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Autore: Whatsername    03/01/2006    9 recensioni
“Allora…?” disse, guardandolo mentre le volteggiava davanti. “Accetti?”
Harry abbozzò un sorriso.
“Certo che accetto” disse, piano. “Ma sei certa di quello che fai?”
“Sì.” Ginny sollevò le sopracciglia, con aria impertinente. “Sicurissima.”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Blame It On The Snitch - 1

Blame It On The Snitch - 1

 

Il suono acuto del fischietto squarciò il silenzio della tranquilla sera di primavera, echeggiando nello stadio. Sia i ragazzi in campo che quellli seduti sulle gradinate trasalirono, voltandosi di scatto verso il punto da cui proveniva il rumore.

"RON!"

La voce di Katie Bell arrivò rapida come una stilettata. Sembrava furiosa, mentre con il braccio sano si teneva aggrappata alla scopa e puntava dritta verso gli anelli dalla parte destra del campo. Assiepati lì intorno c'erano Ron, il portiere, Dennis Canon, uno dei battitori, e Seamus e Dean, due cacciatori dei quali solo il secondo era titolare: Seamus era lì solo per sostituire Katie, che si era fratturata il gomito nel corso di un allenamento, un paio di settimane prima. Stando a quello che aveva detto Madama Chips, ne avrebbe avuto almeno per due mesi, e per non farla stare lontana dal campo per troppo tempo Harry, che quell'anno era il Capitano, aveva pensato di investirla della carica non ufficiale di allenatrice. In un certo senso, l'aveva fatto per tenerla buona e tranquilla: dopo l'incidente, Katie non aveva fatto altro che tediarli parlando di quanto fossero noiose e insopportabili le sue giornate senza il Quidditch. Di certo Harry credeva di aver fatto un favore a tutti, ma non ci era voluto molto per capire che si era sbagliato di grosso: gli altri membri della squadra non avevano gradito molto la nuova figura, perché Katie aveva preso il controllo in maniera decisa. I suoi modi spicci e bruschi ricordavano fin troppo quelli di Angelina Johnson e Olliver Baston, i due Capitani che avevano preceduto Harry al comando della squadra, e spesso sembrava che si fosse dimenticata chi comandava in quel periodo, perché trattava Harry come qualsiasi altro membro del team. Il più delle volte, lui non se la prendeva: anzi, gli veniva terribilmente da ridere.

Nel vedere suo fratello che veniva aggredito da quella furia scatenata, Ginny non poté fare a meno di ridacchiare. Si trovava dalla parte opposta del campo, vicino agli altri tre anelli, insieme a Harry e a Colin Canon. Colin era l'altro battitore, e per farli allenare a schivare Bolidi stava colpendone uno con la sua mazza, lanciandolo a turno contro Harry, che aveva ripreso finalmente il suo posto di Cercatore dopo la brutta esperienza dell'anno precedente con la Umbridge, e contro Ginny stessa, che era una delle Cacciatrici.

"Ginny!" La voce allarmata di Colin le risuonò nelle orecchie, mentre ancora galleggiava ferma a mezz'aria sulla scopa, lo sguardo fisso dall'altra parte dello stadio. "Ginny, attenta! Bolide!"

Si voltò di scatto, spalancando gli occhi, ma non riuscì a muovere un muscolo: il Bolide sfrecciava verso di lei a una velocità pazzesca, e stava già quasi per arrivarle addosso. Prima che potesse avere il tempo di reagire, si sentì afferrare per la vita e spostare di lato, con uno strattone violento.

Chiuse gli occhi, d'istinto, e serrò le mani intorno al manico della scopa. Non vide sopraggiungere il Bolide, ma lo sentì mentre le passava a pochi centimetri dalla faccia: era così veloce che lo spostamento d'aria le fece volare via i capelli dal viso.

"Colin!" Era la voce di Harry, questa. Molto vicina a lei, proprio alle sue spalle: doveva essere stato lui a tirarla via dalla traiettoria del Bolide, e il braccio che ancora la stringeva era di certo il suo. A giudicare dal suo tono, sembrava furioso. "Che accidenti combini, per Merlino? Volevi ammazzarla?"

