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Autore: sailormoon81    19/02/2011    7 recensioni
Usagi è stanca di vedere la sua vita svolgersi secondo un copione scritto da altri. Ha un solo desiderio: una vita normale.
Sarà mai possibile?
E se sì, come cambierà la sua vita e quella delle persone che le sono vicine?
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Usagi/Bunny
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Usagi cercò di liberarsi dal violento tremore che si era impossessato di lei con un bagno bollente. Decise comunque di non uscire dalla stanza per paura di incontrarlo per casa.

Indossò i jeans e il maglione del giorno prima e cominciò a riassettare la camera. Piegò tutti i vestiti e li ripose nell’armadio dove l’abito da sposa sembrava in agguato dentro all’involucro trasparente di plastica. Come per magia le ritornarono alla mente le parole della direttrice del pensionato dove aveva vissuto sei anni prima: Cerca di fartene una ragione, tesoro. Il cielo ti ha dato la possibilità di ricominciare tutto daccapo. Un giorno troverai un bravo ragazzo e lo sposerai e insieme avrete tutti i bambini che vorrete.

Usagi chiuse gli occhi e si sedette sul bordo del letto. Dopo qualche istante, si rialzò e prese l’abito, l’adagiò sul letto con la ferma intenzione di ripiegarlo bene e infilarlo in fondo ad un cassetto.

Non avrebbe indossato quell’abito candido come la neve, né fra meno di un mese, né mai.

«Sono io che infrango le regole, oggi» annunciò Mamoru aprendo la porta di scatto, ma il suo sguardo si soffermò allibito sull’abito candido disteso sul letto.

«Cos’è questa?» domandò con voce dura mentre Usagi si appiattiva contro la parete. «Un’altra delle tue bugie? Non la smetti mai di prendere in giro la gente?»

«Solo tu ed io sappiamo che è una bugia!» esclamò Usagi.

«Tu vorresti dire che…» disse Mamoru lentamente guardandola negli occhi, «vuoi forse dirmi che Keiji non ti ha mai sfiorato neanche con un dito e che non sa di non essere il tuo primo uomo?»

Usagi annuì in silenzio.

«Ma devi dirglielo!» disse Mamoru esterrefatto, «non puoi fondare il tuo matrimonio su una menzogna. Se lui ti ama, non gli importerà nulla.»

«E a te importerebbe?» chiese lei sull’orlo di un pianto disperato.

«Sarebbe una cosa irrilevante.»

«Anche se si trattasse di un altro?» lo incalzò lei.

Il volto di Mamoru si fece cupo. «Non credi che ti ami abbastanza, vero Usagi?»

Il silenzio fu la sola risposta che Usagi poté dare.

Mamoru si avvicinò e le appoggiò le mani sulle spalle. «Non puoi sposarlo se non lo ami. Dimmi la verità, Usako. Se mi guardi negli occhi e mi dici che non mi vuoi, allora ti lascerò andare. Ma questo tu non vuoi farlo, vero?»

«Ti supplico, Mamoru…» protestò Usagi, ma proprio in quel momento la porta si spalancò.

«Siamo dovuto ritornare prima a causa del maltempo. La porte era aperta e io…»

Keiji osservò la scena impietrito sulla porta. «Cosa diavolo sta succedendo qui?» chiese con voce indignata.

Mamoru si allontanò lentamente da Usagi e sostenne lo sguardo furibondo di Keiji.

«Siamo tornati indietro di sei anni» disse lentamente. «Questa volta tocca a te, Usako.»

Pur sapendo che insieme a Keiji non avrebbe avuto un futuro felice, Usagi cercò con lo sguardo l’appoggio di Mamoru, ma dall’espressione del suo volto capì che lo scontro finale era inevitabile e carico di rischi.

Se solo le avesse fatto capire di amarla, avrebbe rischiato tutto, ma ebbe la certezza che anche quella volta si sarebbe ritrovata sola.

«Lasciaci soli, Mamoru» disse Usagi con voce assente, «devo parlare con Keiji.»

Mamoru rimase colpito da quelle parole, ma riprese il controllo della situazione.

«Se è così che desideri» disse sottovoce. «Ti conviene trattarla bene, altrimenti te la farò pagare cara» sibilò rivolto a Keiji mentre usciva dalla stanza.

