Screams Laughters Alcohol Sounds Hair
- My life -
«Vi
amiamooo!!»
un urlo ovattato dietro la porta del camerino dei Guns n’
Roses.
Sotto una
massa di capelli ricci si intravidero due occhi neri, pronti a freddare
chiunque si trovasse nella traiettoria da cui aveva sentito arrivare
quell’urlo
immotivato, che alle sue orecchie suonava come una serie di parole
senza senso,
tanto era stordito. Purtroppo il suo sguardo omicida
incontrò soltanto la porta
chiusa, emise un lamento sconnesso e adagiò la testa sul
tavolo in legno su cui
era poggiata la specchiera, ghignando per qualcosa di stupido o magari
solo per
il gusto di sentire le labbra tendersi e gli zigomi salire fino a
sfiorare le
ciglia.
Aveva
socchiuso gli occhi, sentiva passi, risate e tante urla, alcune
ovattate come
il primo e altre più vicine e nitide, ma non gli importava
un granché capire
come funzionasse il tutto, strinse con la mano il collo della bottiglia
mezza
vuota di Jack Daniel’s e sorrise ancora, il naso gli
bruciava, forse era colpa
della roba che aveva preso. Sicuramente era colpa di quella roba.
«Mettiti in
piedi!» sbuffò nel sentire la voce di Axl,
comparso dal nulla con il solo scopo
di rompergli i coglioni. A volte Slash pensava quanto il suo amico
fosse
egocentrico, dei giorni gli sembrava perfino di essere solo una
comparsa nel
film della sua vita, e che invece Axl avesse il ruolo principale anche
in
quella, poi rideva – Impossibile. E’ la mia vita,
cazzo! –diceva tra sé. Subito
dopo si reputava un idiota per essersi dato il contentino tutto da
solo.
E anche se,
con quello sbuffo, aveva mandato metaforicamente Axl e le sue smanie da
leader
a farsi fottere, si alzò comunque, gli passo un braccio
intorno al collo e
provò un sorriso guardando lui e il suo amico allo specchio.
Il sorriso si
tramutò in una smorfia quasi subito.
«Rose,
dannazione! Da quando hai i capelli così…
rossi!» esclamò con voce impastata,
arricciando il naso, colto dal disgusto, alla vista del riflesso sullo
specchio
Axl lo
guardò, visibilmente alterato per il suo commento.
«Da che cazzo di pulpito
viene la predica! Cosa hai in testa? Un barboncino??»
ringhiò, guardandolo con
un cipiglio assassino.
Una voce
metallica gracchiò dall’altoparlante sulla parete
che era ora di salire sul palco,
interrompendo i due. L’urlo esaltato che Duff emise
nell'apprendere tale notizia assordò per
l’ennesima volta
Slash, che gli tirò prontamente una manata dietro il collo
per zittirlo.
«Cristo
Santo, Duff!» grugnì, mentre il bassista si
massaggiava la nuca, guardando
l’amico con uno sguardo degno di un moccioso offeso.
Ancora il gracchio s'intromise e disse che dovevano "muovere il
culo e portarlo sul palco"; La voce dell'interfono, probabilmente
appartenente al loro manager, era
tremendamente fastidiosa. In quel momento Slash avrebbe voluto tirare
un cazzotto
all’altoparlante, ma sapeva che se l’avesse rotto
avrebbe dovuto pagarlo,
inutile dire che non ne aveva la minima intenzione.
Si frugò
nella tasta, afferrò il pacchetto di Marlboro e si accese
una sigaretta. Il
fumo, uscendo dalle labbra socchiuse, creò dei ghirigori
grigi sulla sua testa,
disperdendosi nell’aria.
Aspirò
ancora e prese la sua Gibson, poggiata su una sedia accanto la
specchiera, poi
guardò Izzy, che gli faceva segno di sbrigarsi, imprecando.
Gli andò
incontro con la massima calma e camminarono insieme verso il palco,
trovando lì
ad attenderli Axl, Steve e Duff. La folla li acclamava. Erano tanti, il
chitarrista
riusciva quasi a sentire tutti i loro battiti concitati
dall’emozione e si
accorse di essere eccitato quanto loro. Era una sensazione irripetibile
quella
che lo prendeva ad ogni concerto. La migliore droga gratuita del mondo.
Dopo il
sesso – rettificò, immediatamente.
«Sei pronto,
Saul-barboncino-Hudson?» gli chiese Axl, poggiando le spalle
contro un
amplificatore, il solito sorrisetto furbo sulla faccia.
Slash gli
mostrò il medio e si calcò il cilindro sulla
testa, gli fremevano le mani. Aveva
bisogno di suonare per tutte quelle persone. Ne aveva bisogno.
«Potrei suonare
come un dio anche in coma, Pendicarota.» rispose appena,
arricciando le labbra,
lo sguardo già rivolto verso le luci accecanti del palco.
Dopo un
breve istante di silenzio conciliante, come se niente fosse, i due
amici si guardarono
appena e si sorrisero.
«Ah sì?
Dimostramelo.» gli disse Axl, non
c’era
più cattiveria nella sua voce.
Prese l’amico
per le spalle e lo voltò, spingendolo verso
l’esterno ed esponendolo alla vista
di tutti i presenti, che iniziarono a urlare il suo nome, entusiasti.
Axl era uno
stronzo, megalomane ed egocentrico, ma sapeva anche essere un ottimo
amico.
Slash
sorrise ancora – Sono io,
il protagonista
della mia vita –
pensò in quell'istante infinito, sentendo come il pubblico
scandiva il suo nome.
E, chissà
perché, quelle urla non gli davano il minimo fastidio, al
contrario, sembravano
pura ambrosia per le orecchie, se accompagnate dal suono magico
proveniente
dalla chitarra che teneva in mano.
–
SLASH –