"Scusa, non l'ho fatto apposta!" gridò Colin, risentito e dispiaciuto.

"Vedi di prendere quel maledetto Bolide!" sbraitò Harry, imperterrito. "Prendilo e mettilo nella cassa, per oggi basta. E' già quasi buio."

Colin non replicò. Quando Ginny aprì gli occhi, lo vide scendere a terra inseguito dal Bolide, che una volta atterrato cercò di colpirlo allo stomaco. Colin si tuffò e lo bloccò fra il proprio corpo e il terreno, lottando per tenerlo fermo mentre cercava di infilarlo a forza e di incatenarlo nel baule che conteneva le quattro palle da Quidditch.

"Stai bene, Ginny?" chiese Harry. Parlò così vicino al suo orecchio che Ginny trasalì. Nonostante avesse ancora il suo braccio stretto intorno alla vita, si era quasi scordata che fosse lì accanto.

Si voltò a guardarlo, e nella luce opaca del crepuscolo le sembrò che avesse un'aria stanca. Era sempre così, purtroppo, da quando Sirius se n'era andato per sempre, l'anno precedente, e la Seconda Guerra era cominciata. Niente era più stato lo stesso, da quel momento. Le cose non erano facili per nessuno di loro, ma di certo Harry era quello con il peso più grande sulle spalle. In quei primi mesi di scuola, a Ginny sembrava di non averlo mai visto ridere di gusto, o divertirsi davvero, tranne forse quando giocava a Quidditch. Erano più le volte in cui l'aveva osservato mentre sedeva davanti al fuoco, nella Torre di Grifondoro, sprofondato in una delle due poltrone a fissare le fiamme con aria assorta. Che fosse solo o in compagnia, non importava un granché: in certi momenti sembrava lontano anni luce da chiunque. Rispetto all'anno precedente era molto cambiato: non era più pronto a scattare al minimo accenno di contrarietà, anche se una vena di irascibilità era rimasta come parte integrante del suo carattere. Era decisamente più calmo, ma nel suo modo di fare si era insinuata questa nuova caratteristica che Ginny non avrebbe saputo definire con precisione: era come una distanza, una specie di muta malinconia che era impossibile non leggergli negli occhi. Doveva avere qualche preoccupazione, Ginny ne era certa. Tutti loro ne avevano, ovviamente: erano tempi bui ed erano in guerra, la gente moriva ogni giorno e nessuno era più sicuro di ciò che il domani avrebbe portato. Harry non aveva avuto una vita facile, ma non gli aveva mai visto quella strana espressione nello sguardo. Era lontano, troppo lontano... e soffriva, ne era sicura. Il pensiero di non poterlo aiutare in alcun modo la faceva impazzire.

Era assurdo anche solo pensare di chiedergli qualcosa: su questo punto convenivano anche Ron e Hermione, a cui Ginny aveva confidato le sue preoccupazioni. Tutti e tre conoscevano Harry abbastanza per sapere che, di qualsiasi cosa si trattasse, era troppo testardo e orgoglioso per accettare l'aiuto di qualcuno. Era sempre stato il tipo che si tiene le cose dentro, e nel corso degli ultimi mesi questo suo modo di fare era andato accentuandosi sempre di più.

Mentre lo guardava, Ginny si chiese cosa potesse esserci di tanto grave da non riuscire a dirlo a nessuno, nemmeno ai suoi migliori amici. Era talmente assorta in queste riflessioni che rimase a fissarlo senza rispondergli, mentre gli ultimi raggi del sole li illuminavano debolmente e il vento soffiava intorno a loro, portando con sé le urla di Katie e di Ron.

“Ginny?” ripeté Harry, scuotendola leggermente.

“Cosa…?” Ginny uscì dalle sue fantasticherie, e lo guardò come se lo vedesse per la prima volta.

“Oh, meno male…” commentò lui, ironico. Lo sguardo dietro le lenti degli occhiali era divertito. “Cominciavo a credere che lo spavento ti avesse fatto perdere l’uso della parola.”

Non mi sono affatto spaventata!” ribatté Ginny con una smorfia, e gli assestò una gomitata nelle costole.

