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Autore: miss yu    02/02/2011    2 recensioni
In una città come tante altre... In una casa qualunque...
Dentro una giovane coppia e un gruppo di ragazzi: Jamie che ha perso le parole in un incidente, Alison che ha costruito un' altra se stessa per sopravvivere, Kyle che vive la sua omosessualità tra sfrontatezza e sensi di colpa, Mira che usa il sesso per sentirsi importante, Connor anoressico e autolesionista, Yuki che tenta di volare con ali tatuate.
Tutti alla ricerca di un significato diverso da dare alla propria vita: vite vuote o troppo piene, spezzate e da ricucire, intollerabili o solo confuse, vite da sprecare, da buttare o da spremere fino all'osso, vite rabbiose o solo spaventate...
Quasi impossibile trovarci un senso e a volte troppo faticoso; più facile lasciarsi vivere o meglio sopravvivere, ognuno come riesce, ognuno come può, vittime soprattutto di se stessi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2: C’era una volta il mondo…



C’era una volta il mondo che bussò alla porta della casa e ognuna delle vite che vi abitavano aprì e se ne prese un pezzo…



L’aula di disegno è luminosa, nonostante il grigiore del pomeriggio inoltrato, fuori dai vetri.
Alison ha la testa piegata sul foglio mentre gli auricolari stanno sparando musica ad alto volume.
Sembra completamente dimentica di tutto ciò che le sta attorno.
Accanto a lei Chris giocherella con il carboncino. Intorno i compagni stanno facendo baldoria, qualcuno è andato in bagno per fumarsi una sigaretta, altri stanno fuori dall’aula a cazzeggiare.
Aspettano che arrivi il prof. di disegno, stranamente in ritardo.
Alison è l’unica che lavora, semplicemente perché non ha nessun interesse a parlare o a socializzare con i compagni, non li conosce quasi.
Il solo che in qualche modo ha catturato da subito il suo interesse è Chris.
All’improvviso si apre la porta ed entra un tipo il cui ruolo sulle prime nessuno riesce a comprendere.
E’ un ragazzo giovane non così tanto da essere uno studente, non così poco da poter essere un insegnate.
Sistema la cartelletta, poi si appoggia alla cattedra con la schiena e gira lo sguardo sulla classe, tranquillo, con un’ aria leggermente incuriosita.
“Mi chiamo Julian Lerman, sono il vostro professore di disegno dal vero, per lo meno finchè il docente titolare non rientrerà dalla malattia, penso che sarà per un periodo piuttosto lungo, almeno per un paio di mesi poi si vedrà, quindi direi che sarà meglio chiarirci subito su quello che dobbiamo reciprocamente aspettarci”
Alison lo guarda con più attenzione, aggrottando le sopraciglia.
“Il titolare mi ha lasciato il programma da seguire, mi sembra di capire che state lavorando sulla copia di oggetti, per oggi cosa avete?”
“Dobbiamo finire un lavoro, quello” e il ragazzo indica una sedia posata su di una piccola pedana.
“D’accordo allora vorrei vedere tutti quanti seduti e impegnati, se non vi dispiace”
Cazzo quanto può essere autoritaria una persona senza neppure alzare il tono di voce, mantenendolo colloquiale come se stesse facendo una discussione tra amici.
Alison riabbassa la testa e riprende a disegnare, si accorge che Lerman è di fianco a Chris solo quando sente la sua voce, bassa ma chiara, decisa.
“Non mi sembra che quello che stai facendo c’entri qualcosa con il compito che devi svolgere”
Alison ridacchia e getta un’occhiata veloce al foglio di Chris, rimanendone come sempre colpita al cuore.
Chris è il miglior artista che lei conosca, solo che come tutti i veri artisti è bizzarro e sconsiderato.
Mai una volta che riesca a svolgere ciò che gli viene chiesto: parte bene ma poi si lascia prendere dalla sua fantasia o follia e comincia a disegnare qualcosa che probabilmente solo per lui ha un senso.
Alison sa che per Chris disegnare è una catarsi, una sorta di immersione in un suo stato inconscio, la creazione di una storia che non ha trama ma solo immagini, così ricche e coinvolgenti da rapirti in quel mondo oscuro, tenebroso, orribile e insieme affascinante che è la sua anima.
“Che cosa stai disegnando?” chiede Lerman.
“La sedia” ridacchia Chris “E qualcosina d’altro, tanto per dare movimento alla scena”
Il professore guarda attentamente il lavoro, lo scruta con scrupolo, poi gira attorno al banco e si pone di fianco ad Alison, ma solo per un attimo.
Quando lei si avvicina alla cattedra per consegnare il lavoro prima d’uscire, Lerman alza lo sguardo e le sorride.
