una nuova scarica di energia e le mew mew si erano presto ritrovate costrette a dover restare sulla difensiva, in attesa di un’apertura che sembrava non arrivare mai.
Dal canto suo, Mew Lettuce sapeva che, anche se l’occasione si fosse presentata, non avrebbe potuto far nulla: se avesse evocato una cascata d’acqua lei e le sue amiche sarebbero morte fulminate sul posto in pochi istanti. In quel frangente, i suoi poteri erano del tutto inutili.
"Q-Qualcuno ci aiuti!" pensò con disperazione la mew focena mentre vedeva Mew Zakuro, ferita alla gamba, crollare a terra accanto a una Mew Pudding già priva di sensi. Indietreggiò d’istinto di alcuni passi, ma nel farlo inciampò su un gradino che non aveva visto e cadde dentro una delle buie cappelle laterali.
Sfortunatamente per lei, Hiroyuki la notò. L’alieno si mosse nella sua direzione a passi lenti guardandola fisso e Mew Lettuce, in preda al panico, indietreggiò carponi fino alla parete alle sue spalle. Si portò una mano tremante sul petto, cercando di contenere lo spavento: non aveva tempo per questo, doveva cercare una soluzione, e doveva farlo subito.
Hiroyuki, dalla cima delle scale, mosse all’indietro sue sciabole per caricare il colpo di grazia e Mew Lettuce avvertì la sua già scarsa determinazione rompersi come una bolla di sapone.
L’alieno scagliò l’attacco e Mew Lettuce vide l’elettricità crepitante avanzare verso di lei. Fu solo l’intervento di Mew Ichigo, che si frappose fra lei e Hiroyuki, a salvarle la vita: la guerriera sfruttò il potere della sua Strawberry Bell per creare una barriera che riflesse il fulmine e lo rispedì al mittente, che per evitarlo fu costretto a scansarsi di lato.
Per nulla turbato da ciò, una volta evitato il pericolo l’alieno riprese a camminare verso le due guerriere e scese in silenzio le scale, fermandosi a pochissimi metri dalle due.
Kassandra, dall’alto, gli stava già ordinando di non lasciarsi sfuggire l’occasione e finirle entrambe.
«Mew Lettuce!» esclamò Mew Ichigo. «Devi andar via da qui!» Aveva il respiro affannato per la fatica e il suo bel vestito rosa era tutto una bruciatura. Per non parlare della coda…
Ma Mew Lettuce non stava ascoltando l’amica. Sebbene sconvolta dalla paura e impotente, aveva realizzato che Hiroyuki aveva appena evitato il suo stesso fulmine.
Ora che ci pensava, l’elettricità che Hiroyuki scagliava contro di loro si condensava sulla lama delle sue sciabole, ma non sull’elsa. Forse, in qualche modo le else erano state realizzate in modo da isolarlo dalla tensione che le sue armi generavano, a cui neanche lui era immune.
In quel momento, Mew Lettuce capì cosa doveva fare: schiacciò i palmi delle mani sul pavimento della cappella ed evocò a bassa voce il suo potere. Fu così rapida e silenziosa che Mew Ichigo si ritrovò di colpo con gli stivali sommersi in trenta centimetri d’acqua apparsa dal nulla. Hiroyuki, nella sua stessa condizione, non si scompose ma parve esitare.
«Ma cosa…?»  Mew Ichigo si distrasse dal suo avversario per voltarsi verso l’ amica.
«La prossima volta che usa quel suo potere, devia il fulmine nell’acqua e salta via. Funzionerà!» gli disse lei, ancora a terra e di conseguenza semisommersa nell’acqua, con voce più bassa e rapida possibile.
«Retasu, tu…» Mew Ichigo non aveva ben chiara la situazione, ma intuì che quello era il piano più stupido e rischioso che Retasu avesse mai ideato. Ma non ebbe tempo di protestare perché Hiroyuki, dovendo obbedire all’ordine diretto di Kassandra, stava già per lanciare un nuovo attacco.
«Cosa stai aspettando?! Rimangono solo queste due in piedi. Riducile ad un flambé SUBITO, è un ordine!» gli aveva strillato lei dall’alto, inconsapevole del pericolo che il suo subordinato stava correndo.
Quando Hiroyuki scagliò il suo attacco Mew Lettuce gridò «Ora!», ma Mew Ichigo non la ascoltò. Con scatto felino la guerriera gatto balzò sulla sua amica, la afferrò con una mano e saltò via, portandola con sé; solo dopo, mentre era al sicuro in aria, con l’altra mano usò la sua arma per deviare il fulmine nell’acqua. Mentre l’elettricità si diffondeva all’istante per tutta la cappella, Mew Ichigo e Mew Lettuce atterrarono al sicuro nella navata centrale.
Hiroyuki, dal canto suo, parve non avere neanche il tempo di provare a fuggire. Nel momento in cui venne raggiunto dal fulmine e fu avvolto dall’elettricità, le due ragazze lo sentirono urlare dal dolore.
Durò pochi secondi; non appena l’effetto del suo attacco si esaurì, Hiroyuki smise di gridare e cadde a peso morto nell’acqua sottostante.


