Capitolo Sesto.
-
Che vuoi, papà? – chiese un alquanto scocciato Inuyasha.
-
Non posso nemmeno preoccuparmi per mio figlio? –
Il
mezzodemone lo guardò con cipiglio, poi si soffermò su quel viso ancora tirato,
senza un accenno di vecchiaia, e sullo sguardo sempre fisso e rigido che aveva
sempre.
Da
quando ne aveva ricordo, suo padre non era cambiato affatto.
Persino
il carattere e i modi di fare erano gli
stessi da vent’anni ormai.
Lui,
invece, non essendo demone, sarebbe invecchiato come tutti gli umani presenti
nel mondo.
Che
cosa seccante!
Sospirò,
tornando con i piedi per terra. In quell’ufficio dall’arredamento freddo e
orribile.
-
Arriva al punto. – lo intimò.
L’uomo
lesse di sfuggita alcune pratiche.
Come
pretendeva di fargli credere che fosse preoccupato
se non lo guardava nemmeno in faccia?
-
Hai finito la scuola da un pezzo. Miracolosamente, aggiungerei. – iniziò. – E
da quanto mi hai detto, non hai nessuna voglia di entrare all’università. –
-
Se hai capito allora perché mi hai chiamato così presto? – lo interruppe
Inuyasha, spazientito.
Dove
voleva arrivare?
-
Perché ho deciso che lavorerai qui. – gli annunciò suo padre fissandolo negli
occhi e con un tono che non ammetteva repliche. - Sarai il direttore del sesto
piano. –
Spalancò
leggermente la bocca, sconvolto.
Ma
allora non aveva capito niente!
-
Io sarò all’ultimo e tuo fratello al terzo, non ti disturberemo. Quindi non hai
scuse.- lo avvisò.
Da
quando bisognava avere delle scuse per rifiutare un lavoro?
-
Scordatelo. – sibilò irato. – Non ho nessuna intenzione di lavorare per te! –
Suo
padre sospirò sconsolato. Sapeva che avrebbe risposto così.
-
Inuyasha..presto avrai una famiglia, come speri di mantenerla? – cercò di
convincerlo.
Lui
si irrigidì di colpo.
Inconsciamente
la parola “famiglia” era collegata
con una parola nuova, che aveva scoperto da poco ma che gli piaceva almeno quanto mandare a quel paese suo
fratello.
Kagome.
Giusto,
come avrebbe potuto aiutarla se non era capace nemmeno di pagarsi la cena?
Mha,
però lei cercava lavoro quindi…
-
Posso avere una segretaria? – le parole gli uscirono di getto, senza nemmeno
avere il tempo di formularle nella mente.
Sentì
l’uomo sospirare di nuovo.
-
Se proprio ci tieni…-
Il
suo animo si illuminò e cercò di non sorridere apertamente a suo padre,
altrimenti sarebbe risulatato fin troppo entusiasta e grato.
Stava
per uscire dall’ufficio, dopo essersi accordato sul giorno di inizio.
-
Inuyasha? – bloccò la mano sulla maniglia.
-
mh? –
-
Ti verrò a controllare ogni tanto, non comportarti da bambino! – lo ammonì.
E
quando mai…
Annuì
alzando gli occhi al cielo e uscendo dalla stanza.
Ok,
forse avrebbe dovuto riconsiderare l’idea di aver preso troppe cose.
“
Dimmi, intelligentissima Kagome, ora come ci torniamo a casa? “
Aveva
cinque busta stracolme di cibo, che aveva posato a terra visto che erano troppo pesanti, nemmeno uno yen per poter
pagare il taxi o il bus, ed era distrutta.
…Perfetto,
no?!
“NO! Baka, baka, baka!”
Erano
già le 4:15 del pomeriggio.
Quante
ore era stata in giro?
Estrasse
dalla tasca il cellulare e compose velocemente il numero.
Sobbalzò
quando le rispose una voce brisca e scocciata.
-
Sono Kagome – disse indecisa.
Sperava
solo di non disturbarlo!...Aveva fatto così tanto per lei.
-
Ecco, scusa il disturbo, non volev…-
-“Vai al
punto, su!”- la spronò.
-
Ho bisogno di un passaggio! – buttò lì.
Silenzio.
-
Cioè…- cominciò lentamente.
-“
Dove sei?”-
-
Oh, ehm…a Shibuya. Davanti la statua di…del cane! – rispose guardandosi intorno
un po’ sotto pressione.
-“Resta lì!”-
“
Come se potessi muovermi “ pensò quando cadde la linea.
Fissò
le buste disposte in cerchio intorno alle sue gambe.