Per scostarsi in tempo, Harry mollò la presa intorno al suo corpo, ma non riuscì a schivare il colpo del tutto senza rischiare di ribaltarsi dalla scopa. Quando Ginny si allontanò fluttuando lo vide massaggiarsi lo stomaco. Lo guardò a lungo, divertita, e si scansò i capelli dalla faccia, cercando di averla vinta sul vento che continuava a spingerglieli negli occhi.

“Sei fortunata che non sono il Capitano…” scherzò Harry, con un ghigno.

“Oh.” Ginny inarcò un sopracciglio, mentre un sorriso ironico le stirava le labbra. “Credevo che, nonostante tutto, fossi ancora capace di far rispettare la tua autorità.”

“Già…” Harry si avvicinò, lentamente, e si fermò davanti a lei, galleggiando quietamente a mezz’aria. “Ma non ci tengo a sperimentare la furia di Katie per aver cercato di interferire.”

Ginny rise, e Harry si unì a lei. Entrambi guardarono di nuovo in direzione degli altri. La luce si era fatta grigiastra, ormai, ma riuscivano ancora a distinguere la sagoma goffa di Katie che gesticolava, e Ron che le rispondeva per le rime.

“Pensi che mio fratello riuscirà a portare a termine un allenamento senza accapigliarsi con Katie, Harry?” domandò Ginny, semiseria.

“No”  disse Harry, con un sospiro rassegnato “almeno finché non la smette di stare tutto il tempo con la testa fra le nuvole.”

“La vedo dura.”

“Già.”

“Tutto perché è un maledetto testardo.” Ginny fece una smorfia.

“Hermione non è da meno” osservò Harry, mentre si avviavano lentamente verso l’altra estremità del campo.

“Le cose fra loro vanno davvero così male?” domandò lei, perplessa. Da quando Ron e Hermione avevano avuto un furioso litigio in piena notte, nella Sala Comune di Grifondoro, non si parlavano quasi mai e Ginny non li aveva più visti insieme, a meno che non ci fosse anche Harry con loro.

“Stai scherzando?” Harry sorrise, gettandole uno sguardo obliquo. “Le cose andrebbero a meraviglia, se solo si decidessero a dirselo.”

Ginny soffocò una risata contro uno dei guantoni di pelle di drago che indossava.

“Hermione non ammetterà mai di provare qualcosa per Ron” disse.

“Forse no” ammise Harry, pensoso “però almeno gli ha fatto capire in tutti i modi quello che sente. Chi mi preoccupa davvero è tuo fratello” aggiunse, staccando una mano dalla scopa per scostarsi i capelli dagli occhi.

“In che senso?” chiese Ginny perplessa, aggrottando le sopracciglia.

“Oh, andiamo… lo conosci meglio di me” disse lui, divertito. “Non riesce nemmeno a baciarla sulla guancia per augurarle buon compleanno. E’ un caso senza speranza.”

“Purtroppo hai ragione” convenne Ginny, sconsolata. “E le volte che lei si sbilancia un po’, si secca o rimane rigido come una statua.”

“E’ senza speranza” ripeté Harry sottovoce, scuotendo la testa. Nel frattempo, avevano raggiunto gli altri. “E il suo problema non è solo Hermione, a quanto pare…” aggiunse, abbozzando un sorriso divertito.

Ginny soffocò un’altra risatina.

“Non c’è niente da obiettare!” stava sbraitando Katie, rivolta a Ron. Agitava il braccio sano con tanta violenza che Ginny temette potesse cadere dalla scopa da un momento all’altro. “Finché non perderai questo stupido vizio che hai di lasciare sempre uno degli anelli scoperto, non sarai mai un buon Portiere!”

“Io sono un buon Portiere!” ribatté Ron, infuriato. Era paonazzo. I capelli rossi gli stavano ritti in testa, perché quando era nervoso ci passava ripetutamente in mezzo le dita.

Gli altri membri della squadra, Colin compreso, assistevano in silenzio allo scontro, non osando intervenire a favore né dell’uno né dell’altro per paura che potessero decidere di scaricare la loro furia su di loro, anziché continuare a scannarsi a vicenda.

“Hai lasciato passare una marea di tiri!” esclamò Katie, avvicinandosi pericolosamente a Ron e agitandogli un dito sotto il naso, minacciosa.