Usagi si sedette su una sedia stringendosi nelle spalle. Provava un freddo tremendo, come se una parte di sé fosse morta per sempre.

Lentamente e con molto dolore Usagi raccontò tutta la storia a Keiji, tralasciando solo il nome di Mamoru per un oscuro senso di fedeltà. Osservò il volto di Keiji impallidire. Era pronta a tutto, anche alla sua rabbia, ma non al suo disprezzo.

«Keiji, avevo diciassette anni e Mamoru…»

«Mamoru» ripeté Keiji con odio. «Hai avuto una relazione con lui, adesso e non sei anni fa! È stata una fortuna che Minako sia dovuta andare via. Ti sei divertita moltissimo ad architettare tutta questa storia!»

Usagi rimase in silenzio. Non sarebbe servito a nulla spiegare a una persona che non voleva assolutamente capire.

Keiji si avvicinò a lei con una mano protesa in avanti. «Rivoglio l’anello» disse gelido, «non ci sarà nessun matrimonio. A me non piacciono le briciole lasciate da altri.»

 

Il piccolo gatto alzò indolente il muso e miagolò dolcemente, svegliato da qualcuno che era entrato nel salotto. Usagi sentì qualcosa di metallico cadere con un tintinnio sul divano.

«Le chiavi di Minako» disse Mamoru, «non ne ho più bisogno.»

Usagi annuì. Non alzò neppure lo sguardo, anche se sapeva che quella era sicuramente l’ultima volta che l’avrebbe visto.

La mano di Mamoru si avvicinò alla sua e la sollevò. «Hai restituito l’anello» disse guardandola con occhi cupi, «cosa gli hai raccontato?»

«Tutto» rispose Usagi con lo sguardo fisso su un punto lontano oltre la finestra.

«Tutto?»

«Sì, proprio tutto!” sbottò Usagi scattando in piedi. «Ho raccontato di me, di te, del bambino…»

«Bambino?!» ripeté Mamoru. «Quale bambino, Usagi?»

«L’ho perso» mormorò Usagi chinando il capo, «un aborto spontaneo… dicono che sia abbastanza comune.»

«Santo Cielo, Usagi!» esclamò Mamoru afferrandola per le spalle. «Era… era mio quel bambino?»

Usagi alzò il viso e Mamoru vide le sue guance rigate di lacrime.

«Perché non me l’hai mai detto? Perché?» chiese allibito.

«Anche se avessi voluto, non potevo!» disse lei infuriata. «Eri partito per Yokohama facendo sparire ogni tua traccia.»

«Il preside del liceo aveva il mio indirizzo.»

Usagi lo investì con una risata amara. «Ti sarebbe piaciuto che io fossi arrivata strisciando ai tuoi piedi e ti avessi implorata di avere pietà di me, vero?»

Mamoru la lasciò andare e si sedette su una sedia. «Sono andato a Yokohama perché mio padre stava male» disse lui con un filo di voce, «è morto il giorno dopo il mio arrivo. Non c’era nessun motivo che mi spingesse a tornare a Tokyo.»

Dopo un attimo di silenzio Mamoru fissò Usagi con uno sguardo intenso.

«Ma tu non mi avresti accettata se ti avessi cercato.»

«Perché no?» disse Mamoru guardandola negli occhi. «Io sono ritornato per cercarti.»

Usagi rimase allibita dalle implicazioni nascoste in quella frase. La mano di Mamoru l’attirò a sé  e la fece sedere al suo fianco.

«I miei veri genitori sono morti molti anni fa, in un incidente stradale» confidò, e a Usagi parve di stare ascoltando una storia familiare e sconosciuta allo stesso tempo. «Il fratello di mia madre mi ha accolto a casa sua come se fossi suo figlio, e lui e sua moglie sono stati gli unici genitori di cui ho memoria… Ho impiegato sei mesi per sistemare tutto dopo la morte di mio padre. Mia madre ha avuto un esaurimento nervoso e sono dovuto rimanere con lei. Confidavo nel fatto che avrei potuto rintracciarti a casa tua, ma sei scomparsa nel nulla. Se avessi saputo del bambino sarei tornato subito.»

«Tu mi avresti cercato?» disse Usagi incredula. «Ma sei stato tu a rifiutarmi.»