E
se Inuyahsa aveva una moto, che avrebbero fatto?
Si
morse il labbro.
Forse
avrebbe dovuto avvisarlo prima.
Baka,
baka, baka ,baka!
Una
macchina frenò bruscamente a cento metri da lei e poco dopo il mezzodemone la
stava raggiungendo a passo veloce, con un sorriso ironico sulle labbra.
-
La statua del cane,eh? –
-
Bhè, il nome mi sfuggiva! – si giustificò arrossendo.
Che gaff! Chi non conosceva la statua di Hachiko, il cane appunto della statua?
Inuyasha
afferrò un sacchetto come fosse gommapiuma.
-
E’ per questo che volevi un passaggio? – domandò.
Lo
aiutò a caricare tutto nel cofano della macchina.
-
Esatto! – esultò lei. – Ho pensato di aiutarti almeno in casa!–
Osservò
curiosa l’ammaccatura svicino il fanale anteriore.
-
Nessun morto. – la rassicurò con un piccolo sorriso.
Era
così sollevato!
Pensava
chissà cosa, dopotutto con quella non si poteva mai sapere.
Era
passato due volte col rosso, per arrivare prima, e un idiota gli era arrivato
addosso, procurando alla macchina quella rientranza.
E
lui che non si era nemmeno fermato a rompergli la faccia!
Intanto
Kagome aveva preso a raccontargli la sua favolosa giornata, parlando di tutte
le sue avventure in un dannatissimo
supermercato.
Mha,
in fondo era bello avere una compagnia!
-
INUYASHA! Preferisci il salmone o il tofu? –
Si
tappò le orecchie con entrambe le mani.
-
Non urlare! – esclamò infastidito.
Sentì
lo stridere delle pentole e fece una smorfia.
-
…O forse l’omelette? RISPONDI! – urlò di nuovo per farsi sentire sopra la musica
del suo stereo, fino in salotto.
Peccato
che lui sentiva benissimo anche con tutti quei rumori.
Sprofondò
nel divano cercando di isolarsi.
Gli scoppiava la testa.
-
INUYASHA! –
Con
furia si voltò, facendo cadere tutto il
divano sullo schienale, e aumentando quel frastuono.
-
CI
SENTO! CI SENTO,CAVOLO! – sbraitò con le mani schiacciate sulla testa,
all’altezza delle orechie canine, e gli occhi sgranati.
Kagome
lo osservava a bocca aperta, con una padella in mano e il grembiule giallo
legato in vita.
-
Non c’è bisogno di fare tutto questo casino – sbottò acida quando si rese conto
che il divano era caduto, lui aveva urlato e abitavano in un condominio.
-
Io?..E’ colpa tua! – rispose additandola.
-
Ti ho solo chiesto cosa volevi per cena! – sibilò con una mano sul fianco e
l’altra che sventolava la padella. - …bastava rispondere –
Lo
sentì ringhiare.
-
E tutto questo rumore, eh!? – indicò lo stereo e
-
Mi piace ascoltare la musica! – ribattè.
-
Mettiti un paio di cuffie, BAKA! –
-
Non. Osare. – si avvicinò a lui di due grandissimi passi.
-
Oso, invece. Sei peggio di un ciclone!
–
-
Non è colpa mia se senti meglio di me, idiota. – si giustificò Kagome con una
smorfia furiosa sul viso.
Il
mezzodemone si massaggiò le tempie, con movimenti lenti e circolari.
-
Oddio, basta. – mormorò esasperato.
Gli scoppiava la testa.
E
anche il giorno dopo sarebbe dovuto
andare a lavoro.
E
non aveva proposto a Kagome il posto come segretaria.
-
Ehi, ti senti bene? – sentì una mano sfiorargli delicatamente la fronte.
Sospirò.
-
Senti, Kagome: ti offro un lavoro. Non puoi rifiutare. – disse pacato,
strizzando gli occhi per il dolore.
Incrociò
lo sguardo euforico della ragazza.
-
Davvero?
-
*: Il 21 maggio 1925, Ueno morì di ictus mentre era
all'università. Hachikō, come ogni giorno, si presentò alla stazione alle
cinque del pomeriggio (l'orario in cui il suo padrone solitamente arrivava), ma
il professor Ueno non era ancora tornato. Il cane attese invano il suo arrivo.
Ciononostante, tornò alla stazione il giorno seguente e fece così anche nei
giorni successivi. Hachikō morì
di filariasi all'età
di dodici anni, dopo aver atteso ininterrottamente per ben dieci anni il
ritorno del suo padrone. La sua morte impietosì la comunità nipponica; fu
costruita una statua raffigurante il cane, a Shibuya.