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Autore: Karyon    03/02/2011    1 recensioni
Come al solito, senza neanche girarsi a guardarlo, cominciò a parlare con tono indifferente e limpido «Non volano gli aironi, con la pioggia». [Lee Jordan/Astoria Greengrass]
Ha partecipato al "Random Pairing" di Herms.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Astoria Greengrass
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nickname: Karyon
Titolo: Clouds and Herons.
Tipologia: One shot.
Genere: Romantico (nuvole), triste (pioggia).
Rating: Verde.
Pairing: Lee Jordan/Asteria (Astoria) Greengrass.
Warnings: One shot, what if…?
NdA: In realtà è una storia alquanto leggera. Chissà perché, ho sempre la sensazione che le storie per i contest debbano essere sempre incasinate, eppure questa volta ho sentito che doveva essere così. Io ho concepito Lee come un ragazzo sempre socievole e gioioso, senza particolari problemi, semplice (nel senso relativo del termine); sarà perché è sempre con i due gemelli, ma non credo sia una persona greve, pesante o fatalista, né particolarmente dedito a farsi domande sul senso dell’esistenza; tuttavia credo anche che possa essere molto profondo (essendo un personaggio molto marginale, alcune cose potrebbero essere allegramente fasulle, insomma). Asteria l’ho dipinta, molto banalmente lo ammetto, come una Purosangue un po’ triste,e meditabonda, riflessiva e fatalista, oltre che intrappolata in qualcosa di non meglio definito (ricchezza, casata, sangue? Chissà). L’unico modo che sono riuscita a trovare per incrociarli, anche con i prompts, era quello di momenti “normali” e quotidiani, in cui però scatta qualcosa di delicato, ma profondo che – chissà – può anche evolvere. Mi rendo conto che non è molto originale. Il finale è volutamente aperto e impalpabile, perché non mi piace velocizzare una storia che, per essere credibile, dovrebbe vedere un bel numero di pagine come minimo; una storia con una coppia così, ha bisogno di tante limature per non andare completamente OOC. Per questo spero sia abbastanza credibile, IC e possibile.
 
 
Clouds & Herons
[…]Certe volte sono bianche
e corrono
e prendono la forma dell’airone…
|| Le nuvole – F. De Andrè



