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Autore: sailormoon81    04/02/2011    9 recensioni
Usagi è stanca di vedere la sua vita svolgersi secondo un copione scritto da altri. Ha un solo desiderio: una vita normale.
Sarà mai possibile?
E se sì, come cambierà la sua vita e quella delle persone che le sono vicine?
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Usagi/Bunny
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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14.

 

Mamoru entrò in cucina quando Usagi stava preparando la tavola. Si era appena rasato e i capelli erano ancora bagnati. Aveva indossato un paio di jeans e una polo nera di lana che metteva in risalto lo strano pallore del volto.

Si avvicinò al rubinetto e si riempì un bicchiere d’acqua fredda che bevette tutta d’un fiato.

« Troppi festeggiamenti?» chiese Usagi con un sorriso malizioso.

«Sì» rispose lui con aria scherzosa, «e troppo poco sonno.»

Usagi gli porse una tazza di caffè evitando accuratamente di calpestare il piccolo batuffolo che correva allegramente per la cucina miagolando.

«È bellissimo!» esclamò Usagi con entusiasmo. «Grazie per il regalo.»

«Gli hai già dato un nome?»

«No, ma pensavo a  qualcosa come Artemis o…»

«Ahi!» urlò Mamoru, «io proporrei Artigli, visto che adora i miei pantaloni!»

I loro sguardi si incontrarono ed entrambi scoppiarono in un’allegra risata.

«Ho un altro regalo per te» aggiunse lui poco dopo.

«Cos’è?»

«Non posso ancora mostrartelo» disse lui con voce misteriosa scuotendo il capo.

«Non è giusto. E poi io non ho preso nulla per te.» Usagi si era ricordata all’improvviso che aveva lottato tutto il giorno precedente per obbligarsi a non comprare un regalo per Mamoru e ora, anche quella volta, lui la stava mettendo in imbarazzo.

«Non preoccuparti» disse lui, «sono cresciuto e non credo più a Babbo Natale.»

«Ma sarebbe stato carino da parte mia» la voce l’abbandonò all’improvviso quando vide l’espressione deliziata sul volto di Mamoru.

«A dire la verità ci sarebbe un regalo che mi piacerebbe, ma temo che non sia il tipo di regali che fa Babbo Natale e a te costerebbe un po’ troppo.»

Mamoru la guardò per un attimo che le parve un’eternità. «Vieni qui» aggiunse sottovoce allungando una mano.

«Mamoru…»

«Non dire nulla e non aver paura, Usagi» sussurrò lui appoggiandole un dito sulle labbra.

La condusse lentamente vicino alla porta, proprio sotto il rametto di vischio, e la guardò negli occhi.

«Un solo bacio, Usako»disse con il fiato sospeso, «come regalo di Natale. Niente di più, te lo prometto.»

Le sue braccia forti la strinsero con molta tenerezza, quasi temesse di farle male. Fu un bacio delicato che Usagi ricambiò con tutto il suo essere.

Avrebbe desiderato che quell’attimo durasse in eterno, ma Mamoru si scostò quasi subito e prendendole il volto tra le mani la guardò con un’intensità che la turbò.

«Buon Natale, Usako» disse con voce profonda.

Dopo quel momento di beatitudine, Usagi ringraziò di essere stata previdente e di aver fatto una spesa consistente il giorno prima. Propose una cenetta coi fiocchi per la sera e dopo un frugale pranzo, di comune accordo, decisero di andare a fare una passeggiata sulla neve.

 

Dopo un pomeriggio trascorso nella più assoluta spensieratezza e durante il quale il futuro era svanito alla luce di un più sfolgorante presente, ritornarono a casa felici. La neve che ricopriva il giardino era ancora intatta e un’idea balenò nella mente di Usagi.

«Adesso faccio un pupazzo di neve» esclamò con entusiasmo, «e tu potresti anche aiutarmi!»

Dopo un attimo di esitazione da parte di Mamoru, si misero all’opera e nel giro di poco tempo, dopo aver recuperato una carota per il naso e due pezzi di carbone per gli occhi, il pupazzo era finito.

«Ecco fatto» disse Usagi togliendosi la sciarpa per annodarla al collo del pupazzo, «è meraviglioso. È addirittura più bello di te…»

Aveva appena finito la frase che una palla di neve la colpì alla spalla.

«Traditore!» esclamò lei ridendo preparandosi al contrattacco.

Dopo qualche minuto di schermaglie, la battaglia cominciò fra risa e battute.

«Basta!» esclamò di colpo Usagi ansimante e raggiante di gioia mentre Mamoru la guardava con fare stranamente circospetto.