“Ottimo lavoro… non ricordo il tuo nome”
“Alison Green”
“Sei molto brava, la prossima volta se lavori con questo ritmo penso che potrai completarlo”
Alison non sa che dire, le è sempre piaciuto disegnare ma non si è mai considerata particolarmente brava, solo una dilettante che si arrabatta.
Fuori Chris la sta spettando per fare un pezzo di strada assieme.
“Che te ne pare di Lerman?” le chiede.
“Non so, perché?”
“Beh se hai notato non ha sparato neppure un giudizio su quello che stavo facendo e sì che ero nel pieno della mia creatività, sai quella malata, ma proprio malata”
Alison sbuffa.
“La tua creatività è sempre più o meno malata, angosciante e spudoratamente, incredibilmente affascinante, accidenti a te, mi fai sentire una bambina dell’asilo”
“Eh dai, non sei poi così male neanche tu”
“Sì certo come no, comunque secondo me Lerman è rimasto scioccato, per questo non ti ha detto nulla”
“Diventerò un grande, questo è lo scopo della mia vita”
“Almeno tu hai uno scopo”
“Già, perché tu no?”
“E quale sarebbe il mio scusa?”
“Potresti ad esempio starmi vicina nella mia scalata alla gloria e condividere con me una vita scellerata e senza futuro”
“Non vedo l’ora”
Chris si stacca, dandole un piccolo bacio sulle labbra.
“Ci vediamo stasera?”
“Può darsi… devo sentire Matt e Hill, perché non vieni tu a trovarmi?”
“Lo sai che i due cerberi mi odiano”
“Non è vero, sono solo un tantino diffidenti nei tuoi confronti tutto qui”
“Un tantino, giusto per gradire”
Chris si allontana verso casa e Alison pensa che in fondo Matt e Hillary non sarebbero molto felici di trovarsi Chris tra i piedi quella sera, così come tutte le altre.
Pensano che Chris sia una persona disturbata, hanno proprio usato questa parola, uno che ha bisogno d’aiuto.
Lei non può che essere d’accordo: Chris è fragile ed eccessivo, un mix che porta a pericolose esperienze.
Alison sa che Chris non diventerà mai un uomo giudizioso e responsabile, sa che rimarrà sempre quello che è, imprudente fino all’eccesso, senza limiti.
Ma proprio per questo sente che lei gli è necessaria, che è la sua boa di salvataggio e che forse se lei gli rimane vicina lui potrà non annegare, almeno non subito, restare ancora un po’ a galla seppure annaspando.
E’ per questo che lei lo ha scelto, perché per una volta qualcuno ha bisogno di lei per poter continuare a vivere e non viceversa.
Con lui sperimenta ciò che significa camminare sul baratro della morte abbracciata a chi se ne sente attratto, sapendo resistere al richiamo, alla voglia di lasciarsi andare insieme, resistere per entrambi, in verità forse più per lui che per se stessa.



E’ solo quando Alison svolta l’angolo per imboccare Victory Road che vede Mira scendere da un’auto lussuosa.
“Ehi torni adesso da scuola?” le chiede Mira.
“Sì e tu?” Alison deve sempre sforzarsi di mettere insieme almeno un paio di parole con Mira, anche se non ne ha voglia.
“Sono stata a Londra con mio padre, mi ha appena riaccompagnata”
Ad Alison sembra di ricordare qualcosa circa gli incontri mensili di Mira col padre, che tra l’altro la riempie di soldi che lei usa per comprarsi ogni diavolo di stupidaggine che vede nelle vetrine.
Non ha mai saputo di più e non le interessa approfondire la questione.
“Siamo andati al mio ristorante preferito e poi a fare shopping”
Mira pensa a suo padre, lo rivede seduto al ristorante mentre mangia con la sua aria di uomo per bene, forte e stabile, forse anche un po’ rude.
Niente a che vedere con il prototipo dell’avvocato figo e stronzo che di solito propinano al cinema o nei serial televisivi.
Pensa a come doveva essere diciassette anni prima, quando ha conosciuto sua madre.
Pensa a come lei lo ha sempre immaginato prima di conoscerlo, non avvicinandosi minimamente alla realtà: un padre menefreghista, scomparso appena saputo che una delle sue scopate aveva lasciato un segno tangibile nella pancia della ragazza che frequentava.
Era questo il ritratto che la madre le aveva fatto di lui, scoraggiando sul nascere il suo desiderio di sapere qualcosa di più, di vedere una foto, forse di poterlo conoscere.
Perché aveva sempre cercato di tenerla e tenersi lontano da lui? Mira non era mai riuscita a spiegarselo finchè non lo ha conosciuto meglio.
Il padre è un uomo per bene, un uomo cresciuto in una ricca famiglia dai solidi principi morali e con un ruolo preciso nella società londinese, un uomo che per sua madre sarebbe stato una palla al piede, così come lo è per lei.
