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Autore: Kerian    01/01/2006    5 recensioni
"Regulus, in quel momento, si rese conto (ma forse lo aveva sempre saputo) che la cieca devozione, per quanto necessaria, non era condizione sufficiente ad essere un perfetto Mangiamorte. Quello che era davvero indispensabile era, invece, una totale mancanza di autocoscienza."
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il locale, un pessimo bar maleodorante situato nei sobborghi di Londra, era strapieno nonostante l’ora, nonostante la neve

December in London

 

Il locale, un pessimo bar maleodorante situato nei sobborghi di Londra, era strapieno nonostante l’ora, nonostante la neve.

Erano quasi le quattro di pomeriggio e Regulus Black attendeva, fermo sul marciapiede di fronte stringendosi nel cappotto nero più babbano che fosse riuscito a trovare. Si maledisse tra sé per non aver pensato che sicuramente l’altro sarebbe stato in ritardo, per non dare nell’occhio o per poter fingere ancora meglio un incontro casuale.

O semplicemente perché lui non era così importante da meritare puntualità. 

Aveva solo voglia di fumare una sigaretta e di non pensare più alla missione, ma questo era palesemente impossibile.

“ Proprio le persona che speravo di incontrare” disse una voce roca alle sue spalle.

 Regulus si voltò. Era Bellatrix e aveva appena pronunciato la frase che sarebbe servita a riconoscere il contatto.

Quindi si trattava di lei …..prevedibile dopotutto.

La donna sorridendo gli si avvicinò e lo prese sottobraccio conducendolo verso la porta del locale. Lei era alta quasi quanto lui e camminava eretta a passo spedito.

“ Parleremo dentro” sussurrò.

 

A vederlo all’interno il pub era anche peggiore: uno stanzone basso, pareti bisunte, grandi tavoli al centro con tante sedie malconce in metallo tanto vicine che i gomiti toccavano con quelli del vicino, piatti ammaccati, caraffe ripiene di birra babbana dal pessimo odore.

Bellatrix si diresse spedita verso un tavolo piccolo e traballante circondato da due sedie grigiastre, posto in un angolo, distante ma non troppo da quella gentaglia.

“Perchè qui?” chiese Regulus sedendosi.

“Perché è un buon posto” rispose lei spiccia per poi sorridere all’oste corpulento che posò sul tavolo del pane nero e della birra.

“Non devi mangiare” sospirò Bellatrix di fronte all’espressione schifata apparsa sulla faccia dell’altro

“E’ solo per non dare nell’occhio”

“Ieri sei andato all’esecuzione dei prigionieri? “ Bellatrix cambiò improvvisamente discorso mentre si toglieva la lunga sciarpa grigia di lana pesante ed estraeva dalla tasca del cappotto un pacchetto di sigarette. Queste erano magiche, ovviamente, ma non  apparivano diverse da quelle babbane scatola esclusa.

“ Non ci sono andato. Avevo da fare.” Regulus si mosse a disagio sulla sedia scomoda. La verità era  che  le esecuzioni gli facevano sempre una certa impressione.

La cosa buffa era che aveva lui stesso ucciso in più di un’occasione; ma solo perché quella era la missione assegnata oppure il modo più rapido e sicuro di portarla a termine. Vedeva, invece, in quei raduni di mangiamorte esaltati davanti alla morte di un essere umano qualunque, qualcosa di volgare e di sbagliato.

Naturalmente, anche il solo pensare ciò alla presenza del Signore Oscuro sarebbe stato grave tradimento e così evitava le esecuzioni appena possibile.

“ Non è stata una brutta esecuzione” riprese lei “ma credo che l’esteticità della cruciatus si riduca tristemente quando gli legano i piedi e le mani. Mi piace l’effetto che si crea quando scalciano, quasi quanto la lingua che sporge dalla bocca, dopo. Assume un fantastico colore azzurrino, mi stupisco che non tutti ne rimangano estasiati.”
“Capisco”

“Oh, ovviamente un giorno non ci sarà più bisogno di tutto questo. Il Signore Oscuro dominerà, con tutti i suoi più fedeli seguaci e il mondo sarà libero da ogni tipo di feccia, di mezzosangue, di babbani. Noi allora trionferemo.