Con le mani dietro la schiena Usagi stava pressando una palla di neve di notevoli dimensioni, ma qualcosa nell’espressione del suo viso la tradì: proprio nel momento in cui lanciò la palla con quanta forza aveva in corpo, Mamoru si chinò per schivare il colpo e la palla andò contro la finestra della camera di Usagi, mandando il vetro in mille pezzi.

«Guarda cos’hai combinato!» esclamò Mamoru.

«Sei stato tu a cominciare» protestò Usagi.

Entrarono in casa e andarono a controllare il danno. «Che macello» mormorò Usagi guardando il vetro rotto e la neve sciolta sul pavimento della stanza.

«Lo sistemerò io: se hai un pezzo di legno o di cartone potrei chiudere il buco finché non sarà cambiato il vetro. Sarà la prima cosa che farò martedì» disse Mamoru mentre cercava di rimediare a quel disastro.

Usagi provò un tuffo al cuore, perché ciò voleva dire che Mamoru si sarebbe fermato a casa sua per altre quarantotto ore.

 

Su richiesta esplicita di Mamoru, Usagi si cambiò per cena: indossò un vestito di velluto color zaffiro ma dovette rifugiarsi in bagno per vestirsi perché la sua camera era gelida.

Mamoru invece portava un elegante giacca antracite e una camicia di seta nera, la stessa che aveva indossato quel giorno che aveva accompagnato Rei alla boutique.

Avrebbe voluto chiedergli perché non era con Rei, ma l’atmosfera incantata che aleggiava nell’aria la fece desistere. Usagi decise che per una sola notte si sarebbe presa il lusso di sognare…

 

«È ora di andare a letto, Usagi» disse Mamoru spegnendo il televisore alla fine del film che avevano visto quasi abbracciati sul divano.

Usagi appoggiò il gattino sulla poltrona e si alzò lentamente. Era da poco passata la mezzanotte, e proprio come Cenerentola, il suo sogno era finito. Era passato tutto così in fretta e quella riga bianca che divideva il corridoio le ricordò che la realtà era ben diversa.

«Buona notte, Mamoru» disse Usagi passando a pochi centimetri dal punto in cui lui si era appoggiato alla parete oltre la linea bianca, «e grazie per il meraviglioso Natale che abbiamo passato insieme.»

Gli sfiorò leggermente il braccio e subito dopo scomparve in camera, consapevole di avere il suo sguardo misterioso puntato alle spalle.

 

Dopo qualche ora, Usagi si svegliò intirizzita dal freddo. La camera era diventata una cella frigorifero e le coperte che aveva aggiunto non servivano a nulla.

Guardò verso la finestra e vide che il cartone con cui Mamoru aveva tappato il buco si era staccato a causa del vento e sul pavimento notò un piccolo cumulo di neve.

Si alzò tremante e si avvicinò alla finestra per rimettere a posto il cartone ma non ci riusciva. Decise di andare in cucina a prepararsi una bevanda calda, ma quando tentò di accendere la luce scoprì che mancava l’elettricità.

Non poteva nemmeno far funzionare il bollitore. Si appoggiò alla parete. Avrebbe potuto dormire sul divano, ma il freddo era così intenso che anche il riscaldamento non bastava e si era dimenticata di portare in casa legna a sufficienza per tenere il fuoco acceso durante la notte.

Deglutendo a fatica decise che c’era un’unica soluzione al suo problema: si fermò davanti alla porta della camera di Mamoru e bussò, ma come risposta ottenne un mormorio confuso.

Bussò di nuovo. «Mamoru, sei sveglio?»

«Cosa vuoi?»

«Ho freddo e la finestra è rotta, la neve è entrata in camera. Aiutami, per favore!»

«Usa una bottiglia d’acqua calda!»

«Non posso» mormorò lei disperata, «senza elettricità il bollitore non funziona.”

Oltre la porta non si sentiva nessun rumore. Saltellando nervosamente, Usagi prese il coraggio a quattro mani: «Ho provato di tutto, ma ho un freddo bestia. Non posso venire là dentro?»

Usagi tese l’orecchio, ma il silenzio continuava a regnare sovrano.

«Mamoru?» disse con il fiato sospeso.

«No!» tuonò lui. «Ti trovi dalla parte sbagliata del confine.»

«Dimentica quella stupida linea per un secondo» sibilò esasperata. «Maledetta la volta che mi è venuto in mente di tracciarla.»

Usagi appoggiò la fronte contro lo stipite, ma dovette ritrarsi subito, perché la porta si aprì di scatto.