Gli incontri tra loro sono una gran seccatura per Mira, ripagati solo dal fatto che in cambio lei riceve dal vecchio un mensile consistente.
Gli è capitato di fare di peggio per molto meno.
La cosa più spossante è però quella sua insistenza nel volerla portare a vivere con lui il più presto possibile.
Anche quel giorno il discorso è andato a finire lì.
“Va tutto bene, sicura?”
“Certo, che dovrebbe esserci che non va?”
“Non lo so, dovresti dirmelo tu, già il fatto che passi la tua vita in una comunità non mi sembra la prospettiva migliore, potresti vivere a Londra, avere ciò che desideri, frequentare la migliore delle scuole, aver aperte tutte le porte per un futuro alla tua altezza.”
Mira ha represso un brivido di orrore: pensare alla vita che gli prospetta il padre le fa partire un brivido nello stomaco e una sensazione come quella di soffocare, di essere seppellita viva.
Dio una vita con papà! Una vita pianificata, piena di regole, di richieste, di aspettative, di rispettabilità.
“Papà…”
“E invece devii adattarti a vivere insieme a due persone che non sono nulla per te, avere a che fare con gli altri ragazzi” una mano gli scivola sugli occhi, “Li ho visti la prima volta che sono venuto a conoscere Mr. Parker e sua moglie.”
“Chi?”
“I due responsabili, non si chiamano così?”
“Ah certo: Matt e Hill, ma come diavolo fai ad essere sempre così formale?”
“Beh comunque quei ragazzi hanno tutti un sacco di problemi, basta guardarli in faccia e le loro storie poi…”
“Che ne sai delle loro storie scusa”
“Non sono avvocato per nulla, mi sono informato… Terribili... Loro non hanno avuto scelta, nessuno di loro l’ha avuta, non c’è nessuno che se ne possa prendere cura o ne sia in grado, ma tu... Tu hai me”
Mira ha sfoderato il sorriso numero cinque del suo repertorio e ha appoggiato una mano sul dorso di quella del padre, accarezzandolo con delicatezza.
“Va tutto bene così davvero, dobbiamo avere pazienza e poi io non ti conosco, sei piombato nella mia vita da così poco, ho bisogno di tempo per conoscerti meglio, di padri ne ho avuto abbastanza”
“Quel mascalzone non era tuo padre, pensi che io potrei farti del male? Come te ne ha fatto lui?”
Mira rammenta la faccia del padre: seria e contratta, gli occhi aperti su una visione inaccettabile, è convinto che lei abbia paura di lui come di tutti gli uomini in generale per colpa di quel mostro pervertito di Luke, il convivente della madre.
E’ persuaso che deve lasciarle tempo per fidarsi di lui, per superare il trauma, glielo hanno ripetuto anche gli psicologi: Mira ha subito un abuso da parte di quell’uomo ed è necessario che lo rielabori in un luogo neutro.
“Scusa Mira sono così impaziente di poterti avere con me, dopo diciassette anni aver saputo, oltretutto per delle coincidenze del tutto casuali, di avere una figlia ha completamente cambiato i parametri della mia vita, ma capisco che sia necessario del tempo per poter superare il trauma”
Mira ha annuito, già il trauma!
“Papà finito di pranzare possiamo andare a fare shopping? Ho visto un vestitino che devo assolutamente avere”
Il padre ha sorriso.
“Naturalmente, altrimenti cosa succederà?”
“Morirò ovvio, senza quel vestito sono morta”
Ora Mira, mentre sta per entrare a Parker’s House pensa a come è semplice incastrare gli uomini, così sfacciatamente elementare.
Pensa a suo padre, pensa a quell’imbecille di Luke e a quanto è stato facile portarselo a letto, pensa a Matt che inganna senza ritegno rispetto alla sua condotta, pensa a Thiago, a come è bravo a fare sesso, a quanto si divertono insieme e al suo sguardo d’ apprezzamento quando si presenterà da lui con quel vestito addosso e si sorprende a sorridere di un sorriso beffardo.



Connor appena tornato da scuola è salito subito in camera sua ed ora sta fissando il cellulare.
Ha inviato a Taylor non sa più quanti messaggi e ha ricevuto solo alcune risposte stringate e banali: “Tutto bene”, “Ho cambiato casa”, “ Il lavoro è ok” e via di questo passo.
Mai una volta che gli abbia risposto qualcosa di più e soprattutto mai che abbia chiesto semplicemente: “E tu come stai?”
Già questo è Tay, Connor lo sa, sa che lui è incentrato su se stesso e sulle possibilità che intravede di poter dare una svolta alla sua vita.
Immagina che quando tutto quello che sogni ti sembra a portata di mano, non hai tempo di pensare agli amici che hai lasciato, troppo importante concentrasi sull’obiettivo, nessuna distrazione deve esserti d’intralcio; però sapere che in questo momento lui per Taylor è un intralcio, gli stringe il cuore.
