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Autore: RedMarauder    07/02/2011    5 recensioni
"Fisso la foto abbandonata li sopra: è un po’ stropicciata, per via dei mille viaggi che ha fatto in giro per casa, ma è ancora bellissima. Non l’aveva più lasciata: se la portava ovunque, in cucina, in salotto, sul comodino mentre dormiva.
Spesso mi fermavo a spiarla: la guardava sempre, si perdeva a disegnare con le dita sull’immagine finti cerchi intorno ai visi. Come se volesse accarezzarli."
sono tornata alla carica con una storia mooolto sentimentale, un pò triste all'inizio, ma tanto tanto romantica!
pariting--> JISBON!
Buona lettura
Giada:)
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 7- FALLING IN LOVE, AGAIN
 
 
 
Teresa
 
 
Mi risveglio, sentendo già il preludio di un fastidioso mal di testa in arrivo.
Guardo l’orologio sulla scrivania del mio ufficio: sono le 8.
Alle 4 sono arrivati i rapporti preliminari della scientifica, Rigsby è andato a casa e Grace è rimasta con me di turno al CBI.
Intorno alle 5 ho deciso di andare a riposarmi e mi sono addormentata sul divano del mio ufficio.
Mi alzo stiracchiando la schiena intorpidita dalla dormita scomoda. Giro il collo lentamente per sbloccarlo e riapro gli occhi.
Prendo la borsa, le chiavi e la giacca e mi preparo per uscire. Anche Grace è tornata a casa.
Giusto il tempo di una doccia, un cambio d’abiti e poi si ritorna al lavoro..odio il turno di notte!
Quando esco dall’ufficio vedo Rigsby e Cho arrivare.
“Ci vediamo dopo” li saluto prendendo il loro posto in ascensore.
“Si capo” risponde Cho.
Arrivo fino alla mia macchina trascinando i piedi dalla stanchezza. Salgo, metto in moto e parto, guidando con il finestrino aperto per tenermi sveglia.
Quando arrivo a casa il silenzio mi accoglie sulla porta: è un buon segno, significa che Jane è uscito e Alice è all’asilo, forse. Vado in cucina per preparare la macchina del caffè e, infatti, vedo un biglietto sul bancone, proprio di fianco alla macchinetta.
 
Se stai leggendo questo biglietto significa che siamo già usciti! E che Alice è all’asilo e io sto arrivando al lavoro, puntuale!
Ce la siamo cavata anche senza di te, quindi rilassati!
E vacci piano con il caffè, mi raccomando!
 
 
Alzo gli occhi al cielo, lascio il biglietto dov’era e salgo le scale per prepararmi.
Dopo una doccia troppo corta per i miei gusti, mi vesto e scendo a prendermi la mia meritata tazza di caffè.
Il liquido caldo mi riscalda la gola e lo stomaco, risvegliandomi un po’, ma senza troppo successo.
Svuoto la tazza, riprendo la mia roba e torno in macchina.
Quando arrivo al CBI trovo anche Grace, pronta e scattante davanti al computer, mentre Rigsby sembra molto più stanco.
“Cho, Rigsby, andate a parlare di nuovo con il marito, stanotte non era molto lucido. Chiamate se scoprite qualcosa” gli dico prima di andare nel mio ufficio.
Loro si alzano e si preparano ad uscire.
Entro nel mio ufficio, già occupato, ovviamente, da Jane, che mi aspetta sul mio divano.
“Buongiorno” mi saluta con uno dei suoi soliti sorrisi.
“Buongiorno” rispondo ricambiando il sorriso, ma senza tutto il suo entusiasmo.
Mi siedo di fianco a lui sul divano, sospirando. Sto per parlare, ma Jane mi interrompe.
“Alice è all’asilo, al sicuro, vestita e a stomaco pieno. Mi ha detto di ricordarti della festa dell’asilo alle 20” mi dice con un sorriso.
Alzo le sopracciglia “Non stavo per chiederti questo” ribadisco.
“è lo stesso” risponde lui alzando le spalle.
Sospiro scuotendo la testa “Dobbiamo andare sul posto di lavoro della vittima” gli annuncio alzandomi svogliatamente dal divano.
“Si lavora!” si alza anche lui esclamando sorridente.
Lo fisso stupita “Come mai tutto questo entusiasmo?” chiedo.
Lui alza le spalle, sempre sorridendo “Sono solo contento di essere di nuovo sul campo!” risponde.
“Contenta per te!” commento con un sorriso.
“Guido io?” chiede speranzoso.
