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Autore: Piccola Ketty    07/02/2011    3 recensioni
Autoscuola.
Un istruttore bellissimo, dieci anni più grande della sua allieva.
Kate e Mirko.
Una storia strana, un gioco di sguardi che porterà tutti e due in un vortice chiamato amore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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I breathe your moments















7.
 
Parlammo per tutto il tempo che avevamo, sino all’inizio della lezione, alla quale partecipai con qualche minuti di ritardo.
Quando entrai dentro l’aula calò il silenzio, facendomi cadere nell’imbarazzo più totale. Cercai subito una sedia vuota con lo sguardo e, chiusa la porta alle mie spalle, gli occhi di tutti i presenti rimasero sulla sottoscritta che cercò, il più velocemente possibile, di arrivare alla sedia vuota.
Mimai un “scusa” con le labbra nella direzione di Mirko che, se possibile, aveva uno sguardo assolutamente pieno di odio. Mi guardava, ma io cercai di non fissarlo per troppo tempo, non era giusto nei suoi confronti e soprattutto nei miei, dopo quello che era accaduto.
Non era mio, ed io non ero sua.
Questa era la realtà, e in qualunque modo la si voleva vedere, purtroppo eravamo troppo diversi. L’età non era il solo limite che, secondo me, si era imposto. Secondo me, lui non aveva proprio intenzione di andare a rischiare una storia con una ragazza come me. Avevo studiato una notte intera il mio comportamento, per capire che cosa potesse non andargli a genio, ma non ero riuscita a trovare nulla.
Seguii la lezione con interesse, fingendo che al suo posto ci fosse qualcun altro, e non il demone tentatore pronto a saltarmi addosso. Ero arrivata ad immaginarmi persino il mio datore di lavoro, un avvocato di ottant’anni. Ero ridotta proprio male.
Quando decretò la fine dell’ora a lui concessa, ci salutò, restando in piedi con le braccia incrociate, aspettando che tutti uscissero. Osservai le oche salutarlo con fare civettuolo, sorridendo per la loro audacia. Non potevano sapere che cosa significasse davvero baciare quelle labbra, sentire quelle mani sul proprio corpo. Rabbrividii e di nuovo, il desiderio si accese, facendomi bloccare seduta sul posto.
Aspettai che uscissero tutti, fissando la sedia di fronte alla mia. Cercai in tutti i modi di cancellare l’immagine di me e lui, in certe condizioni, ma non era affatto facile, soprattutto quando mi accorsi che eravamo rimasti solo noi due nell’aula. Il lupo e la pecorella nello stesso posto.
Alzai lo sguardo vedendolo sempre in piedi, di fronte alla stanza, che mi fissava. Gli occhi blu elettrico.
Mi alzai sicura, abbassando un po’ la gonna che nell’alzarmi era salita, ed iniziai a fare la solita gincana per uscire dal groviglio di sedie.
“Kate”, nel silenzio della stanza, mi venne un colpo nel sentirlo parlare.
“Si?”, mi voltai non curante, fissandolo la scrivania, fingendo una tranquillità che non avevo.
“Niente..”, abbassò gli occhi, osservando la mia figura, ed io non riuscii a non arrossire.
“Allora..ciao..”, mi avvicinai alla porta per poter uscire, agognando l’aria pulita, senza il suo profumo; ma lui fu più veloce di me, sorpassandomi, e chiudendo la porta a chiave, ritornando poi velocemente verso di me.
Successe tutto alla velocità della luce, senza nemmeno darmi il tempo di capire qualcosa.
Sentii soltanto le sue labbra sulle mie, umide e morbide come le ricordavo, ed io non riuscii a frenarlo, ancora reduce dal forte desiderio che avevo provato prima. Presi il suo viso tra le mani, stringendolo forte, temendo di trovarmi in un universo parallelo e di non stare vivendo davvero quella scena.
Lo sentii ansimare, sul mio collo, mentre mi sorreggeva per farmi sedere sulla scrivania. Afferrai le sue spalle, accarezzandogli i capelli, e baciandolo con più impeto. I nostri bacini si avvicinarono, e la mia gonna divenne soltanto una stupida cintura ormai inutile.
