Serie TV > Terapia d'urgenza
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Autore: Dea Elisa    02/02/2011    1 recensioni
Raccolta di brevi ff non in ordine cronologico né logico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristiana Gandini, Riccardo Malosti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Gabbia

Tetra, scura, immersa nel buio, se non fosse stato per quelle luci artificiali così tremendamente bianche.

E tu, che per la prima volta percepivi quella sala operatoria come una gabbia, cosa che per te non era mai stata.

“Non riesci a tenere in mano nemmeno il bisturi, guardati!” ti aggredisce, puntandoti minaccioso una mano avvolta dal guanto.

Non sopportavi quando qualcuno – per giunta al tuo stesso livello professionale – ti insegnava a fare qualcosa che già avresti dovuto saper fare o ti rimproverava sul come lo facevi.

“Quante ore hai dormito stanotte?” continua il suo monologo da padre esasperante ed esasperato.

Il bisturi tra le tue mani non smetteva di tremare, anzi, le parole di Malosti sembravano trasmettere il nervosismo che avresti dovuto provare, e che invece non provavi, direttamente a quello strumento.

Ti volti verso Giulia, che da dietro la mascherina ti guardava con quella che ad occhio e croce sembrava compassione. Davvero facevi così pena ai tuoi colleghi? E davvero la pensavano tutti come Malosti, ma non erano così diretti dal farti presente che eri un chirurgo quarantenne e non potevi permetterti di sgarrare nemmeno per una sera?

Abbassi lo sguardo verso le mani della donna, a cui cedi il bisturi.

Esci da quella gabbia di cemento e asetticità senza dare spiegazioni, perché, per una maledetta volta, ti potevi concedere di non svolgere il tuo lavoro.

Te l’aveva detto Riccardo, no? Non eri in grado di operare, e ti saresti salvata dai suoi commenti almeno fino a quando non ti avesse trovata per la strigliata finale.

Decidi di non farlo attendere, e, dopo aver sommerso in un paio di visite di routine i tuoi sensi di colpa per aver mancato di compiere il tuo dovere, torni di fronte all’ingresso della sala operatoria, dove attendi, appoggiata al muro, la tirata d’orecchie che speravi fosse la più veloce e indolore possibile.

“Eccola, la nostra ragazzina. Ti darei quattordici, massimo quindici anni.”

“Tu invece stai superando i settanta.”

“Non sarei qui a prenderti in giro, cara la mia dottoressa. Pantofole, sedia a dondolo, copertina sulle gambe, mogliettina che prepara la cena…”

“Mogliettina? Ma chi ti sposa, a te? Sei insopportabile anche preso a piccole dosi, figurarsi ogni ora del giorno!”

“Ma dimmi te chi può prendere una donna che alla sua età non ha ancora capito cosa fare della sua vita e che va in giro di notte con un ragazzo che potrebbe essere suo figlio!”

“Sei geloso?”

“No!” grida, evidenziando il contrario.

Ti viene pericolosamente addosso, stringendoti al muro senza che i vostri corpi potessero toccarsi.

Inspiri forte, guardando di fronte a te l’unico uomo che avresti voluto avere in quelle notti che lui tanto odiava.

“Solo vorrei sbatterlo al muro così” ti prende per i fianchi e si porta ad aderire contro di te, che ti lasci sfuggire un gemito per l’impeto. “E sfondargli lo stomaco.”

Invece di odiarlo per le violente parole che stava rigurgitando a pochi centimetri dalla tua bocca, non fai altro che protenderti verso di lui inclinando il capo, assaporando per quei limitati istanti il sapore provocante che aveva la sua vicinanza.

Era quella, l’unica gabbia che avresti potuto eternamente sopportare.

Quella delle sue braccia e del suo corpo, sospesa di fronte a te, ad insultare chi aveva osato prenderne il posto.








   
 
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