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Autore: Ranessa    01/01/2006    5 recensioni
E adesso, quando mi guardo allo specchio, vedo solo le parti mancanti... e il marcio. Resta solo il marcio.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Rabastan Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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[ Ed egli cadde infinite volte ]

Muoio.
Un piccolo pezzetto per volta.
Per prima è toccato alla mia anima, quel piccolo lenzuolo di seta bianca che a voler ascoltare i predicatori d'oggi, a quanto pare, tutti noi ci portiamo dentro. Quella candida stoffa preziosa e delicata che si macchia ad ogni nostro nuovo peccato, si lacera, si disfa, sfugge a ricami e cuciture e poi si dissolve nell'aria. Perduta. Prima è morta lei, sadicamente crudele anche nell'abbandonarmi: si è lasciata indietro la mia coscienza, l'ha lasciata strettamente avvinghiata alla mia mente, in un abbraccio indesiderato e doloroso.
Poi è toccato al corpo, un piccolo pezzetto per volta.
Prima una mano.
Poi una gamba.
Un piede.
L'altra mano.
Muoio un po' di più ogni giorno, lentamente, e non so come fermarmi.
E non so se voglio fermarmi.
E adesso, quando mi guardo allo specchio, vedo solo le parti mancanti... e il marcio.
Resta solo il marcio.

+ + + + + + + + + +

Salgo i gradini lentamente, appoggiando i palmi delle mani sulle cosce dai muscoli tesi.
Fisso le punte delle mie scarpe scure creare un fastidioso contrasto con la moquette verde acqua che ricopre parzialmente le scale.
Probabilmente lo troverò sprofondato nella sua poltrona al primo piano, nell'angusto studio di mogano scuro che fu di nostro padre e che si affaccia sul grande giardino malcurato, dove il vento spazza l'erba ormai secca e gli scheletri degli alberi si preparano ad affrontare presto la prima neve della stagione.
Lo troverò mentre stringe fra le dita sottili una delle sue sigarette fumate solo per metà, perchè mio fratello è così, preferisce gettarle e accenderne di nuove piuttosto che finirne una; avrà in grembo un libro aperto, uno stupido romanzo babbano, fingerà di leggerlo mentre con la mano libera con cui terrà il segno macchierà le pagine di nicotina. Perchè mio fratello è così, uno spesso bicchiere di liquore sul tavolino al suo fianco e nessuna voglia di vedermi.
«Non ti ho sentito entrare»
Sobbalzo, appena un attimo prima di posare il piede sull'ultimo scalino ed avviarmi lungo il corridoio non illuminato.
«Rodolphus!» esclamo voltandomi a guardare dietro le mie spalle, individuando la figura esile di mio fratello ai piedi delle scale «Mi hai spaventato!»
«Non quanto tu avresti potuto fare con me, Rabastan» ribatte lui iniziando a salire i primi gradini, storcendo le labbra nel suo solito sorrisetto sardonico. «Avrei potuto pensare che fossi un malintenzionato, non trovi? Un ladro...» giunge anche lui all'ultimo gradino e mi supera di un passo, è più in alto di me di un passo. Abbassa lo sguardo per potermi fissare negli occhi, il suo alito caldo sul mio viso.
«... un assassino»
Ed io rimango in silenzio, attendendo che si volti... assassino... e mi preceda nel corridoio.
Mio fratello si ferma davanti alla porta dello studio, stringe le dita intorno alla maniglia opaca.
«Vuoi entrare?»
Inclina la testa.
Perchè Rodolphus è così.
Un assassino.

+ + + + + + + + + +

È il fascino insano del baratro.
È come affacciarsi sul bordo e sentire il vento della caduta tra i capelli.
Scorgere il proprio corpo sul fondo del vuoto e non riuscire a buttarsi.
Cadere senza essersi buttati.