Le sue mani erano ovunque, sulla mia schiena, sul mio ventre ormai in fiamme. Tra i miei capelli, accarezzandomi il viso, sfiorandomi le guance con la punta del naso, lo potevo sentire fin dentro l’anima.
Le mie mani scesero sui bottoni della sua camicia, già slacciata completamente. Per tutta la lezione avevo immaginato una scena del genere, e vivendola mi accorsi di non avergli dato assolutamente giustizia.
Accarezzai quel petto che avevo tanto agognato per tutte quelle settimane, sfiorandone la superficie muscolosa e la debole peluria sotto all’ombelico.
“Kate, Kate..Dio, mi fai impazzire”, ansimò, salendo con le mani sul mio petto.
Cercai di nuovo le sue labbra, avvicinandolo a me, completamente. Le mie gambe gli circondavano il bacino, arpionandolo al mio corpo, per la paura di vederlo scappare di nuovo.
“Oddio..”, sussurrai, quando sentii la sua mano stringere un mio seno, “ti prego, dimmi che non sto sognando..ti prego”, mi ritrovai a pregare Dio, per darmi una conferma che quel momento non era frutto della mai fantasia, bensì, un’esplosione di passione cercata da tutti e due. Perché, se quello era il paradiso, allora non sarei più voluta scendere.
Il desiderio che avevamo, l’uno dell’altro era palpabile, ed io morivo dalla voglia di potermi sentire sua, e di poterlo sentire completamente mio.
Gli levai la camicia, restando senza respiro per qualche secondo, davanti alla visione del suo petto nudo, delle sue braccia possenti e dei suoi addominali.
Vi passai una mano sopra, accarezzando ogni centimetro di pelle. Il suo sguardo era infuocato, e sapevo di averlo puntato addosso. Mi studiava, come io stavo studiando lui. “Sei bellissimo Mirko”, sussurrai posando il palmo della mano all’altezza del suo cuore, che stava battendo impazzito.
Sbottonò anche i bottoni della mai camicia, baciandomi il collo, e scendendo fino alla spalla, appena scoperta.
“Eri geloso?”, gli domandai trovando il respiro, continuando ad accarezzargli il petto.
Sono geloso, è diverso”, le sue labbra erano ovunque, e le sue mani di nuovo sulla mia schiena, ad accarezzarmi e a stringermi contro di lui.
“Se continuo, non potrò fermarmi Kate”, il suo respiro era veloce, e con il bacino, spingeva verso il mio, in una tacita richiesta esplicita.
“Non ti fermare..”, lo pregai baciandogli il collo.
“Non qui, però..”, mugolò socchiudendo gli occhi, “non adesso..”, mi disse, facendomi scivolare completamente contro il suo petto, tenendomi tra le sue braccia.
“Mi dispiace”, sussurrò tra i miei capelli, “mi dispiace per tutto..”, mormorò accanto al mio orecchio, baciandolo subito dopo.
“Non importa..”, chiusi gli occhi, riempiendomi i polmoni del suo profumo.
“No, invece importa a me. Ho fatto il deficiente. Volevo scappare da te, ed invece ho soltanto peggiorato le cose”.
“Tu non devi scusarti. In fondo, hai fatto quello che tutti avrebbero fatto..hai una donna a cui pensare”, mi rattristii, immaginandolo tra le braccia di un’altra.
“Cosa? Ma la finisci di dire che ho un’altra donna?”, mi ammonì, accarezzandomi la guancia.
I suoi occhi erano ancora blu, ma di un blu più intenso, con sfumature azzurre.
“Lo hai detto tu, a Monica l’altro giorno”, feci una smorfia nominandola.
“Ah, ecco..credi proprio a tutto quello che dico?”, sorrise, “Secondo te, come potevo fare, per levarmela di mezzo con rispetto?”.
“Non capisco..”, sbattei le palpebre, guardandolo.
“Ce l’avevo sempre attaccata. Non riuscivo nemmeno a respirare..alla fine le ho detto che dovevo vedermi con una donna, e che avevo bisogno di un consiglio. Per questo lei mi ha fatto tutte quelle domande”, sospirò, baciandomi il mento, “e temo che avesse già capito che provavo qualcosa per te, visto che lo ha detto soltanto in tua presenza. Mi dispiace..”.