Ma il problema vero è che, anche se sa tutto ciò e si ripete che deve imparare a cavarsela da solo, a lato pratico non ce la fa.
Quando il vuoto diventa una caduta libera, quando la giornata è solo un’agonia che si trascina fino a sera, quando la notte è solo buio che ti agguanta alla gola e ti impedisce persino di voltare la testa alla ricerca di chiaro, allora Taylor manca e di brutto.
Ora Connor ha deciso di chiamarlo, non lo ha mai fatto, ma ora pensa che debba correre il rischio che la voce gli muoia in gola e che la testa gli si svuoti senza più pensieri.
Mentre schiaccia il tasto di chiamata si sente come Jamie che è lì con lui in camera ma è come se non ci fosse, sta guardando fuori dalla finestra e sembra quasi non respirare.
Sente il cuore battere a ritmo dello squillo del telefono e quando la voce di Tay lo raggiunge è come se si stesse aprendo una nuova ferita, come se la lametta entrasse nella carne in profondità e il sangue uscisse caldo e rassicurante.
“Connor, è successo qualcosa?”
“No, avevo solo voglia di sentirti, è da parecchio che volevo chiamarti ma avevo paura di disturbarti”
Taylor ride.
“In effetti è stato un periodo terribile, avrei dovuto chiamarti io ma ci credi che non sono riuscito a trovare il momento giusto?”
Connor pensa che sono passati quasi due mesi da quando lui se ne è andato e che è difficile credere che in tutto questo tempo, un momento per una telefonata non sia riuscito a saltare fuori.
“Ho visto il servizio fotografico su Fashion Times, è splendido” dice cambiando discorso.
“Già trovo anch’io che sia riuscito bene, è stato un vero colpo di culo e tu non sai cosa sono diventate le mie giornate dopo che è stato pubblicato. Stasera sono invitato ad una festa di Louvin, sai lo stilista francese. Ha visto le foto e ha chiesto al mio agente di conoscermi, sta facendo il casting per la sua prossima sfilata e vuole volti nuovi, ha detto che mi trova intrigante, ti rendi conto, Jean Louvin che mi trova intrigante!
Se va bene questo colpo e sfilo per lui sono a cavallo, entro nel giro dell’alta moda e tutto in poco più di due mesi... Ok fermami sto correndo troppo, però non mi aspettavo che succedesse tutto così in fretta, mi sembra un sogno”
Connor lo sta a sentire, stringe le labbra tra i denti e cerca di non pensare al freddo che lo sta congelando.
“Sono contento” riesce a sussurrare.
“Ehi Connor, che ti succede?”
“Niente”
“Non ti devi preoccupare piccolo, sai che per me sei importante, anche se siamo lontani io non mi dimentico di te, quando sarò famoso e avrò un sacco di soldi verrò a Tadcaster a prenderti, ti porterò via di lì, starai con me e non dovrai più preoccuparti di nulla, ma per fare questo ho bisogno di tempo e devo restare concentrato sul lavoro; non posso concedermi di pensare ad altro, lo capisci vero? Tu devi essere forte e stare bene, non posso permettermi di pensare a te in questo momento, ma poi sarà tutto diverso vedrai. Ci siamo capiti Connor? Non farai cazzate me lo prometti?”
“Sì, ma…” sussurra Connor stringendo il telefonino tra le mani, “Mi manchi Tay, mi manchi troppo, io non ce la faccio senza di te”
“Non dire così, io non posso fare niente per te adesso, dammi tempo, devi essere forte e cavartela da solo per un po’, in fondo devi solo aspettare qualche mese per diventare maggiorenne”
”Posso chiamarti qualche volta?”
“Certo, però ho bisogno di stare tranquillo, capisci?”
“Sì capisco”
“Bravo, so che te la caverai e poi c’è sempre Matt e Hillary, mi farò vivo io te lo prometto, ora devo andare scusa, ci sentiamo”
“Tay…”
La chiamata è già finita, dall’altra parte c’è solo il silenzio.
Connor rimane seduto sul letto con il telefono in mano e gli occhi fissi sul muro di fronte.
Non si accorge neppure che Jamie si è alzato e si è venuto a sedere accanto a lui e lo guarda.
Solo quando si sente toccare si riscuote, Jamie ha messo una mano sulla sua spalla così delicatamente che non pesa neppure, Connor cerca i suoi occhi e trova pozzi azzurri che lo osservano e sembrano scrutarlo fin dentro.
Jamie ha sotto le sue dita la spalla ossuta di Connor, ne sente la durezza e le spigolosità, nei suoi occhi ci sono quelli dell’altro, nocciola, asciutti, duri e sperduti; non sa bene cosa fare, c’è solo la percezione di emozioni che galleggiano nell’aria e lui non deve far altro che captarle e farsele passare sulla pelle.