*


Le ultime parole di Ai risuonarono nel buio dell’orizzonte verde evanescente della dimensione aliena.
“Per dimostrare che sono libero, ucciderò la mia Giulietta,” aveva dichiarato a gran voce.
Minto non riusciva a capire cosa gli passasse per la testa: dopo tutto quello che era successo fra di loro, Ai non poteva davvero pensare di ucciderla. Non aveva alcun senso!
«Non lo faresti mai,» gli disse con voce più acuta del normale.
«E’ esattamente per questo che devo farlo,» replicò lui. «Ma come hai intuito, non mi piace uccidere a sangue freddo un avversario disarmato. Per cui trasformati, Minto!»
Lei indietreggiò ancora. La situazione le stava sfuggendo di mano e doveva fare qualcosa per riprendere il controllo. Trasformarsi, però, era fuori discussione: se lo avesse fatto, avrebbe perso tutto quello che aveva cercato di costruire fino a quel momento. Per questo motivo, Minto prese un grosso respiro.
«No,» disse con decisione.
«Perché devi rendere sempre tutto così complicato?» sospirò in risposta l’alieno, riponendo la sua arma. «Va bene. L’hai voluto tu.»
«Ascoltami, non devi fare questo,» insistette Minto. «Noi possiamo…»
Ai non la lasciò concludere perché si materializzò di fronte a lei e la spinse indietro fino a farla sbattere contro un rudere alle sue spalle. La gravità sballata attutì di molto l’impatto, ma Minto si lasciò ugualmente sfuggire un gemito.
Ai la teneva premuta contro la parete con entrambe le mani. I suoi occhi blu fiammeggiavano a pochi centimetri dal suo viso e per un attimo lei credette davvero che stesse per ucciderla.
Il cuore le balzò in gola. «Ti prego…» furono le uniche parole che riuscì a dire prima che l’alieno serrasse le sue labbra con le sue, facendola tacere con forza. Lei si irrigidì, scioccata da quell’azione. Esalò un gemito sorpreso e lui ne approfittò per impossessarsi della sua bocca e del suo respiro.
Non la stava uccidendo, la stava baciando. Ma la sua presa su di lei era troppo forte e i suoi canini affilati le procuravano dei piccoli tagli.
Minto respinse l’alieno quasi subito: schiacciò i palmi sul suo petto e spinse, costringendolo ad allontanarsi da lei. Lui la lasciò fare e non provò neanche ad evitare il ceffone che la ragazza gli tirò un attimo dopo.
«Che cosa stai facendo?!» gli gridò Minto con la voce che tremava per la rabbia e l’orgoglio ferito.
Ansimando leggermente, Ai si portò una mano sul punto ferito. Dopo molti secondi, strinse le labbra e voltò la testa in direzione di un punto indefinito nel vuoto.
«Non… non ho detto che ti avrei uccisa subito. Sarebbe uno spreco, in ogni caso,» le rispose in tono piatto. Prese un grosso respiro.
«Ma cosa…?»
«Ma non capisco. Perché ora protesti? Non è questo quello che vuoi?» le chiese lui subito dopo, cambiando totalmente atteggiamento: ora sembrava quasi divertito. Le ricomparve di fronte. «Non volevi farmi felice?» le disse, sollevandole il mento con una mano contro la sua volontà.
