Videogiochi > Tekken
Segui la storia  |       
Autore: Bloodred Ridin Hood    04/02/2011    4 recensioni
Tutto quello che successe dall'arrivo di Xiaoyu in Giappone, sino al Terzo Torneo di Tekken.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heihachi Mishima, Hwoarang, Jin Kazama, Ling Xiaoyu
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Febbraio arrivò in fretta quell’anno, al contrario delle nostre iniziali previsioni.

Avevamo deciso di non lasciare la casa del nonno. Era un ottimo rifugio e allo stesso tempo un perfetto campo d’allenamento, ed era tutto ciò che ci serviva al momento prima del torneo.

Dopo quasi un mese di permanenza la casa era cambiata, certo era più accogliente, più piena e luminosa, ma continuava ad essere irrimediabilmente fredda.

Non ricordavo fosse mai stata così.

Quell’anno aveva nevicato abbondantemente verso la fine di gennaio. Durante un momento di pausa da un allenamento ero andata a costruire un piccolo pupazzo di neve davanti all’albero secolare affianco alla casa.

Hwoarang aveva sogghignato vedendomi all’opera, definendo la mia idea l’ennesima bambinata, ma non mi interessava.

Io passavo gran parte del mio tempo ad allenarmi, ma a volte mi piaceva passeggiare nelle sconfinate campagne che avevano fatto da sfondo alla mia infanzia e non solo.

Raramente scendevo in città, preferivo evitare. Non volevo rischiare di incontrare qualche vecchia conoscenza, non mi andava di dover spiegare per quale motivo ero di nuovo da quelle parti.

Avevo scoperto la storia tra Julia e Hwoarang per caso, ma non ne ero rimasta fin troppo sorpresa. Era semplicemente successo che un giorno ero tornata a casa prima del previsto. Loro, Julia soprattutto, sembravano piuttosto imbarazzati. Io non lo ero per niente.

Poi Julia aveva cercato di giustificarsi per non avermene parlato prima, ma io avevo tranquillamente risposto che non c’era nessun problema.

- Probabilmente penserai che siamo dei pazzi. – mi aveva detto con imbarazzo.

- No, non più di tanto! – avevo risposto io cercando di sorridere.

- Oh, sì invece! – ribattè Julia – Il giorno che vi siete presentati a casa… l’avrei strangolato a mani nude! – aveva sul viso un’espressione sadica mentre lo diceva.

In quel momento pensai che Hwoarang avesse come la capacità di far fuoriuscire anche dalle persone in apparenza dolci e calme come Julia la loro parte più diabolica.

- È che… beh, siamo sempre stati un po’ particolari. – continuò sempre un po’ imbarazzata, ma da una parte sembrava stare meglio ora che ne poteva parlare – Non siamo mai stati una coppia da bacetti al miele, noi… beh, ci picchiamo. –

Ripensai al livido nella faccia di Hwoarang il giorno che avevamo deciso di partire in Cina.

Mi venne da ridere ma non lo feci, sorrisi e basta.

- Julia, lo capisco. – insistetti – Davvero, non ti preoccupare. Sono contenta per voi. – ero quasi del tutto sincera. Non potevo di certo ammettere che una parte di me, quella che cercavo di reprimere più di ogni altra, in realtà provava un forte sentimento di gelosia.

Da quando Julia si era confidata, il nostro rapporto era cambiato, si era aperta di più nei miei confronti e spesso mi raccontava episodi del suo passato.

A me non andava spesso di parlare, quindi lasciavo che fosse lei a farlo e mi limitavo ad un semplice ascolto.

Era arrivata per la prima volta in Giappone a nove anni. Da quell’anno in poi aveva passato praticamente ogni estate sulla casa nella collina, quando seguiva la madre per le sue ricerche.

Mi disse che durante l’estate in cui compì undici anni vide Hwoarang per la prima volta.

Allora le chiesi se si faceva già chiamare così anche all’epoca e lei mi rispose di no. Ma quando le chiesi quale fosse quindi il suo vero nome, lei mi disse che non poteva rivelarmelo perché avevano fatto una promessa molto tempo prima. Poi aggiunse che comunque Hwoarang gli stava bene perché aveva un suono stupido.