“No!” rispondo con un sorriso, afferro le chiavi prima di lui ed esco dall’ufficio.
Lui mi segue ridendo in ascensore “Rischi di addormentarti da un momento all’altro, sei tu la più pericolosa!” commenta.
“Allaccia bene la cintura!” rispondo alzando le spalle indifferente.
Saliamo in macchina e partiamo.
Passiamo molto tempo a interrogare i colleghi della vittima e ogni cosa mi fa pensare al passato, o meglio, tutto mi sembra così identico a tanto tempo fa, che quasi dimentico gli ultimi quattro anni.
Sembra veramente una scena di tanti anni fa. Tutto è tornato alla normalità: noi due in macchina che discutiamo su chi deve guidare, le solite frecciatine di Jane ai sospettati e i suoi soliti metodi per trovare il colpevole.
Come se quei quattro anni non fossero realmente passati. Ma la vivida testimonianza degli eventi è quella fantastica bambina bionda che aspetta di riabbracciarci!
 
“Sono sicuro, è lui il colpevole!” ripete Jane convinto.
Sbuffo e alzo gli occhi al cielo “Non abbiamo le prove!” ripeto per l’ennesima volta.
Siamo tutti nel bullpen, è tardo pomeriggio e abbiamo ancora poche prove e zero piste da seguire. Ci resta solo l’opinione poco credibile di Jane.
“Lo dico io, non ti servono prove!” commenta Jane con un sorriso.
“Ok, chiamalo tu il procuratore per il mandato d’arresto, ti aspettiamo qui, pronti con le manette in mano!” commento sarcastica.
“Ragiona Lisbon!” mi dice sedendosi di fronte a me e fissandomi intensamente, come ogni volta che spiega uno dei suoi assurdi ragionamenti.
“Tom è l’unico a non avere un alibi per quella notte, ed è evidente che fosse innamorato della vittima. Lei non ricambiava, e lui, in preda alla gelosia e alla rabbia, la uccide, ruba un furgone e scarica tutti e due in un luogo isolato. Torna a casa, si ripulisce, e torna al lavoro, facendo finta di niente!” conclude con un sorriso.
“E su quali basi hai fondato questa teoria?” chiede Rigsby rubandomi le parole di bocca.
“Nel suo ufficio, c’era una foto di gruppo della ditta, l’unico che non guarda l’obiettivo è il caro Tom, che in quel momento sta sorridendo alla povera vittima. Inoltre la sua giacca puzzava come il furgone, di sigaretta e alcol. Doveva essere il furgone di un fumatore alcolista, o qualcosa di simile. Credo che conoscesse il proprietario, ecco perché ha scelto di rubarlo”
“Non è sufficiente per il giudice” commenta Cho indifferente.
“Ma possiamo provare a farlo confessare” propone Grace.
La fisso allibita, mentre Jane le sorride “Questo è lo spirito piccola Grace!”
Lei mi sorride spiegandosi “Se, e ripeto, se, Jane ha ragione, potremmo provare ad incastrarlo. Ha sempre funzionato in passato!” si giustifica.
Sbuffo spostando lo sguardo su Jane.
“Andiamo Lisbon, prometto di non combinare niente di grave. Se ho ragione, e io sono sicuro di avere ragione, il colpevole sarà in manette entro la festa dell’asilo di nostra figlia!” mi sorride incoraggiante.
Sospiro “Va bene, ma se  succede qualcosa in galera ci vai tu” lo minaccio.
“Preparo lo spazzolino!” commenta con un sorriso “Forza squadra, si va ad arrestare l’assassino!” si alza sorridendo.
Gli altri lo seguono entusiasti per aver ritrovato il nostro vecchio ritmo di lavoro.
Seguo Jane in macchina, visto che ha insistito tanto per guidare. Gli altri tre ci seguono con il furgone.
Mentre siamo in viaggio ripenso alle parole di Jane su Tom, e un pensiero rapido quanto fastidioso mi sfiora la mente.
“Jane?” lo chiamo improvvisamente nervosa.
“Si?” risponde lui senza staccare gli occhi dalla strada.
Prendo un bel respiro “Come fai a sapere che la giacca di Tom ha lo stesso odore del furgone?” chiedo, cercando di controllare il mio tono di voce.
“Ho riconosciuto l’odore come faccio sempre, perché?” risponde innocente, ma riconosco quel tono di voce.
