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Autore: Bethan Flynn    08/02/2011    1 recensioni
"-Non farlo, Lavi...- mormorò.
-Fare che cosa?- la voce del ragazzo era stupita.
-Non diventare Bookman- Shin sentì le braccia di lui contrarsi attorno alle sue spalle.
-Perchè dici questo?-
-Perchè Bookman non ha un cuore. E io non voglio che questo suono si interrompa-"
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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-Lavi- la voce di Bookman Senior lo chiamò. Il ragazzo si girò, alzando gli occhi al cielo.
-Si?- chiese, stiracchiando le labbra in un sorriso forzato.
Si sentiva addosso una frustrazione non indifferente, oltre che alla stanchezza di quelle settimane in cui non aveva praticamente né mangiato né chiuso occhio.
-Cos’è successo in quell’arca?- quando voleva, il Vecchio sapeva davvero leggergli nel pensiero.
-Perché?- fece, indifferente. Distolse lo sguardo e lo diresse verso i fogli sul pavimento della loro stanza. Il suo maestro sospirò.
-Lavi, devi dimenticare quella ragazza- disse fermo –è normale che tu non riesca a frenare ancora del tutto i tuoi sentimenti, ma un Bookman non può lasciarli crescere-
Vedendo che Lavi non rispondeva, Bookman decise di lanciare la bomba.
-Ho chiesto di venire allontanati dall’Ordine, Lavi- disse. Il ragazzo si girò di scatto a guardarlo.
-E’ uno scherzo, spero- ma il suo maestro non rideva.
-No, Lavi, è una cosa molto seria. Devi metterti in testa che Bookman non può avere sentimenti, non può avere un cuore. Quella ragazza sta mettendo in serio pericolo tutto ciò per cui ti sei esercitato in questi anni- disse –potresti succedermi degnamente, Lavi. Lei è solo un impiccio, i sentimenti umani sono instabili. Ciò che prova oggi, non è detto che lo provi anche domani. In poche parole- proseguì –potrebbe abbandonarti in qualunque momento, e tu rimarresti solo. Ci hai pensato?-.
Un fruscìo e dei passi veloci li fecero voltare di scatto: avevano lasciato la porta socchiusa. Lavi si maledisse, schizzando fuori dalla stanza.
-Shin!- gridò, ma gli rispose solo il buio dei corridoi.
-Partiremo domattina, Lavi. Hai il permesso di salutarla- disse Bookman, comparendo alle sue spalle –prendi questo viaggio come una pausa, ma pensaci bene prima di gettare tutto al vento- mormorò. La porta si richiuse e Lavi schizzò nella direzione in cui erano spariti i passi.

*******

Shin smise di correre solo quando fu in cima alla torre. Le gambe le tremavano per lo sforzo, e la vista continuava ad appannarsi. Si tirò su la benda che era scivolata sulla guancia sinistra e mosse qualche passo nell’oscurità.
Lavi se ne andava. Bookman voleva portarlo via da lì.
Voleva portarlo via da lei.
Spalancò la porta che dava sul balcone e l’aria mattutina le sferzò il viso. Ogni insignificante ferita bruciò al contatto col freddo esterno.
Sentì le lacrime scorrerle sul viso e non fece niente per fermarle. Alla fine, quello che aveva sempre pensato aveva trovato riscontro.
Per Lavi, lei era solo un impiccio. Lui doveva diventare Bookman, non c’era posto per lei.
Queste cose le aveva sempre sapute, dopo tutto. Il fatto che i suoi fossero sentimenti impossibili da ricambiare non era una novità. Quello che le aveva veramente fatto male era stata la domanda di Bookman.

“Potrebbe abbandonarti in qualunque momento”

