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Autore: LA dreamer    07/02/2011    2 recensioni
Ahsley e Alice due amiche da sempre, l'una lo specchio dell'altra, l'una la sicurezza dell'altra. E poi c'erano loro, i loro migliori amici, i loro fratelli, i loro amori, i compagni di una vita passata insieme.
New York era grande, era affollata, era piena di gente che andava e veniva, ma mai mi sarei aspettata, in tutto quel caos, di rivederlo.
Mi voltai verso destra come se qualcuno mi stesse chiamando, e dopo due anni rividi lo specchio della mia felicità. Rimanemmo in quella posizione per non so quanto tempo e prima di voltarmi per scappare da lui, sussurrai il suo nome, un nome che mi era mancato, un nome su cui tante volte avevo fatto affidamento << Matt >>
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matthew Shadows, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui ragazzuole, dai stavolta ci ho messo poco a postare e vi dirò ne posto tre di fila per farmi perdonare e per non lasciarvi troppo sulle spine. Ebbene si nello stesso momento tre capitoli diversi. Ovviamente voglio un parere su tutti e tre che ho scritto nel giro di un giorno presa da una foga di ispirazione .
Ci vediamo sotto e buona lettura.

L’atrio del palazzo in cui abitavo era avvolto nel silenzio più totale, esattamente come mi aveva accolto quando ero riuscita a scappare dalle grinfie di New York e del mio passato che mi inseguiva come un vampiro assetato di sangue e di vendetta.
Avevo cercato in questi anni di mettere in conto che in un momento,lontano o vicino che fosse,questo sarebbe tornato a fare i conti. Quel momento era arrivato così tanto velocemente che non ebbi nemmeno il tempo di prepararmi fisicamente e psicologicamente,magicamente si era presentato davanti ai miei occhi facendo sanguinare la mia ferita.
Ma per quanto feci parlare la mia corazza protettiva e incazzata non potevo negare a me stessa che ero ben consapevole di non aver chiuso nessuna porta col passato, ero a conoscenza di quanto quei cinque ragazzi fossero importanti per la mia vita.
Così accucciata in un angolo oscuro di quella grossa entrata del palazzo,nella penombra delle sei del pomeriggio, aprì il mio cuore e la mia mente a quelle cinque persone che mi avevano dato tutto in 18 anni di vita,togliendomi lo stesso tutto nel giro di poche ore o forse pochi minuti. Per quanto facesse male mi liberai di tutti i ricordi e di tutti i dolori spendendo per ognuno ciò che meritavano di ricevere da me stessa.
Il mio primo pensiero andò a Matt. Forse perché era mio fratello, forse perché averlo rivisto dopo così tanto tempo aveva avuto un potere autodistruttivo maggiore sulla mia sensibilità e sulla mia psiche. Ricordavo ogni singolo momento insieme, ricordavo ogni suo singolo sorriso o parola che ogni giorno mi dedicava, ricordavo i suoi abbracci e il modo in cui mi diceva che ero stupida arricciando il naso come un bambino piccolo,facendo comparire sul suo volto quelle due fossette che caratterizzavano il suo volto.
Ma la cosa che più di tutte ancora mi riempiva il cuore era la forza, la tenacia che ci aveva aiutato entrambi a superare i periodi peggiori della nostra vita quelli dove ti senti il peso di tutto il mondo sulle spalle e non riesci a vedere più in la di un semplice passo. Il divorzio dei nostri genitori, per quanto poi risultò pacifico e amichevole, ci portò in un periodo di totale abisso, ma riuscimmo a venirne fuori spalleggiandoci a vicenda, tenendoci stretti per mano senza mai lasciarci. Mai, mai tranne che da quel giorno in avanti, Matt aveva smesso di lottare al mio fianco.