“Cinque tiri su… su duecento non sono una marea!” protestò Ron, inviperito.

“Sono troppi!”

“I Portieri delle altre squadre della scuola non valgono nemmeno la metà di me!”

“Non mi importa un accidente degli altri!” abbaiò Katie, con gli occhi fiammeggianti. “Il Portiere della squadra di Quidditch di Grifondoro deve essere il migliore!”

Le teste degli altri componenti della squadra si spostavano ritmicamente, scattando a destra e a sinistra come se stessero seguendo una partita di ping-pong.

“Sono stufo di sentire rimbrotti da una pazza isterica che non è neanche il Capitano!” esclamò Ron, velenosamente.

“D’accordo, allora! Va bene!” Katie si voltò e i suoi occhi, spalancati in un’espressione quasi folle, setacciarono le facce dei suoi compagni di squadra con aria febbrile. “Potter!” gridò alla fine, puntando l’indice con aria minacciosa.

Harry, fermo accanto a Ginny, trasalì involontariamente. Ginny cercò di trattenere una risata, e a un’occhiataccia di Ron si affettò a tornare seria del tutto.

“Katie, preferirei non…” tentò di dire Harry con calma, alzando le mani e mostrando i palmi aperti in segno di resa.

“No, avanti, Harry!” esclamò Ron, avvicinandosi. La sua espressione era folle e inquietante almeno quanto quella di Katie. “Che ne pensi? Sentiamo!”

Entrambi fissarono Harry con l’aria di volerlo picchiare se avesse espresso un parere non gradito. Gli altri ragazzi lo scrutarono con compassione mista a divertimento: di certo, qualcuno pensava che se la fosse ampiamente cercata.

Ginny non poteva dar loro torto, ma ne aveva abbastanza di quella situazione.

“Perché non la piantate di fare gli idioti, voi due?” disse, ad alta voce. “Siete ridicoli.”

Gli occhi di Katie e di Ron si spostarono su di lei, e Ginny capì all’istante che avrebbe fatto meglio a tenere la bocca chiusa. Perché aveva sempre l’istinto di schierarsi in difesa delle persone, soprattutto di Harry che, fra l’altro, non ne aveva alcun bisogno?

E’ uno dei punti che abbiamo in comune, io e lui, pensò, ironica. Nessuno ci ha mai insegnato a capire quando è il momento giusto per tenere la bocca chiusa.

Katie e Ron stavano per replicare, ma Harry si mise in mezzo, parandosi davanti a Ginny. La situazione stava diventando surreale, e per fortuna le gradinate, ora che la notte stava calando, si erano svuotate: la squadra di Grifondoro impegnata in una specie di rissa in campo non sarebbe stato uno spettacolo molto edificante.

“Adesso piantatela, voi due!” esclamò Harry. Sembrava abbastanza calmo, ma a nessuno sfuggì la nota minacciosa nella sua voce. “Non ho nessuna intenzione di esprimere un parere sul modo di giocare di Ron, né di discutere le opinioni di Katie in proposito… ma” proseguì, ignorando le proteste dei suddetti personaggi “vi dico cosa farò se non la smettete di litigare: vi sbatterò entrambi fuori dalla squadra a tempo indeterminato.”

Harry tacque, osservando l’espressione sulle facce di Katie e Ron con l’aria di chi valuta l’effetto delle proprie parole. Nel notare lo sguardo orripilato di Ron, Ginny faticò a non ridere di nuovo.

“E non sto scherzando” aggiunse Harry dopo qualche secondo, tanto per mettere le cose in chiaro.

“Stavo… stavo solo cercando di fare il mio dovere…” brontolò Katie, con gli occhi bassi.

“E io mi stavo solo difendendo dalle sue accuse…” disse Ron, imbronciato.

Ginny ridacchiò, nascondendosi dietro a Harry. Era certa che quest’ultimo non avrebbe mai espulso Ron, né chiunque altro dei presenti, dalla squadra, e doveva saperlo anche suo fratello… ma quando si trattava del Quidditch, Ron diventava terribilmente vulnerabile. In un certo senso poteva capirlo: entrare in squadra, l’anno precedente, per lui era stato un sogno che si avverava,e avrebbe preferito morire piuttosto che perdere il posto.