Bussano alla porta, più volte.
Entra Hillary accendendo la luce e Connor chiude istintivamente gli occhi.
“Che cosa succede?”
La sua voce è lievemente preoccupata.
Si siede accanto ai due.
Jamie non si è mosso, la sua mano appoggia sulla spalla di Connor, che ha ancora tra le dita il telefonino.
“Nulla” cerca di fingere Connor ma sa già che la sua è una recita patetica.
“Hai chiamato qualcuno?”
“Taylor”
“”Beh che ti ha detto?”
“Che sta bene e che stasera è invitato ad una festa di uno stilista francese e che tutto sta girando per il verso giusto”
“Bene, è una bella notizia no?”
Connor fa un cenno d’assenso.
“Che c’è?”
“Lui mi sta dimenticando”
“Lui sta cercando di occuparsi della sua vita ed è molto faticoso te lo garantisco, non ha scelto una strada facile e si deve impegnare”
“Anche lui mi ha detto così ma non mi ha mai chiamato da quando se ne è andato a Londra; è così occupato?”
“Sai com’è Taylor, tu e lui siete amici ma Tay si è buttato nel mondo senza aver imparato la cosa più importante”
“Quale?”
“Che il mondo non gira attorno a lui, che gli altri non sono stati creati per le sue necessità”
“Lui non è così”
“Lo è Connor e lo sai anche tu, anzi lo sai meglio di tutti noi”
“Lui è l’unico che si è occupato di me”
Connor sa che le sue parole stanno ferendo Hillary, perché screditano tutto il lavoro suo e di Matt, la loro pazienza, il loro cercare di stargli accanto, di sostenerlo.
“Non è vero, non puoi dire questo, molta gente ha cercato di occuparsi di te ma tu non lo hai mai permesso, lo hai fatto solo con Tay”
“Lui mi ha dato quello di cui ho bisogno, voi non capite nulla”
“Cosa ti ha dato, Connor?”
“Mi è stato vicino, per lui conto qualcosa”
Hillary sospira, prende la mano di Jamie e delicatamente la toglie dalla spalla di Connor e se la stringe tra le sue.
“Cosa sei per lui, te lo sei mai chiesto?”
“Non puoi capire, sei solo gelosa di lui, lo siete tutti perché lui è stato l’unico che è riuscito a fare qualcosa per me e sta facendo qualcosa per se stesso senza bisogno del vostro maledetto aiuto”
Hillary lo guarda negli occhi.
“Jamie ti va di scendere?”
Stringe la mano a Jamie che la segue tranquillo.
Connor chiude i pugni.
Non vuole la pietà di Hill e di nessuno, neppure di quell’idiota di Jamie, non gli permetterà più di toccarlo, lui non è Taylor e non potrà mai sostituirsi a lui.
Tay verrà a prenderlo un giorno non molto lontano, lo porterà via da lì e lui non si sentirà più così solo, ma finalmente vivo.



Kyle apre il cancelletto e sta per salire il primo gradino quando una voce lo blocca, non ha bisogno di voltarsi per sapere a chi appartiene, è una voce inconfondibile che spesso sogna gli si rivolga con un tono sensuale proponendogli cose peccaminose ed eccitanti, è la voce di Dean, l’amico di Yuki.
Ridacchia tra se per i suoi pensieri, prima di voltarsi.
“Che fai qui? «
“Puoi dire a Yuki di darsi una mossa per favore”
Dean sta saltellando da un piede all’altro e tiene le braccia strette intorno al petto per il freddo.
“Ti conviene entrare, sai che Yuki ci mette un’eternità a fare qualsiasi cosa, vieni dai!”
Ecco ora dentro si sente un po’ più al sicuro anche se con Dean gli piacerebbe essere in qualsiasi situazione meno che al sicuro.
Ma quel ragazzo gli provoca sensazioni strane e contrastanti che non ha mai provato con nessuno. Eccitazione e voglia di farsi sbattere fino allo sfinimento, ma nello stesso tempo una timidezza per lui inusuale e incomprensibile, una sorta di disagio che nasce dalla difficoltà di capire cosa prova il ragazzo nei suoi confronti.
Sa che Dean è etero, glielo ha detto Yuki, ma sa anche che la dichiarazione di eterosessualità non significa nulla, potrebbe essere una copertura oppure Dean non si è mai reso conto che oltre le donne gli piacciono i ragazzi, forse perché non ha mai incontrato nessuno che glielo abbia fatto diventare duro.
“Dai dammi il giaccone”
Dean ubbidisce e ha sulle labbra un sorriso indecifrabile.
“Hillary, c’è Dean” annuncia prima ancora di entrare in cucina.
“Ciao, stai cercando Yuki?”