Prendo un altro bel respiro “Jane tu non c’eri sulla scena del crimine, coma fai a sapere quale fosse l’odore del furgone?” ripeto senza resistere e lasciandomi sfuggire un tremore di rabbia sulle ultime parole.
Capisco che ho fatto centro perché vedo la sua espressione farsi improvvisamente preoccupata.
“Posso spiegarti..” comincia fissandomi con i suoi occhi più supplichevoli.
“Non vedo l’ora!” commento sarcastica e infuriata.
“Sai che la mia presenza sulla scena del crimine è indispensabile. Così ho cercato di raggiungervi, ma quando sono arrivato non c’eravate..”
Lo interrompo bruscamente “Hai lasciato Alice a casa da sola?” chiedo più allibita che arrabbiata per un momento.
“No, l’ho portata con me!” risponde più rilassato.
Sgrano gli occhi completamente sbalordita “Hai portato nostra figlia sulla scena del crimine?” chiedo piano, perché mi manca la voce.
“No, aspetta!” cerca di calmarmi prima dell’arrivo della sfuriata “l’ho svegliata, spiegandole che dovevo lavorare e che dovevamo andare in un posto. L’ho portata in macchina, dicendole che lei poteva continuare a dormire. Quando sono arrivato ho parcheggiato lontano dalla scena, ho chiesto a due agenti di fare la  guardia alla macchina e sono sceso. Ci ho messo cinque minuti, e dopo venti minuti Alice era di nuovo nel suo lettino!” spiega ormai completamente rilassato.
 Lo fisso allibita, sospiro e torno a guardare la strada: se non altro Alice dormiva ed era lontana dalla scena.
“Tutto bene?” mi chiede di nuovo preoccupato.
“Spero per te che il piano funzioni” rispondo sospirando.
“Funzionerà” mi risponde sorridendo e tornando a guardare la strada.
Sospiro spazientita, mentre scendiamo dall’auto e andiamo a catturare il colpevole.
 
Effettivamente, aveva ragione Jane! Tom ha assassinato Mandy perché si sentiva rifiutato dalla ragazza che amava, e ha rubato il furgone del suo vicino per trasportare e scaricare il corpo.
Pochi minuti dopo il nostro rientro arriva Alice, entusiasta come sempre di rivederci e assolutamente tranquilla. Anzi era molto contenta di aver partecipato alle indagini, anche se dormiva.
Questo ovviamente ha scatenato l’entusiasmo di suo padre, frenato immediatamente da un mio sguardo inceneritore.
Ora sono nell’ufficio di Hightower a sistemare le carte di chiusura del caso.
“E così Jane è tornato alla carica, chiudendo un altro caso!” commenta Hightower con un sorriso.
“Si, serve ancora a qualcosa!” commento ironizzando.
“Spero che fra voi si  sia tutto sistemato!” mi dice sorridendomi comprensiva.
Esito imbarazzata, non mi aspettavo di dover affrontare l’argomento.
“Più o meno si” rispondo con un piccolo sorriso timido.
“Mi fa piacere!” mi sorride sincera.
Ci alziamo contemporaneamente, chiudendo quella conversazione imbarazzante e usciamo dal suo ufficio insieme.
Quando apriamo la porta veniamo quasi investite da mia figlia, ma soprattutto da Jane. Si bloccano ridendo giusto in tempo, prima di finirci addosso.
Fisso Jane spazientita “Che state facendo?”
“Gara di velocità nei corridoi del CBI” risponde Jane sorridendo come un bambino.
Alice abbassa lo sguardo insieme a suo padre, la stessa identica espressione di colpevolezza dipinta sul viso di entrambi.
“Mi chiedo chi dei due sia il bambino!” esclama Hightower un po’ divertita, mentre io sospiro.
Alice alza la testa guardandoci “Papà!” risponde con tono ovvio, alzando le spalle sicura di se stessa.
Jane si volta a guardarla fingendosi deluso “Non fare la spia! Ha cominciato lei!” la accusa puntandole il dito contro.
“Non è vero!” risponde lei facendogli la linguaccia.
Alzo gli occhi al cielo, bloccando Jane che sta per parlare “D’accordo non mi interessa, andate a sedervi nel mio ufficio e non muovetevi da lì!” esclamo incenerendo Jane con lo sguardo.
Lui si indica con le mani sinceramente offeso “Perché a me quell’occhiataccia?”
Sospiro, mentre Hightower sorride “Perché ha ragione tua figlia!” rispondo andando verso il bullpen.
Alice si volta verso suo padre sorridendo “Visto, ho ragione io!” gli dice poi scappa nel mio ufficio inseguita da Jane, che scatta a razzo per prenderla.