“Sì, beh… è ora di piantarla” ripeté Harry, con le sopracciglia aggrottate. “E’ quasi buio, è ora di…”

“Oh, no!” Ginny fu colta da un pensiero improvviso, e si portò le mani alla bocca, inorridita.

Tutti la fissarono e Harry si voltò a guardarla, perplesso.

“Che ti prende?” le chiese, senza capire.

Ginny esitò, ma Katie parve leggerle nel pensiero.

“Il Boccino… “ disse lentamente, spostando lo sguardo da lei a Harry. “Avete preso il Boccino, vero?”

Ginny occhieggiò la faccia di Harry, su cui si era dipinta una buffa espressione colpevole.

“No…” mormorò Ginny, cauta. “Stavamo allenandoci con Colin e con i Bolidi e non…”

“Filate a prendere quel dannato Boccino!” sbraitò Katie, furibonda. “Se lo perdiamo, Madama Bumb se la prenderà con me! Andate! ORA!”

Harry, nonostante l’espressione colpevole di poco prima, aprì la bocca per ribattere, ma Ginny capì che non era il caso di lasciarglielo fare. Lo afferrò per il retro della divisa e se lo trascinò dietro, esclamando rivolta a Katie:

“Lo prenderemo, non ti preoccupare! Voi intanto andate!”

“Sarà meglio per voi!” gridò Katie, furiosa.

Harry intanto si era girato e filava accanto a Ginny, con un’espressione corrucciata. Lei lo guardò per un po’, in silenzio, mentre ispezionavano il campo in lungo e in largo. In lontananza, il cielo era ancora vagamente chiaro, e contro quel chiarore si stagliava la sagoma scura e imponente del Castello. Quando si voltò, vide che gli altri erano già rientrati negli spogliatoi per cambiarsi. Il campo era già immerso nella semioscurità.

“Grazie per avermi fermato” mormorò Harry, improvvisamente.

Ginny lo guardò sorpresa, e lui abbozzò un sorriso.

“Grazie a te per avermi difesa” gli rispose, divertita.

“Anche tu hai difeso me…” osservò Harry, senza smettere di sorriderle. Sospirò, e aggiunse: “Merlino, avevo una voglia tremenda di spaccare la faccia a tuo fratello.”

Rallentò dolcemente, fino a fermarsi completamente vicino agli anelli.

“Posso capirti.” Ginny rimase a volteggiargli davanti, e lo guardò con aria complice. “Sa essere davvero odioso a volte. Mi chiedevo anzi perché non gliel’hai mai spaccata, in tutto questo tempo.”

“Una volta stavamo per picchiarci davvero” ricordò Harry, alzando la testa e fissando il cielo con aria assorta.

“Davvero?” si stupì lei. “Quando?”

“Un paio di anni fa, quando avevamo litigato per via del Tremaghi.”

“Oh sì, mi ricordo” disse Ginny, piano. “Perché poi non è successo niente?”

“Non lo so …” ammise lui, divertito.

“Forse non lo volevi così tanto.”

“Oh, sì che lo volevo” le assicurò Harry. “Gli avrei volentieri cambiato i connotati. Hai presente la sensazione…?”

Ginny sollevò le sopracciglia con aria eloquente, e Harry rise.

“Che idiota… no che non la conosci” sussurrò, guardandola. Restò un attimo in silenzio, e Ginny si chiese cosa potesse significare quell’espressione strana nei suoi occhi. Per una frazione di secondo ebbe voglia di abbracciarlo, e si irrigidì spaventata. Cosa diavolo le prendeva?

Harry allungò una mano verso il suo viso, e Ginny sentì il cuore sprofondarle nel petto. Involontariamente si mosse, e lui sussurrò:

“Sta’ ferma, Ginny…”

Lì per lì lei non capì e lo guardò, perplessa. Poi con la coda dell’occhio captò uno scintillio, e capì: il Boccino le stava svolazzando intorno alla testa. Harry doveva averlo visto: la sua mano scattò in avanti, ma quando cercò di afferrarlo quello saettò via veloce, e le sue dita si chiusero intorno al vuoto.