Lei non si mosse di un millimetro. «Toglimi le mani di dosso,» sibilò a denti stretti.
Ai la lasciò andare e rimaterializzò a pochi metri di distanza.
«Che c’è, ti tiri indietro adesso?» la schernì.  «O forse ti aspettavi qualcosa di romantico?»
«Smettila!»
«E’ colpa tua, Minto. Tu sapevi che ero pericoloso, ma eri troppo annebbiata dal tuo delirio di onnipotenza per pensare di poter perdere contro di me. Sei ridicola. A me non importa nulla della fine di questo mondo: ti ucciderò, e poi ucciderò le tue amiche!» dichiarò tutto d’un fiato.
Minto strinse i pugni. Quello era troppo.
«Se c’è una persona ridicola, allora sei tu,» disse. Lasciò che la sua frangia le nascondesse gli occhi mentre estraeva la sua spilla. «Non ho parole. Sei… Sei veramente stupido!»
Ai vide la luce argentata della trasformazione avvolgere il corpo della ragazza; quando lei sollevò la testa  verso di lui, era tornata ad essere Mew Mint.
Lui inarcò un sopracciglio, vagamente deluso. «E’ solo questo quello che pensi?»
«Io volevo aiutarti!» gridò lei, premendosi una mano sul petto. «Io volevo davvero aiutarti, ma se queste sono le tue intenzioni… non posso lasciarti uscire da qui,» concluse mentre estraeva il Mintone Arrow.
«Come se fossi in grado di fermarmi, mocciosa inferiore,» bisbigliò dolcemente Ai, catturando lo sguardo infuriato che la guerriera gli stava rivolgendo mentre caricava una delle sue frecce. Strinse le dita sul suo kris, preparandosi al combattimento.
Mew Mint lo attaccò molto più rapidamente del previsto. Gli lanciò contro tre delle sue frecce in sequenza, costringendolo ad indietreggiare e a spostarsi per evitarle. Distrattosi per evitare l’ultima, che puntava alla sua testa, Ai si accorse troppo tardi che la ragazza lo aveva raggiunto e lo aveva colpito allo stomaco con un tanto elegante quanto preciso calcio rotante. I suoi polmoni si svuotarono e lui tossì, indietreggiando ancora.
La guerriera azzurra rimase ferma in piedi davanti a lui, la schiena dritta e l’arma in pugno, attendendo la sua contromossa. Ai notò che il suo sguardo era freddo e severo come mai lo aveva visto e sogghignò segretamente: l’aveva fatta davvero arrabbiare.
L’alieno fece roteare il kris fra le mani e poi si scagliò verso di lei, ma Mew Mint usò il suo arco per bloccare l’affondo del pugnale. Compì una piroetta e lo colpì di nuovo ma Ai, d’istinto, parò l’attacco e riuscì a raggiungere il collo della ragazza con la sua lama. A quel punto gli sarebbe bastato un attimo per tagliarle la gola, ma non lo fece. Quei pochi istanti di esitazione diedero la possibilità alla mew mew di sgusciar via dalla sua presa e usare il suo arco per colpirlo sotto il mento, facendogli davvero male.
«Mew Mint Echo!»
L’attacco di Mew Mint colpì l’alieno in pieno petto e lui cadde di schiena, perdendo la sua arma.
