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Autore: Mork    06/02/2011    4 recensioni
[David Bowie/Marc Bolan]
"I smiled sadly for a love I could not obey..."
Ambientata tra l'estate e l'autunno 1977; le canzoni citate sono "Lady Stardust" e "Always crashing in the same car", entrambe di David Bowie. Avvertimento d'obbligo: in questa fanfiction, scritta senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere o dell'orientamento sessuale delle persone coinvolte.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cosa di cui ebbe modo di pentirsi appena un’ora dopo, fissando la nuca di Marc riverso sul tavolo.  Da quando erano entrati, non aveva fatto altro che ordinare un cognac dopo l’altro; David gli aveva tenuto dietro per i primi quattro giri, poi, accorgendosi che probabilmente l’altro si sarebbe fermato solo al sopraggiungere del coma etilico, aveva deciso di rimanere lucido abbastanza da poterlo sorreggere fino all’auto. «Gran pezzo d’idiota», brontolò David, riversandogli addosso tutto il disprezzo di cui era capace. Marc, negli ultimi dieci minuti, non aveva fatto altro che mugolare frasi sconnesse, e piagnucolare negli intervalli. David fece per alzarsi e chiamare il suo autista, ma Marc, appena si accorse del movimento, lo afferrò per un braccio con inaspettata fermezza.
«Vado a chiamare qualcuno che ti porti a casa»
Marc si mise a piangere, supplicandolo di non portarlo da June; David, allora, più dolcemente, gli chiese il numero di Gloria.
«No, ti prego, non posso farmi vedere da lei in queste condizioni...»
David si rimise a sedere, lasciando che Marc gli stritolasse il braccio su cui versava calde lacrime, e iniziò a domandarsi quante volte, nell’incoscienza della sbornia, si era anche lui aggrappato al braccio di Iggy, quante volte aveva pianto e farneticato, quante volte si era trascinato per fumosi locali e corridoi in penombra, quante volte si era accasciato sui sedili posteriori di una limousine, o nel vano di un ascensore; e non poté fare a meno di provare disgusto per se stesso, seguito poi da un’immensa pietà per il compagno. Erano entrambi molto fragili, ma David era riuscito a costringersi a diventare forte; Marc, invece, non andava oltre l’arroganza e la spacconeria adolescenziale: era un’anima candida, fanciullesca, insicura, che si era lasciata facilmente travolgere dalla spazzatura che, presto o tardi, segue la fama, e non aveva i mezzi per combatterla.
David accostò la sedia alla sua: «Che hai intenzione di fare, allora?»
«Portami con te», sussurrò Marc, alzando il viso arrossato e bagnato e implorandolo con gli occhi striati di rosso.
«Fammi andare a chiamare il mio autista, allora», mormorò David in risposta, e si alzò. Marc gli lasciò andare il braccio, solo per alzarsi a sua volta e caracollargli dietro, aggrappandosi alla sua vita.
«Sta’ seduto, da bravo, meno cammini meglio è»
«Non mi lasciare...»
«Sto solo andando a chiamare, stai tranquillo»
«NO TU MI VUOI LASCIARE QUI LO SO LO SO CHE VUOI ABBANDONARMI MI ODI NON ANDARE NON MI LASCIARE NON ANDAR VIA!», gli strillò contro Marc completamente isterico. David dovette sforzarsi non poco per liberarsi dalla sua stretta quanto bastava per girarsi verso di lui e tappargli la bocca.
«Va bene, fa’ come ti pare, stammi pure appiccicato, ma in silenzio»
Marc schiacciò il viso contro il petto di David che, muovendosi come un granchio, riuscì a raggiungere il telefono e chiamare il suo fido autista, che in pochi minuti si fece trovare all’uscita sul retro del locale.
Sempre con Marc attaccato come il guscio di una chiocciola, David arrancò per il pub tra gli sguardi sbigottiti dei clienti, e uscì dalla porta sul retro, salutato da una ventata di aria fresca che lo riportò letteralmente in vita. Tony Mascia gli aprì lo sportello posteriore della limousine, e David, staccatosi Marc dalle costole, ce lo lanciò dentro senza troppi complimenti, e poi salì anche lui.
«All’hotel, Tony», sospirò, per poi dedicarsi a quella catastrofe nero chiomata: Marc non si era mosso da come David l’aveva buttato sul sedile, e aveva tutto l’aspetto di un ragno spiaccicato; cercò di farlo sistemare più comodamente, visto che apparentemente il ragazzo non era più padrone dei propri muscoli: se ne stava con gli occhi chiusi e la bocca aperta, da cui uscivano rantoli che dovevano essere respiri. Se David non avesse conosciuto più che bene quei sintomi, si sarebbe spaventato a morte.
 
Il Duca ringraziò il cielo diverse volte per avergli dato Tony come autista, perché arrivati all’albergo dovettero prendere su di peso Marc, che nel frattempo aveva perso i sensi, e trasportarlo fino alla camera di David, il quale aveva previdentemente preso una doppia.
Buttarono Marc sul letto, poi Tony si congedò, e David si appoggiò alla porta lasciandosi scivolare a terra, completamente esausto. Accaldato, si liberò di gran parte dei vestiti e si sdraiò accanto a Marc, che non dava segni di ripresa.
“Che possa dormire come un sasso fino a domani mattina”, pensò, anche se in cuor suo aveva un brutto presentimento. Mentre lo fissava mandandogli messaggi telepatici di ogni genere, ripensò a una canzone che aveva scritto diversi anni addietro, e che si affacciò nella sua mente in modo piuttosto buffo. David sorrise tra sé, poi si alzò e si diresse verso i bagagli ancora intatti, visto che comunque aveva intenzione di partire la mattina seguente. Tirò fuori la chitarra dal fodero e si rimise a sedere sul letto, sicuro che Marc non si sarebbe svegliato neanche per le trombe dell’Apocalisse. Iniziò a cantare non con il tono che usava abitualmente per quella canzone, ma con la sua tonalità naturale da baritono, rendendo quella canzone più simile ad un requiem che a una ballata.
 
People stared at the makeup on his face
Laughed at his long black hair, his animal grace
The boy in the bright blue jeans
Jumped up on the stage
And Lady Stardust sang his songs
Of darkness and disgrace

And he was alright, the band was altogether
Yes he was alright, the song went on forever
And he was awful nice
Really quite out of sight
And he sang all night long

Femme fatales emerged from shadows
To watch this creature fair
Boys stood upon their chairs
To make their point of view
I smiled sadly for a love I could not obey
Lady Stardust sang his songs
Of darkness and dismay

And he was alright, the band was altogether
Yes he was alright, the song went on forever
And he was awful nice
Really quite paradise
And he sang all night long

Oh how I sighed
When they asked if I knew his name

 
Non si era mai accorto prima di quanto fosse vera quella canzone: sì, l’aveva scritta avendo sempre in mente Marc, ma solo ora si accorgeva di quanto fosse stata profetica.
Mise via la chitarra sotto il letto, rivolse un ultimo sguardo intenso a Marc, poi spense la luce e in breve si addormentò.
  
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