“Maledizione!” imprecò Harry, sottovoce, e spostò gli occhi intorno, per vedere se riusciva a rintracciare la piccola palla dorata.

Ginny faticò a staccare gli occhi dal suo viso. Si impose di riuscirci e prese a sua volta scrutare i dintorni, cercando di distinguere qualcosa nel buio che continuava a calare intorno a loro.

Ma del Boccino sembrava non esserci la minima traccia.

“Non lo troveremo mai, a quest’ora” disse Harry scoraggiato, voltandosi di nuovo a guardarla.

“Cosa ti salta in mente?” si stupì Ginny. “Dobbiamo trovarlo. Dobbiamo, altrimenti…”

“Sì, lo so…” lui sembrò divertito. “Sono lieto che almeno tu abbia un po’ di fiducia nelle nostre capacità.”

Ginny inarcò un sopracciglio: “Dovresti averne anche tu.”

Harry sorrise. “Diamoci una mossa, dai.”

Ma Ginny non si mosse. Continuò a guardarlo in silenzio, mentre un’idea le attraversava la mente. Lui notò la sua espressione.

“Che c’è…?” chiese. “Quella faccia non promette niente di buono. Mi ricorda quella dei tuoi fratelli, e non sono certo che sia un buon segno.”

“Oh.” Ginny rise. “Se intendi Fred e George, lo prenderò come un complimento.”

“Esatto, mi riferivo proprio a loro due.”

“Sì, beh… non è la prima volta che la gente nota una certa somiglianza” ammise Ginny, piuttosto compiaciuta. Tra i suoi sei fratelli maschi, Fred e George erano quelli a cui si era sempre sentita più vicina, nonostante la differenza di età.

“Cos’hai in mente?” domandò Harry, scrutandola divertito.

“Visto che non c’è Katie” cominciò Ginny, sottovoce “pensavo che potremmo finalmente divertirci un po’… sai, con il Boccino. Tu ed io.”

“Ah…” gli occhi verdi di Harry si illuminarono all’istante, come lei aveva sperato. “Una sfida?”

“Esatto.”

“Vuoi davvero sfidarmi?”

“Davvero.”

Ginny era piuttosto eccitata all’idea di fare un uno contro uno con Harry. Ovviamente, non era mai capitato che giocassero da avversari, né che si allenassero insieme con il Boccino: l’anno precedente Ginny era la Cercatrice, ma Harry era fuori squadra, e quell’anno Harry aveva ripreso il suo posto di Cercatore e Ginny era passata a Cacciatrice. Non avrebbe avuto senso che perdesse tempo a correre dietro al Boccino quando aveva schemi e controschemi da provare insieme agli altri due Cacciatori… ma aveva sempre desiderato confrontarsi con Harry nella caccia al Boccino, perché lui era uno dei migliori Cercatori che avesse mai visto giocare.

“Allora…?” disse, guardandolo mentre le volteggiava davanti. “Accetti?”

Harry abbozzò un sorriso.

“Certo che accetto” disse, piano. “Ma sei certa di quello che fai?”

“Sì.” Ginny sollevò le sopracciglia, con aria impertinente. “Sicurissima.”

Harry esitò, poi si avvicinò di più, fino a sfiorarle le ginocchia con le sue.

“Potresti perdere…” mormorò, piano.

Presuntuoso, pensò Ginny, divertita.

“Correrò questo rischio” gli disse, sostenendo il suo sguardo.

“D’accordo…” disse Harry. Lo vide sorridere, ma capì che l’idea gli piaceva e che l’aveva presa seriamente. Pilotò la scopa in modo da mettersi accanto a lei. “Partiamo pure quando vuoi.”

“Bene…” Ginny si scostò i capelli dal viso, e poi chiuse di nuovo entrambe le mani intorno alla scopa. “Al tre, okay?”

“Okay.” Anche Harry si assestò sulla scopa, e rimase in attesa del segnale.

“Allora uno, due… tre!”