Cercò di riprenderla, ma Mew Mint gliela calciò via con decisione.
Ai se la ritrovò in piedi davanti a lui; il bel viso contratto dalla rabbia, gli stava puntando contro l’arco già caricato con una nuova freccia, pronta per finirlo.
“Addio, Minto” pensò l’alieno, chiudendo gli occhi. Ma la freccia non arrivò mai, e quando Ai riaprì gli occhi si accorse che la ragazza gli aveva dato le spalle e si stava dirigendo verso l'uscita.
La realizzazione che lei lo aveva risparmiato gli fece più male di tutti i calci che aveva appena preso.
«Ma dove vai?!» tossì, rimettendosi in piedi. «Che cosa stai facendo?! Mi risparmi? Se lo fai, raggiungerò le tue amiche e-»
Mew Mint si fermò. «Ai,» disse, senza neanche girarsi verso di lui, «basta così.»
Lui si morse un labbro. «Io… io sono serio,» mormorò senza troppa convinzione.
«Oh, santo cielo!» sbottò a quel punto Mew Mint, spazientita. «Mi credi un’idiota? Ogni volta che abbiamo combattuto, mi hai sempre sconfitta nel corpo a corpo. Questa volta non solo hai evitato di procurarmi un singolo graffio, ma non mi hai fatto del male neanche quando ti ho offerto l’occasione di farlo su un piatto d’argento!»
«Anche se fosse vero, hai appena detto di odiarmi! Non sei neanche in grado di combattere seriamente?» ringhiò lui in risposta. «Che razza di soldato sei?!»
Dire che Mew Mint rimase interdetta da queste parole era poco. La ragazza non aveva più alcuna idea di cosa fare. Il nervosismo che aveva provato prima si era ormai del tutto placato per far posto al disorientamento.
Zakuro aveva ragione: Ai stava male, ed ora stava crollando. Il suo semplice tentare di farlo ragionare aveva solo peggiorato la situazione, ed ora lei non sapeva come lui avrebbe potuto reagire se si fosse avvicinata di nuovo per riprovarci.
Forse, in fondo, era vero che non poteva far nulla per aiutarlo. Raccolse tutte le sue forze.
«Ho capito che non hai il coraggio di cambiare, ma per quanto tu possa provocarmi, non ti aiuterò a farla finita,» gli disse. «Le mie amiche sono in difficoltà e devo andare a dar loro una mano. Perché è vero, oltre ad essere Minto sono anche una mew mew, e questo significa che ho un dovere da compiere. Per cui,» concluse con voce più ferma possibile, «mi dispiace Ai, ma non ho più tempo da dedicare ad un codardo come te.»
Dettò ciò, Mew Mint raggiunse il portale d’uscita cercando di trattenere il più possibile le lacrime, e scomparve al suo interno, lasciando solo l’alieno.
Lui cadde in ginocchio. «Co…dardo…?» mormorò, sentendo il mondo crollargli addosso.
Minto aveva preso il suo copione e lo aveva stracciato, distruggendo completamente ogni sua logica.
Lo aveva battuto, in ogni senso, e questa realizzazione lo spinse a versare senza alcun preavviso lacrime di dolore ed umiliazione.
Ed ora… cosa avrebbe dovuto fare?