Scuoto la testa, ma non riesco a trattenere un sorriso puro e sincero.
 
 
“Mamma sbrigati siamo in ritardo!!” urla Alice dal salotto. Io sono ancora in camera che sto finendo di prepararmi.
La torta alla crema tanto promessa ha richiesto un po’ del mio tempo, così mi sono ridotta all’ultimo minuto per vestirmi.
“Arrivo!” le rispondo allacciando le scarpe in fretta.
Scendo disotto, dove Jane e Alice se ne stanno comodi sul divano.
“Sempre di grande aiuto!” borbotto sarcastica.
“Parli con me?” chiede Jane sorridendo, senza staccare gli occhi dalla tv.
Sbuffo senza rispondere, vado in cucina a prendere la torta e torno indietro verso la porta.
Alice mi raggiunge pronta con la sua divisa blu che l’asilo ha fatto indossare a tutti i bambini per questa serata.
Jane ci raggiunge, fregandomi le chiavi dalle mani occupate dal vassoio, senza troppi complimenti.
“Guido io!” mi sorride aprendo la porta e facendoci uscire per prime.
Saliamo in macchina, la mia macchina, e partiamo in fretta verso l’asilo.
“Vai piano, non siamo in ritardo!” esclamo sbuffando.
“Veramente si” commenta Alice.
“Ha ragione Alice” concorda Jane.
Incrocio le braccia senza rispondere e mi rilasso contro il sedile.
“Non sentirti in colpa per averci fatto fare tardi, non ne vale la pena” commenta Jane rivolgendomi uno dei suoi sorrisi bastardi.
“Taci” esclamo fissando la strada, mentre Alice ride per il nostro piccolo battibecco.
Dopo circa 15 minuti siamo all’asilo.
La festa si svolge nel gigantesco giardino, sul retro dell’edificio. Ogni albero è pieno di luci e fari che illuminano tutto. Infondo al prato c’è un piccolo palcoscenico, dove i bambini canteranno. Davanti al palco ci sono panche e sedie per gli ospiti e tutto intorno ci sono tavoli pieni di cibo preparato dalle famiglie.
Tutto è decorato con fiocchi, nastri e cartelloni colorati, ovviamente opera dei piccoli artisti!
Alice corre a raggiungere le sue amiche, mentre io saluto da lontano una delle maestre e appoggio la torta sul tavolo dei dolci.
“Bel posto” commenta Jane guardandosi intorno.
“Me l’hanno consigliato in tanti” spiego guardandomi intorno per vedere dove fosse finita Alice.
“è là!” risponde Jane al mio pensiero, indicando un gruppetto di bambini tutti vestiti di blu.
Alice si volta verso di noi, come se avesse sentito i nostri occhi su di lei, e ci saluta sorridendo con la mano. Affianco a lei la sua amica Rosalie mi saluta timida con la mano.
Io sorrido ricambiando il saluto.
“La bambina bionda è Rosalie, la sua amichetta del cuore. Vanno sempre al parco insieme il pomeriggio” spiego a beneficio di Jane.
“Si mi ha parlato di lei. Hanno qualcosa in comune, anzi, avevano” spiega rivolgendomi un sorriso dolce.
Lo guardo perplessa per un secondo, poi capisco: anche Rosalie è sempre stata lontana da suo padre, ma la situazione era diversa.
“Avevano..” ripeto con un sorriso felice.
“Teresa!” mi chiama la maestra di Alice, interrompendo il nostro momento di beata felicità.
Mi volto a guardarla mentre ci raggiunge. La maestra Mary è una donna molto gentile, alta più o meno come me, ma più in carne, con i capelli neri e il viso molto dolce. È veramente una bravissima maestra.
“Buonasera Mary” la saluto con un sorriso. Ci siamo incontrate spesso da quando Alice va all’asilo.
Mi stringe la mano in modo tenero, lo fa tutte le volte che mi incontra.
“Alice è già in giro con Rosalie immagino!” commenta con un sorriso.
“Si, come sempre del resto!” ribadisco.
“Bene, spero che la festa ti piaccia, i bambini hanno lavorato tanto per le decorazioni!” esclama con tono riverente. Per lei i bambini dell’asilo sono come tanti figli.
“è veramente bellissimo, non sembra quasi lo stesso giardino di tutti i giorni!” rispondo sincera.
Poi lo sguardo di Mary cade, inevitabilmente, su Jane, rimasto sempre incollato al mio fianco, e la sua espressione leggermente stupida, non so perché, mi fa arrossire.