Nonostante lei fosse stata quella che contava, e quindi avesse avuto un certo vantaggio psicologico sulla partenza, Harry scattò più velocemente e la precedette di almeno un metro mentre si salivano in alto, più su degli anelli, per abbracciare più spazio possibile con lo sguardo. Non che ci fosse un granché da guardare, rifletté Ginny: il buio stava decisamente avanzando, e la parte bassa del campo, completamente racchiusa nella morsa degli spalti, era ormai immersa nell’oscurità. Più in alto c’era ancora un po’ di luce.

Paradossalmente, quelle condizioni non erano del tutto sfavorevoli per riuscire ad avvistare il Boccino: gli ultimi raggi del sole lo avrebbero fatto risplendere, e sarebbe stato più facile notarlo se tutto intorno era buio pesto. La parte più complicata – per non dire quasi impossibile – della faccenda sarebbe stata quella successiva: riuscire a inseguirlo e a tenergli dietro senza perderlo di vista mentre cercava di scappare: infatti, bastava il minimo spostamento perché la luce morente lo colpisse da un’altra angolazione e smettesse di farlo risplendere. Sembrava un’impresa piuttosto disperata, ma il pensiero non faceva che rendere lo scontro più eccitante.

Ginny cominciò a sorvolare lo stadio, girando in cerchio intorno al perimetro. Vide che Harry faceva lo stesso, muovendosi nella direzione opposta. Si chiese vagamente se dal Castello qualcuno potesse vederli, perché in tal caso avrebbero passato un grosso guaio: a Hogwarts non era mai stato permesso agli studenti di girare all’esterno di notte, ma negli ultimi tempi le misure di sicurezza si erano fatte sempre più strette. Si rese conto che era molto improbabile che qualcuno li notasse: il sole tramontava dalla parte opposta del Castello, per cui lo stadio era più al buio del resto del parco.

Ad essere sincera, non le importava. Era bello volare di sera, con l’aria fresca che le sollevava i capelli e le accarezzava il viso. Chiuse un attimo gli occhi, anche se sapeva che avrebbe potuto costarle la vittoria, e non poté fare a meno di domandarsi se il senso di felicità che sentiva dentro in quegli istanti dipendesse esclusivamente dal fatto che stesse facendo una delle cose che più amava al mondo, o se la presenza di Harry c’entrasse qualcosa.

Ma cosa diavolo ti salta in mente? si disse, riaprendo gli occhi di scatto e scuotendo forte la testa, come per farsi uscire certe idee assurde dal cervello. E’ un’eternità che hai accantonato l’idea che fra te e lui possa esserci qualcosa di più profondo dell’amicizia. Smettila di fare l’idiota, e cerca quel dannato Boccino.

Quando incrociò Harry a metà del campo, lui scartò dalla sua parte e gridò:

“Ancora niente?”

“No!” rispose Ginny, senza rallentare. “Se l’avessi visto, te ne saresti accorto…!”

Lo sentì ridere di gusto mentre si allontanava, e quel suono le saldò il cuore. Un sorriso irresistibile le salì alle labbra, e si disse che sorrideva perché era felice di vederlo sereno, almeno per un po’: il fatto che la cotta per lui le fosse passata non significava che avesse smesso di volergli bene e di preoccuparsi per lui. Teneva tantissimo a Harry, in verità: dopo la sua famiglia, lui e Hermione erano le persone più care che avesse. Poi era ovvio che non provasse le stesse cose per entrambi: Hermione era forse l’amica migliore che avesse, le confidava i problemi, le gioie, i dolori. Harry era un buon amico, ma più di tutto era il primo ragazzo che l’avesse fatta innamorare. L’unico, a voler essere precisi: le storie che aveva avuto nell’ultimo anno e mezzo non avevano niente di nemmeno lontanamente paragonabile a quello che aveva provato nei quattro anni in cui era stata innamorata di Harry. Di certo, le aveva dato più lui senza saperlo che tutti gli altri messi insieme.