Ma chi non serve bene il suo Signore allora…” Bellatrix si portò due dita alla gola. “Beh, non vedrà quel giorno.”
I suoi occhi mandavano lampi di avvertimento. Chissà se faceva quel discorso a ogni giovane mangiamorte, se lo inventava ogni volta o lo aveva imparato a memoria. Di certo non avrebbe esitato ad ucciderlo, se solo avesse visto in lui il minimo segno di idee discostanti dall’ortodossia imposta dal Signore Oscuro ai suoi seguaci.

Un giorno questa donna davvero mi ucciderà, disse a se stesso e nel momento in cui lo pensò ne fu convinto nel profondo. Ma non mostrò nulla di tutto ciò sul volto pallido, gli insegnamenti della madre sull’occlumanzia erano valsi a qualcosa, anche se non era mai stato un alunno poi così brillante.

“Certo, Bellatrix. Nessuna pietà coi traditori, nessuna.”
Lei continuò a fumare senza guardarlo.

“E in quanto al motivo per cui siamo qui?” chiese lui, dopo un discreto lasso di tempo passato in silenzio.

“Calma, cugino caro. Saprai tutto quello che devi sapere, non ti basta?” lei si piegò in avanti, sorridendo appena. Dopo averlo osservato per qualche secondo, proruppe in una risata amara e folle.

“Questa donna sarebbe in grado di fare di tutto” pensò ancora Regulus. Non solo lei non si sarebbe mai sentita in colpa, ma sarebbe arrivata a dimenticare addirittura tutti gli atti da lei commessi. Non uccideva, per esempio, con coscienza di essere un’ assassina; uccideva sicura della giustezza, addirittura della bontà delle sue azioni, con la stessa noncuranza con cui si può uccidere una mosca fastidiosa, un verme.

Regulus, in quel momento, si rese conto (ma forse lo aveva sempre saputo) che la cieca devozione, per quanto necessaria, non era condizione sufficiente ad essere un perfetto Mangiamorte. Quello che era davvero indispensabile era, invece, una totale mancanza di autocoscienza.

 

“Il contatto è l’oste.” Sibilò all’improvviso Bellatrix. “lui ti darà alcune informazioni, due pergamene. La prima è per te, è chiusa da un sigillo verde. La parola d’ordine per leggerla è amore. La seconda è per il Signore Oscuro e non ti interessa. Dopo aver compiuto la tua missione, la porterai a Lui.

Ora io me ne andrò, rimani ancora qualche minuto e poi vai da quell’uomo. Digli che vuoi della birra da portare a casa, nella borsa metterà le pergamene. La donna indicò il contatto, spense la sigaretta e cominciò ad arrotolarsi la lunga sciarpa attorno al collo.

L’oste era un uomo corpulento, dai capelli grigi e dal collo taurino. Portava un grembiule unto, Regulus non si chiese neanche di cosa, e aveva il naso rotto. Sembrava dannatamente babbano, e un babbano della peggior specie; ma probabilmente le apparenze ingannavano.

Bellatrix si alzò in fretta e si chinò verso di lui come per baciargli la guancia. “Attento” gli sussurrò all’orecchio.

Regulus si morse le labbra.

 

La sagoma nera di Bellatrix si allontanò in fretta, e scomparve oltre la porta d’ingresso in pochi secondi. Regulus sospirò, si appoggiò allo schienale della sedia e chiuse gli occhi.

Si sentiva così dannatamente stanco… era come se da quando il marchio nero era stato impresso sul suo avambraccio (solo pochi mesi prima, ma a lui sembrava un’ eternità) non riuscisse più a pensare liberamente, a riposare.

Era sempre stato convinto della superiorità del sangue puro, della necessità di una guerra, del fatto che Voldemort fosse il capo perfetto per una nuova comunità magica, liberata dalla contaminazione babbana. Ne era convinto anche ora; era sulla sua parte che aveva seri dubbi.

Inettitudine eroica era il termine che gli veniva in mente. Assoluta incapacità di tenere le redini della sua vita, di una vita del genere.

Si chiese se il Signore Oscuro fosse in grado di ascoltare i suoi pensieri attraverso il Marchio. Magari si.

Sarebbe stato terribile.

Ovviamente questa doveva essere solo una sua paranoia, si disse riaprendo gli occhi e alzandosi in piedi.

Ed era sempre più stanco, più paranoico, quasi folle.

E questo, si disse con un sospiro, era solo l’inizio.

 

 

 

 

  
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