Io non avevo mai pensato che Hwoarang fosse un nome stupido, qualsiasi cosa volesse mai dire. Ma non glielo dissi, quindi mi limitai a sorridere in silenzio.

Julia si allenava poco, passava gran parte del suo tempo a studiare gli appunti del diario.

In genere eravamo io e Hwoarang ad addestrarci ogni giorno fino a tarda sera.

Le prime volte Hwoarang mi prendeva in giro dicendo che ero una semplice combattente da palestra. Diceva che io non sapevo niente della vera lotta, quella da strada, di cui lui ne aveva fatto uno stile di vita.

Inizialmente mi arrabbiavo e rispondevo a tono.

Poi un giorno ci sfidammo e capii di cosa parlava. Io non avevo mai combattuto seriamente contro qualcuno al di fuori degli allenamenti o incontri ufficiali.

Combattere contro di Hwoarang non era niente di tutto ciò. Il suo stile era molto più “sporco”, più da strada… anche meno sportivo.

Mi chiesi se anche al tournament avrei dovuto affrontare situazioni simili, e per la prima volta provai una sorta di inquietudine.

Fu lui a vincere, ma non fu del tutto una sconfitta per me. Mi disse che tutto sommato ero una combattente di “sufficiente livello”, e che riconosceva del potenziale in me… ma poi aggiunse che ero una bambina che si incantava con i pupazzi di neve e che quindi non potevo aspettarmi di sconfiggere un vero uomo di strada come lui.

Sapevo che non mi avrebbe mai fatto complimenti, ma quello poteva essere letto come la sfocata parodia di un complimento, e ciò mi rendeva felice.

Qualche volta ripensavo ai miei vecchi allenamenti con Jin. Mi piaceva pensare che anche lui mi facesse i complimenti per come combattevo, cosa che invece non accadeva mai al di fuori della mia immaginazione.

Però ricordavo come avesse da subito mostrato il suo rispetto per il mio stile, anche quando ci conoscevamo da poco.

Mi mancava, ma la sua lontananza diventava giorno dopo giorno più sostenibile.

A volte però sognavo che Heiachi l’avesse trovato ed ucciso, allora mi svegliavo nel cuore della notte e cominciavo a piangere in silenzio.

Il giorno dopo mi rimproveravo per quanto fossi stata stupida.

Ero davvero una bambina che si incantava con i pupazzi di neve.

Probabilmente non ero adatta al mondo in cui avevo deciso di vivere, il mondo dei guerrieri.

Sapevo che Jin non era morto, ma non sapevo come ci saremo rincontrati.

Probabilmente l’avrei rivisto al torneo, e provavo ad immaginare come sarebbe stato il momento in cui ci saremo rivisti, ma non ero ancora riuscita ad ideare una versione che mi sembrasse abbastanza verosimile.

Un giorno chiesi a Hwoarang cosa avesse intenzione di fare se mai avessimo raggiunto il nostro obiettivo.

Mi rispose che avrebbe pestato Jin per dimostrargli chi era il più forte tra i due.

- Quel maledetto figlio di papà si dà troppe arie per i miei gusti. –

Allora gli chiesi cosa avrebbe fatto dopo e mi disse con un’alzata di spalle che non lo sapeva, che probabilmente sarebbe tornato alla sua solita vita di strada.

Più passava il tempo più mi chiedevo come una diligente studentessa come Julia potesse essersi invaghita di uno come lui.

- Cosa faresti se vincessi i soldi del torneo? – gli chiesi dopo.

Sollevò le spalle.

- Avrei da vivere per un po’ immagino. – rispose semplicemente – Ma conoscendomi probabilmente finirei per sprecarli in qualche modo stupido. –

- Io ho sempre desiderato di costruire un parco dei divertimenti. – confessai senza pensarci.

Sentii che Hwoarang trovò per qualche motivo divertente la mia affermazione, e lo sentii abbozzare la sua solita risata altezzosa, ma poi accorgendosi che ero seria, mentre fissavo i campi al di fuori della casa, si risparmiò dal commentare.