Ovviamente ha capito di chi si tratta, impossibile non notare la somiglianza con Alice.
“Mary questo è..”
“Patrick Jane” si presenta da solo con un sorriso radioso, allungando la mano.
“Il padre di Alice” concludo io, imbarazzata, sempre senza un vero motivo. O comunque un motivo che ignoro.
Mary si riprende dal suo momento di sorpresa e ricambia il sorriso stringendogli la mano.
“è un piacere conoscerla!” esclama sincera “Alice mi aveva parlato del suo ritorno! È una bambina molto speciale! A volte mi chiedo come faccia a essere così furba a soli tre anni e mezzo!”
“Colpa della genetica!” ironizzo, prendendo in giro Jane.
“Diciamo che mi assomiglia molto!” esclama Jane fiero.
“Sono veramente contenta che ci siate entrambi stasera. Ora vado a preparare i bambini. Godetevi la festa!” ci sorride dolcemente e poi si allontana di fretta verso le altre maestre, cominciando a radunare i bambini.
“Una donna molto dolce e gentile” commenta Jane osservandola.
“Le hai letto la mente con i tuoi superpoteri?” chiedo con un sorriso, prendendomi gioco delle sue capacità.
“Davvero simpatica!” commenta girandosi a guardarmi.
“è una brava persona” confermo, tornando a parlare della maestra.
“Sa fare molto bene il suo lavoro ed è molto affezionata ai bambini!” afferma “sai è rimasta sorpresa quando mi ha visto. È contenta che sia tornato”
“Non penso sia l’unica!” commento con un sorriso tornando a guardare la folla.
“Già” risponde lui sorridendo, e cingendomi le spalle con il braccio.
Mi volto a sorridergli. Improvvisamente mi sento nervosa, ma continuo a non capire perché.
Mi guardo intorno, salutando con un sorriso le persone che conosco. L’asilo di Alice non è molto grande, ospita circa venti bambini per ogni fascia di età, non di più. Considerando una famiglia per ogni bambino, questa festa è molto numerosa.
Mentre continuo a guardare la folla capisco il perché del mio inconscio nervosismo: tutti quelli che mi conoscono mi fissano. O meglio, si soffermano rapidamente a guardarmi, alternando lo sguardo su me e Jane. Sanno che Alice aveva solo me, anche se non conoscevano i dettagli, perché a tutte le feste o le riunioni mi sono presentata da sola. Inoltre Alice, parlando con gli amichetti ha sempre detto che suo padre era lontano.
Quindi, ovviamente, tutti hanno notato la presenza di un uomo al mio fianco, identico alla bambina, e quindi tutti sono sorpresi e curiosi.
Sospiro nervosamente.
“Rilassati” mi dice Jane con un sorriso.
“Sono rilassata” mento tranquilla.
“Non mentire!” mi avverte lui sorridendomi tranquillo “Lo so che ti innervosisce essere al centro dell’attenzione! Rilassati, goditi la festa, e la mia presenza” mi sorride sornione.
 Alzo gli occhi al cielo sorridendo.
In quel momento una delle maestre annuncia al pubblico di sedersi.
Io e Jane ci sediamo in due posti vicini al palco, all’estremità della fila. ci teniamo per mano, e non posso fare a meno di sentire uno strano calore fluire nel sangue e scaldare il cuore.
In quel momento un signora bionda si avvicina a noi, sorridendo.
“Ciao Teresa!” mi saluta la madre di Rosalie.
“Ciao Camille!” la saluto ricambiando il sorriso.
Istintivamente, senza averci nemmeno pensato, stringo la mano di Jane, come se potesse aiutarmi a superare quel passeggero momento di difficoltà.
“Hai visto quanto sono carine vestite così?” esclama Camille con tono adulatorio. Rosalie è la sua piccola stella, quanto lo è Alice per me.
“Sono veramente bellissime!” confermo con un sorriso.
Poi sospiro decidendo di passare alle presentazioni “Camille, volevo presentarti Patrick, il padre di Alice” dico con un leggero rossore sulle guance.
Continuo a non capire cosa ci sia di imbarazzante nel presentare il padre di tua figlia!
Camille rimane leggermente sorpresa, ma poi gli sorride gentile, porgendogli la mano.
“Molto piacere, sono la madre di Rosalie”
“Il piacere è tutto mio!” esclama lui con il suo solito sorriso a trentadue denti, ricambiando la stretta di mano.