Man mano i miei pensieri su Matt scemarono e un nuovi volti comparirono, o per meglio dire ricomparirono, nella mia mente. La voce squillante di Jimmy che ripeteva il mio nome urlandolo come un ossesso mi colpì così tanto da farmi scivolare del tutto a terra come se fosse di fianco a me. Iniziai a ridere e a piangere nello stesso momento come se fossi una pazza e forse in quel momento lo ero. Jimmy era la persona che maggiormente aveva occupato la mia vita e quella di mio fratello. Forse più di Zacky e Alice. Loro erano arrivati in un secondo momento. Jimmy era cresciuto con noi, in mezzo ad una strada, sfuggendo a una vita che non volevamo, trovando conforto nella musica e a volte nell’alcool. Lui non era fatto per questa vita, lo diceva sempre, era sempre un passo più in alto rispetto agli altri, era diverso dalla media dei ragazzi della sua età e nessuno lo capì se non chi realmente lo conosceva eppure ogni volta che io e Matt volvevamo evadere dalla realtà lui era il primo ad apire la porta di casa sua e ospitare due poveri ragazzi alle prese con una vita che non avevano scelto ma che gli era stata imposta.
Jimmy era semplicemente Jimmy con la sua pazzia più stramba, con quel sorriso così innocente e sincero se realmente voluto, con quella faccia pronta a prenderti in giro nel migliore dei modi senza nemmeno che tu te ne renda conto. Quante volte ci ero cascata e mi ero fatta fregare dal suo modo così naturale di essere schietto e furbo, ero la sua preda più facile, così diceva lui, ma non importava se lo fossi realmente ero felice così.
La risata di Jimmy sfumò come la fine di una canzone e il dolce viso di Zacky fece capolino alla mia mente bussando alla soglia dei miei ricordi. Tremai pensando a lui, tremai rivedendo i suoi occhi verde-azzurri. Tremai ripensando all’amore incodizionato che avevo provato per lui per anni a tutti i sorrisi che mi aveva dedicato, a tutte quelle volte che aveva sofferto in silenzio solo per starmi vicino e aiutarmi quando più ne avevo bisogno. Zacky Vengeance mi fece piangere ancora di più seduta e nascosta in quell angolo buio. Come dimenticare la sera della festa quando tentai in tutti i modi di portarmi a letto il mio migliore amico, risi da sola e la mia voce fece eco per tutta la tromba delle scale salendo fino in cima liberandosi nell’aria. Non riuscì nemmeno io a capire se fu una risata liberatoria, una risata felice o solo l’ombra di quella che un tempo poteva essere chiamata una risata. Forse tutte e due ma in quel momento sentì il bisogno di ridere anche se potevo risultare isterica.
Mi vennero in mente tutti i momenti con lui, le bevute di grande stile, le feste che organizzavamo, le sere passate su un tetto a guardare le stelle e immaginare un futuro con gli Avenged Sevenfold, un futuro che a noi era stato negato. MI parlava sempre di una strada lunga e dalle sembianze infinite, in mezzo al deserto, che attraversava i confini di stato lasciando alle spalle una vita per incontrarne una sempre diversa e anche se si poteva sentire la mancanza di casa era davvero ciò che lui e gli altri desideravano. Era un sogno ricorrente per lui e l’unica soluzione che trovammo era che quella strada poteva essere in qualsiasi stato americano o europeo semplicemente simboleggiava la strada per la libertà, una via di fuga definitiva per tutti. Per tutti loro.
Ripensai agli anni del liceo, all’inferno vissuto in mezzo a gente vuota che inseguiva ideali troppo comuni e abbastanza scomodi, c’erano le cheerleaders, c’erano i giocatori di football, c’erano i secchioni e poi c’eravamo noi, la categoria più disprezzata, i rockers. In quegli anni Johnny aveva lottato al fianco mio e di Alice facendoci un po’ da guardia del corpo e da amico fedele che ci seguiva e sceglieva materie e corsi a cui non era interessato solo per essere in compagnia. Ho sempre visto Johnny come un fratello minore nonostante la stessa età.l’ho sempre visto come una piccola mina vagante pronta a fare danni irreparabili, e credetemi, Johnny ne era capace. L’ho sempre visto come un cucciolo indifeso da proteggere anche se lui spesso era il primo a salvare noi dalle grinfie della gente ricca e spaccona di Huntington Beach. JC non era capace di far soffrire nessuno, non era capace di far del male a nessuno se non a se stesso, ma era capace di creare catastrofi naturali a volte irreparabili, come incendiare il laboratorio di chimica creando un mix di acidi contrastanti tra loro. Piccolo nano malefico.