- Sai, poco prima di partire in Giappone, proprio mentre guardavo per l’ultima volta la città, ho promesso a me stessa che prima o poi sarei tornata. - ricordai – Dopo essere riuscita a realizzare i miei sogni. –

Feci una pausa.

- Ma sono molto cambiati i miei sogni da allora. -

Fu subito dopo che confidai un altro pensiero che mi tormentava da qualche tempo.

- Io non ho più un posto dove tornare, quando tutto questo sarà finito… -

Hwoarang non rispose. Nemmeno io l’avrei fatto.

Sapeva che era vero.

La mattina successiva stava ancora nevicando pesantemente e la temperatura all’esterno aveva toccato i tredici gradi sotto lo zero.

Julia ci chiamò in quello che aveva attrezzato essere il suo studio, il soggiorno di mio nonno.

Dopo aver lavorato tutta la notte era pronta a riferirci quanto avesse scoperto sul diario.

- Solo un mucchio di stupide superstizioni. – fu la premessa – Ma d’altronde non poteva essere altrimenti. –

Mi sedetti per terra, su un vecchio cuscino di cotone.

- Le primissime tracce di questa leggenda sono da reperire nell’America centrale, dove si parla di una creatura aliena dal terribile aspetto, che si fortifica assorbendo l’anima dei guerrieri. In seguito, secoli dopo, nasce una leggenda che ha delle similitudini presso una tribù di nativi americani, dove il mostro pare aver assorbito l’anima di uno stregone, rendendolo così ancora più potente. E riguardo a questo incidente sono documentati passo per passo dei particolari piuttosto raccapriccianti che vi risparmio… - disse con una smorfia, mentre sfogliava il diario - A questo punto non si hanno più notizie di Ogre per altri secoli. Riguardo i ritrovamenti in Asia non si ha la certezza che la creatura in questione sia la stessa. Comunque è qui che si troverebbero le testimonianze più interessanti. Secondo un rotolo giapponese le creature in questione erano inizialmente tre, e vagavano per il mondo alla ricerca di dei guerrieri più forti. Questo sinché non si scoprì, sempre in Giappone, come sconfiggere queste entità. Fu un vecchio guerriero samurai a compiere il sacrificio. –

- Sacrificio? – chiesi conferma.

- Sacrificio. – ripeté Julia – Per uccidere il dio della guerra, un guerriero della terra deve sacrificarsi. O meglio, qui si dice che il guerriero che ucciderà il dio della guerra, sarà lo stesso che lo accompagnerà all’inferno. Ogre assorbirà l’anima del guerriero mentre questo muore, in quel modo ne assorbirà anche la morte vera e propria. Si dice che in seguito un tibetano abbia eliminato la seconda entità. Ne resterebbe in circolazione solo la terza, che aspetta il terzo guerriero pronto a morire per liberare il mondo dall’ultimo dio della guerra. –

Un brivido corse lungo la mia schiena.

Nessuno disse niente per qualche lungo minuto, poi Julia si decise a chiudere il diario e lo ripose sul vecchio tavolino di legno.

Hwoarang si sollevò per primo e fece per uscire dalla stanza.

- Non abbiamo scoperto niente di più, niente di meno di quello che potevamo aspettarci. Vecchie superstizioni. – fece serio prima di uscire - Dobbiamo continuare ad allenarci per il torneo che si fa sempre più vicino. Solo allora forse capiremo qualcosa di più dietro questa storia di Ogre. Questo è quanto. –

Sapevo che tutti provavamo a convincerci che Ogre non fosse reale. Era molto più comodo pensare che dietro alle morti dei nostri maestri o dei nostri cari ci fosse un semplice assassino umano.

Ma il racconto di Jin era troppo vero per poter considerare tutto questo una superstizione.

Mi chiesi allora, se la leggenda fosse vera, chi tra di noi sarebbe diventato il terzo guerriero, colui che avrebbe accompagnato Ogre all’inferno.

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Tekken / Vai alla pagina dell'autore: Bloodred Ridin Hood