Mamoru era fermo davanti a lei coperto solo da un paio di jeans che aveva infilato frettolosamente. Con sguardo sospettoso guardò oltre la porta aperta della stanza di Usagi e con una mano provò l’interruttore sulla parete.

«Mi credi adesso?» chiese Usagi cercando di non battere i denti.

«Stavo solo controllando» ribatté lui con un sorriso malizioso, «non puoi immaginare cosa inventano le donne per riuscire a venire a letto con me!»

«Non voglio venire a letto con te!» sibilò Usagi stringendo i pugni. «Voglio solamente… che tu mi ceda un pezzo del tuo letto.»

«Che differenza fa?» chiese lui alzando un sopracciglio.

«Lo sai benissimo» sbottò lei ripensando con nostalgia alla meravigliosa tregua di poche ore prima, «ho sonno e voglio dormire, mentre la tua bassa insinuazione presuppone…»

«Sesso» aggiunse Mamoru con sguardo oltremodo provocatorio. «Vieni?»

Usagi non sapeva più cosa fare: se da un lato desiderava un po’ di calore, dall’altro l’idea di dividere il letto con Mamoru la intimoriva.

«Santi numi! Deciditi prima che congeliamo tutti e due! Se fra cinque secondi esatti non ti infili in quel letto, non ritenermi responsabile se crepi di freddo.»

Usagi entrò in camera e si infilò sotto le coperte sospirando di sollievo. Sentì un fruscio e capì che Mamoru si stava sfilando i pantaloni, e dopo qualche secondo intravide la sua ombra avvicinarsi.

«Fatti in là» disse con voce perentoria, «ti sei impossessata anche della mia parte.»

Usagi si rimpicciolì da un lato facendo il possibile per rimanere lontana dal suo corpo.

«Puoi allargarti un po’ se vuoi» disse Mamoru ridacchiando divertito, «non ho la peste e ho l’impressione che tu stia cadendo dal letto.»

«Sto comodissima, grazie» ribatté lei irrigidendo il corpo.

Si rese conto solo in quel momento di aver commesso un grandissimo errore: affatto intimorito dalla presenza di Usagi, Mamoru aveva occupato quasi tutto il letto. Se solo si fosse spostata di un centimetro, Usagi avrebbe sfiorato il suo corpo nudo.

Quasi avesse intuito quel pensiero, Mamoru allungò una mano e le sfiorò un braccio. «Sei gelida. Se ti fossi messa qualcosa di più pesante, non ti saresti ridotta così. Se devi indossare questa robetta» aggiunse dando uno strattone alla leggerissima camicia da notte, «tanto vale che tu dorma nuda.»

«Ho una tuta da camionista. Vuoi che la metta?» sibilò Usagi indignata.

«Una tuta da camionista?!» ripeté Mamoru divertito. «Non ho mai sfilato una tuta del genere prima d’ora, potrebbe essere un’esperienza interessante.»

«Non scuotere il letto ridendo. Ho sonno e voglio dormire.»

Usagi affondò il viso nel cuscino e cercò di rilassarsi, ma si sentiva a disagio e cercò di sistemarsi meglio.

«Sta’ ferma» le mugugnò Mamoru a pochi centimetri dalla nuca, «credevo che tu volessi dormire, oppure stai cercando di sedurmi?»

All’improvviso Usagi si irrigidì, perché aveva sentito che la mano di Mamoru dal braccio era scivolata su un fianco. Con mano tremante gliel’afferrò e l’appoggiò nei pochi centimetri che c’erano fra i loro corpi.

«Uno a zero, Usagi. Ma non scordare che sei stata tu a chiedermi di dormire qui e non puoi certo biasimarmi se mi viene da comportarmi come un uomo normale si comporterebbe.»

«Qualcosa non va?» sibilò Usagi cercando inutilmente di frenare la lingua, «Rei non ti soddisfa più?»

«Se non ti addormenti subito ti faccio vedere io!» la minacciò lui voltandole le spalle.

Dopo qualche minuto Usagi sentì il respiro regolare e profondo e capì che Mamoru si era addormentato. Solo allora riuscì a rilassarsi e lentamente il sonno la vinse.

 

Era una notte buia: la Luna non riusciva a vincere l’oscurità, causata da nuvole minacciose che incombevano sulla città.

Era stanca, ma non poteva arrendersi: tutto dipendeva da lei.

Correva sui tetti per fermarsi davanti a una creatura mostruosa.

«Fermo dove sei! Come hai osato fare del male alla povera gente di questa città? Di amore e giustizia sono la bella guerriera con la sailor fuku, Sailor Moon! E adesso nel nome della Luna io ti punirò!»