Sorrisi anche per lui portando una mano alla bocca tentando di fermare i singhiozzi che mi facevano sussultare ogni volta che ne stava per arrivare uno. Appoggiai la testa al muro come se volessi temporeggiare perché il male peggiore stava per valcare le porte della mia mente sensibile e sull’orlo di una crisi. Presi due grossi respiri e finalmente riuscì a pronunciare mentalmente il nome di Brian.
Sentì una fitta al cuore così forte da dover bloccare con la forza un urlo in gola. La ferita bruciava,pulsava e faceva male, gli spiriti del passato ridevano di me con fare meschino, sentivo le mie forze abbandonarmi alle tenebre di quel pensiero così lontano, ma dovevo, dovevo vincere anche i fantasmi del passato che si stavano beffando della mia sensibilità già messa a dura prova.
Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare da tutto ciò che apparteneva alla mia disgrazia più grande.
Brian Elwin Haner Jr fu l’amore e il dolore più grande della mia intera esistenza. L’unico che riuscì a rapire il mio cuore e farlo suo con una prepotenza così dolce che nemmeno mi resi conto che lentamente stavo cadendo nella sua trappola mortale fatta di un amore così profondo da farmi dimenticare, ogni volta che ero con lui, il resto della realtà che ci circondava.
il mio cuore batteva ancora per lui anche se non volevo ammetterlo ne tanto meno darlo a vedere, ma non riuscì mai a dimenticare il suo sorriso, i suoi occhi così neri e profondi, i suoi capelli sempre in preda alla pazzia più totale, il suo profumo così forte che rimaneva impresso non solo nella mia mente, ma anche sui miei vestiti ogni volta che mi abbracciava o che ci rifugiavamo l’una nelle braccia dell’altro.
Avevo messo da parte tutti i particolari del suo viso e del suo essere così sensuale e bello, li avevo letteralmente nascosti, insieme agli altri, nell’angolo più buio e triste della mia mente. Ma in quel momento azzardai ad andare ancora più in la ignorando le suppliche del mio cuore di smettere di farlo soffrire ancora una volta, vagai ancora alla ricerca più disperata di ciò che stavo realmente cercando e arrivai all’immagine dell’amore, nell’atto fisico e sentimentale, che ci eravamo dimostrati per tutto quel tempo.
I nostri corpi giovani e nudi avvolti, avvinghiati, stretti tra loro che combiaciavano perfettamente come se fossero un pezzo importante di un puzzle. Ogni volta che il corpo di Brian sfiorava, anche involontariamente, il mio erano scariche di adrenalina pura che ci portava a desiderare ardentemente entrambi. Faticavamo a stare lontani e tante volte avevamo il bisogno di stare così vicini da esaudire ogni nostra fantasia. Con Brian era erotismo allo stato puro per il modo in cui sapeva prendermi e farmi sua, con dolcezza certo, ma allo stesso tempo con decisione.
Brian sapeva mescolare sesso e amore in un unico momento di puro piacere, scindendo le due cose facendo prevalere l’amore che provava nei miei confronti così come io nei suoi.
Brian Haner fu il primo ragazzo che amai realmente e non per gioco, fu il primo e unico ragazzo con cui feci l’amore, con cui sperimentai nuove cose e con cui avevo progettato un’intera vita insieme.
Non mi resi nemmeno conto del tempo che stava passando in silenzio. Guardai l’orologio e vidi che era le sette passate. Mi alzai lentamente da terra evitando bruschi giramenti di testa. Camminai rasente al muro per non cadere e lentamente tornai alla luce dell’androne del palazzo, recuperai dalla borsa il mio specchietto e portandolo all’altezza della faccia notai lo scempio che la mia faccia aveva subito in quell’ora di pianto ininterrotto; gli occhi erano completamente circondati dal nero del mascara che avevo tracciato sopra e sotto, le guance erano rigate di marrone opera della matita per gli occhi che usavo quotidianamente, ma vidi in me un qualcosa che erano anni che non vedevo: i miei occhi per quanto rossi e distrutti dal pianto avevano la compagnia di quella scintilla che prendeva possesso di essi ogni volta che parlavo degli Avenged Sevenfold. Non volevo cambiare la mia idea, volevo e dovevo cercare in tutti i modi di tenerli fuori dalla mia vita, ma volevo poterli ricordare senza dover soffrire, una cosa che avrebbe impiegato anni e sforzi disumani per accadere.