E  temo che avesse già capito che provavo qualcosa per te.
“Tu provi qualcosa per me?”, domandai incredula, fissandolo negli occhi, “tu davvero provi qualcosa per me?”, ripetei come una scema.
“Per la posizione in cui siamo, e per il modo in cui ti guardo ogni volta, direi proprio di si..”, sorrise ammiccando, “mi piaci da quando ti ho vista la prima volta Kate, e sono stato uno sciocco a pensare di poter fingere che tu non esistessi. Non ho mai creduto nei colpi di fulmine, ma mai dire mai nella vita. No?”.
Mi baciò in un modo così profondo, che se non ci fosse stata la scrivania, sarei caduta per terra.
“E non importa la mia stupida età?”, domandai titubante, conscia che avrei potuto rovinare quella bellissima intimità.
“Si che importa”, si passò una mano tra i capelli neri, scrollando la testa, “ma ho anche capito che è inutile restare fermi ed aspettare che tu te ne vada”, mi fissò negli occhi, intensamente, “perché non saprei proprio come farti andare via”.
Il tempo si fermò in quell’istante, facendomi sentire il battito del mio cuore, che era aumentato paurosamente.
“Solo che..vedi, io sono un tipo particolarmente geloso”, schioccò la lingua.
Lentamente fece scivolare un dito ad accarezzare il mio seno, coperto solo dall’intimo, facendomi rabbrividire.
“E non sopporto che altri tocchino le mie cose”, scandì lentamente le parole, e le farfalle nel mio stomaco, volarono felici.
Sorrisi, abbassando lo sguardo.
“Ma io non sono tua, almeno, non mi sembra”, sbattei gli occhi, alzando le spalle.
Mi fece scivolare contro il suo bacino, stringendomi per i fianchi.
“Mmmh, tu dici? Beh, allora, da adesso, sei ufficialmente mia”, ammise serio, sfiorandomi le labbra.
“Ho aspettato questo momento, da quella sera a casa tua..”, sentii gli occhi inumidirsi.
“Mi sentivo una merda, era come se stessi approfittando di te, capisci? Non potevo, credevo ancora di essere in tempo, per evitare qualcosa che ormai era già successa..”.
“Mi hai fatta stare male”, mugolai strofinando il naso contro il suo collo.
“Io ho trent’anni Kate, mi spieghi come potrei non farti soffrire?”.
“Quindi, ora, mi stai di nuovo dicendo che non possiamo?”, ero più confusa di prima, riusciva a farmi andare in paradiso con una semplice parola, e a riportarmi nell’inferno con un’altra, “non riesco a capire”.
“No, dico semplicemente che non dovremo, ma che purtroppo per te, io voglio..”.
“Anche io”, ammisi subito, senza esitare.
Mi abbracciò, cullandomi tra le sue forti braccia.
“Tu hai delle esigenze diverse dalle mie Kate, lo sai vero? Lo sai che non andrà tutto bene, e che soprattutto, farò degli errori..”, la sua voce dispiaciuta, non mi piaceva per niente.
“Anche io li farò, ma diamoci una possibilità..”, sussurrai tremolante.
“Non dovevi nemmeno dirlo..”.
Restammo abbracciati per un po’, sussurrandoci parole dolci ed io provai, con tutte le mie forze, a memorizzare nella mente quel bellissimo momento, stringendolo forte.
“Non mi sembra vero..sei bellissimo”, lo guardai adorante, stringendolo.
“Chi era il ragazzo di prima?”, domandò a bruciapelo, prendendo una ciocca dei miei capelli tra le dita.
Mi scappo un sorriso, che per fortuna non riuscì a vedere.
“Mio cugino”, ammisi fiera.
“Ah”, scoppiai a ridere, facendolo scostare, “tuo cugino?”, domandò con sorpresa.
“Si, esatto. Lavora in questo settore da parecchi anni ormai. Non lo vedevo da un bel po’ di tempo..”, lo guardai, trovandolo dubbioso, “eri davvero geloso di lui?”.