«Non ti ho mai rifiutata, Usagi» disse lui lentamente, «anche se non mi sono comportato come avresti voluto tu… sarebbe stato troppo facile obbligarti a decidere con gli stessi metodi di tuo padre. Dovevi decidere da sola.»

«Non capisco…» disse Usagi con un filo di voce.

«Dovevo scoprire quali erano i tuoi veri sentimenti. È un rischio insegnare a una cinquantina di ragazze adolescenti, soprattutto se sono determinate come Rei. Dovevo accertarmi in qualche modo di essere una cosa importante per te come tu cominciavi a esserlo per me. Dovevi scegliere di stare con me, non perché ero più forte di tuo padre, ma perché lo desideravi con il tuo cuore, indipendentemente dalle parole chi chiunque…»

Usagi impallidì di colpo. Era convinta che Mamoru Chiba l’avesse usata e poi gettata, quando invece aveva cercato di darle il regalo più prezioso della terra: la libertà di scegliere di rimanere accanto all’uomo che amava.

«Quando sono arrivato a casa non riuscivo a dimenticarti e cercavo di convincermi che mi avevi usato contro la tua famiglia. È stato tutto inutile e dopo qualche mese sono ritornato a Tokyo. Sono passato da casa tua e tuo padre mi ha detto che eri andata a vivere con qualcuno. Solo adesso ho capito che si trattava di Minako, ma allora…»

«Hai creduto che stessi con un altro uomo!» sbottò Usagi indignata, ma si calmò subito alla vista dell’espressione affranta di Mamoru.

«Che altro potevo pensare?»

Rimasero in silenzio per quella che parve un’eternità, ognuno perso nei propri ricordi.

«Ho un regalo per te» disse infine Mamoru. Si alzò in piedi e andò a prendere una busta marrone che aveva appoggiato sulla valigia accanto alla porta.

«Il momento giusto per dartela non arrivava mai» disse lui porgendogliela.

Usagi l’aprì lentamente ed estrasse la foto che conteneva. Non appena la vide, le mani cominciarono a tremarle e gli occhi le si riempirono di lacrime. Davanti a sé vide una ragazza dallo sguardo tenero e provocante, il viso innocente e sensuale, la cui espressione tradiva un tenero e profondo sentimento. Era l’immagine di una donna innamorata e quello sguardo era rivolto a Mamoru, e a Mamoru soltanto.

«Allora tu l’hai sempre saputo» sussurrò Usagi.

«Sì» rispose lui guardandola con intensità. «Usagi, perché credi che sia venuto qui e abbia accettato il lavoro da Sakage? Avrei potuto guadagnare dieci volte tanto rimanendo a fotografare modelle e sfilate di moda.»

«Tu… tu…» balbettò Usagi incredula.

«Sono venuto per cercarti» disse Mamoru lentamente, «come potevo immaginare che eri tu la sposa che dovevo fotografare? Ti amo, Usako! Ti ho sempre amata. Il mio modo di dimostrartelo non è fra i più ortodossi, ma nemmeno tu sei uno zuccherino!»

«Dillo ancora» disse Usagi facendo fatica a respirare.

«Sì, ti amo. Non riuscivo a trovare il modo di toglierti quella maledetta maschera dietro alla quale ti nascondevi. Ma ci sono riuscito, nonostante la linea di gesso… solo tu potevi inventare una barriera così inutile» aggiunse sorridendo. «Dovevo solo aspettare che tu la cancellassi di tua spontanea volontà.»

Usagi guardò quella linea bianca, il simbolo di quanto aveva ostacolato il loro amore.

«Avrei dovuto toglierla molti giorni fa» disse con un filo di voce, «quando ho capito che non avrei mai sposato Keiji perché ti amavo ancora» aggiunse dirigendosi verso la porta.

«Dove credi di andare?»chiese Mamoru afferrandola per le spalle.

«A cancellare quella stupida riga!» esclamò lei con un sorriso abbandonandosi al suo tenero abbraccio.

«Non ti muoverai finché non avrò infranto le regole una volta per tutte» le sussurrò all’orecchio mentre la prendeva in braccio.

 

Il mattino successivo Usagi si svegliò fra le braccia di Mamoru e provò una sensazione magnifica.