Un movimento improvviso ai margini del suo campo visivo la fece riscuotere dai suoi pensieri, e aguzzò lo sguardo. Inorridita, si rese conto di essere rimasta a svolazzare distratta per diversi minuti, senza preoccuparsi minimamente di seguire le mosse di Harry o di trovare il Boccino. Ora invece l’aveva avvistato: era sull’altro lato del campo, e fluttuava lento intorno alle aste degli anelli. Harry doveva averlo notato qualche secondo prima di lei, perché si era già lanciato in picchiata, tenendosi piatto sulla scopa. Era sempre più buio, ma ora che gli occhi erano più abituati a quelle condizioni riusciva a distinguerlo piuttosto chiaramente. Nonostante il vantaggio di aver avvistato il Boccino per primo, Harry era più lontano di lei dagli anelli. Ginny si rese conto che, se fosse scattata subito, avrebbe ancora potuto farcela a catturare il Boccino per prima. Senza indugiare oltre, abbassò la scopa e partì in picchiata.

Il vento le schiaffeggiava il viso e i lunghi capelli rossi le frustavano il collo. Ginny socchiuse gli occhi, per cercare di non farli lacrimare. Gettò un’occhiata di lato, e vide che Harry era già quasi alle sue calcagna: a differenza sua, lui cavalcava una Firebolt, e si maledisse ancora una volta per la propria stupida distrazione.

Puntarono entrambi verso il Boccino, che nel frattempo aveva preso a filare veloce, salendo in alto, al disopra degli anelli. Ginny spostò la scopa e il cambio di direzione favorì Harry, che riuscì a superarla. Ginny accelerò e lo affiancò di nuovo, gli occhi fissi sui deboli bagliori che il Boccino mandava nel buio. Se avesse sbattuto le palpebre una volta di troppo, avrebbe rischiato di perderlo.

Il Boccino salì ancora e poi, dopo aver descritto un ampio semicerchio, puntò velocissimo verso il basso, diretto all’altra estremità del campo. Ginny gemette di frustrazione: sulle accelerazioni in lunga distanza, la sua Tornado non aveva speranze contro una Firebolt… anche se, in effetti, lei era molto più leggera di Harry, e anche questo poteva rivelarsi un fattore importante. Si appiattì sulla scopa, e filò al fianco di Harry, cercando di non farsi distanziare.

Lui si voltò a guardarla, e gridò per sovrastare il fischio del vento:

“Merlino, fai sul serio!”

Per tutta risposta, Ginny accelerò e scese di più, stringendo gli occhi fino a ridurli a due fessure. Al suo fianco, Harry non mollava. Il Boccino ormai era a meno di due metri da loro. Entrambi staccarono la mano destra dalla scopa, e tesero il braccio in avanti… c’erano quasi…

Proprio quando la distanza si era ridotta al minimo, il Boccino scartò dalla parte di Harry, e Ginny gridò: “Oh, no!” lasciandosi sfuggire un gemito di frustrazione. Harry piegò a destra e lei fece altrettanto. L’adrenalina che le scorreva in corpo le aveva fato dimenticare che era una semplice sfida amichevole. Senza pensarci, quando riuscì ad affiancare di nuovo Harry gli diede una spallata, e lo spostò dalla traiettoria ideale, facendogli perdere quel po’ di terreno che bastava per permetterle di agguantare il Boccino per prima. Ma Harry non si arrese: spinse la sua Firebolt in avanti, e quando le fu di nuovo accanto le restituì la spallata, inducendola a scartare leggermente di lato. Ginny però se l’aspettava, e cercò di schivare il colpo per limitare i danni: riuscì a non perdere terreno e gli rimase incollata vicino.

Il Boccino era vicinissimo, ora. Entrambi erano ancora con il braccio destro teso in avanti, e per un istante Ginny fu certa che Harry sarebbe arrivato prima di lei. Con un ultimo scatto disperato, si allungò più che poteva, e mentre le dita di Harry stavano per circondare il Boccino, le sue si interposero e riuscì ad afferrarlo per prima. Strinse il piccolo globo dorato, e sentì la mano di Harry che si chiudeva sulla sua. Ce l’aveva fatta!

Stava per urlare di gioia e di soddisfazione, ma si era sport troppo sulla scopa e perse l’equilibrio: scivolò a destra e non riuscì ad aggrapparsi da nessuna parte. Harry, colto di sorpresa, cercò di tenerla in equilibrio quando gli finì addosso, ma fu tutto inutile: nemmeno lui riuscì a tenersi dritto sulla scopa, e precipitarono insieme, inghiottiti dal buio sottostante.

 

  
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