“Vado a prendere posto, ci vediamo dopo lo spettacolo così vi presento mio marito!” ci sorride salutandoci con la mano e sparisce in mezzo alla folla che si sta lentamente sedendo.
La mia stretta sulla mano di Jane si allenta e io ritorno tranquilla.
Mi volto e noto che mi sta fissando come suo solito.
“Sto bene” rispondo istintivamente.
Lui sorride trionfante e io mi rendo conto di essermi appena fregata da sola.
“Lo so come ti senti. Tutti puntano lo sguardo su di te, o meglio su di me. E questo ti imbarazza perché sai che tutti quelli che ti guardano ora si stanno facendo delle domande, e forse ne parleranno anche con altri. Ti innervosisce essere lo scoop della serata!” spiega sicuro di se stesso.
Sbuffo “Esagerato! Credi davvero che il tuo ritorno sia così importante per tutte queste persone?” ironizzo.
Lui mi sorride “Immagino i loro pensieri. “il fuggitivo padre della piccola Alice torna a casa dalla figlia e dalla  donna, a cui ha spezzato il cuore”. Sembra più un titolo di giornale!”
Sorrido scuotendo la testa “Ti dai troppe arie!”
Jane sta per ribattere, ma  le luci si spengono e rimangono accese solo quelle che illuminano il palco.
“Evviva, comincia lo spettacolo!” esclama felice come un bambino.
Sorrido e mi avvicino, appoggiando la mia spalla alla sua. Sento il bisogno di averlo vicino, di essere in contatto con il suo corpo il più possibile.
Poi i bambini entrano sul palco, e tutta la mia attenzione è verso la mia piccola meraviglia, che sorride felice in prima fila. Si dispongono sulla piccola gradinata, pronti per cantare, con le maestre alle estremità del piccolo coro.
Quando la musica di sottofondo parte, i bambini cominciano la loro canzone, le loro voci dolci e leggere irradiano nel giardino e tutti ascoltiamo rapiti.
Ballano sulle note della loro voce, sorridono, chi più timido chi più estroverso, e cantano con tutta la voce che hanno ogni canzone del loro piccolo repertorio.
Io e Jane ascoltiamo incantati e guardiamo nostra figlia muoversi felice e cantare allegra. Abbiamo occhi solo per lei e la osserviamo emozionati, stringendoci la mano, fieri di poter essere i suoi genitori e felici di essere insieme.
Quando anche l’ultima canzone termina, i bambini fanno un enorme inchino di gruppo assieme alle maestre. Le luci si riaccendono e i bambini scendono dal palco cercando con gli occhi i propri genitori.
Alice ci ha sempre osservati, e corre subito verso di noi.
“Mamma, papà!” grida sorridendo mentre noi ci alziamo per andarle incontro.
Alice mi salta subito in braccio stringendomi forte e sorridendo a suo padre.
“Avete visto quanto siamo stati bravi?” chiede entusiasta.
“Siete stati bravissimi!” le sorrido radiosa. Jane ci abbraccia entrambe, stampando un grosso bacio sulla guancia di Alice.
“La mamma si è commossa!” le dice in un orecchio, ma facendosi sentire apposta da me.
Lo fisso sbalordita “Non è vero!” nego.
“Non si dicono le bugie Teresa, dovresti saperlo!” si finge indignato e mi rimprovera.
Alice ride prendendomi in giro “è vero mamma, non si dicono le bugie!”
Li osservo tutti e due, poi sospiro “E va bene, è vero! Ma anche papà si è commosso!” puntualizzo sorridendo.
“è vero, ma come potevo resistere?” sorride e mi prende Alice dalle braccia stringendola a se.
Lei lo abbraccia ridendo e io non posso fare a meno di sentire una piccola scossa nel cuore, come ogni volta che li vedo insieme.
“Ho fame andiamo a mangiare!” esclama poi Alice scendendo dalle braccia del padre e prendendoci per mano.
Ridendo insieme la seguiamo verso i tavoli adibiti a buffet.
Ci prepariamo tre piatti con un po’ di tutto e ci sediamo vicino al palco, assieme a Rosalie e alla sua famiglia.
Rosalie assomiglia molto a suo padre, che è un uomo molto simpatico e carismatico.
Alice e Rosalie sono sedute per terra, Alice è appoggiata con la schiena alle gambe di Jane, e ogni tanto tenta di fregare le olive dal suo piatto.
Io sono sua complice, e ho il compito di distrarlo, mentre lei compie il misfatto. Riusciamo persino a sorprenderlo, cosa che non avviene sempre!