+ + + + + + + + + +

«Bellatrix?»
«Non è in casa»
Non riesco a trattenermi dal sentirmi sollevato, dal rilassare maggiormente le gambe, seduto sulla poltrona.
Rodolphus, in piedi dall'altra parte della stanza, prepara due grandi bicchieri di liquore senza neppure chiedermi se ho voglia di bere.
«Perchè sei venuto, Rabastan?» la sua voce si fa più grave, la sua insofferenza più palpabile.
«Mi manda il Signore Oscuro. Desidera sapere come ti senti»
«Come mi sento...?»
«Sì» cambio posizione, accavallando le gambe a disagio «E' preoccupato per le tue ultime... assenze...»
Un'ombra di sorriso aleggia sulle sue labbra, prima che venga a sedersi di fronte a me, stringendo le mani ossute intorno al suo bicchiere per scaldare il liquore.
«E' talmente preoccupato che addirittura, invece che chiedere a mia moglie, incarica mio fratello di constatare di persona?» solleva un sopracciglio, come fa di solito, nell'espressione più detestabile che gli ho mai visto in volto.
Rodolphus ha l'innata capacità di complicare sempre le cose.
«Si può dire che... ne abbia approfittato per venire a trovarti, è molto tempo che non ci vediamo»
Annuisce, osservando assorto il suo bicchiere. Io porto il mio alle labbra, incerto, gustando appena l'amaro liquido ambrato.
«Per fare due chiacchiere» la sua è un'affermazione. Crudele, suona stranamente crudele nell'immobilità dell'aria stantia dello studio.
«Per sapere come vanno le cose, Rodolphus. Per sapere se stai bene, se c'è qualche problema...»
«Se quello che dice Dolohov è vero...»
Una mano.
«Dolohov?»
Mi sporgo oltre il bracciolo della poltrona per posare il bicchiere sul tavolino, distolgo lo sguardo dall'aria schifosamente divertita di mio fratello.
«Sì, Rabastan. Dolohov. Non sei mai stato in grado di mentire, ogni cosa ti si legge in faccia» fa una piccola pausa «come ai bambini» aggiunge maligno.
Una gamba.
«Antonin è solo un gran bastardo, Rodolphus, qualunque cosa dica nessuno gli presterà attenzione»
«Eppure quando blaterava di Piton non ci abbiamo messo molto ad iniziare a dubitare seriamente di lui» si alza, andando ad appoggiarsi con una spalla alla grande vetrata che dà sul giardino «Credi davvero che io abbia tradito, Rabastan?» affilato e violento «Che non abbia partecipato alle ultime riunioni a causa di un, uhm, tardivo ripensamento?» ride, di quella sua risata così strana, a volte piena a volte secca. A volte contagiosa a volte raggelante.
«Non lo credo affatto, Rodolphus! Come puoi pensare una cosa simile?»
Si volta a guardarmi, tornando al tavolino dei liquori e versandosi un generoso secondo giro.
«Allora perchè sei venuto?»
Un piede.
Lo fisso spaesato per qualche secondo, intravedo la sua schiena nel riflesso semitrasparente della finestra.
«Mi manda il Signore Oscuro. Desidera sapere come ti senti. È preoccupato per le tue ultime assenze»
L'altra mano.

+ + + + + + + + + +

È il fascino insano del baratro.
È l'idea stessa della caduta, aprire le braccia e non riuscire a buttarsi.
Scorgere il proprio corpo sul fondo.
Sentirsi svuotato di ogni cosa, la propria anima a danzare nel vuoto.

+ + + + + + + + + +

«Sono stato poco bene, Rabastan. Ora sono guarito, e tornerò a servire il Nostro Signore come mi compete»
«Perchè mi odi, Rodolphus?» mi esce così, dopo anni e anni mi esce così, in un sussurro disperato, una nota ansiosa e senza che io lo voglia. Mi esce e non c'entra nulla.
Rovina tutto.
«Non dire sciocchezze, Rabastan» mio fratello finisce in un solo sorso il suo secondo bicchiere di liquore, la fronte aggrottata «Io non ti odio affatto»
«È perchè sono stato io, vero? Perchè è stata colpa mia...»
«Di cosa diavolo stai parlando, Rabastan?» si alza, il movimento improvviso di un felino, dirigendosi verso la porta. «Forse sarebbe meglio se te ne andassi ora, Bellatrix sta per tornare»
«Sai benissimo di cosa sto parlando, invece! Io sono stato il primo ad incontrarLo, io vi ho portati da Lui, io ti ho portato la Lui... ti ho condannato Rodolphus, per questo mi odi»
«Nessuno ci ha portati da Lui, Rabastan! Noi Lo abbiamo cercato, noi abbiamo deciso, non siamo... condannati» rigira nervosamente la maniglia della porta tra le dita, stuzzicandosi i capelli con l'altra mano come fa spesso quando è agitato.
Abbandono le spalle contro lo schienale della poltrona.
D'improvviso mi sento terribilmente stanco. Svuotato.
Svuotato di ogni cosa, morto pezzo per pezzo, senza anima.
E rimane solamente il marcio.
Resta solo il marcio.
«Allora perchè, Rodolphus? ... Perchè?»
Mio fratello mi guarda, lasciando la maniglia, allontanandosi dalla porta. Stringe le braccia al petto.
China la testa.
Chiude gli occhi con aria sofferente, come se stesse cadendo anche lui.
Inizia piano, portando una mano a coprirsi la bocca e distorcere il suono già incerto del mio nome.
«Rabastan...»
La porta dello studio si apre.
È Bellatrix.
Io e Rodolphus restiamo a fissarci, in silenzio.
Il baratro in mezzo a noi.
Resta solo il marcio.

   
 
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