“Sì dobbiamo andare alle prove e siamo già in ritardo, stasera c’è il concerto”
“Lo sappiamo, non potremmo non saperlo neanche volendo. Mentre lo aspetti ti va una tazza di the?”
I due ragazzi si guardano e ridacchiano.
“Lascia fare a me Hill, preparo cioccolata con panna fresca e muffin ai mirtilli, può andare bene per tutti?”
“Chiamami quando è pronto, io salgo un attimo in camera”
Bene, ora lui e Dean sono soli nella grande cucina.
Si mette ai fornelli mentre Dean si siede proprio dietro di lui allungando un po’ le gambe.
“Certo che sei una perfetta donna di casa” sogghigna.
“E me ne vanto, mi piace un sacco preparare cose buone per le persone che amo”
“Oh oh stiamo prendendo una brutta china”
Kyle si volta leccando sfacciatamente il cucchiaio intinto nel cacao.
“Che vuoi dire?”
“Non sapevo di essere incluso nella lista delle persone che ami”
“Sei uno scemo, te l’ho detto in mille modi, mi sa che sei un po’ tardo come il tuo amico”
“Quale amico?”
“Yuki no? Chi altro”
“E a lui la cioccolata con la panna non gliela prepari mai?”
“Qualche volta, anche se non è propriamente nella lista delle persone che amo, piuttosto in quella che sopporto, ma gli devo un favore e quindi…”
“Quale favore?”
Volta il viso e sorride in modo che cerca di rendere il più sexy possibile.
“Ci ha fatto conoscere”
“Già, e con Jared come va?”
“E a te cosa frega scusa?”
Ecco ha dato al ragazzo seduto accanto a lui l’opportunità di dire qualcosa in più, di sbilanciarsi.
“Dicevo così tanto per parlare, in realtà non mi frega nulla di quello che fai, di quali cazzi succhi”
Kyle rimane interdetto, come deve interpretare quelle parole? Sentirsi offeso o divertito?
In fondo Dean gli ha sbattuto in faccia la sua omosessualità in modo diretto e volgare, ma almeno è la prima volta che scivola su questo discorso.
“La cioccolata è pronta” dice e versa il contenuto bollente nelle tazze.
Poi si siede e fa finta di essere occupato a girare con il cucchiaio la bevanda.
Appare assorto con gli occhi abbassati, ficcati dentro il recipiente.
“Ehi ti sei offeso? Guarda che non volevo, forse mi sono espresso in modo un po’ stronzo, ma in fondo è quello che fai no?”
Kyle alza finalmente gli occhi su di lui.
“Ti piacerebbe provare?” sussurra ma la voce è ferma, anche se il tono è un soffio.
Ora è Dean a trovarsi in imbarazzo, ridacchia e finge di non aver sentito.
“Allora?”
“Allora che? Lo sai che a me piacciono le ragazze”
“Beh se ti faccessi fare un pompino da me penso che le tue sicurezze vacillerebbero”
Dean ride di gusto.
“Dio sei fenomenale, beh quando vorrò sperimentare qualcosa di nuovo ti faccio un fischio, per ora mi va bene così, non mi manca chi mi fa un pompino, di ragazze pronte ne ho finchè voglio”
Certo pensa Kyle, chi potrebbe resistere a quel viso delicato e dolce, a quei capelli lunghi, lisci e fini come quelli di una ragazza, a quel corpo al contrario estremamente maschile, con la muscolatura ben in evidenza quando suona la batteria o quando skeitta, facendo acrobazie, con quei pantaloni calati a scoprire slip sempre arrapanti e quei capelli svolazzanti nel vento delle evoluzioni.
Scende Hillary che sembra non accorgersi delle occhiate esplicite che Kyle lancia a Dean, del suo sorseggiare il liquido bollente con circospezione leccandosi con voluttà le labbra.
Yuki entra in cucina seguito da Jamie.
“Ah eccoti qui”
“Se ti aspettavo fuori sarei già congelato, meno male che Kyle mi ha fatto entrare”
“Te lo detto anch’io di entrare, sei stato tu a dirmi che mi aspettavi fuori”
“Sì ma tu mi hai detto che ci mettevi un attimo”
“Mi sono solo dato una sistemata”
“Sì, sì” borbotta Dean lanciandogli un’occhiata ironica.
“Ce ne è anche per me di cioccolata?”
“E’ nel pentolino” risponde Kyle.
Yuki se ne versa un goccio in una tazza.
“E per Jamie?”
“Che ne sai che la vuole?” borbotta Kyle, “Gli leggi nel pensiero?”
“Basta semplicemente chiederglielo”
Yuki è l’unico che sembra non si sia accorto che Jamie non parla, lo tratta come qualsiasi altro, gli pone domande e aspetta, poi a volte annuisce come se avesse ricevuto una risposta.
Questi sono i misteri che circondano Yuki.