-Io non abbandonerò mai Lavi- mormorò –sarà lui ad abbandonare me- il dolore la colpì come un pugno.
Non si era mai sentita così sola.
-Shin- la voce ansante di Lavi la fece sobbalzare. Come faceva a sapere che era lì? Credeva che non l’avesse vista.
Il rosso le si avvicinò in fretta e si mise a sedere accanto a lei. Non sapeva come  cominciare.
Shin invece aveva ormai ben chiaro cosa dire. Le uniche parole che potevano uscire dalla sua bocca erano giuste e sbagliate al tempo stesso, ma sapeva che se non le avesse dette il rimorso l’avrebbe tormentata.
-Lavi- esordì con un sussurro, tormentandosi il maglione, ma il rosso la interruppe –non far caso a quello che hai sentito, Shin. Io non parto, domani- disse. La ragazza sorrise, e un’altra lacrima le scivolò sulla guancia.
-Devi partire, Lavi- mormorò. Lui la guardò stupito.
-Preferirei buttarmi giù da quest’altezza piuttosto che dirti queste cose- continuò Shin –ma non puoi continuare a stare vicino contemporaneamente a me e a Bookman. Devi capire cos’è che conta di più per te- prese fiato. Era dannatamente difficile. Si era affidata a lui per così tanto tempo che dirgli di allontanarsi da lei le sembrava una cosa contro natura.
-Vuoi che me ne vada?- la guardava con una tristezza infinita. Shin si morse le labbra fino a farle sanguinare.
-No. Ma quello che è giusto non è sempre quello che vorremmo che accadesse- sussurrò. Ogni parola era come una pugnalata.
Lavi non replicò. Era come se le parole si rifiutassero di venirgli in mente. Tutto gli sembrava tremendamente sbagliato, lasciarla lì gli sembrava tremendamente sbagliato, eppure sentiva la verità delle parole di Shin.
Doveva capire prima di tutto se stesso, o l’avrebbe fatta soffrire ancora di più.
La ragazza si alzò in piedi e gli sorrise fra le lacrime.
Lavi provò la solita stretta allo stomaco nel guardare i suoi capelli, ed ora anche il suo volto, con quella benda nera che copriva metà della parte sinistra.
-Quello che ha detto Bookman non è vero- mormorò.
-Che intendi dire?-
-Io non mi dimenticherò mai di te, Lavi, neppure se questa fosse l’ultima volta che ci vediamo!- scoppiò in singhiozzi, ma non lasciò che le braccia del ragazzo l’avvolgessero come sempre era successo quando aveva un problema.
-Non potrei mai abbandonarti, quindi anche tu non dimenticarti di me, capito?- sussurrò. Si portò le mani dietro la nuca e si slacciò il ciondolo con la pietra verde, lanciandoglielo.
-Se avrai bisogno di me, io sarò lì- disse. Poi si girò e corse via, lasciandolo solo in mezzo alle raffiche di vento.
Lavi si mise la collana a mo’ di braccialetto, poi guardò l’orizzonte.
-Dimenticarmi di te? Neppure se mi facessero il lavaggio del cervello…- mormorò.
Si sedette a terra, la testa fra le ginocchia, e pianse.

*******

-Come sta?- Miranda e Linalee parlavano a bassa voce fuori dall’infermeria. La cinese scosse la testa –non lo so. Stamattina non l’ho vista, quando Lavi è partito- mormorò sconsolata –mio fratello le ha anche assegnato una missione con Kanda. Sa essere veramente inclemente quando vuole-.
-Lavi è un grandissimo idiota- bofonchiò Allen, con la bocca piena di mitarashi dango –si vedeva da chilometri che non era indifferente nei suoi confronti, cosa gli costava ammetterlo?- sbuffò.
-E’ la prima volta che ti sento così inviperito, Allen, invero- Crowley lo guardò incuriosito, poi alzò gli occhi –speriamo che Shin si riprenda. Dopo tutto quello che ha passato, questo è stato l’ennesimo brutto colpo- disse. Tutti annuirono.

Kanda se la vide comparire davanti, e poco mancò che non la riconobbe.
I capelli tagliati corti, appena sotto le orecchie, e la fascia nera a coprirle l’occhio sinistro.
-Che cosa vuoi?- chiese con stizza, ma non potè celare a se stesso una sorta di curiosità. Shin sollevò una spada verde, lunga all’incirca quanto il suo braccio, e lo fissò negli occhi, determinata.
-Allenami. La mia innocence si è modificata, e io non so usare la spada. Dobbiamo partire per una missione- disse –per favore- aggiunse poi, abbassando lo sguardo.
Il giapponese sospirò.
-Fra mezz’ora, nella solita sala- disse –inizia a scaldarti-. Shin annuì e si avviò di corsa al piano di sopra.