“Certo. Tu vieni qui, vestita in questo modo, e pretendi pure che io non sia geloso? Hai idea di quanti occhi avevi addosso oggi?”, era serio, e la cosa mi divertiva e mi lusingava allo stesso tempo.
“Suvvia, per una gonna”, socchiusi gli occhi.
Rimase a guardarmi, accarezzandomi le cosce con entrambe le mani, spezzandomi il respiro.
“Questa gonna, mi ha fatto morire per tutta la lezione. Era una distrazione continua”, schioccò di nuovo la lingua, una cosa che doveva essere dichiarata illegale, “sono rimasto fermo ed immobile nella mia postazione, dietro alla scrivania, per evitare di avvicinarmi troppo alla tua sedia. Molte volte ho rischiato di dire parole diverse da, diciamo..quelle che avrei dovuto dire”, si bagnò le labbra passandoci sopra la lingua, ed io lo osservai incantata.
“Mi dispiace”, boccheggiai, “vorrà dire che le metterò più spesso..se è questo l’effetto che fanno sugli uomini”.
“Quando sarai con me, certo..”, aumentò la stretta intorno alle mie gambe, “ma se sei da sola, non penso proprio”, scese sul mio collo, baciandolo con lentezza e lasciando tracce di lava nel suo cammino.
“Dovresti essere dichiarato illegale”, ansimai quasi, quando arrivò a sfiorare il lembo di pelle dietro all’orecchio, facendomi scivolare con la schiena sulla scrivania.
“Ti piace trasgredire alle regole? Perché altrimenti come posso vederti, se sono illegale?”, domandò con voce rauca, facendomi chiudere gli occhi per i brividi che mi stava causando.
“Si..”, riprese il suo cammino fino alla spalla, scoprendola quel tanto che bastava per farmi morire sul colpo.
Ritornò velocemente sulle mie labbra, baciandole con ardore ed abbracciandomi.
“Dovrei andare a casa..”, sussurrai, quando finalmente riuscii a ritrovare un briciolo di lucidità.
“Si”, si schiarì la voce, “hai ragione, ti accompagno..”, mi baciò la fronte, aiutandomi a scendere.
Riabbottonai i suoi bottoni, mentre lui lo faceva con i miei.
“Sei davvero bellissima”, con un dito alzò il mio mento, sino a raggiungere le mie labbra.
“Grazie..”, accarezzai la sua guancia, sistemandomi la gonna.
Uscimmo dalla scuola guida, ormai alle dieci di sera, con il sorriso stampato sulle labbra e le nostre mani intrecciate.
“Chissà cosa diranno le tue amiche, quando domani ci vedranno insieme..”, in macchina, con la musica soffusa, mi voltai verso di lui, rimanendo stupita.
“Hai intenzione di dirglielo?”, gli chiesi.
“Perché, tu no?”, nella sua voce c’era un velo di paura.
“Si..però..insomma..credevo”, sospirai, “pensavo che non volessi dire a nessuno di questa..storia?”, finii con una domanda, non sapendo nemmeno io come definire la situazione.
Sorrise, scrollando la testa. Appoggiò una mano sulla mia gamba, richiedendo la mia, che strinse subito.
“Kate, tu sei importante. Ok?”, nel guidare cercava di guardarmi, voltandosi velocemente, “se tu fossi una ragazza che vorrei solo per hobby, non sarei così. Non mi metterei in gioco in questo modo.
Quello che facciamo è sbagliato”, sussultai, “ma non mi importa. Nel momento in cui ho capito che tu eri presa quanto me, non ho più capito niente. Per me c’eri tu, e basta. Il resto del mondo poteva andare a farsi fottere. Quindi sì, ho intenzione di urlare a tutti quando sono felice dopo tanto tempo..e oltre tutto, non sono certo di riuscire a resistere, nel tenerti lontana quando invece ti ho a pochi passi..”, basita, ecco come mi aveva lasciata. Senza parole.
Abbassai la testa, sentendomi colpevole per aver anche solo pensato che lui volesse tenere tutto tacito.
Ma d’altronde, come aveva già detto, la mia maturità era diversa dalla sua.
“Domani a che ora vai a scuola guida?”, mi domandò curioso.
“Solito, un’ora prima credo..perché?”.