Si stiracchiò lentamente per paura di svegliarlo, ma le sue forti braccia non accennavano a lasciarla andare.

«Serenity…» mormorò lui, e Usagi provò un tuffo al cuore nell’udire quel nome. Sapeva che significava qualcosa, qualcosa di importante… ma più si sforzava e più le immagini nella sua mente erano sfocate e distanti.

Con mano tremante, accarezzò il volto rilassato dell’uomo che aveva accanto. Chiuse gli occhi e posò un lieve bacio sulle labbra di Mamoru.

«Mio principe… Endymion…»

Riaprì gli occhi, cercando di capire perché avesse pronunciato quel nome, ma inutilmente.

Fu allora che si accorse di un piccolo oggetto sotto il suo cuscino: era un carillon dalla melodia dolcissima, la stessa che aveva sentito nel suo sogno la notte che aveva dormito con Mamoru. Era sicura di non averlo mai visto prima di allora, però la sua musica le era così familiare…

«Se non sbaglio» sussurrò Mamoru con gli occhi ancora chiusi, «questo è il punto in cui tuo padre fece irruzione a casa mia.»

«Non temere, questa volta non succederà niente del genere» ribatté lei accarezzandogli i capelli.

«Allora nulla ci impedirà di fare l’amore.»

«Proprio nulla» disse Usagi facendosi piccola fra le sue braccia.

Proprio in quel momento il campanello squillò.

«Non è possibile!» esclamò Mamoru esasperato.

Usagi si mise a sedere sul letto. «Minako!» esclamò colpendosi la fronte con una mano. «Mi sono scordata che tornava oggi.»

Uscì dal letto e si infilò una vestaglia, nella cui tasca infilò il carillon. «Sarà furiosa quando le dirò che non ci sarà nessun matrimonio: ha comprato un  vestito costosissimo!»

«Se fossi in lei non mi preoccuperei tanto» disse Mamoru incrociando le mani dietro la testa.

Usagi si girò di scatto e gli lanciò un’occhiata sbalordita.

«È facile ottenere una licenza di matrimonio per metà del mese prossimo» spiegò lui con un ampio sorriso, «sempre che tu voglia sposarmi!»

«Certo che lo voglio!» esclamò Usagi precipitandosi verso il letto per baciarlo.

«Siamo d’accordo, allora» sospirò lui estasiato mentre il campanello riprendeva a squillare. «Ti supplico Usagi: vai ad aprire quella porta, altrimenti ti tengo qui con me e la povera Minako dovrà aspettare fuori molto a lungo!»

Usagi fece per alzarsi, ma dalla tasca della vestaglia cadde il carillon.

«Ti è caduto qualcosa …» avvertì Mamoru alzandosi dal letto e indossando un paio di pantaloni beige e una polo nera.

Usagi si inginocchiò per riprendere da terra il piccolo oggetto che, nella caduta, si era aperto e aveva iniziato a suonare.

Trascorsero lunghi istanti in cui i due amanti furono troppo occupati ad ascoltare quelle note familiari per poter anche solo respirare.

Usagi alzò lo sguardo verso Mamoru, incurante delle lacrime che le rigavano il viso. «Endymion» sussurrò nuovamente, e l’immagine di un principe si sostituì per un attimo a quella di Mamoru.

Non riusciva a parlare, e fece la sola cosa che il cuore le dettava: tenendo il carillon sul palmo della mano lo porse a Mamoru, al suo principe.

L’uomo la osservò per qualche istante con una strana espressione in volto, come se la vedesse per la prima volta, dopo averla tanto attesa; poi allungò la mano verso quella su cui Usagi teneva il carillon, e appena le sua dita sfiorarono il prezioso oggetto il tempo si fermò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo so, avevo detto che questo sarebbe stato l’ultimo capitolo… ma stava diventando troppo lungo, e mi avreste linciato di certo XD

Spero non vi dispiacerà dovermi sopportare per un altro aggiornamento, ma stavolta garantito, il prossimo (che è praticamente già scritto XD)  sarà l’ultimissimo capitolo (giusto una paginetta per vedere cosa accade ^^ ) =)

Che dire?

Sempre un grazie infinite a tutti voi, per aver letto fin qua e per avermi dato la spinta a continuare questo progetto.

Un abbraccio, e a presto :*

 

Bax, Kla

   
 
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