Il rumore di lame che cozzavano l’una contro l’altra li distolse dalla conversazione.
-Che cavolo succede?- Linalee scattò in piedi –ho un brutto presentimento- disse, iniziando a correre. Gli altri filarono dietro di lei.
Aprirono la porta della sala degli allenamenti, e trovarono Shin e Kanda che se le davano di santa ragione.
-Tieni quella spada più vicina all’elsa! Non riuscirai mai a imprimerle abbastanza forza se la reggi alla base!- gridò il giapponese con l’ennesimo affondo.
Shin lo parò per un pelo –sarebbe tutto molto più semplice se avessi due occhi e se tu ti muovessi un po’ più lentamente!- strillò di rimando, riguadagnando le distanza con un balzo.
Kanda continuava ad attaccarla senza pietà –credi che gli akuma o i Noah ci faranno caso?- le sibilò, passandole accanto. Con un movimento fulmineo le girò una benda attorno alla testa, coprendole entrambe gli occhi, e si fermò.
-Che cavolo fai?- disse lei, presa dal panico. Non vedeva assolutamente niente.
-Fermati. Respira. Ascolta quello che succede intorno a te- la voce del moro veniva dalla sua destra. Shin si concentrò e iniziò a percepire quando Kanda muoveva la spada, portando la propria in corrispondenza per parare gli attacchi.
Iniziarono molto lentamente, poi il ritmo si fece sempre più serrato.
Gli esorcisti sulla soglia li osservavano basiti.
-Si è tagliata i capelli- osservò Allen. Linalee annuì senza dire una parola.


Quando l’allenamento finì, Shin si accasciò a terra, esausta. Le ferite non ancora rimarginate le facevano male, eppure sentiva anche una sorta di sollievo.
Fece per scostarsi i capelli dal viso con un gesto meccanico, ma trovò solo un corto ciuffo che le ricadeva da un lato.
L’idea di tagliarseli le era venuta all’improvviso, dopo una notte intera passata a piangere. Aveva deciso che non sarebbe stato solo Lavi a capire cosa voleva. Anche lei doveva imparare a vivere senza punti di riferimento che sarebbero potuti crollare ad ogni istante.
Aveva evocato la spada, la sua nuova innocence, e li aveva tranciati di netto al livello di quelli più corti, poi era uscita di lì ed era rimasta ore ed ore sotto la pioggia nel boschetto sul retro dell’Ordine.
Il rumore dell’acqua era riuscito a calmarla, e l’allenamento aveva fatto il resto.
-Non male per essere la prima volta- Kanda aveva il fiatone, mentre rinfoderava Mugen –ma dovrai fare di meglio per lottare contro gli akuma-
-Possiamo rifarlo?- chiese subito lei. Il moro la guardò stupito. Evidentemente si era aspettato che dopo quella fatica Shin rinunciasse all’istante.
La ragazza sospirò –Kanda, c’è una cosa che tu non hai ancora capito di me. Posso sembrare molto debole per certe cose, ma ho anch’io dei punti di forza- disse fissandolo dritto negli occhi –la tenacia non mi manca. Allora, posso allenarmi di nuovo con te prima di partire?- domandò nuovamente. Kanda la fissò per un breve attimo, poi annuì secco –domani, qui alla stessa ora- disse. Shin sorrise –grazie-.

*******

La missione che dovevano affrontare non sembrava particolarmente difficile. Dovevano andare col treno in un paese molto vicino a quello dove Shin era nata, e poi dirigersi a piedi su una collina che sovrastava la valle, dove gli abitanti dicevano di aver visto strane ombre gigantesche ogni notte. Da tutti i centri abitati circostanti erano sparite delle persone, perciò il quartier generale riteneva che ci fossero degli akuma in giro.
Shin lesse il rapporto mentre viaggiavano, ormai abituata al silenzio ostinato di Kanda. Da quando si allenavano insieme il giapponese si era un po’ ammorbidito nei suoi confronti, anche se sarebbe stato più il caso di dire che era diventato diversamente cinico.
Verso l’ora di pranzo la ragazza aprì la borsa, e qualcosa di pesante ne scivolò fuori, rimbalzando sul sedile. Si maledisse per non aver controllato cosa Linalee avesse messo nei suoi bagagli e lo prese in mano, del tutto dimentica del cibo.
Aprì la prima pagina, e si ritrovò davanti alla scrittura di Lavi.