Cercai di darmi un sistemata nel migliore dei modi, ma arrivata ad un certo punto mi importava poco di farmi vedere perfetta come una statua di marmo, indistruttibile come un muro di cemento. Presi l’ascensore stremata da quella giornata, da quell’incontro, da quel momento di ricordi, sentivo le gambe stanche che tremavano implorando un letto comodo e caldo.
Presi le chiavi di casa dalla borsa e entrandoci per poi richiudere la porta alle mie spalle, chiusi con quella giornata così pesante. Dovevo parlare con Alice e raccontarle tutto, ma ero così scossa e a pezzi da non aver nemmeno le forze per togliermi la giacca.
Dalla sala proveniva della musica in lontananza, pensai subito a Danny che stava ascoltando qualche gruppo che avrebbe dovuto poi intervistare, gli veniva più facile scrivere domande sensate, ma a me solo l’idea di sentire il suono di una chitarra mi faceva drizzare i capelli e stringere lo stomaco.
Dalla cucina invece provenivano rumori di pentole e stoviglie che sbattevano l’una contro l’altra o sul marmo del pianale. Pensai a Josh di solito era lui l’addetto alla cucina anche se non abitava con noi, ma era una cosa che gli riusciva parecchio bene e Alice stava li a guardarlo per imparare, ma i tuoi occhi Alice non erano per lui, non sarebbero mai potuti essere per una persona che ti amava, ma che non sapeva farti sognare come faceva un tempo Matt e di questo solo io e te ne eravamo a conoscenza.
Guardai l’entrata di casa mia non so esattamente il perché, ma tutto quello mi sembrava tremendamente sbagliato, tremendamente inutile. Affilai lo sguardo cercando un qualcosa che potesse darmi un po’ di pace interiore, ma non la trovai. Ero sull’orlo di cadere a terra lasciandomi andare completamente, eppure riuscivo a rimanere in piedi con le chiavi di casa in mano e la borsetta adagiata sulla spalla. Mi sentivo completamente vuota ,un solo corpo senza nemmeno un organo.
Nel momento esatto in cui provai a fare un passo per raggiungere la porta della camera. Alice comparve dalla cucina con un sorriso che si spense non appena mi guardò in faccia.
Non tentai nemmeno di sorridere, non ne avevo ne la voglia ne tanto meno la forza, guardai la mia migliore amica come se fosse la prima volta che la vedevo.
Si avvicinò a me lentamente facendo cadere lo strofinaccio della cucina per terra, incurante di ciò che stava facendo e della voce di Josh che la richiamava a grand voce ridendo ignaro di tutto. Quando Alice fu davanti a me piantò i suoi occhi, così uguali a quelli di Zacky, nei miei verdi come quelli di Matt, il dolore più grande di Alice, e bastarono pochi secondi perché lei capisse. In quel momento fu come un deja-vu, non era più il nostro appartamento di New York, quella di sottofondo non era musica sconosciuta e rumore di stoviglie casalinghe, era la strada di casa mia, era il primo temporale estivo ad Huntington Beach, era la fine di una vita intera per due ragazzine troppo prese dai sogni e dal futuro.
Continuai a fissare Alice come un automa, non riuscivo a muovere nessun muscolo, mi chiedevo ancora come ero riuscita ad arrivare a casa senza lasciarmi cadere a terra. I suoi occhi si fecero lucidi come cristalli e una prima lacrima solitaria cadde dai suoi occhi così dolci.
-Di…Dimmi che…che non è vero.-mi chiese disperata nel vano tentativo di non volere credere a ciò che sarebbe stata la mia risposta. Respirai profondamente prima di annuire con la testa e con lo sguardo.- Oh mio Dio.- si portò una mano alla bocca e iniziò a tremare come una foglia.
All’improvviso mi riscossi dal mio stato incosciente e non reale e vidi la realtà evidente che stava proprio sotto i miei occhi. Alice stava tremando visibilmente e fiumi di lacrime scendevano dai suoi occhi, ci guardavamo come a trovare una certezza nei nostri movimenti e nei nostri pensieri, ma nulla in quel momento aveva una certezza, tutto quello che con fatica e devozione ci eravamo ricostruite era miseramente crollato nel giro di qualche ora. Presi Alice per un braccio e ci chiudemmo in camera mia, diedi due giri di chiave e finalmente riuscì a togliere la borsa dalla mia spalla e il cappotto dal mio corpo posandolo sulla poltrona. Alice si sedette sul letto continuando a fissare un punto indefinito davanti a se.