*
 

Mew Lettuce non riusciva a staccare gli occhi dal corpo esanime di Hiroyuki. Mew Zakuro e Mew Pudding, ripresesi, la raggiunsero. Mew Zakuro le poggiò una mano sulla spalla, facendola trasalire.
«E’ morto?» le chiese la guerriera lupo.
«Non ne ho idea,» rispose al suo posto Mew Ichigo accanto a lei. Di certo, però, se avesse continuato a restare in acqua sarebbe annegato.

 

Kassandra atterrò in cima alla bassa gradinata che portava alla cappella con l’aria spaesata di chi non ha capito cosa fosse successo ma era consapevole di esser stata parte attiva del disastro.
Man mano che il potere di Retasu perdeva effetto, l’acqua si ritirava, ma Hiroyuki continuava a non muoversi. Le sue sciabole giacevano inutilizzate a poca distanza da lui.
«Non è stata colpa mia,» commentò l’aliena quasi fra sé e sé, in tono indecifrabile.
Non appena tutta l’acqua fu svanita, si avvicinò al corpo della sua ex guardia del corpo e tese la mano su di lui. Come in risposta ad un comando silenzioso, un minuscolo essere luminoso fuoriuscì dalla schiena dell’alieno e si posò sulla sua mano.
A seguito di ciò i muscoli di Hiroyuki regredirono rapidamente e il corpo ora ricoperto di ustioni divenne sempre più esile, mentre i capelli bianchi dell’alieno assumevano quello che doveva essere il loro originale colorito nero.
«Arrenditi Kassandra, ormai è finita!» sentenziò decisa Mew Ichigo dalla navata, catturando la sua attenzione. «Ora che il tuo bestione stato sconfitto…»
«Bes…tione?»  ripeté Kassandra, interrompendola. Diede un piccolo calcio al corpo di Hiroyuki, facendolo girare sul fianco. «Non si trattava di un bestione. Per lui avevo scelto lo stile guerriero,» spiegò con una punta di amarezza nella voce. «Quando l’ho conosciuto, era un ragazzino timido e così dannatamente gentile. Ho creduto che avesse delle potenzialità. Ma in fondo, chi nasce perdente non può che giungere alla fine da perdente.»
Mew Ichigo aggrottò la fronte. «Che cosa intendi dire?»
«Ma perché parlo con gli stupidi?» sbottò Kassandra. «L’ho ipnotizzato. Ip-no-tiz-za-to. Posso ipnotizzare gli esseri viventi particolarmente sensibili ai miei poteri, stupida umana, e far fare loro tutto ciò che desidero. E, sfortunatamente per voi, su questo pianeta ne ho già trovato uno. Manca solo l’ultimo tocco,» ghignò la principessa. Nei suoi occhi iniziò a brillare una insolita luce ricolma di eccitazione, tutt’altro che rassicurante. Avvicinò alle labbra l’esserino luminoso fuoriuscito dal corpo di Hiroyuki, gli sussurrò delle parole e quello, per tutta risposta, schizzò via dalla chiesa veloce come un proiettile.
«Che cosa…che cosa hai fatto?!» domandò Mew Zakuro.
Kassandra le sorrise melliflua. «Vediamo come ve la cavate contro di lui,» disse dopo un lungo silenzio, sollevando una mano e schioccando le dita.