“Così ti raggiungo”, il suo sorriso ovvio, mi riempì il cuore di gioia.
Chiusi gli occhi, immergendomi nella musica, continuando a disegnare cerchi immaginari sul suo della sua mano, ancora appoggiata sulle mie gambe.
“Ehi, bella addormentata, siamo arrivati”, sussurrò vicino al mio orecchio.
Aprii lentamente gli occhi, trovandolo vicino alle mie labbra. Mi avvicinai giusto qualche millimetro, per poterlo baciare, “mi sono addormentata, scusa..”.
“Non ti preoccupare, sei stanca”, mi guardò amorevole, scendendo dall’auto e venendo ad aprirmi la portiera.
“Che galante”, sorrisi, guardandolo e facendo un inchino.
“Buonanotte”, sussurrò sulle mie labbra, baciandole di nuovo, “mia damigella”.
“Buonanotte anche a lei, mio prode cavaliere”, gli diedi un ultimo bacio, prima di scendere dalla macchina e di entrare nel mio portone.
Quella notte lo sognai, e non fu un incubo come ormai succedeva sempre, bensì il migliore dei sogni.
 
Il giorno dopo, quando ritornai alla scuola guida, esausta per la giornata di lavoro, non immaginavo di certo di trovarlo già dentro, a chiacchierare con Marzia.
Avevo ripensato per tutta la giornata a quello che era successo, camminando sulle nuvole, e ritrovandomi spesso a fantasticare su un futuro che avrei fatto bene a tenere lontano, per il momento.
Appena varcata la soglia, Marzia mi lanciò uno sguardo a dir poco omicida, mentre Fiamma rideva sotto i baffi, scrollando la testa.
Mi avvicinai al bancone, cercando di non distrarli. Era bello vederlo così concentrato, con le solite smorfie che faceva con le labbra, quando qualcosa non gli andava bene.
“Oh, buongiorno”, mi salutò Marzia, “felice di rivederti”, mi fulminò di nuovo con lo sguardo, mentre Mirko si accingeva verso di me, per abbracciarmi.
Forse, dal mio sguardo, capì che non era il momento.
Non che io fossi imbarazzata, o che non volessi che gli altri sapessero tutto, ma era presto, e non volevo che la sua reputazione calasse drasticamente. Già immaginavo i commenti vari di tutte le persone che godevano nel vedere soffrire gli altri, “Mirko se la fa con una ragazzina”, o peggio “Guarda, non si vergognano nemmeno un po’?”.
Abbassai lo sguardo, torturandomi le mani. Non dovevo farli certi pensieri, ma ero la campionessa di pippe mentali, come mi ripeteva sempre Melanie.
“Ehi, tutto bene?”, mi domandò, sfiorandomi la mano che stavo distruggendo.
Non mi voltai, restando con lo sguardo basso, e le mani intrecciate per l’ansia.
“Insomma..”, sussurrai, alzando gli occhi sulle due donne.
Monica ci stava osservando curiosa, con gli occhi scintillanti di chi la sa lunga. L’avrei uccisa, ma ormai sono ripetitiva.
“Allora Mirko, con quella donna poi?”.
“Uh, che palle”, lo dissi talmente a bassa voce, che mi meravigliai per il fatto che Mirko avesse sentito.
Subito mi tappai la bocca con due dita, sapendo di aver detto la solita cavolata. Lo guardai si sfuggita, temendo un suo sguardo di rimprovero che però non trovai.
Sorrise, voltandosi verso l’oca, vibrando per la risata che cercava di mantenere bassa.
“Molto bene, pensa, sono anche riuscito a conquistarla..”, ammise alzando la testa.
“Ah si? Allora i miei consigli hanno funzionato?”, domandò lei.
“No, diciamo che ho usato le mie doti nascoste..”, potei giurare che gli aveva fatto un occhiolino, avrei potuto uccidere pure lui.
“Allora presto ce la presenterai, ad uno dei nostri raduni?”, domandò Fiamma guardandomi. Se ci fosse stata una buca, mi ci sarei sotterrata dentro. Sentivo le orecchie fischiare, come minimo, erano viola.
Tutte gli reggevano il gioco, strano che l’oca astuta non si accorgesse della presa in giro.