Quando quella mattina alzò lo sguardo, Lee si stupì di quanto fosse strano il cielo in una fredda giornata di pieno Inverno.
E che lui non se ne stava mai lì a guardare le nuvole o a meditare, impegnato com’era a vivere la vita nel caos della sua quotidianità. Per una volta fu quasi contento che i gemelli non avessero tempo d’inventarsi nuove follie, così poteva starsene in riva al lago a cercare le buffe forme che numerose nuvole bianche sembravano disegnare nel cielo turchino. Se Fred George avessero potuto usare il Legilmens sulla sua testa, gli avrebbero dato della femminuccia stucchevole, tuttavia si sentiva addosso una strana inquietudine cui non era abituato e che forse, in quel modo, avrebbe potuto sedare.
«Chissà se è possibile attirare le nuvole? Accio nuvola…» provò a dire, improvvisamente, con tono pigro e senza l’ombra di bacchetta.
La verità era che lui non era abituato neanche al silenzio, circondato com’era da quei matti da reparto psichiatrico di San Mungo, né tanto meno lo era alla solitudine, che già in pochi istanti si faceva strada in lui.
«Ma che ti prende? Per Merlino Lee, ripigliati!» Grugnì a se stesso, alzandosi a sedere di scatto e lanciando una pietra sulla liscia superficie del lago insonnolito: almeno così c’era qualcosa che non se ne stava troppo immobile.
«Sarebbe bello attirare le nuvole, anche se gli incantesimi di richiamo non funzionano con i corpi celesti» fece una voce limpida e sicura alle sue spalle.
Lee sussultò, poi si girò di scatto: una ragazza sottile, dalla pelle chiara e i lunghi capelli castani a onde sulle spalle, era seduta sull’erba con un libro sulle ginocchia; i dettagli verde-argento sulla divisa gli facevano capire da che Casata provenisse, anche se l’avrebbe capito comunque, pensò con una certa punta di disprezzo.
Dopotutto i Serpeverde erano riconoscibili anche a chilometri di distanza e soprattutto lei, appartenente a una delle famiglie Purosangue più in vista del paese.
Astoria Greengrass tacque, continuando a guardare il lago come se non l’avesse neanche visto, e Lee dal canto suo fece lo stesso; per natura non era particolarmente interessato a causare litigi dove non ce n’era motivo, a parte quando era in compagnia di Fred e George naturalmente.
Bastarono pochi istanti per dimenticarsi totalmente della Serpeverde e del suo tono distaccato, mentre l’aria tranquilla e frizzante sembrava fare bene al suo strano umore. Lee pensò addirittura che quella sorta di “gioco” potesse cominciare a piacergli e quasi saltò su quando vide una macchia bianca dalla forma più delineata che avesse mai visto «Un uccello!» Esclamò, puntando un indice al cielo.
«Veramente è più un airone…» sentì dire ad Astoria, facendogli così sfuggire uno sbuffo «E che differenza c’è?» replicò, con lo stesso tono che tante volte aveva sentito in Ron quando recriminava l’eccessiva pignoleria di Hermione.
Astoria fece un piccolo verso di sopportazione, alzando gli occhi chiari al cielo «Tutta la differenza del Mondo! Mai voi Grifondoro siete sempre troppo rozzi per capirlo».
Lee ghignò «Grazie, mi mancava l’insulto del giorno da parte dei raffinatissimi Serpeverde» ironizzò, mentre constatava con un certo divertimento che davvero tutti loro avevano lo stampino per le espressioni da “puzza-sotto-al-naso”.
«E’ come se io dicessi che tu sei un uomo, senza nessun’altra spiegazione» continuò Astoria che proprio non poteva, specialmente con un Grifondoro, lasciar cadere un argomento in cui era palesemente più esperta.
Lee mosse una mano come a dire che non importava «Beh, io sono un uomo!» Sbottò, sogghignando e strappando un gemito nell’altra.
«Allora è vero che siete stupidi… non sei solo un uomo, è questo il punto! L’airone non è solo un uccello, ha le ali più grandi, dal colore più candido, il becco…» tirò, con aria saccente.
«Mah, secondo me l’importante è che assomigli a un uccello, nel senso che voli in libertà e non abbia problemi» la interruppe lui, scrollando le spalle con indifferenza.
Astoria si blocco, fissandolo per qualche istante in silenzio.
Prima che potesse dire altro, alcuni di Serpeverde li raggiunsero sghignazzando qualcosa a proposito di una stupida barzelletta sui babbani. 
«Astoria, sei ancora qui? E che ci fai con uno sporco Grifondoro babbanofilo?» Fece sarcastico uno di loro.
Lee scattò in piedi «Ripetilo se ne hai il coraggio, stupido Serpeverde dal cervello di vermicolo!»
Quando già fu pronto a sguainare la bacchetta all’incrociare gli sguardi prepotenti di quei tre, Astoria si alzò con la solita impassibilità, scoccandogli un’occhiata strana, quasi di avvertimento «Costatavo ancora una volta quanto fossero sempliciotti. Andiamo, è inutile perdere tempo» fece, incamminandosi verso il Castello, senza neanche guardarsi indietro.
Dopo che gli altri la seguirono – ovviamente con un bel contorno di minacce varie – Lee poté sospirare per il mancato viaggio in Infermeria; lanciò un’ultima occhiata al suo uccello ancora stagliato nel cielo limpido e si avviò verso la torre Grifondoro, con il suo umore inspiegabilmente più leggero.
 
 
Vanno | vengono | per una vera | mille sono finte |
e si mettono lì tra noi e il cielo |
 per lasciarci soltanto | una voglia di pioggia.
|| Le nuvole – F. De Andrè
 