“La memoria ricorderà sempre ciò che gli eventi tentano di cancellare”

Così recitava il sottotitolo. Shin sentì un groppo in gola, mentre iniziava a leggere senza sosta tutte quelle storie a lei così familiari, in cui però c’era qualcosa di diverso.
In ogni lettera cercava lui. Lo cercava in ogni sillaba e in ogni carattere, cercava di capire se fosse stanco, nervoso o se non avesse più voglia di scrivere.
-Perché vuoi farti del male in quel modo?- la voce secca di Kanda la distolse dalla sua insensata ricerca. Shin abbassò gli occhi.
-Non emergerà da quelle pagine. Sarebbe meglio che tu ti concentrassi sulla missione- disse freddamente –è l’innocence ciò che dobbiamo cercare, non Lavi- fu allora che la ragazza perse definitivamente la pazienza.
-Ma tu- ringhiò all’indirizzo di Kanda, chiudendo il volume di scatto –non hai mai avuto nessuno di importante? Non hai mai avuto paura di perdere qualcuno?- la sua voce salì di parecchie ottave mentre il giapponese la fissava con tanto d’occhi –così infagottato nella tua miseria di gelo e di boria non mi sembra proprio il caso che tu dispensi consigli sui sentimenti umani. Qui a non sapere un accidente sei soltanto tu, Kanda. Buon per te che non hai mai fatto affidamento su nessuno, buon per te che nessuno è mai venuto a salvarti, buon per te che riesci a guardarci tutti come se fossimo la cosa meno importante sulla faccia della terra!- gridò scattando in piedi –non sai neppure cosa cavolo voglia dire sentire la mancanza di qualcuno, tu?!- afferrò la sua borsa e uscì di scatto dallo scompartimento. Era sicura che se fosse stata altre ore lì con lui avrebbe finito per impazzire. Si sentiva tremendamente sola, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla in quello stato, pensò camminando velocemente per i corridoi.
Incontrò un addetto e si fece assegnare un altro scompartimento, fregandosene se fino a quel momento aveva pensato che i privilegi riservati agli esorcisti fossero inutili. Si buttò sul sedile, appoggiando la fronte sul finestrino gelido.
Pensò a Lavi, a dove potesse essere, a quanto le mancasse. Quella era la prima missione che affrontava senza di lui; tutti all’Ordine si erano resi conto di quanto rendessero meglio quando erano insieme.
Respirò profondamente: doveva affrontare quella situazione. Doveva dimostrare a se stessa che poteva cavarsela anche senza di lui, che nel caso in cui Lavi non fosse tornato sarebbe stata capace di continuare a vivere.

*******

-Lavi, sono tre volte che ti chiamo. Ascoltami- il suo maestro lo redarguì, mentre viaggiavano velocemente verso Mosca, in cerca di antichi tomi considerati perduti. Il ragazzo fece un’espressione insofferente.
-Che vuoi, Vecchio? Sto cercando di dormire- mormorò chiudendo gli occhi. Aveva dormito quasi tutto il viaggio, eppure continuava a sentirsi mortalmente stanco. In quel momento non c’era niente che gli interessasse di meno di quei vecchi, enormi volumi ammuffiti. Che rimanessero a marcire dov’erano, pensò con rabbia.
Il paesaggio fuori era completamente ghiacciato, e grossi fiocchi di neve turbinavano attorno al treno in corsa. Lavi pensò distrattamente che Shin non aveva mai visto la neve. Chissà se le sarebbe piaciuta?
Strizzò le palpebre, portandosi una mano alla fronte. Lo stava facendo di nuovo. Non doveva pensare a lei, doveva concentrarsi. Lui era il futuro Bookman.
Ma quelle parole, che fino a tre anni prima gli avevano impedito ogni contatto ravvicinato, non servirono a placare la sua frustrazione. La aumentarono, piuttosto.
-Una volta arrivati, mi aspetto che tu svolga il tuo lavoro come al solito. Dobbiamo dividerci, e cercare tracce delle conoscenze sugli akuma che potrebbero contenere le cronache antiche- il rosso spalancò gli occhi, sperando di aver capito male.
-Mi stai dicendo che oltre ad avermi portato via a forza dall’Ordine vorresti anche girare il coltello nella ferita?- domandò incredulo. Il vecchio lo guardò duramente –devi imparare a trattare questi argomenti esattamente come tutti gli altri. Un Bookman non può permettersi favoritismi- disse seccamente. Lavi tacque, tornando a guardare fuori.
Il rollio del treno lo cullò piano piano, e i suoi pensieri lo accompagnarono nel sonno.
“Shin, vieni a prendermi”.