Ma dopo un po’ capisce il trucco e decide di cedere direttamente il suo piatto al piccolo mostriciattolo seduto per terra!
I genitori di Rosalie ridono nel vedere la scena.  Probabilmente staranno pensando che sembriamo una famiglia da molto più tempo, e non da pochi giorni.
Passiamo una buona parte della cena seduti con la famiglia di Rosalie, e la serata diventa ancora più piacevole.
Dopo aver fatto anche una buona scorpacciata di dolci, le maestre e alcuni aiutanti, spostano tutte le sedie, lasciandole in giro lontano dal palco, e il piccolo spiazzo d’erba diventa una sorta di pista da ballo.
Ovviamente, una volta partita la musica, Alice è corsa via con Rosalie per ballare insieme agli atri bambini.
Io e Jane rimaniamo in piedi vicino ai tavoli per guardarla. Alice balla felice e si volta a guardarci ogni tanto, sorridendoci e salutando con la mano.
Jane mi tiene la mano e mi sorride contento.
“So cosa provi” gli dico sorridendogli dolcemente.
“Leggi anche tu nel pensiero?” scherza. Si volta fino ad essere esattamente di fronte a me.
“Con te  ci riesco!” rispondo altezzosa.
“Ok, e cosa provo?” chiede sfidandomi.
“Sei fiero di tua figlia, e contento di aver riavuto indietro la tua vita, meglio di come l’avevi lasciata. Ti senti libero di viverla veramente, e una parte di te ringrazia di aver commesso quell’errore, perché se non fossi partito le cose, forse, non sarebbero andate in questo modo. Ma visto che non lo puoi sapere, non farti troppi problemi” spiego soddisfatta della mia teoria.
Jane sorride un po’ sorpreso “Complimenti, niente male!” ammette.
“Si lo so, anche io ho qualche asso nella manica!” sorrido compiaciuta.
Lui mi osserva sorridendomi dolcemente. Sposta la sua mano libera sulla mia guancia e la accarezza piano.
Un brivido mi attraversa la pelle e percorre la linea del collo, perdendosi lungo la spina dorsale.
“Mi manca solo una cosa, e poi potrò dire che la mia vita è veramente perfetta!” sussurra avvicinandosi al mio viso.
“Cosa ti manca?” chiedo con la voce ridotta a un sussurro per via dell’emozione che sta crescendo dentro di me.
“che ti innamori ancora di me” risponde sussurrando e facendosi più vicino.
Rimango incantata dai suoi occhi, come mi era sempre successo. Gli sorrido, sentendo un’improvvisa scarica di emozione che fa tremare il cuore. Tutto scompare: la musica, le persone, le voci, la festa, e rimaniamo solo noi. Rimangono solo i suoi occhi intensi e azzurri, in cui mi perdo.
Poi la voce della realtà mi richiama sulla terra.
“Mamma!” mi chiama Alice correndo verso di noi.
“Dimmi tesoro!” chiedo cercando di tornare al presente.
“Sbrigatevi dovete andare a ballare come tutti i genitori, muovetevi!” sbuffa Alice tirandoci per mano.
Io e Jane ci guardiamo perplessi, guardando poi la pista improvvisata. Nel nostro spazio  privato e intenso non ci siamo resi conto che tutte le coppie di genitori stanno andando a ballare, sulle note di una canzone che conosciamo benissimo.
“Ah, nemmeno a farlo apposta, la nostra canzone!” esclama Patrick contento.
“La vostra canzone?” chiede Alice con la sua migliore espressione da ficcanaso.
“Si, la prima volta che ho chiesto a tua madre di ballare c’era questa canzone” le spiega lui sorridendo.
Insieme andiamo verso la pista, spinti da un’impaziente Alice, che si allontana poi assieme a Rosalie, andando a sedersi lontano dalla pista.
Patrick mi stringe a sé, come quella sera al liceo di Rancho Rosa, dove abbiamo ballato per la prima volta, sulle note della stessa canzone. La mia preferita, la canzone che ho sempre avuto nel cuore.
Appoggio la testa alla sua spalla e chiudo gli occhi, lasciandomi cullare dal suo profumo dolce e dal suo respiro.
Restiamo in silenzio, per tutto il ballo. Non c’è bisogno di parlare, i nostri sentimenti sono così, come li sentiamo ora. Sappiamo cosa proviamo entrambi. Voglia di ritrovarsi, voglia di ricominciare e voglia di appartenersi, una volta per tutte, senza commettere errori. Voglia di amarsi senza più ostacoli a separarci.