Kyle si avvicina al ragazzino che si è fermato sulla soglia della cucina. Lo prende per mano.
“Povero piccolo non devi stare troppo appresso a questo idiota, potrebbe essere contagioso, tu anche se non parli hai tutte le rotelle al posto giusto invece lui è perso per sempre”
Jamie non coglie tutte le parole ma comprende la situazione.
Si siede e aspetta, si sente al sicuro e tranquillo, le parole degli altri si librano come uccellini nel vento, gli passano accanto, gli svolazzano attorno, il frullo delle ali è un brusio incomprensibile ma è bello stare a guardarle ed è rilassante il fruscio che fanno nell’aria.
“Dai diamoci una mossa altrimenti oggi non combiniamo niente” si riprende Yuki.
Dean si alza, dà una pacca gentile sulla spalla a Kyle.
“Ci vediamo stasera al concerto?”
“Certo”
I due escono, Kyle li sta a guardare uno accanto all’altro mentre ridono e borbottano tra di loro.
Forse Dean sta raccontando a Yuki la sua offerta, forse si è spinto troppo avanti, forse lo ha spaventato ma Dean rimane sempre un mistero per lui, non sa se raccogliere le sfide che sembra lanciargli o lasciarle cadere.
Cazzo forse ha fatto una figura di merda e le risate tra quei due sono rivolte proprio a lui.
Si allontana dalla finestra, si siede e riprende a bere gli ultimi sorsi di una cioccolata ormai fredda.
Si guarda attorno, aspira con il naso i profumi di Parker’s House e in qualche modo la stretta al torace si allenta, lava la tazza e intanto pensa a Dean e immagina che se si impegna, forse un giorno sarà suo.



Stanno cenando.
Insieme come succede più o meno tutte le sere.
Yuki è in ritardo, come succede più o meno quasi tutte le sere.
Ma così in ritardo non lo è stato mai.
Connor guarda di sottecchi Matt e poi Hillary.
Non gli danno l’impressione di essere tesi ne preoccupati e questo è già di per sé strano.
E anche tutti gli altri sono concentrati sul loro piatto e si respira un’ atmosfera rilassata.
Possibile che solo lui noti l’assenza di Yuki?
“Come mai non è ancora arrivato, l’idiota?” decide di bofonchiare con un cenno alla sedia vuota di fronte a lui.
Matt lo guarda con un’aria sbalordita, poi scuote la testa e ridacchia.
Hillary invece lo fissa assorta, quasi come se stesse decidendo se prenderlo sul serio o meno.
“Stasera c’è il concerto, non ti ricordi?” sbuffa Kyle.
Il concerto?
Connor cerca di fare mente locale, in realtà per lui sta diventando di giorno in giorno sempre più difficile far finta di partecipare a ciò che succede in casa.
“Yuki questa sera ha il concerto con il gruppo, è rimasto fuori per provare e preparare il palco e gli strumenti. Più tardi andiamo a sentirlo”
La voce di Hillary gli arriva pacata come sempre, anche se con un’intonazione un po’ ironica che proprio non gli piace.
“Certo, a me comunque non frega un cazzo del suo concerto, non intendo andarci” risponde imbronciato per darsi un tono, ma soprattutto per mettere in chiaro che non si farà trascinare fuori al freddo per imboscarsi in un locale schifoso pieno di gente assurda, tutto per sentire la musica merdosa dell’idiota e dei suoi amici.
“Non sei obbligato naturalmente” Matt interviene con voce calma, ma che non concede spazi per i dubbi e le rimostranze.
“Bene”
“Quanto sei stronzo Connor, sai che Yuki ci tiene, ci sta rompendo da due mesi con ‘sta storia del concerto, ci andiamo tutti” sbuffa Kyle.
“Divertitevi, sempre che sia possibile” risponde gelido Connor e poi torna a osservare con aria indagatrice i pezzi di patata che ha tagliato minuziosamente e che stanno da troppo tempo nel suo piatto.
“Io e Matt ci andiamo ma ci stiamo poco, da quello che ho capito non è un posto per due persone di una certa età come noi” interviene Hillary un po’ ironica.
“Io vado al cinema con Amber” Mira alza il viso solo un attimo, come se fosse scontato che lei in quel locale non ci metterebbe mai piede.
“Tu Connor quindi resti in casa?”
“Sì io e Jamie”
“Jamie viene con noi”
“Glielo avete chiesto? Sa dove lo volete portare? Non vi sembra che ne abbia avuti abbastanza di shock senza dovergliene per forza procurare un altro?”
Hillary sorride.
“Quando vuoi sai anche essere spiritoso Connor”
“Non voleva essere una battuta di spirito. Penso davvero che per Jamie non sia il posto adatto, se fossi Jamie non mi piacerebbe” continua Connor.