* 

«Avevo sentito dire che il servizio taxi della città stava vivendo dei disagi,» commentò Ryo alla vista dell’auto gialla finita contro una delle sue siepi.
«Ho preso in prestito quest’auto prima. Non c’è nessuno in strada, sono tutti chiusi nelle loro case!» gli spiegò Cherry, quasi urlando per sovrastare il rumore del vento e della pioggia sferzante.
Keiichiro saltò al posto del guidatore e girò le chiavi del veicolo, rimettendolo in moto. «Dobbiamo andare al locale e rintracciare le ragazze,» disse.
«Sbrighiamoci,» gli fece eco Shirogane aprendo la portiera del passeggero, ma vi rovinò sopra quando un minuscolo oggetto sparato da lontano a tutta velocità lo colpì dritto alla schiena.
Ryo sentì il respiro spezzarsi e ogni forza venir meno. Cadde nel fango inerme, gli occhi vitrei e spalancati.
Cherry, che era accanto a lui, rimase impietrita sotto la pioggia, mentre Keiichiro corse immediatamente a soccorrerlo.
«Ryo! Ryo!» lo chiamò preoccupato, chinandosi su di lui. Vide chiaramente un esserino luminoso sparire all’interno della sua schiena. Era stato quello a colpirlo? «E’ un….un chimero?!» disse, incredulo. Provò a chiamare e scuotere Ryo più volte, ma i suoi sforzi furono vani: Ryo non poteva sentirlo; non era più lì con lui.
Il ragazzo, in quel momento, si trovava in piedi in un luogo buio e deserto della sua mente. L’essere luminoso galleggiava di fronte a lui, agitando sinuosamente nell’aria i suoi due piccoli e lunghi tentacoli.
Ryo mosse d’istinto la mano verso di lui, che restava immobile sul posto; ma quanto fu a pochi centimetri, l’esserino gli attorcigliò a tradimento i tentacoli intorno al braccio e strinse. Ryo cercò di ritrarsi e di scrollarselo di dosso, ma lui si arrampicò fino alla sua spalla e da lì si gettò dentro il suo petto. Il ragazzo si rovesciò in ginocchio a terra in preda al dolore più terribile, avvertendo i tentacoli gelidi e pungenti dell’essere avvolgersi strettamente intorno al suo cuore. Ogni sua difesa venne spezzata. Ad ogni battito, la pressione dei tentacoli aumentava e Ryo provava un dolore maggiore; gridò come impazzito mentre viveva quelli che erano i secondi più terribili della sua vita. Poi, di colpo, la stretta cessò.
Ryo chiuse gli occhi, desiderando solo di morire.
Fu in quel momento che sentì la voce suadente di una donna.
“Ryo…” lo chiamava. Seppur stordito dal dolore, lui la riconobbe subito: era la voce di Luna. Che cosa ci faceva lei in quel posto?
«S-Si?» mormorò, debole, in risposta. Non riusciva a capire. Non riusciva proprio a capire.
Ryo rimase immobile, mentre di fronte a lui appariva Luna. Non gli piaceva quella ragazza. Non gli era mai piaciuta. C’era qualcosa di terribilmente sbagliato in lei. Come mai aveva iniziato a frequentarla?
La figura di Luna davanti a lui fluttuava nel vuoto immobile e sorridente, compiaciuta. Quando gli si avvicinò, Ryo si accorse di essersi sbagliato: non si trattava di Luna, ma di Kassandra. Non gli ci volle molto a collegare tutti i pezzi: allora era vero, era stato ingannato dai suoi nemici per tutto questo tempo, nonostante tutto. Eppure al momento non era importante. Sapeva che l’importante era obbedire agli ordini dell’oggetto del suo desiderio.
No, aspetta… che cosa stava pensando?!
Sentì una mano fredda sollevargli il mento. «Ryo, tu mi appartieni, vero?» gli chiese l’allucinazione della principessa aliena.
Lui sentì i tentacoli avvinghiati intorno al suo cuore stringere dolcemente la presa. «Ma certo,» rispose senza batter ciglio. In un ultimo lampo di consapevolezza, realizzò che qualunque cosa fosse quel mostriciattolo dentro il suo cuore, ormai era lui ad avere il controllo del suo corpo, dei suoi pensieri e della sua vita.
«Allora farai una cosa per me?» gli domandò Kassandra.
«Farò tutto quello che vuoi,» le promise Ryo, succube ed impotente. «Mia principessa.»


*

Kassandra schioccò le dita, e un giovane si teletrasportò accanto a lei .
«Mie scialbe avversarie,» ghignò l’aliena, «vi presento il mio nuovo fedele suddito.»
Le Mew Mew guardarono sconvolte il ragazzo appena apparso nella stanza: non era un alieno, ma in passato era stato un essere umano: ogni traccia della sua precedente esistenza, però, era stata cancellata.
Il nuovo suddito di Kassandra era alto, biondo e pallido come un cadavere; le iridi dei suoi occhi incredibilmente azzurri erano spente e vuote. I suoi vestiti erano sporchi e sul suo petto si intravedeva una macchia bluastra che si estendeva sulla sua pelle come le radici di un albero e sembrava pulsare di vita propria.
Nel riconoscerlo, Mew Ichigo si sentì morire dentro. «R-Ryo…?» mugolò sbigottita.



  
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