Voglia di amore, solo di quello.
Quando la canzone finisce ci scostiamo lentamente sorridendoci, rimanendo mano nella mano.
Raggiungiamo Alice sempre con il sorriso stampato in faccia.
Il resto della serata lo trascorriamo a ballare assieme ad Alice e agli altri genitori e bambini.
Niente canzoni romantiche, solo sana musica da ballare tutti insieme. Ma la mia mano non si separa mai dalla sua. Ogni momento è buono per fermarci occhi negli occhi. Ogni istante è perfetto per sorriderci ancora.
 
Dopo circa due ore di festeggiamenti Alice crolla addormentata in braccio a me. Tutti i bambini seguono il suo esempio: molti abbandonano la festa mezzi addormentati con i genitori, mentre altri sono già nel mondo dei sogni, come mia figlia.
Raggiungiamo la macchina dopo aver salutato i pochi superstiti e partiamo in direzione di casa.
Quando arriviamo porto subito Alice nel suo letto, cercando di non svegliarla mentre le cambio i vestiti.
Mentre le rimbocco le coperte entra Patrick che si siede accanto a me sul lettino, accarezzandomi una spalla. Osserviamo Alice sorridendo.
“è completamente addormentata” sussurro.
“è stata una serata impegnativa per lei” risponde lui, baciandomi una spalla.
Al contatto con le sue labbra la mia pelle freme per poi scaldarsi nel punto in cui mi ha sfiorata.
Rimaniamo in silenzio a guardarla, ammirando il suo viso rilassato dal sonno.
Dopo qualche minuto ci alziamo piano e sgusciamo fuori dalla sua stanza.
Ci sediamo sul divano. Mi rilasso contro lo schienale e chiudo gli occhi. Il mancato sonno notturno e gli impegni della giornata cominciano a farsi sentire.
“C’è qualcun altro che avrebbe bisogno di una bella dormita!” scherza Patrick.
Apro gli occhi e mi giro a guardarlo “Parli con me?” chiedo retorica.
Lui sorride accarezzandomi i capelli.
Richiudo gli occhi senza resistere all’ondata di improvvisa stanchezza. Sento le sue braccia avvolgermi e stringermi a sé.
Abbandono la testa nell’incavo del suo collo e mi rilasso respirando il profumo della sua pelle.
Perdo la concezione del tempo e sento la mia mente scivolare in profondità verso il sonno.
Poi, non so dopo quanto, sento le sue braccia stringermi ancora e sollevarmi. Perdo il contatto con il divano, ma resto stretta al suo corpo e capisco che mi sta portando di sopra.
Sento la porta della mia stanza aprirsi, e dopo poco sento le coperte fresche sfiorarmi le braccia.
Mi lascia sul letto e si china su di me. Sto per aprire gli occhi, ma poi sento le sue labbra sulle mie.
Il cuore comincia a pulsare più forte per quel contatto leggero e delicato. Le sue labbra restano sulle mie per qualche secondo, poi si allontana.
Una scarica potente mi attraversa il corpo, e quasi mi sveglia, ma sono troppo stanca per reagire o fare qualcosa.
Così allungo la mano a cercare la sua. Quando la afferro, la stringo tirandolo verso di me con pochissima forza.
“Resta qui..” sussurro riaprendo gli occhi a fatica per guardarlo.
Lui sorride dolcemente “Vuoi che resti con te?” mi chiede avvicinandosi.
Annuisco piano richiudendo gli occhi. Dopo un secondo sento il suo corpo sdraiarsi di fianco a me.
Mi sollevo e appoggio la testa nell’incavo del suo collo, come prima.
Sento le sue braccia avvolgermi e il suo respiro farsi lento e rilassato come il mio.
Mi lascio sprofondare negli abissi del sonno, rilassata e felice, fra la sue braccia.
 
 
Dice l’autrice:
salve donzelle!! Scusate il ritardo, ma sono reduce da un febbrone assurdo!!
Allora, piaciuto il capitolo?
Il romanticismo si sta facendo sentire sempre di più. Lo so sono cattiva, perché non è ancora successo nada de nada, ma il risultato (spero) appagherà la pazienza e l’attesa!
Attendo con ansia i vostri commenti!! Recensite e fatemi sapere la vostra opinione!!
Ringrazio come sempre tutte le persone che seguono e recensiscono con fedeltà!! Grazie davvero di cuore : )!
Un bacione!!
Giada!
  
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