“Tu non sei Jamie, nessuno può essere lui”
La voce di Alison è leggera eppure vi è un’eco di rabbia dentro.
Quando arrivano, il locale è già abbastanza pieno.
Matt si immola per fare la fila al banco e prendere due birre e una bibita.
Jamie sta accanto ad Hillary, molto vicino in modo da poterla toccare, ha lo sguardo spalancato sulla vita che lo sta premendo da tutte le parti.
Si sta facendo un’overdose d’emozioni.
Matt lo tiene d’occhio, non vuole sorprese, è pronto a prenderlo in consegna e a condurlo al sicuro con lui in un posto tranquillo, fuori sulla strada dove c’è silenzio e quiete.
Lui e Hillary sanno di stare giocando in modo rischioso la carta dell’iperstimolazione, è sembrata però una possibilità quella di condurre Jamie con loro, sembra che Yuki non gli sia indifferente, sperano che poterlo vedere sul palco possa aiutarlo a dare un senso al posto dove lo hanno portato, sperano che condurlo in mezzo alla vita pulsante e adrenalinica anche solo per poco possa dargli una scossa, un elettroshock emotivo che forse potrebbe sortire l’effetto di un sobbalzo nella sua coscienza, di un piccolo risveglio.
E poi le luci si spengono, la gente lascia il bancone, si affolla, grida incitamenti, fischia.
Il palco si accende di luci colorate.
Gli strumenti sono pronti, entra il gruppo: Voce, Basso, Dean che si posiziona dietro la batteria, Yuki che si sistema Black Pearl al collo.
La musica inizia con la chitarra che parte con un refrain iniziale sostenuta dalla batteria, a cui si aggiunge il basso e infine, quando la musica sta diventando martellante e quasi ipnotica, la voce roca e aspra come carta vetrata di Kenny.
Yuki suona intensamente con il corpo intero, lo sguardo perso in un’altra dimensione.
Negli assolo mette un piede sull’altoparlante e si china in avanti sulle corde. Black Pearl nelle sue mani luccica del suo sudore e sembra ansimare di piacere.
Vedere Yuki mentre suona è veramente uno spettacolo, completamente assorbito dalla magia di riuscire a mettere insieme tre strumenti e una voce e di farne uscire musica.
Di solito, per lo meno in questi mesi di prove, ne è sempre venuto fuori un casino assurdo, proteste, battute, battibecchi, incazzature, mentre qui su questo palco un po’ scalcinato di questo pub di paese, si sta creando qualcosa che è bello, ma soprattutto che prende.
Gli sembra di vivere nella fiaba del flauto magico, lui è il suonatore e tutta le gente che intravede tra i capelli sudati che gli entrano negli occhi, è la torma di topi che lo seguono in trance, anche fino alla morte.
Non si accorge quasi che il repertorio è finito e che le luci stanno calando.
Dean gli si avvicina facendogli cenno di uscire e in quel momento intravede una massa di capelli biondi, proprio sotto al palco.
Guarda meglio, è una ragazza che lo sta osservando e gli sorride apertamente.
“Ehi ti sei accorto della biondina finalmente, per tutto il concerto non ti ha staccato gli occhi di dosso, stasera mi sa che il divertimento per te non è ancora finito” gli sussurra all’orecchio Dean, mentre stanno scendendo.
Lui la cerca con gli occhi ma lei è proprio lì accanto, lo sfiora sul petto con evidente ammirazione.
“Bravo mi sei piaciuto, io sono Nina”
“Yuki”
“Mi piace un sacco come suoni, non hai molta esperienza però il talento ce l’hai”
“Che ne sai?”
“Non sono la solita ragazzina deficiente che si impressiona per il chitarrista figo, me ne intendo di musica”
“Anch’io! So di essere un principiante, non ho una grande esperienza, ma so anche che possiedo una grande riserva di desiderio e la userò tutta quando arriverà il momento, prima o poi brillerò più luminoso che mai!”
La ragazza lo sta a sentire con un broncio grazioso sulle labbra e gli occhi enormi azzurri.
“Parole importanti per un chitarrista inesperto, dobbiamo rivederci, ti lascio il mio numero di telefono chiamami”
Yuki la osserva, Nina è diversa da ogni ragazza che ha conosciuto, lo sa perché è la prima a non aver ridacchiato alle sue sparate.
Certo che la storia del “brillerò più luminoso che mai” non sa come ha fatto ad uscirgli, adesso che se la ripete nella testa mentre beve al tavolo con gli amici, sembra a lui stesso una grande stronzata, ma Nina non si è mostrata sorpresa, anzi gli ha lasciato un bacio leggero sulle labbra prima di salutarlo.
Forse ha trovato la persona giusta per lui, quella che potrà accompagnarlo lungo la strada che si è scelto, forse si sono trovati entrambi, come suo padre e sua madre prima di lui.
  
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