Iniziò una dura battaglia, ma grazie all’aiuto di altre guerriere e di un cavaliere mascherato, la guerriera ebbe la meglio sulla creatura.

«Amiche, Tuxedo Kamen: grazie al vostro intervento il male ha cessato di esistere!»

Tutto attorno divenne buio, e quando la luce vinse l’oscurità, le sue amiche e il cavaliere erano spariti.

Era sola, inginocchiata davanti all’uomo che era tutta la sua vita, e che impugnava una spada, pronto a usarla contro di lei.

Piangeva, e le sue lacrime fecero vacillare il principe – perché, lei lo sapeva, l’uomo che amava più di se stessa era un principe, e in un’altra epoca aveva donato la vita per lei.

Fece la sola cosa che il suo cuore le dettava: tese le mani verso si lui, porgendogli un piccolo oggetto luminoso; il misterioso principe allungò la mano per prendere quel dono singolare, e non appena lo sfiorò si diffusero le note di una dolcissima melodia.

Sapeva che era la fine di tutto, ma non aveva rimpianti: la musica di quel carillon li avrebbe accompagnati in una danza che sarebbe durata per l’eternità.

 

Quando si svegliò il mattino dopo, ricordò tutti i particolari di quel suo sogno meraviglioso, e la melodia che aveva sentito le era rimasta impressa nella memoria.

Avvertì una morsa al petto nel rendersi conto che, al contrario della principessa del suo sogno, lei non avrebbe avuto un lieto fine.

Usagi sentì le braccia di Mamoru attorno al suo corpo e capì che durante la notte si era istintivamente girata verso di lui. In preda al panico aprì gli occhi e cercò di liberarsi.

«Tranquilla.»

Usagi sollevò leggermente il capo e vide che Mamoru la stava guardando con tenerezza. «Sei bellissima quando dormi» mormorò stringendola più forte.

Con un gesto disperato Usagi si girò di scatto, ma Mamoru le imprigionò il viso tra le mani e la baciò.

Non avrebbe voluto, ma sentiva che doveva reagire: strinse i pugni e cercò di divincolarsi da quell’abbraccio.

«Ti odio!» urlò cercando di convincersi che era vero.

«Non fingere Usagi» mormorò lui, «non puoi più mentirmi, perché il tuo corpo ha tradito i tuoi veri sentimenti.»

Le mani di Mamoru le accarezzarono il collo e indugiarono sul suo seno. Usagi strinse i denti, ma sapeva che quella era una battaglia persa in partenza. Lentamente aprì gli occhi e con mano tremante gli accarezzò le spalle.

«Mamoru» sussurrò Usagi guardandolo negli occhi mentre affondava le dita fra i suoi capelli.

«Mi hai fatto impazzire fin dal primo momento che ho messo piede in questa casa» le sussurrò lui all’orecchio, «quel tuo comportamento prima invitante e poi distaccato mi ha fatto perdere la testa! Ma adesso non mi respingerai più, vero? Keiji non fa per te e io ti farò dimenticare la sua esistenza.»

Quel nome ebbe la forza di un pugno nello stomaco. Usagi si sentì umiliata da quelle parole e cercò disperatamente di uscire dal letto.

«Basta con questi stupidi giochi, Usagi!» esclamò Mamoru con tono minaccioso.

Usagi si dimenò con quanta forza aveva in corpo e quando capì che non sarebbe mai riuscita a liberarsi, colpì Mamoru al torace con la testa.

«Maledetta!» esclamò lui con rabbia.

Usagi si precipitò fuori dalla stanza rimettendosi a posto la camicia da notte.

«Corri pure, Usagi» aggiunse Mamoru con sarcasmo, «non andrai molto lontano!»

 

 

 

Ed ecco il penultimo capitolo della storia… se tutto va bene, inserirò l’ultimo tra un paio di settimane, ma non mi pronuncio perché… be’, sapete anche voi che la puntualità non è il mio forte ^^”

Allora, ditemi: che ve ne pare?

Mi metto qui, buona buona in un angolino in attesa dei vostri giudizi.

E intanto ringrazio di cuore chi ha la pazienza di seguire questi lenterrimi aggiornamenti, chi legge, chi lascia un segno del suo passaggio, chi ha inserito la storia tra i seguiti/preferiti: è per voi che, nonostante una settimana infernale, trovo il tempo (e la forza) di mettermi al computer…

Un immenso ringraziamento a tutti voi, amici carissimi

 

Bax, Kla

   
 
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