Io appoggiai i gomiti sul bancone, fingendomi annoiata.
“E come sarebbe questa donna, che ti ha rubato il cuore”, mi voltai verso Marzia, per fulminarla.
Se si fossero messi tutti insieme, mi avrebbero sotterrata loro direttamente dalla vergogna.
Ero una persona molto timida, e riservata e tutto quel giochetto mi stava mandando in iperventilazione.
“E’ bellissima, di questo ne sono certo”, sentivo i suoi occhi penetrarmi dentro, fino nell’anima.
Smisi di respirare per qualche secondo, prima di concedermi il lusso di guardarlo.
“Bene, sono felice per te!”, disse una sorridente Monica, “spero che sia alla tua altezza, vero Fiamma? Non è bellissimo il nostro Mirko?”, probabilmente lo disse con tono scherzoso, perché anche Fiamma scoppiò a ridere, ma a me diede un fastidio enorme, tanto da guardarla con astio puro.
Ritornò a guardare le sue scartoffie sulla scrivania, reggendo il mio sguardo per poco.
“Voi siete come due figli per noi, dovreste vergognarvi..”, sussurrò Marzia, fissando prima me, poi Mirko.
Non capii immediatamente a cosa si riferisse Marzia, ma dal sorriso di Fiamma e di Mirko, immaginai di non dovermi preoccupare.
“Dovevate dirci tutto subito”, sbatté la penna sul tavolo, imbronciandosi.
“Pensavo fosse palese”, ammise lui, questa volta abbracciandomi.
Si erano parlati, ovviamente, le cose iniziavano ad essere più chiare.
Mi sentii più sicura, con il suo braccio intorno alle spalle, come se con lui, non potesse succedermi niente di male.
“Mirko vieni un attimo?”, un ragazzo lo chiamò, davanti a dei quiz.
“Arrivo..”, mi strinse più forte per un attimo, prima di allontanarsi per raggiungerlo.
Lo guardai allontanarsi, ed io ne approfittai per fare chiarezza nei miei dubbi.
“Scusate, cosa vi ha detto?”, chiesi con nonchalance.
“Il giusto”, Fiamma appoggiò una mano sul bancone, fronteggiandomi, “che avresti dovuto dirci tu”, sorrise.
“Beh, mah..”.
“Beh, mah, niente signorina!”.
“Ecco, appunto..”, abbassai lo sguardo.
“Che c’è?”, mi domandò Fiamma.
“Sono troppo piccola, voglio dire, non è una cosa normale..prima o poi si stuferà..”, lasciai uscire le mie paure più profonde che non mi permettevano di lasciarmi andare totalmente, “guardate lui, e guardate me. Non sono soltanto le carte di identità a parlare..”.
“Cosa dici? Stai scherzando? Lo vedi come ti guarda, come ti segue?”.
Le osservai dubbiosa, passando una mano sulla fronte.
“Si, ok..sono la novità, ben presto avrà bisogno di cose che io non posso dargli. Mi ha detto che la differenza di età non conta, ma secondo me, sta solo provando a convincersene pure lui”.
Mai dette parole più sagge.
Ci avevo pensato per tutto il pomeriggio, rovinandomi la giornata.
Come poteva un uomo di trent’anni, trovarsi bene con una ragazza di quasi ventuno, era ridicola la questione.
E anche se io ormai ero cotta a puntino, lui ben presto avrebbe ricercato delle qualità, che io non ero ancora pronta per dargli. Non che non volessi, ma la mia età non mi permetteva, insieme alla maturità, di dargli tutto il mio appoggio.
“Cosa mi sono perso?”, ritornò vicino a me, guardandoci.
Capì subito che qualcosa non andava, sia dal mio sguardo, che da quello delle due donne dietro al bancone.
“Niente. Devo fare una chiamata, scusatemi”, mi allontanai, uscendo dalla scuola guida.
Sentii i suoi passi dietro ai miei, e la porta aprirsi subito dopo.

***

Buongiorno a tutte voi che leggete e commentate, questa mattina è mattinata di contabilità, quindi vi lascio un grande abbraccio e scappo.
Alla prossima :**










   
 
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