*******

Quando erano scesi dal treno non si erano rivolti la parola. Shin si limitò a lanciare un’occhiata alla collina e a imbacuccarsi ancora di più nell’uniforme: un turbinio di fiocchi di neve circondò le loro due figure solitarie che scalavano il pendio innevato, avvolto dal silenzio.
La ragazza rimase qualche istante a contemplare quel paesaggio completamente bianco e in cui ogni suono arrivava ovattato alle orecchie.
Sembrava non potesse esserci niente di più tranquillo.
Ad un tratto iniziarono a vedere serie di impronte, inequivocabilmente umane, che si dirigevano, come le loro, verso la sommità della collina.
-Devono essere quelle delle persone scomparse. Guarda quante sono- sussurrò Shin, rompendo il silenzio per la prima volta.
-O quelle degli akuma. Stiamo in guardia- ribattè Kanda, sfoderando Mugen. Shin sfilò la spada di giada dal fodero e si rimisero in cammino, ma quando arrivarono finalmente in cima lo spettacolo che vide la paralizzò completamente.
La neve fino a quel momento candida era ricoperta di sangue cremisi, e almeno una trentina di akuma stavano massacrando senza pietà ragazzi e ragazze che avranno avuto si e no la stessa età di Shin. Ma c’era dell’altro.
I due esorcisti rimasero immobili a fissare la scena, entrambi incapaci di muoversi, e quando gli akuma iniziarono a tornare in forma umana la ragazza avrebbe tanto voluto che qualcuno le desse un pizzicotto e la svegliasse.
Tutti, nessuno escluso, avevano assunto le sembianze di quei ragazzi che, quando Shin aveva seguito l’Ordine, studiavano assieme a lei nella vecchia scuola del paese. Si volsero verso di loro, gli occhi spenti, le bocche piene di sangue.
Shin retrocesse di un passo.
-Non è possibile- sussurrò –non può essere vero- Kanda la fissò –ma di che cavolo stai parlando? Forza, dobbiamo ammazzarli o quelli ci fanno la pelle!- evocò l’innocence e si slanciò sul gruppo di akuma.
La ragazza non si mosse, fissando inorridita il moro che si slanciava su quelli che una volta erano suoi amici.
-Smettila- sussurrò, ma la sua voce si perse nel frastuono –basta- una ragazza con lunghi capelli neri le si parò davanti, coperta di sangue.
-Yuki… dimmi che sei ancora tu- mormorò Shin, muovendo un passo verso di lei, ma quella si trasformò in arma, e la ragazza sentì solo qualcosa di molto pesante che si slanciava contro di lei, facendola atterrare nella neve con un tonfo.
-Brutta cretina! Non siamo venuti fin qui per farci ammazzare!- Kanda la guardava in cagnesco –sono akuma, hai capito? Akuma! Non hanno niente a che fare con gli esseri umani!- sbottò, e con un fendente di Mugen trafisse il corpo minuto che gli stava di fronte.
Fu allora che in Shin qualcosa si ruppe.
Sentiva come se nel petto le si fosse venuto a creare un enorme vuoto che le risucchiava ogni emozione, ogni sensazione, che le appannava la vista.
Sfoderò l’innocence e si lanciò con tutta la forza che aveva sugli akuma rimasti, gridando.
Kanda fissò il massacro, impassibile ma perfettamente conscio di come avrebbe pesato sull’animo della ragazza.
Quando finì, Shin cadde in ginocchio, i fiocchi di neve che le si attaccavano ai vestiti e ai capelli incapaci di arginare il sangue di cui era coperta. Sentì dei passi dietro di sé, ma la spada lanciata di scatto verso quella direzione cozzò violentemente contro un’altra lama e le sfuggì di mano, affondando nel manto bianco e vermiglio.
Kanda le si inginocchiò davanti, fissandola, ma in quell’occhio grigio come il cielo plumbeo sopra di loro non vide altro che un’immensa disperazione, e un senso di solitudine grande quanto il suo.
-Dobbiamo andare, prima che ne arrivino altri- mormorò con un tono molto più gentile di quello che usava di solito. La ragazza scosse la testa, e Kanda vide che tremava. Sospirò, poi le passò un braccio dietro le spalle e la prese in collo, rimettendo la spada verde nel fodero.
La sentì singhiozzare, non disse niente.
Trovarono l’innocence in un gigantesco, enorme buco scavato all’interno della collina: evidentemente gli akuma più evoluti si erano serviti di quelli più deboli per arrivare così in profondità.
Durante il viaggio di ritorno nessuno dei due aprì bocca. Il battibecco che avevano avuto all’andata era come svanito, e Shin dal canto suo era felice che Kanda non fosse il tipo da perdersi in chiacchiere.
Rivedeva ancora e ancora i volti dei suoi vecchi compagni cadere di fronte a lei come bambole rotte dalla sua spada, gli occhi vuoti, da akuma, che la fissavano spalancati, il sangue che le macchiava il corpo e l’anima.
Si raggomitolò su se stessa, cercando di non piangere. Se ci fosse stato Lavi, non l’avrebbe permesso. Non l’avrebbe fatta lottare.
Ma Lavi non c’era, e lei non poteva fare una colpa del fatto che Kanda non l’avesse protetta: era una guerriera, non una bambina, e il moro non aveva nessuna ragione per aiutarla.
Nessuno, oltre Lavi, l’aveva. Era una realtà con cui avrebbe dovuto fare i conti fin da subito.