-Chi era.-chiese solamente alzando di poco lo sguardo su di me seduta sulla mia poltrona con la testa rivolta al soffitto.
-Matt.-Alice sobbalzò nel sentire quel nome, ma soprattutto la freddezza tagliente con cui lo dissi.
-Com’è successo?
-Stavo camminando e ci siamo visti.
-Cosa…Cosa vi siete detti?
-Niente in particolare Alice, gli ho chiesto di non cercarci, di continuare a ignorarci come abbiamo fatto in questi anni. Ma conosco lui come gli altri, non lasceranno stare e dobbiamo essere pronte Alice come ci siamo promesse in questi anni.
-Tu eri pronta Ashley?.-chiese piantando i gomiti sulle sue ginocchia per poi chiudere le mani a pugno e adagiare il suo mento. Se non fosse distrutta da quella verità potevo scommettere che quella domanda aveva un fondo di sfida nel tono in cui era stata fatta.
-Certo che no Alice, ma avevo messo in conto che prima o poi sarebbe successo.
-Sei distrutta Ashley te lo si legge in faccia, ti sei svuotata ancora una volta.- la guardai con uno sguardo tagliente, odiavo essere smascherata, ma lei, la mia piccola e dolce Allie, mi conosceva meglio di quanto potesse conoscere se stessa.
-Lo so.-ammisi alla fine senza darle troppo credito anche se il sorrisino che spuntò sulle sue labbra mi fece capire che stava avendo la ragione dalla sua parte ancora una volta. Non mi andava di dire che tra le due ero io il punto di forza, perché tante volte era stata Alice a tirarmi su quando stavo per cedere a tutto, ma tra le due io ero quella più determinata in tutto questo, Alice avrebbe buttato tutto all’aria se solo si fosse imputata di farlo. Alice sperava ancora in un ritorno al passato come se niente fosse, o meglio, avrebbe fatto carte false per riavere ciò che gli era stato tolto, io invece era più vendicativa e per quanto avrei voluto avere una macchina del tempo per tornare indietro e impedire tutto, ora nel presente ero decisa a ignorare, per quanto difficile, quei cinque ragazzi come se non fossero mai esistiti.
-RAGAZZE LA CENA è E’ PRONTA.- la voce di Josh ci fece sussultare e tornare al presente. Ci guardammo in faccia complici ancora una volta dei nostri segreti.
-Vado a lavarmi la faccia. Alice è tutto a posto ok?
-Lo è davvero Ash?
-Non lo so Allie, ma sto cercando di convincermi anche se dentro sento un qualcosa che erano anni che non provavo. E’ odio puro, ma è leggero, fluttua nella mia anima come se fosse felice. < br> -E’ come se stessimo riprendendo vita.- Alice finì la frase per me. Annuì ancora una volta lasciando che quelle parole riempissero la mia stanza. Uscì evitando di farmi vedere dai due ragazzi e mi chiusi in bagno. Alice si avvicinò al mio armadio e aprì un anta solo per metà. Infondo nascosta da cose vecchie e inutilizzate spuntava l’angolo di una scatola che conteva i nostri fantasmi del passato.
In quella scatola regnava il nostro inferno privato fatto di foto, oggetti, lettere, bigliettini e via dicendo. Le sorrise come se risplendesse di vita propria e chiudendo l’anta dell’armadio si ripromise che un giorno l’avrebbe aperta e avrebbe riso felice di quei momenti. -Eih eccovi.-esclamò Danny sorridendo. Cercai in tutti i modi di cambiare faccia e non dare a vedere come stessi realmente.
-Scusateci dovevamo parlare di cose di casa.-sorrise Alice stupendomi ancora una volta. Avrei voluto essere come lei in quel momento, aveva il potere di passare dalla disperazione all’ignorare tutto così senza dare nell’occhio.
-Non avevamo dubbi dai mangiate che se no si fredda.-Josh posò la pentola sporca nel lavandino e si sedette a capo tavola esattamente davanti a Danny che sedeva dall’altro lato. Guardai nel piatto, la pasta al forno con verdura di Josh era favolosa, ma in quel momento il mio stomaco si rifiutò totalmente di riceve cibo. Alice mi lanciò uno sguardo intimidatorio, scossi la testa e presi in mano la forchetta obbligandomi a mangiare qualcosa.