 
Da quel giorno in poi, Lee si ritrovò sempre più spesso a osservare il cielo e i suoi movimenti, come in un gioco privato cui nessuno poteva accedere, e – di conseguenza – a pensare sempre più spesso a quella saccente ragazza Serpeverde che si creava inesistenti complicazioni sulla forma di una nuvola.
Con uno “swiss” attutito, una caramella tonda dall’incarto dorato gli finì su una mano, facendogli scomparire quasi tutte le dita.
«Lee, amico, ci sei?» La voce di Fred gli arrivò da lontano, mentre quella di George gli solleticò l’orecchio con un «Non è che la “caramella invisibile” fa sparire anche il cervello?»
Il ragazzo sospirò, distogliendo lo sguardo dalla finestra e ritrovandosi il rosso Weasley a pochi centimetri dal naso «L’ho sempre saputo che in fondo mi ami, ma ti sembra il caso di baciarmi così, in mezzo a tutta la Sala Comune?» Fece, mentre George si allontanava di qualche passo con un ghigno.
«Okay, falso allarme. Però le su dita dovevano riapparire due secondi fa!»
Lee si guardò la mano mezza scomparsa, senza particolare timore «Posso mangiare cioccorane per tutta la vita anche con una mano sola?»
Fred annuì «Se impari a scartarle con la bocca… che hai? Praticamente non ci hai mano ascoltato e stamattina non ti sei nemmeno addormentato da Ruf!» Esclamò, arrampicandosi su una delle poltrone vicino al fuoco accesso.
Lee scrollò la testa «Niente, ultimamente non ho voglia di fare lo scemo…»
Come se avesse proclamato lo scoppio della Seconda Guerra Magica, i due gemelli si scambiarono uno sguardo sconvolto, poi George accorse a piazzargli una mano sulla fronte «Non hai voglia? Amico, tu hai qualche serio problema! Sicuro che la caramella non abbia effetti?»
Fred ricontrollò la lista degli ingredienti scritti in ordine sparso su una pergamena sfilacciata «Forse il pizzico di code di scorpione…»
«Ma piantatela, sto benissimo!» Borbottò Lee, tornando a guardare fuori: nessuna ombra del cielo sgombro della mattina precedente, solo nuvoloni di piombo e aria carica di pioggia; e nessun airone in cielo quella volta.
«Noo, tu sei innamorato!» Commento ad un certo punto George, che con occhio esperto aveva notato tutti i suoi sospiri – che in realtà avrebbe notato anche un sordo – rivolti, a quanto pareva, alla parete di mattoni di fronte a lui.
«Si è innamorato delle mura del Castello?» Provò a dire Fred, mentre appurava come gli oggetti spariti a causa delle caramelle non tornassero più in vista.
Dopo qualche altra discussione e non pochi tentativi di fargli sputare il rospo, ovviamente previa minaccia di fargli ingoiare qualche altra loro sperimentazione, Lee riuscì a fuggire verso i portici del cortile, dove l’umidità si faceva più persistente.
Nonostante la leggerezza, le parole pronunciate da George non apparivano così prive di logica… nel suo universo parallelo, ovviamente. A parte che l’innamoramento non era neanche contemplato nella lista delle sue priorità, ma pensare di essere innamorati di una Serpeverde era a dir poco ridicolo, soprattutto dal momento che non l’aveva mai neanche fissata per più di due secondi in cinque anni. 
Eppure Lee continuò a camminare a passo troppo irrequieto e con l’aria troppo corrucciata per uno che si godeva tranquillamente una passeggiata senza alcun problema al Mondo, e la cosa fu palese quando – alzando lo sguardo – fece uno scatto all’indietro come fulminato, alla vista di una ragazza in particolare.
A quanto pareva era vero che il destino amava divertirsi come un giocatore di scacchi su una damiera gigante: Astoria Greengrass se ne stava a guardare quel tempaccio schifoso con gli occhi cerulei a riflettere il grigio del cielo. Come al solito, senza neanche girarsi a guardarlo, cominciò a parlare con tono indifferente e limpido «Non volano gli aironi, con la pioggia».
Improvvisamente gli parve molto triste.
Lee non seppe cosa rispondere, quindi si limitò a scrollare le spalle sebbene non potesse vederlo; si avvicinò di qualche passo e guardò verso i campi aperti «Probabilmente è solo accovacciato tra quei nuvoloni giganti là, quando finirà di piovere tornerà a volare» replicò, incerto.
Astoria sorrise un poco come se quella risposta fosse confortante, anche se Lee continuava a non capire dove volesse andare a parare, rivolgendogli la parola.
«Voi Grifondoro siete sempre così ottimisti?»
«E voi Serpi siete sempre così fatalisti?» Replicò di rimando lui, punto sul vivo. Come ogni rosso-oro del Castello, le prese in giro sulla propria casata non erano molto tollerate; questioni di orgoglio, probabilmente.