*******

“Generale Thomas Grave, deceduto. Originario della Russia, lascia una figlia e la moglie” Lavi dovette rileggere quella riga e i profili dei familiari del generale parecchie volte, prima di capire appieno cosa avesse di fronte.
Shin gli aveva sempre detto di non aver più saputo niente di suo padre, neppure cercando nella biblioteca del Quartier Generale, ed ora lui, che stava cercando con tutte le sue forze di non pensarci, si ritrovava ad avere tre pagine piene zeppe di note.
Le scorse velocemente, poi un paragrafo catturò la sua attenzione.
“Causa della morte: attacco improvviso di una squadra di akuma diretto su un’abitazione popolare. Eccessivo sforzo dell’innocence. Familiari presenti: moglie” recitava. L’innocence del generale consisteva in una sorta di grossa falce dalla doppia lama ricurva, di cui il testo presentava anche un’illustrazione. A quanto pareva, la pietra incastonata nel pomello dell’arma dava la facoltà di creare barriere protettive, ed era proprio usando quelle che il generale era morto.
Lavi deglutì a vuoto, la gola secca. Non capiva perché quel profilo lo turbasse tanto. Sapeva che il padre di Shin era stato un generale e che era morto a causa degli akuma, non c’era niente di così assurdo in ciò che stava leggendo.
No, il problema era un altro.
“Vorrei tanto sapere almeno com’è morto” gli aveva detto Shin, una volta “o perlomeno dov’è stato sepolto, ma niente da fare. L’Ordine cela fin troppo bene i propri caduti”.
Lavi sapeva che Shin avrebbe voluto leggere quelle pagine.
Cercando di fare meno rumore possibile, le strappò deliberatamente dal tomo che le conteneva, un gesto così impensabile da parte di un Bookman che gli venne quasi da ridere. Arrotolò le pagine e le ficcò nella borsa, chiudendo il libro con un tonfo.
Fra due giorni sarebbero ripartiti alla volta del centro del continente, allontanandosi sempre di più dall’Ordine.
Allontanandosi sempre di più da lei.

Note dell'Autrice:

Ragazzi, che capitolo infinito... volevo farmi perdonare per l'assenza in questi giorni, e anche trovare un modo per levarmi la depressione da esameallacazzo T_T
Shin si dà una mossa, finalmente! O perlomeno ci prova, tenta di scollarsi dalla dipendenza da Lavi... mentre il nostro rossino invece piomba nella depressione più nera, tipo quella che ho io ora... eh bhè, Lavi, è pure giusto che soffra un po' anche tu! Dai che tanto la conclusione (a breve) sarà felice XD
Notare il mio deficit strutturale nel rappresentare un Kanda che non abbia un lato minimamente umano -__- alla fine questa ff è più ooc per le due volte che compare Kanda che per Lavi in sè X_X vabbè, perdonatemi dai *_*

Grazie a Sherly per la recensione e grazie a tutti quelli che leggono/seguono la storia :)

Al prossimo capitolo (che temo sarà l'ultimo o giù di lì ç__ç)

Baci!

Bethan

   
 
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