-Ragazze domani sera concerto e stavolta non si rifiuta perché agli scorsi tre non siete venute e questo è davvero da non perdere.-esclamò Danny versandosi della birra. Io e Alice ci guardammo ancora, stavolta non potevamo sfuggire,avevamo declinato i tre passati con scuse patetiche ma ben riuscite, stavolta non potevamo inventare altro, questa volta eravamo più in trappola di quanto pensavamo.
-Dobbiamo?.-chiesi con freddezza.
-Eddai tesoro è per passare una serata diversa e insieme, Danny intervista, io faccio le foto e voi vi godete un po’ di buona musica.-cercò di convincercmi Josh con scarsi risultati.
-Guarda ho già preparato le domande leggile così mi dici cosa ne pensi.- Danny si alzò dalla sedia come una furia correndo in sala per recuperare il suo block notes doveva buttava giu ogni domanda che gli veniva in mente per i gruppi che doveva intervistare. Quanta passione metteva nel lavoro che svolgeva che tante volte ignoravo tutto ciò per pura invidia, perché anche io avevo un sogno che è stato infranto con il solo scocchio delle dita.
-Danny non possiamo fare domani?.-chiesi esasperata mentre Josh rideva di gusto e Alice si era totalmente persa nel suo bicchiere di vino.
-Dai ci metti due secondi a leggerle non ti lamentare sempre.-mi diede il blocco e iniziai a leggere le domande. Le prime erano le classiche domande, da dove venite, come vi siete conosciuti e via dicendo, poi iniziavano quelle più specifiche, diedi una lettura veloce e alzando lo sguardo trovai Danny a fissarmi come se stesse aspettando l’approvazione del secolo.
-Vanno bene bravo.-gli diedi un contentino concedendomi un sorriso per poi tornare alla mia cena.
-E chi sarebbero questi?.-chiese Alice ritornando tra di noi.
I secondi che passarono furono i più lunghi della mia vita. Tutto sembrò andare avanti con una lentezza spropositata. Vidi Danny alzarsi di nuovo dalla sedia andare in sala, Josh prendere i piatti sporchi e posarli nel lavandino pronti per essere lavati, vidi Danny tornare dalla sala e posizionare sul tavolo i pass che ci avrebbero permesso di entrare nel palazzetto centrale di New York senza fare file e farsi spintonare dalle persone e infine io e Alice avvicinarsi al centro del tavolo per leggere il nome, quel nome. AVENGED SEVENFOLD VIP PASS FOR ALL AREA.
Ci guardammo negli occhi con lo stesso terrore di sempre. Non potevamo rifiutare ormai non potevamo più tirarci indietro. Avevamo appena accettato l’invito del diavolo a presenziare al suo tavolo come pietanza principale della serata.
Saremmo state a quel concerto, avremmo rivisto tutte le cause dei nostri dolori e avremmo dovuto tacere senza far trapelare nulla di tutto ciò che dentro portavamo e sentivamo. La fine di tutte le nostre muraglie di protezione era appena entrata in scena alla sola vista di quel nome porgendoci un biglietto di sola andata.

RINGRAZIO LE MIE LETTRICI PER SEGUIRMI NONOSTANTE I RITARDI E TROVARE SEMPRE IL TEMPO PER UNA BUONA RECENSIONE.

Grazie infinito a Pubblic Enemy per la recensione e per le belle parole, davvero sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo e che ti ho saputo trasmettere ciò che Ashley prova nel rivedere suo fratello. Chiedo ancora perdono per i ritardi ma con i prossimi tre capitoli ho il pass per il perdono ahahahah.

BBBlondie: ciao cara hai ragione passa sempre troppo tempo e credimi cerco di tardare il meno possibile, ma senza internet fisso in casa purtroppo vado a scrocco di pc e non sempre riesco a postare. Dai tre capitoli anche per te. A presto.

Jessromance: ahahah tesoro tu mi fai sempre morire con le tue recensioni, ti ringrazio come sempre per i bei complimenti e ora non sclerare e beccati questa full immerSSSSSion di nuovi scoooop!!! Un bacione.

LA dreamer xxx
  
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