Tuttavia aveva già notato che le parole di Astoria non lo colpivano come avrebbero dovuto o come avrebbero fatto quelle di qualsiasi altro Serpeverde, ma – semplicemente – lo spingevano a rispondere come per sfida, con un sorrisetto interno sempre presente.
Comunque anche Astoria stava sorridendo, mentre si stingeva la sciarpa al collo sottile e i tuoni risuonavano in lontananza «Hai ragione», gli disse stupendolo. «Forse semplicemente rinunciamo troppo facilmente alle cose…» continuò, quasi sussurrando, tanto che non gli fu facile capirla.
Lee si chiuse il cappotto fin sotto alla gola, scostando le lunghe trecce nere, poi si sedette cautamente sulla panchina accanto a lei «Perché? Non è mica obbligatorio essere così» provò a dire, continuando col tipico tono rilassato che lo contraddistingueva.
Astoria scrollò leggermente le spalle ossute «Perché voi siete sempre così temerari? Forse è suggestione».
L’altro scrollò veementemente il capo «Io non lo sono per niente, neanche quando avrei dovuto…» la malinconia che si celava dietro tutto quel discorso, uscì a contaminare la sua voce, rendendosi ben presente nell’aria.
Astoria si girò a scrutarlo per un istante, poi annuì «Magari sono solo pregiudizi».
«Come al solito» fece eco lui, mentre la pioggia cominciava a cadere scrosciante, a tambureggiare su ogni parte del parco e ammantare l’intero Castello di bruma sottile.
Il silenzio che si spanse tra loro fu costante, ma par niente teso, così come lo era stato qualche mattina prima sulle rive del lago; Lee cominciò a pensare che, dopotutto, le storie sull’odio naturale tra Serpeverde e Grifondoro fossero solo Leggenda. Girandosi a guardare l’espressione imperturbabile della ragazza, non capiva cosa le passasse per la mente, né perché continuasse a rivolgergli la parola, però doveva ammettere che la cosa non gli dispiaceva: era bello parlare ogni tanto con qualcuno di rilassante, che non sentisse il bisogno di far esplodere cose ogni due per tre.
«Dev’essere bello» fece a un tratto lei, girandosi a guardarlo.
«Cosa?»
«Vivere senza troppi problemi».
Il tono in cui lo disse, spense Lee a fissarla: con la serietà negli occhi chiari e i capelli castani umidi a incorniciare il viso estremamente serio, quasi duro.
Lo metteva a disagio, pensò all’improvviso; non solo perché credeva che tutta quella gravità non si addicesse a un viso delicato come il suo, ma anche perché – essenzialmente – quella drammaticità non era fatta per lui.
Lee si schiarì la gola, gli occhi scuri vagarono un poco nella pioggia, poi tornarono ad allacciarsi ai suoi «Essere sempliciotti ha i suoi vantaggi» replicò solo, con la sua risata contagiosa – nella quale si poteva scorgere una sfumatura d’imbarazzo. In realtà la risposta che aveva formulato nella sua testa era molto più tagliente o più profonda o entrambe le cose, tuttavia non se la sentiva di esprimerla ad alta voce; non conosceva abbastanza Greengrass per farlo, anche se aveva la netta percezione che avesse bisogno di conforto.
Beh, quel consiglio camuffato da battuta era l’unica cosa che potesse fare per lei; poteva solo sperare che lei lo avvertisse.
Quando la pioggia si diradò e alcuni sprazzi di sole tornarono a punteggiare il parco, Lee si alzò con un sospiro «Ecco, ora gli uccelli potrebbero anche tornare in cielo. Forse dovresti osservarli con più attenzione» le fece, infilandosi le mani in tasca.
Astoria, che se ne stava seduta rigidamente con una gamba allacciata al petto, si girò con sguardo interrogativo «Perché?»
Un largo sorriso fiorì sul viso del ragazzo «Magari scopri che tutti i tipi di uccello possono volare a parte gli aironi, anche quelli che non sembrano pronti a farlo».
Astoria rimase immobile per un attimo, poi scosse la testa distogliendo lo sguardo «Voi Grifondoro siete idealisti romantici».
Lee sbuffò «E voi Serpeverde vi lamentate decisamente troppo» commentò lui, dandole le spalle per tornare al dormitorio.
Alla fine, lei rimase lì, a contemplare il cielo che – vorticando – ritornava sereno, lasciando tutt’intorno un vago odore di umidità. Forse quel cambiamento sarebbe entrato anche in lei, pensò Lee, osservandola sorridere impercettibilmente.
E, forse, quello poteva celare l’inizio di qualcosa, come il cielo azzurro dietro il sottile e oscuro manto di nubi gravide di pioggia.
 
 
 
 
 

 
   
 
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